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Complessi Beat

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Indice:  

La storia / Il Cantagiro / I concorsi / Dal Beat al Progressive / Una classificazione / Bilancio 

I gruppi più significativi:

Camaleonti / Corvi / Dik Dik / Equipe 84 / New Dada / Kings / Giganti / New Trolls /  Nomadi / Le Orme / Pooh / Quelli / Ribelli / Satelliti / Stormy Six // Califfi / Delfini / Jaguars / Nico e i Gabbiani / Profeti

Gli altri:

Gli stranieri in Italia / Altri complessi e cantanti beat / Testimonianze dal mondo beat

Vedi anche:  

Elenco completo / Elenco discografico / Elenco per regione / Le cover / Le canzoni di protesta / Le copertine /  Aggiornamenti e revisioni / Bibliografia beat / Le playlist Beat / Le Top-5 di M&M / La radio negli anni '60 / I complessi beat oggi
 

 La storia

 

Dopo il successo clamoroso dei gruppi musicali (Beatles e Rolling Stones e i moltissimi altri che sono seguiti, in Gran Bretagna e in tutto il mondo), anche in Italia negli anni '60 prese il via un prevedibile processo di imitazione. Contribuivano a sostenere il nuovo fenomeno due elementi: la egemonia culturale che andava esercitando sul costume la Gran Bretagna (e più in generale il mondo anglosassone) e la fame di musica e di novità del mercato italiano della musica, allora uno dei più ricchi del mondo.

Formare un complesso, come venivano chiamati allora i gruppi beat, non era difficile, il repertorio poteva essere ricavato dai successi inglesi, recuperabili sul posto dopo qualche viaggio, oppure ascoltando Radio Caroline o Radio Luxembourg, le radio private musicali inglesi.

Anche la tecnica non era un problema, bastava un minimo di capacità nel padroneggiare gli strumenti, sia per la semplicità del genere beat, sia per gli standard piuttosto bassi ai quali tutti si uniformavano (i virtuosi di chitarra dovevano ancora arrivare, così come gli assolo di basso e batteria mutuati dal jazz). Ascoltando molti dei primi 45 giri degli inizi dell'epoca beat ci si può fare una idea della tecnica spesso elementare e quasi sempre derivativa dai modelli stranieri. Ci pensava l'entusiasmo sia di chi suonava sia di chi ascoltava a compensare il tutto.

La formazione tipica era mutuata da quella dei Beatles: voce e chitarra ritmica (di accompagnamento, chitarra solista, basso, batteria. La chitarra ovviamente era elettrica, tipicamente una semplice Fender, spesso usata senza distorsore o altri effetti.
Alcuni seguivano la variante Stones, con un cantante front-man aggiunto, libero da strumenti da suonare, se non un tamburello con cui sottolineare il ritmo. Altri cercavano la originalità attraverso uno strumento ulteriore, tipicamente l'organo Hammond o Vox o Rhodes, secondo il modello degli americani
Doors o, più tardi, degli inglesi Procol Harum e Moody Blues. Nel momento magico del Rhythm & Blues qualcuno tentò anche l'innesto del sax.

I complessi cercavano, sul modello dei Beatles e dei Rolling Stones, di darsi una immagine riconoscibile e che consentisse di emergere dalla massa, nonché di identificare i musicisti come partecipanti ad un gruppo. Poteva essere il taglio di capelli, o i vestiti - travestimenti da utilizzare. Molti usavano abiti tutti uguali, sempre del tipo giacca e cravatta, come i Beatles degli inizi, che potevano trasformarsi anche in una specie di travestimento se l'abito era particolarmente estroso (per esempio una divisa militare, o un abito di colore insolito, o un costume di epoche passate).

L'uniformità non doveva però essere eccessiva, per consentire di fare emergere individualità e qualche fenomeno di proto-divismo, soprattutto incentrato sul cantante, che era solitamente il front-man. E che infatti, sul modello straniero, spesso era tentato di abbandonare il gruppo e tentare la carriera solistica.

  

 La qualità della proposta

  

I complessi che negli anni '60 hanno suonato a livello professionale sono stati un numero assai elevato, nell'elenco che pubblichiamo ne sono censiti oltre 1500, e probabilmente ne mancano ancora molti (segnalateci le assenze). Nella grande maggioranza si trattava però sostanzialmente di gruppi che oggi chiamiamo cover band, nel senso che proponevano quasi soltanto successi stranieri in versione italiana (cover), solitamente con un arrangiamento il più vicino possibile all'originale, e differenze spesso dettate da fattori contingenti (p.es. la mancanza delle tastiere in formazione, sostituite da intrecci di chitarre elettriche). Oppure proponevano brani già noti di altri complessi.

I brani originali erano in maggioranza di noti autori dell'epoca, a volte in stile beat, a volte in stile tardo doo-wop o surf, altre ancora in stile melodico italiano, così come le parole delle versioni italiane delle cover. Gli autori erano per esempio Bardotti, Mogol, Battisti, Pace, Panzieri, Vecchioni, Guccini e molti altri.

Solo pochi gruppi intervenivano in proprio nella composizione dei testi delle cover (es. Jaguars, Kings) o anche di alcune canzoni (es. Giganti, Kings, Pooh). Praticamente soltanto i Rokes (un gruppo straniero in Italia, come noto) seguivano più o meno il modello inglese dei Beatles, dei Rolling Stones o dei Kinks, poi diventato la regola del rock, cioè erano autori in proprio, con alcuni dei loro componenti, delle canzoni del loro repertorio.

Non tutti arrivavano al traguardo della pubblicazione di un disco, ovvero di un singolo a 45 giri. A volte pubblicavano dischi sostanzialmente promozionali, a tiratura limitata e con una distribuzione molto ridotta. A volte rimanevano ad un solo singolo pubblicato. Pochi gruppi hanno costruito nel tempo una vera e propria discografia. Ancora in meno sono arrivati al traguardo della pubblicazione di un LP. Per la grande maggioranza dei complessi citati nei nostri ampi elenchi, l'attività è stata soprattutto dal vivo, in concerti, spesso con più gruppi, in locali da ballo o in eventi musicali in ogni angolo della penisola.

 

Gli stranieri in Italia

 

Oltre ai complessi formatisi in Italia, molti gruppi stranieri, praticamente tutti inglesi, che trovavano difficoltà a conquistarsi uno spazio nel competitivo mercato di casa, si trasferirono sul mercato italiano, cantando nella nostra lingua e nazionalizzandosi, e costituendo anche, nel caso dei gruppi più preparati (come Rokes e Primitives) uno stimolo e una fonte di imitazione per i gruppi italiani.
Il mercato italiano era estremamente vasto, incomparabile con gli standard attuali (per arrivare ai primi posti della hit parade occorreva vendere centinaia di migliaia o milioni di copie. Con le vendite attuali da primi posti, 10 mila o 20 mila copie, ci si affacciava sì e no nella top-100, ma si rientrava comunque ampiamente delle spese. Inoltre, il mercato era nettamente dominato dal singolo, il 45 giri, dal costo di produzione, ma anche di acquisto, molto basso, 500-600 lire (un LP costava circa 1800 lire). Un mercato quindi che attraeva in modo naturale chi aveva un prodotto già pronto da offrire.

 

Il Cantagiro

   

Il lancio per il grande pubblico del fenomeno dei complessi, fino a quel momento un fenomeno giovanile, vagamente protestatario e alternativo, avvenne con una manifestazione musicale allora molto popolare, il Cantagiro, nella edizione del 1966. Il Cantagiro, una manifestazione vagamente ispirata al Giro d'Italia ciclistico e prodotta dal noto impresario Ezio Radaelli, prima edizione nel 1962 (e vinta da Celentano con Stai lontana da me) prevedeva una serie di tappe, il trasferimento dei cantanti con auto addobbate con i loro nomi, e una manifestazione canora in ogni località, tipicamente di vacanze, con votazioni effettuate da giurie popolari, scelte sul posto, e vincitori di tappa. Alla edizione del '66 parteciparono praticamente tutti i complessi beat attivi sulla scena musicale italiana, in un girone apposito (gli altri due gironi erano dedicati ai big e alle promesse). Nelle varie tappe i giovani erano attirati più che dai big (per la cronaca, in questa categoria vinse Gianni Morandi), dai complessi "capelloni", il nuovo fenomeno di costume. Quindi grande risalto grazie alla copertura televisiva, contrasti tra sostenitori dei cantanti tradizionali e di quelli nuovi, con contestazioni ai capelloni più spinti. Processo alla tappa, come nel ciclismo, ripreso dalla televisione, con i giornalisti al seguito schierati tra conservatori e moderni.
La gara fu un testa a testa tra i due gruppi di maggiore di successo, i Rokes e la Equipe 84, che alla fine vinse di un soffio.
Per i curiosi: la classifica finale del Cantagiro del 1966 e il referendum di "Ciao amici" dello stesso anno.

 

I concorsi

 

La grande diffusione di complessi amatoriali o semi-professionali fu anche all'origine della proliferazione di concorsi e gare tra complessi, organizzate in teatri da sponsor di vario tipo (per esempio la Davoli, che vendeva strumenti musicali ed era ovviamente interessata al fenomeno). I finalisti potevano accedere a manifestazioni e festival ufficiali o vincere la pubblicazione di un disco.
Per i curiosi: la cronaca del concorso Davoli del 1967 e tutti i complessi partecipanti.

 

Dal Beat al Progressive

 

Un fenomeno così ampio e diffuso come quello dei complessi beat che influenza ha avuto sulla musica italiana? Nel decennio successivo la musica in Italia ha espresso due tendenze principali: i cantautori e il progressive italiano. Sul primo fenomeno i complessi hanno inciso poco o nulla: nessuno dei principali cantautori proveniva da complessi di una qualche notorietà, la maggioranza non aveva avuto alcuna relazione con il beat, si possono citare solo Francesco Guccini, che era stato autore e collaboratore dei Nomadi, e aveva intitolato il suo primo LP Folk Beat N.1 anche se era un'opera del tutto riconducibile al cantautorato (anzi, anticipatrice di questo nuova tendenza), e Claudio Rocchi, ex bassista degli Stormy Six.

Il progressive è invece stato lo sbocco naturale per un discreto numero di complessi, in particolar modo quelli che avevano una migliore preparazione tecnica e musicale e una maggiore determinazione e coesione per superare il momento di crisi al volgere del decennio.

Così una buona parte dei protagonisti del progressive provenivano da precedenti complessi beat, o dallo stesso complesso, come si può vedere dal breve (e non esaustivo) elenco che segue.
 

Gruppo Progressive

Album principali

Gruppo beat

New Trolls

Senza orario senza bandiera, Concerto grosso

New Trolls, Trolls

Le Orme

Collage, Felona e Sorona, L'uomo di pezza

Le Orme

Alusa Fallax

Intorno alla mia cattiva educazione

Alusa Fallax

Califfi

Fiore di metallo

Califfi

PFM - Premiata Forneria Marconi

Storia di un minuto, Per un amico, PFM Live in USA

Quelli

Area

Arbeit Mach Frei, Caution! Radiation Area

Ribelli (Demetrio Stratos), Califfi (Paolo Tofani)

Franchi, Giorgetti, Talamo

Il vento ha cantato per ore tra i rami dei versi d'amore 

Cuccioli

Osanna

L'uomo, Palepoli

Volti di pietra

Garybaldi

Nuda, Astrolabio

Gleemen

Reale Accademia di Musica

Reale Accademia di Musica

Fholks

Il Balletto di bronzo

Sirio 2222, Ys, Il re del castello

Battitori selvaggi

Capsicum Red

Appunti per un'idea fissa

Capsicum Red

Campo di Marte

Campo di Marte

La verde stagione, Califfi (Carlo Marcovecchio)

 

Tra i gruppi storici progressive che hanno raccolto un buon successo di vendite praticamente solo Il Banco del mutuo soccorso non ha avuto praticamente trascorsi nel periodo beat. Naturalmente esistono molti alti gruppi progressive, molti dei quali scoperti e apprezzati anni dopo, dai Jumbo agli Opus Avantra, dai Quella vecchia locanda a Il biglietto per l'inferno (nei nomi dei gruppi la creatività ha raggiunto il suo culmine, in questa fase) con seguito, dischi all'attivo e risultati variabili.
Da ricordare infine quel piccolo gruppo di complessi anni '60, nominalmente ricondotti al beat, ma in realtà già oltre e ampiamente influenzati dalla psichedelia, precursori del fenomeno progressive. Parliamo dei Tubi lungimiranti, dei Fantom's, dei Chewing Gum di Firenze, ovviamente de Le Stelle di Mario Schifano, degli Astrali, dei Chetro & Co.
Tutti accomunati da una storia limitata agli anni '60, a parte le vicende personali dei componenti dei complessi.

Per saperne di più, un sito consigliato: Italianprog.

 

Una classificazione

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I complessi beat che abbiamo censito nel sito sono oltre 1500. L'elenco proviene da diverse fonti ed è stato progressivamente integrato nel corso degli anni con oltre 140 altri nomi segnalati direttamente al nostro sito. L'elenco non è probabilmente completo ma dovrebbe ormai comprendere la maggioranza dei complessi che hanno suonato professionalmente, quindi almeno a livello di serate e concerti con contratto. Si possono suddividere in tre grandi categorie: (a) quelli che hanno suonato solo in locali, concerti ed eventi; (b) quelli che sono arrivati al livello successivo: la produzione discografica, con almeno un singolo 45 giri all'attivo effettivamente distribuito, anche se eventualmente in modo limitato (escludendo quindi demo o "lacche"); (c) quelli che i dischi li hanno anche venduti, in misura più o meno ampia.

Naturalmente si possono fare ulteriore classificazioni, ad esempio tra gruppi che interpretavano solo brani scritti da altri e gruppi che partecipavano, in tutto o in parte, alla scrittura e all'arrangiamento dei pezzi, o in base alla produzione discografica, se comprendeva o meno LP, se era estesa nel tempo o nel numero di titoli.
Per la nostra sezione sui complessi ci limitiamo però per semplicità (e cronica scarsità di fonti) alla classificazione a 3 livelli indicata prima. In questa pagina sono quindi presenti schede sintetiche sui complessi con una produzione discografica significativa per numeri di vendita e/o per influenza.
In una successiva pagina sono presentate schede in breve su una selezione di gruppi che hanno comunque raggiunto la produzione discografica.
Grazie alle segnalazioni dei componenti dei gruppi anni '60, o di conoscitori di quel periodo, in una terza pagina, che abbiamo chiamato Mondo Beat, sono contenute altre schede (le oltre 140 citate prima) su gruppi che non erano presenti negli elenchi, in alcuni casi anche con produzione discografica all'attivo.

Gli elenchi sono suddivisi allo stesso modo: un elenco dei gruppi e interpreti con dischi all'attivo, e un elenco di tutti i gruppi noti, di tutte le categorie, presentato sia per geografia, ovvero per provincia e regione di appartenenza, sia in ordine alfabetico.

 

Bilancio

 

Tra le migliaia di complessi degli anni '60 decine, o forse centinaia, sono arrivati alla notorietà, con articoli sui giornali specializzati (Giovani, Big, Tutto Beat), presenza alla radio, passaggi in televisione o nei festival. La grandissima maggioranza non ha superato la fine dell'era beat, nei successivi anni '70 alcuni si sono riconvertiti al pop melodico all'italiana (Gens, Bertas, Cugini di campagna) rimanendo nel circuito professionale. Alla fine degli anni '60 psichedelia e nuovo rock hanno reso definitivamente obsoleto il beat e hanno anche richiesto a chi si cimentava nei nuovi generi una preparazione musicale molto più accurata.

Un numero ristretto di gruppi musicalmente preparati, o determinati, ha proseguito il cammino negli anni '70 evolvendo nel ben più impegnativo genere progressive, di cui abbiamo scritto in precedenza. Al folk-rock impegnato approdarono gli Stormy Six e due ex esponenti del beat, Demetrio Stratos dei Ribelli e Paolo Tofani dei Califfi, che furono tra i fondatori degli Area

Di tutti i complessi beat soltanto due, diversissimi, sono ancora attivi: i Nomadi e i Pooh (almeno, fino al dicembre 2016 al netto di reunion), anche se i secondi sono stati realmente un complesso beat solo per pochissimo tempo, nelle fasi iniziali della loro carriera (ma non hanno mai dimenticato le loro origini beat).

 

Camaleonti (front man Riki Maiocchi)

I Camaleonti si sono formati come gruppo a Milano nel 1963 con i componenti originali (Gerry, Livio, Tonino, Paolo e Riky) e nei primi tempi hanno suonato solo come cover band, nel 1965 vengono notati da Miki Del Prete, noto collaboratore di Adriano Celentano, che propone loro un contratto con la casa discografica Kansas, fondata dallo stesso Del Prete e da Domenico Serengay e collegata al Clan Celentano. Il primo disco Sha... la la la la è dello stesso anno ed è già in stile beat, raccoglie un discreto successo tra il '65 e il '66 con 40.000 copie vendute. Con la Kansas pubblicano subito dopo un LP di cover e poi alcuni 45 giri, quasi tutti di covers in italiano (da Manfred Mann, Animals, Herman's Hermits, con qualche coraggiosa puntata a Rolling Stones - Get Off Of My Cloud, e Beatles, addirittura una temeraria Norwegian Wood), consentendo loro di diventare uno dei complessi di riferimento della prima era del beat, fino alla fortunata partecipazione al Cantagiro del 1966 con la canzone originale soft-beat Chiedi chiedi.

Dopo la uscita dal gruppo a fine '66 del cantante e front-man Riki Maiocchi (anche indicato a volte come Ricki, o Ricky), lanciato in una breve carriera vagamente arrabbiata, come esponente di punta della Linea verde (C'e' chi spera, Uno in più), hanno operato una svolta verso il pop melodico all'italiana, sotto la guida del nuovo front-man Tonino Cripezzi e del nuovo acquisto Mario Lavezzi, già con Cripezzi in un precedente complesso (i Trappers). Complice la fortunata versione del successo annunciato Homburg (L'ora dell'amore) dei Procol Harum (il singolo che seguiva il successo planetario di Whiter Shade Of Pale), e la immagine di Tonino, ebbero un nuovo momento d'oro, e iniziarono a recuperare addirittura successi degli anni '30 ("Portami tante rose", secondo una effimera moda dell'epoca) per poi puntare nei primi anni '70, con buon riscontro di vendite e pubblico, a brani melodici come Eternità o Applausi o Io per lei

Gerry Manzoli (basso), Livio Macchia (chitarra e voce), Tonino Cripezzi (organo e voce), Paolo Di Ceglie (batteria), Riki Maiocchi (voce). Mario Lavezzi (voce) subentra a Maiocchi nel 1967.

Per saperne di più: Discografia completa, Sito ufficiale

  

Corvi

Secondo molti, la prima garage band italiana, più che un complesso beat come tanti altri. In ogni caso il complesso al quale la divisione dei ruoli, non si sa se decisa a tavolino o dal mercato o dagli interessati, assegnava il ruolo di cattivi ragazzi, di estranei al sistema, sorta di Rolling Stones italiani. Ottimo fiuto nella scelta delle cover, anche americane, come I ain't a Miracle Worker dei Brogues, diventata il loro primo successo con il titolo Un ragazzo di strada (come al solito estrapolando e stravolgendo il testo originale) e più avanti il brano psichedelico ante litteram degli Electric Prunes I Had Too Much To Dream, diventato Sospesa ad un filo, e poi nel 1968 l'azzeccata cover da Morning Dew (Questo è giusto).
Per la cronaca arrivarono alle incisioni discografiche partecipando nel 1966 al primo dei trofei Davoli, la nota competizione tra complessi, organizzata dalla principale casa di strumenti musicali elettrici dell'epoca, che prevedeva come premio per i vincitori (i Corvi arrivarono al 2° posto), appunto, la possibilità di pubblicare un singolo a 45 giri. Che nel loro caso fu proprio la fortunata Un ragazzo di strada (uno dei brani beat che anche ora tutti, o quasi, ricordano) con la etichetta Ariston.

Non e' mancata una loro interpretazione della solita Bang Bang, ovviamente più arrabbiata di quella dei rivali Equipe 84, anche per differenziarsi dal contiguo gruppo modenese (i Corvi venivano da Parma). Il loro posizionamento alternativo li ha ovviamente spiazzati alla fine del beat, troppo caratterizzati per riciclarsi nel nascente progressive rock all'italiana (Orme, New Trolls), troppo arrabbiati per riciclare il nome conquistato sul vasto mercato del pop melodico all'italiana, come fecero i Camaleonti o i Pooh.
Per saperne di più: Discografia completa

Fabrizio Levati (chitarra), Italo Ferrari (basso), Claudio Benassi (batteria), Angelo Ravasini (chitarra e voce). Nel 1969 Antonello Gabelli subentra a Fabrizio Levati e partecipa alla registrazione dell'ultimo disco dei Corvi

  

Dik Dik

Assieme a Camaleonti, Equipe 84 e Corvi, sono stati nel gruppo di testa per vendite e successo di pubblico tra i complessi italiani per tutti gli anni '60. Immagine assolutamente plain, ma il grande intuito nell'intercettare e tradurre i successi esteri del momento, sicuramente supportato dalla casa discografica Ricordi, allora la principale in Italia, con la quale partirono da subito, assieme ad una professionalità superiore alla media, furono la ricetta vincente. Loro le versioni vincenti di Sognando la California, Se io fossi un falegname, Senza luceL'esquimese, L'isola di Wight. Pronta anche, dal 1968 in poi, la riconversione verso gli originali con lo specifico contributo di Mogol e Battisti (erano tutti della casa discografica Ricordi, come anche l'Equipe 84), dei quali proposero con ottimo successo Il vento, e poi più avanti Vendo casa. Anche loro con gli anni '70, dopo alcuni ultimi successi (Viaggio di un poeta, Help Me) e un tentativo di incursione nel genere progressive ("Suite per una donna assolutamente relativa") sono entrati in stand-by, per riemergere poi negli anni '80 con le varie operazioni nostalgia ruotanti intorno alle trasmissioni televisive di Red Ronnie (Roxy Bar, Una rotonda sul mare).
 Per la cronaca Dik Dik è il nome di una razza di gazzella africana.

Pietro Montalbetti "Pietruccio" (voce e chitarra), Giancarlo Sbriziolo "Lallo" (chitarra e voce), Mario Totaro (tastiere), Sergio Panno (batteria), Erminio Salvadori "Pepe" (basso), Roberto Carlotto detto "Hunka Munka" subentrerà alle tastiere a fine anni '60.

Per saperne di più: Discografia completa

 

Equipe 84

Sono stati sicuramente il complesso italiano più noto e di maggiore successo dell'era beat e nel periodo immediatamente successivo. Formatisi a Modena, sotto contratto sin dal 1966 con la Ricordi (dopo i primi passi con la Vedette) iniziarono come gli altri a proporre cover tradotte (dei Beach Boys, Papà e mammà, dei Rolling Stones, Quel che ti ho dato, e altre). Il nome ben scelto, assieme alla immagine stravagante del gruppo (uno riccio, Vandelli, uno altissimo, lo scomparso bassista Victor Sogliani, uno basso, il batterista Alfio Cantarella, uno bello, il secondo chitarrista Franco Ceccarelli) consentirono al gruppo di farsi riconoscere da subito. Alcune traduzioni azzeccate e tempestive arrivate con il periodo Ricordi (Bang Bang di Cher, You Were In My Mind, Io ho in mente te, il successo internazionale di Barry McGuire e dei We Five), la vittoria al Cantagiro del 1966, tribuna di lancio TV per il nascente fenomeno dei complessi, fecero dei quattro il complesso italiano più popolare e più ricordato, nonché quello con i risultati migliori e più costanti in termini di vendite.

Il nome, secondo la versione ufficiale, derivava dalla somma dell'età dei quattro (al momento della formazione, ovviamente), in realtà all'epoca il totale faceva 85 anni, e secondo una testimonianza di Vandelli il numero venne cambiato in 84 in assonanza al noto brandy Stock 84, che faceva allora una pressante pubblicità televisiva su Carosello. Addirittura Vandelli ha raccontato che la loro speranza era strappare un contratto pubblicitario dai produttori del brandy; probabilmente è uno scherzo, brandy, Carosello e TV erano quanto di più lontano dal mondo giovanile beat e capellone nel quale l'Equipe 84 era calata.

Dopo la fase delle cover Vandelli, con ottimo fiuto musicale, legò le sorti del gruppo ai nascenti autori della musica italiana, in particolare Mogol e Battisti, ma anche Guccini e Paolo Conte. Da notare e apprezzare la scelta coraggiosa di inserire sul lato B del loro smash-hit del 1966 Bang Bang un brano ostico, ma che si sarebbe rivelato anticipatore, come Auschwitz di Francesco Guccini, peraltro ottimamente interpretato. Con Mogol e Battisti otterranno i loro massimi successi di fine anni '60, ad era beat ormai archiviata. Parliamo quindi di 29 settembre e Nel cuore, nell'anima; poi altre cover tradotte/reinventate, ma non più di genere beat: Tutta mia la città, Un angelo blu, Pomeriggio ore 6, fino a Una giornata al mare di Paolo Conte. Con la partecipazione, peraltro fortunata (3° posto) al Festival di Sanremo del 1971, in coppia con Lucio Dalla, con il noto e bellissimo brano 4 marzo 1943, si chiuse sostanzialmente la carriera del gruppo, superato dalla nuova invasione rock e progressive, sul versante della musica influenzata dagli esempi stranieri e, sul fronte interno, dai cantautori, rimanendo attivo sino ad oggi il solo Vandelli.

Maurizio Vandelli (chitarra e voce), Franco Ceccarelli (chitarra), Victor Sogliani (basso) [per un periodo sostituito da Romano Morandi], Alfio Cantarella (batteria)

Per saperne di più: Discografia, Sito non ufficiale (completissimo)

 

Kings (front-man Dino, poi Renato Bernuzzi)

Altro complesso che completa il gruppo di testa del beat italiano. Gli inizi del complesso di Verona, che traeva origine da gruppi amatoriali attivi già dal 1961 (The Storms di Pierpaolo Adda e The Angels di Ennio Ottofaro), furono ampiamente inquinati dal carisma del cantante del gruppo, Dino Zambelli (allora giovanissimo), del quale i discografici (Teddy Reno e la RCA in questo caso) intuirono subito, e giustamente, il grande potenziale, cercando quindi di indirizzare lui e il gruppo verso i brani e i generi con maggiore probabilità di successo.
Dopo i primi 45 giri nel 1965 ed il lancio come Dino e i Kings, l'inevitabile separazione. Dino ebbe il grande successo che ci si aspettava da lui, con singoli simbolo degli anni '60 come Te lo leggo negli occhi e La tua immagine, e i Kings si riorganizzarono attorno ad Ennio Ottofaro e Pierpaolo Adda (rispettivamente chitarra solista e batterista), ingaggiando un nuovo cantante, Renato Bernuzzi, già attivo con alcune cover

Line-up e ispirazione del gruppo erano ora molto più grintose, il cantante era della scuola "Mick Jagger" come Maurizio dei New Dada e la attenzione alla qualità del suono ed all'impatto dal vivo era tra le più alte dell'epoca. I Kings divennero quindi per i fan i "puristi" del beat, da contrapporre ai gruppi più commerciali come Rokes e Equipe 84, naturalmente con un riscontro di vendite minore ma una popolarità apprezzabile. I brani da ricordare: Cerca (Cantagiro '66), La risposta (buona cover di Blowin' In The Wind), la pregevole Caffè amaro (un brano originale composto dagli stessi Kings Adda e Ottofaro). Da citare la loro versione di Io ho in mente te (la prima) che i discografici affidarono però all'Equipe 84, per i quali fu il successo che sappiamo, mentre i Kings dovettero ripiegare su un loro brano, Cerca, per il famoso Cantagiro del 1966, con il quale vinsero alcune tappe (all'arena di Verona, ovviamente) ma non si affermarono nella classifica finale. Dopo il periodo d'oro del beat la loro carriera si concluse, il solo Renato ha continuato con il nome "Renato e i Kings", con formazioni diverse.

Renato Bernuzzi (voce), Ennio Ottofaro (chitarra solista), Gilberto Storari (chitarra ritmica), Andy De Bruyn (basso), Pierpaolo Adda (batteria); nelle prime incisioni come "Dino e i Kings" e dopo il '67 il bassista era Damiano Pelanda

Per saperne di più: King's Club, Verona Beat, Discografia completa

 

New Dada (front man Maurizio Arcieri) 

Ispirazione colta (il movimento artistico dadaista degli anni '20), immagine uniforme (giacca e cravatta nera, camicia bianca, insomma come i Blues Brothers o le Iene) e capelli lunghi a caschetto, un front man particolarmente d'impatto, bello e carismatico, che ballava un po' come Michael Jackson (forse la moon dance l'ha inventata lui), Maurizio Arcieri, sono stati gli ingredienti del successo del gruppo milanese, assieme ad una casa discografica, la Bluebell, e un produttore, Leo Watcher, che ha creduto in loro e li ha proiettati alla notorietà, dando loro il ruolo di complesso spalla in occasione della prima (e unica) tournée dei Beatles in Italia
Dal punto di vista musicale si differenziavano dagli altri complessi soprattutto per la line-up, che vedeva sei musicisti, tra i quali un cantante solista, appunto Maurizio, e inusuali tastiere, affidate a Ferry Sansoni; particolare anche il ruolo del batterista, il controverso Pupo (Gianfranco Longo), che puntava ad una sua visibilità suonando in guanti bianchi e utilizzando un palco sopraelevato per lo strumento. 

Un'interessante miscela di proto-divismo, trasgressione musicale, di una certa propensione al rock-blues stile Rolling Stones, un modello da imitare, almeno per quanto riguardava Maurizio, e buon marketing hanno fatto dei New Dada uno dei gruppi beat più seguiti nel loro breve periodo di piena attività, dopo il quale è arrivata una fase di crisi e scissioni particolarmente complicata, che ha visto da un lato Maurizio e Pupo, e dall'altro i restanti componenti. Dopo la separazione Sansoni, Jadanza e Vignocchi, con altri due musicisti, hanno dato vita al complesso Ferry, Franco, Renè, Danny e Gaby, e poco dopo Franco Jadanza ha pubblicato un singolo come Franco dei New Dada.

Carriera solistica invece per Maurizio, che era poi anche il più grande del gruppo (aveva 24 anni nel '66, mentre gli altri erano intorno ai 20-22)  prima con il melodrammatico brano Cinque minuti e poi..., e quindi con la cover dai Blood Sweet & Tears (24 ore spese bene con amore), seguita da altri singoli (ormai ad inizio anni '70) che puntavano a sfruttare anche il suo attraente aspetto fisico, prima di un provvisorio oblio e di un ritorno alla fine degli anni '70, come gruppo punk, i Krisma, assieme alla sua compagna Cristina Moser.

Maurizio Arcieri (voce), Ferruccio "Ferry" Sansoni (tastiere), Franco Jadanza (chitarra), Renato "René" Vignocchi (chitarra), Giorgio Fazzini (basso), Gianfranco "Pupo" Longo (batteria)

Per saperne di più: Monografia e discografia completa / Intervista a Ferry Sansoni

  

Califfi

Un complesso formatosi a Firenze alla metà degli anni '60 su impulso di Franco Boldrini, in precedenza nel gruppo spalla di Edoardo Vianello, col quale aveva iniziato la carriera di professionista. Hanno inciso un LP e una decina di 45 giri, raggiungendo una buona popolarità nell'area beat dell'epoca sia con brani di produzione italiana, sia con cover. Il primo brano, con il nome I 4 Califfi, fu una cover dei Kinks (You Really Got Me - Ti giuro, è così). Il maggiore successo è stato Così ti amo, cover di un successo internazionale dei Bee Gees (To Love Somebody). La maggior parte dei singoli, tra cui il primo nome a nome "I Califfi" ("Al mattino") erano invece originali e composti in massima parte da Boldrini. Come molti altri gruppi beat hanno chiuso l'attività all'inizio degli anni '70, dopo alcuni brani pop.
Da rimarcare la presenza nel line-up del gruppo (dal secondo singolo) del chitarrista Paolo Tofani, che sarà nel decennio successivo, assieme a Demetrio Stratos, il fondatore del principale gruppo di avanguardia italiano, gli Area. Anche Franco Boldrini ha avuto una storia musicale successiva, rifondando nel '72 il gruppo con lo stesso nome, ma formazione completamente diversa, che includeva il fratello Maurizio, e producendo il disco progressive Fiore di metallo, con tipico uso e abuso di tastiere e moog, comunque apprezzato dai cultori del genere anche a distanza di tempo (e molto ricercato dai collezionisti).
Anche il batterista Marcovecchio entrerà a far parte di un gruppo progressive attivo nel decennio successivo, i Campo di Marte.

Paolo Tofani (chitarra), Giacomo Romoli (tastiere), Franco Boldrini (basso), Carlo Felice Marcovecchio (batteria)

Per saperne di più: Discografia completa dei Califfi

 

 Delfini

Un gruppo originario di Padova, attivo già dal 1961 in concerti e serate dal vivo. Un elemento distintivo nella loro formazione era la presenza di un sax. Inizi, come in molti altri casi, con cover di successi inglesi (I Wanna Be Your Man dei Beatles, loro primo 45 giri del 1965, con il titolo Voglio essere il tuo uomo) e altri brani degli Shadows, degli Stones e degli Animals (vedi l'elenco delle cover). Dopo questa fase iniziale, a differenza di altri gruppi, hanno puntato maggiormente su brani originali, raggiungendo un buon successo con Tu te ne vai, prima a Bandiera Gialla nel 1966, e della quale prepararono anche una versione inglese "You Went Away" (che non ebbe però il riscontro sperato).
Furono però protagonisti di una avventura all'estero, durante il lancio del brano, avendo la possibilità di partecipare, grazie all'attivismo del loro produttore discografico Carmine De Benedictis (CDB), al noto programma televisivo americano "Ed Sullivan Show" nel 1966, dove eseguirono tre brani (tra cui "Volare") poi incisi su un disco per il mercato USA.

Hanno preso parte al Disco dell'estate dell'anno successivo con Beat Beat Hurrà, e sono stati tra i gruppi con la più nutrita produzione discografica (quasi tutta su etichetta CDB), ben 12 singoli e 2 LP, più un singolo per juke-box e brani su altri LP compilation, ma con la fine dell'era beat si riduceva lo spazio per i complessi e anche i Delfini sospesero sostanzialmente la attività, pur senza sciogliersi ufficialmente. Tra gli altri successi del gruppo di Padova: Stasera sono solo, Delfino Time, Quella dei sogni miei.

Renzo Levi Minzi voce e basso), Franco Capovilla (chitarra), Sergio Magri (sax e chitarra), Mario Pace (batteria), Giorgio Castellani (dal 1967 sostituisce Magri che aveva abbandonato il mondo della musica)

Per saperne di più: Intervista a Franco Capovilla, Discografia completa, Padova Beat, Sito ufficiale Idelfini

 

Jaguars

I Jaguars di Roma erano un complesso beat dell'ala beat "purista". Si differenziavano dagli altri gruppi per due caratteristiche contrastanti: una immagine vagamente dark, un modo di cantare e di presentarsi sul palco che anticipava i gruppi rock di qualche anno dopo, con effetti scenici, suoni distorti e altre "stranezze" e un repertorio basato inizialmente sullo stile Beach Boys, quindi cori e miscela di voci, o su canzoni italiane anche commerciali. 

Incisero infatti sigle di trasmissioni televisive ("Lei non si preoccupi", con il maestro Simonetti e Isabella Biagini, nella sigla cantavano "Oggi sì" ed erano anche presenti in video) e addirittura parteciparono al festival della canzone napoletana, che allora era un po' una continuazione di San Remo, in coppia con l'ex "urlatore" in fase declinante Tony Dallara.

Formatisi nel 1962 a Roma, tra Ciampino e il popolare quartiere della Garbatella, si ispirarono all'inizio al rock'n roll o al pop dell'epoca (Cliff Richards, Brian Poole, ovviamente Elvis Presley) per poi abbracciare il beat, iniziando con serate nei locali, tra cui il Piper Club di Roma, e diventando quindi per un breve periodo il gruppo di accompagnamento di Ricky Shayne. Dai Beach Boys presero alcune canzoni per trasporle in italiano, tra cui Barbara Ann, primo singolo e primo relativo successo (anche se oscurato dall'originale, che in questo caso arrivò da noi, tra l'altro le parole e il loro significato non erano davvero significative in questo caso).

In questa fase erano già sotto contratto con una tipica casa discografica dell'epoca, la CDB di Carmine De Benedictis, che aveva in scuderia anche altri gruppi di punta del beat italiano, come i Delfini, i Ragazzi dai capelli verdi, i Rokketti. La casa discografica, secondo gli interessati, era però votata al solo guadagno immediato e all'ammorbidimento dei gruppi per puntare ad un pubblico più vasto, e quindi i Jaguars faticarono a evidenziare e valorizzare le loro caratteristiche peculiari, come la voce "sporca" e "nera" del chitarrista e cantante Silvio Settimi, l'uso intenso di distorsori o addirittura dell'archetto di violino sulla chitarra elettrica (in netto anticipo sui Led Zeppelin), l'interesse per i nuovi sviluppi del rock, ad iniziare da Jimi Hendrix, e altre loro idee.
All'inizio degli anni '70 si sciolsero come altri gruppi dell'epoca, Silvio Settimi abbandonò il settore musicale dove invece è rimasto come insegnante il batterista Giovanni Gallo. Come altri gruppi poco commerciali dell'epoca sono stati rivalutati nella fase di revival iniziata negli anni '80, dagli appassionati e dai collezionisti.
(Singoli: Barbara Ann, Non devi piangere, Ritornerò in settembre, Non sei sincera, Oggi sì [la sigla della trasmissione TV "Lei non si preoccupi" del 1967], Il treno della morte, Devi combattere, Grande come il nostro amore [l'ultimo singolo]).

Silvio Settimi (chitarra, voce), Giovanni Gallo (batteria), Pino Bianchi (chitarra, voce), Luigi Fratini (basso)

Per saperne di più: Intervista a Silvio Settimi / Il famoso furto di strumenti / Discografia completa / Foto e video clip

     

Giganti

Un complesso particolare, forse più vicino al cabaret dei Gufi che al beat, anche se non sono mancate all'inizio le solite cover scelte nella hit-parade britannica. Anche il look era più da studenti o intellettuali con la barba, che da classici capelloni. Il loro smash hit è stato infatti Tema, che di beat aveva ben poco, solo il fatto di essere leggermente ritmata. Tutta l'originalità del brano era nel testo, che ricordava e citava i temi di italiano a scuola, argomento, ovviamente, l'amore. Sul quale si faceva teoria, come fece poi anni dopo mirabilmente Herbert Pagani con Teorema. Il personaggio che veniva fuori era poi il batterista del gruppo, Enrico Maria Papes, dalla voce baritonale oltre che dal nome altisonante e annunciato, a lui la conclusione del tema e il ruolo maggiormente caratterizzante, anche se non era il cantante. Al Festival di San Remo del 1966 portarono un pezzo vagamente di protesta, Proposta ("Mettete dei fiori nei vostri cannoni"), e in altri brani si caratterizzarono come gruppo che diceva la sua sui fatti del mondo. 

Musicalmente si distinguevano per l'impasto delle voci, tutti e quattro i Giganti infatti cantavano, con voci dalle caratteristiche molto diverse. Dopo lo scioglimento alla fine degli anni '60 i due fratelli Giacomo "Mino" De Martino e Sergio De Martino iniziarono una breve carriera in duo, come "Mino & Sergio".

Enrico Maria Papes (batteria e voce), Sergio De Martino (basso e voce), Francesco Marsella "Checco" (tastiere e voce), Giacomo De Martino (chitarra e voce) (da destra a sinistra nella copertina di "Tema"). Marsella era subentrato a Paolo Vallone prima del periodo di maggiore successo del gruppo.

Per saperne di più: Discografia completa

 

New Trolls

Nati come Trolls a Genova nel 1966 per iniziativa di Pino Scarpettini e Vittorio De Scalzi, agli inizi dopo un'ottima partenza (classificati al terzo posto al 1° Torneo Rapallo Davoli) proponevano un beat melodico molto semplice, e già nel 1966 pubblicano con una major (La voce del Padrone) i primi due singoli (Dietro la nebbia / Questa sera, e il successivo Le cose più care (Cherish) / Il mondo che vuoi). Già nell'anno successivo la separazione tra Scarpettini e Di Scalzi, che adotta il nome New Trolls con un nuovo stile e una nuova formazione, con l'entrata di Nico Di Palo, mentre Scarpettini prosegue l'attività sino al 1969 mantenendo il nome Trolls e pubblicando essenzialmente cover e cover di cover con etichette minori. I New Trolls pubblicano due singoli nel 1967 (Sensazioni / Prima c'era luce) e nel 1968 (Visioni / Io ti fermerò) dal buon riscontro, in particolare il secondo, presentato al Disco per l'estate del 1968, e poi lo storico album Senza orario senza bandiera (1968), considerato il primo concept album italiano, e l'apripista per il genere rock progressive nel nostro paese. Il disco era sviluppato sui testi del poeta Claudio Mannerini, adattati nella metrica da Fabrizio De Andrè, e conteneva la celebre canzone Signore, io sono Irish. All'affermazione in Italia del progressive (particolarmente amato da noi) i New Trolls daranno poi un contributo decisivo, tre anni dopo, con il celebre album Concerto grosso per i New Trolls, su composizioni in stile settecentesco del maestro Luis Bacalov, nel quale il gruppo rock con strumenti elettrici prendeva il ruolo del gruppo di solisti contrapposto alla orchestra, la formazione, appunto, del "concerto grosso". La carriera del gruppo è continuata negli anni a venire con un progressivo spostamento nel genere pop e numerose collaborazioni, ma tra le canzoni del gruppo genovese non si può non ricordare la mitica Una miniera del 1969 (ispirata probabilmente a "La cittadella" di Cronin e a varie tragedie minerarie), apoteosi del genere epico e sentimental-scongiuratorio, diventata un classico intramontabile anche per la notevole performance vocale, in chiave altissima, di Nico Di Palo.

Il nome: i trolls sono personaggi della mitologia nordica, diventati poi un termine comune nell'universo Internet per indicare i disturbatori intenzionali di forum e newsgroup.

La prima formazione come Trolls vedeva Pino Scarpettini (tastiere), Vittorio De Scalzi (chitarra e voce), Ugo Guidi (basso), Giulio Menin (batteria) e Piero Darini (chitarra e voce) e in seguito Ricky Tamarca. Nella successiva, come New Trolls, rimaneva il solo De Scalzi, con Nico Di Palo (chitarra e voce), Giorgio D'Adamo (basso), Mauro Chiarugi (tastiere) e Gianni Belleno (batteria). Negli anni successivi il gruppo ha subito altri cambi di formazione attorno al nucleo rappresentato da De Scalzi e Di Palo.

Per saperne di più: Sito ufficiale

                      

Nico e i Gabbiani

Il gruppo di Nico Tirone a tutti gli effetti non era un complesso beat, era un gruppo che aveva una formazione come altri complessi beat, con l'organo elettrico (Bontempi, probabilmente) in questo caso, e che ha avuto successo nell'era del beat, arrivando anche al n.1 delle classifiche di vendita, però con brani del tutto melodici all'italiana, solo leggermente ritmati, e con un arrangiamento vagamente moderno dove spiccava appunto l'organo elettrico. Al tutto si aggiungeva una immagine del tutto plain, da ragazzi di tutti i giorni, più che da ragazzi arrabbiati o bizzarri come andava di moda per gli altri complessi beat. Il loro grande (e praticamente unico) successo è stato Parole, numero uno a sorpresa in Hit-Parade per molte settimane, al quale è seguito "Ritornerà l'estate", un brano costruito secondo lo stesso schema. Dopo questi due dischi il gruppo ha chiuso la sua vicenda e il solo Nico ha avuto un ulteriore guizzo nei primi anni '70 (1971) interpretando la fortunata canzone "Cento campane" (di Fiorenzo Fiorentini) sigla della popolarissima serie televisiva "Il segno del comando".

Il gruppo era formato, oltre che dal cantante Nico Tirone (di Agrigento), da Vito Balsamo (chitarra basso e sax tenore), Franco Mannino (chitarra ritmica), Giulio Prestigiacomo (tastiere) e "Dick" Cataldo (batteria), anche loro siciliani (di Carini in provincia di Palermo).

   

Nomadi

La voce particolare di Augusto Daolio e la sincerità di fondo del gruppo ha accompagnato tre periodi. Gli esordi risalgono al 1963, il primo disco al 1965, l'affermazione come complesso beat, più protestatario e diretto degli altri, al 1966.

Unico complesso beat italiano che ha continuato l'attività con la stessa ispirazione e con almeno un componente del gruppo originale fino ad oggi, I Nomadi hanno avuto inoltre un costante seguito da parte loro fan, ovviamente, con periodi di successo e altri meno, ma sono stati sempre in grado di riempire con "il popolo dei Nomadi" i loro concerti, sin dalla fine degli anni '70.

Il primo disco era "Donna la prima donna" (una cover da "Donna The Prima Donna" di Dion Di Mucci & The Belmonts, 1965, un gruppo e un brano tipicamente doo-wop), ma già il loro secondo singolo, e primo successo, "Come potete giudicar" (1966) cover piuttosto libera di The Revolution Kind di Sonny Bono, era un incisivo brano di protesta, accolto bene al Cantagiro di quell'anno. Subito dopo è iniziata la proficua collaborazione con Francesco Guccini, notoriamente emiliano (di Modena) come alcuni dei Nomadi.

In particolare, ha scritto per loro "Noi non ci saremo", un brano sulla guerra nucleare, "Un figlio dei fiori non pensa al domani", una cover con parole diverse da "Death Of A Clown" dei Kinks, e soprattutto il grande hit del loro primo periodo, una canzone di protesta originale, persino vietata dalla RAI, parliamo ovviamente di Dio è morto (1967) sulle contraddizioni della società negli anni '60 (forse anche di oggi) che è diventata un classico senza tempo.

Dopo questo periodo, in calo l'attrattiva del movimento beat, I Nomadi hanno virato la loro produzione verso canzoni più immediate, a cominciare dalla celebre cover di Nights In White Satin dei Moody Blues, la controversa Ho difeso il mio amore (1968) e, nel decennio successivo, proseguendo con il loro più grande successo "Io vagabondo" (1971), una delle poche canzoni che più o meno tutti gli italiani cantano quando vogliono cantare insieme. Canzoni pop, molto melodiche, ma particolari e facili da distinguere dalla massa, grazie alla peculiare voce di Augusto Daolio e agli efficaci arrangiamenti.

Un periodo di transizione che si è chiuso quasi a metà del decennio, quando i Nomadi hanno deciso di tornare alla ispirazione dei loro anni sessanta, a partire da un LP di cover di brani di Guccini (I Nomadi cantano Guccini), e poi con altre, più aggiornate, canzoni di protesta. Alla fine degli anni settanta hanno iniziato il lungo viaggio insieme ai loro fan, un viaggio fatto di centinaia di concerti e di molti LP e CD e decine di fan club in tutta Italia.

Nel corso di questi quaranta (e più) anni, alcuni dei componenti originali hanno lasciato il gruppo, e purtroppo anche Augusto Daolio è scomparso nel 1992 a causa di una malattia incurabile, ma il tastierista originale, Beppe Carletti, è rimasto come il punto focale dei "nomadi" fino ad oggi, il gruppo ha pubblicato il suo ultimo CD (Lascia il segno) nel  2015, dopo altri 14 CD dal 2000 ed è come sempre in piena attività.

Formazione storica: Augusto Daolio (voce), Beppe Carletti (tastiere), Gianni Coron (basso), Franco Midili (chitarra), Gabriele Copellini (batteria)

Per saperne di più: Discografia anni '60 / Sito ufficiale / Per sempre Nomadi

 

Le Orme

Assieme ai New Trolls sono stati gli apripista per il genere rock progressive in Italia, nel quale hanno colto negli anni '70 grandi successi con gli album Collage (1971), L'uomo di pezza (1972), Felona e Sorona (1973), vere e proprie antologie di questo genere, tanto amato nel nostro paese.
La storia del gruppo inizia però negli anni '60 come complesso beat di tendenza melodica e commerciale. La formazione del gruppo risale al 1966 a Marghera (Venezia) attorno al chitarrista Aldo Tagliapietra, in una classica formazione a quattro, con la incisione del primo singolo Fiori e colori (1967), proposto in seguito anche in inglese (Flowers And Colours). Nell'anno successivo, con una line-up in parte cambiata, dopo un successivo 45 giri ("Milano 1968", sul retro "Mita Mita" dedicato all'allora reginetta del Piper Club Mita Medici), il loro primo singolo di grande successo, Senti l'estate che torna, presentato alla manifestazione canora "Un disco per l'estate", che già individua uno stile personale e riconoscibile del gruppo, poi confermato dal successivo Irene (1968), proposto anch'esso in lingua per il mercato inglese. Già dal 1968 il gruppo, ormai stabilmente nella struttura del trio, si avvia sulla strada degli album concept con il primo LP Ad Gloriam, che già introduce in parte una struttura unitaria per legare le canzoni.

Le Orme sono arrivate alla formazione definitiva in trio, composta da Aldo Tagliapietra (basso e voce), Tony Pagliuca (tastiere) e Michi Dei Rossi (batteria) attraverso una serie di cambi di formazione tra il 1966 e il 1969. Nel 1966 i componenti del gruppo erano, oltre a Tagliapietra, Nino Smeraldi (chitarra), Claudio Galietti (chitarra e basso) e Marino Rebeschini (batteria). Già nel 1966 Rebeschini era stato sostituito da Dei Rossi. Nel 1968 si aggiunse alla formazione, ora a 5 (vedi la copertina del singolo "Milano 68" riportata sopra), Tony Pagliuca proveniente dallo stesso gruppo di Dei Rossi, gli Hopopi. Nel corso del 1969 l'abbandono in fasi successive degli altri due e la formazione definitiva, con Tagliapietra passato al basso e quindi un sound più orientato alle tastiere.

Per saperne di più: Sito ufficiale

                                                                

Pooh

Il nome, secondo quanto raccontavano loro (in una intervista ad una rivista giovanile del periodo), era nato per caso, i quattro ragazzi attorno a un tavolo e uno che fa la canonica domanda, "Allora, che nome ci mettiamo?", e la risposta, in coro, fu "pooh?". In seguito qualcuno del complesso accreditò invece un omaggio al celebre orsetto, personaggio per bambini, "Winnie the Pooh". Da notare che effettivamente nei primi dischi compariva accanto al nome del complesso il disegno di un orsetto con la chitarra. Gli inizi furono come complesso beat, capelli lunghi e tutto il resto. Il loro primo 45 giri fu una cover della celebre "Keep On Running", dal titolo "Vieni fuori". Il brano che soprattutto si ricorda di quel periodo e' Brennero '66, una canzone non d'amore ma di protesta, e su un tema certo inusuale, gli attentati terroristici perpetrati in quegli anni ai danni di militari italiani dai nazionalisti altoatesini. 

La canzone venne presentata anche al Festival delle Rose, una manifestazione canora posteriore al Cantagiro (si svolgeva in autunno) che completava gli eventi musicali dell'epoca (Festival di San Remo, Disco dell'estate, Cantagiro, Festival delle Rose, Festival di Castrocaro), in coppia con un noto cantante e autore beat di quel periodo, Roby Crispiano (Roberto Castiglione, suo principale successo Uomini uomini). Ebbe anche problemi con la censura RAI, non per motivi politici, in fondo il testo era filo governativo, ma per motivi di opportunità, non erano temi adatti per una canzone. Il secondo grande successo che si ricorda dei Pooh e' però già fuori dal beat, sia musicalmente che come ispirazione. Si tratta ovviamente di Piccola Katy, in classifica nel 1968, "la canzone" di molti adolescenti dell'epoca.

Poi un periodo di semi oblio, come avvenne per molti gruppi e cantanti anni '60 all'inizio del decennio successivo, un decennio in cui tutto, nella moda, nella musica e nel costume, doveva essere nuovo e non visto prima. In quel periodo si situa anche l'uscita del cantante storico del gruppo, Riccardo Fogli, con motivazioni sia artistiche sia personali. Fogli infatti lascia la moglie Viola Valentino per una nuova relazione con Patty Pravo, uscita bene dagli anni '60 ed entrata trionfalmente negli anni '70 come simbolo di una (moderata) trasgressione e libertà dei costumi. A una delle ultime edizioni del Cantagiro (si era ribattezzato Cantagiro Show, poi arriverà a sostituirlo il Festivalbar) nel 1973, Patty Pravo e Riccardo Fogli sono le attrazioni, lui fa musica rock e suona la chitarra con un suo gruppo, gli Ozimandas.

Roby Facchinetti e gli altri però non mollano, il cantante Red Canzian prende il posto di Fogli e i Pooh consolidano il loro successo sulla scia del brano melodico, celeberrimo, Tanta voglia di lei (ancora nell'era Fogli, del 1971), che era stato lanciato da Arbore e Boncompagni nella trasmissione Alto Gradimento riportando l'attenzione su di loro.

I quattro Pooh non abbandoneranno più questo nuovo filone pop, melodico ma aperto alle novità tecnologiche e alle mode musicali, inanellando per tutti gli anni '70 altri grandi successi come Io e te per altri giorni o Dammi solo un minuto, raccogliendo trionfi da stadio negli anni '80 e il successo a Sanremo negli anni '90, in coppia con la grande cantante jazz Dee Dee Bridgewater (Uomini soli).

In parallelo andavano le carriere musicali di Riccardo Fogli, Patty Pravo e della moglie di Fogli, Viola Valentino. Infatti gli anni '80, anni del riflusso verso la famiglia e i valori tradizionali, vedono tramontare (temporaneamente) la stella trasgressiva della Pravo, che si rifugia esule in California, vedono un Fogli che abbandona le velleità rock per virare anche lui a un genere pop e melodico, e infine la rivincita della un tempo abbandonata Viola Valentino, che entra nel mondo della musica con grande successo, abbracciando quel genere pop con sottofondo di batteria elettronica lanciato in quegli anni da artisti come Rober Palmer. Il contrasto tra la mora, forte, sana e trionfante Valentino e la emaciata e super pallida Patty esprime in modo plastico il passaggio da un decennio all'altro.

Ma, come si dice, "chi ha più filo da tessere, tesserà", e nel decennio successivo Patty Pravo risorgerà come una fenice, non scalfita del tempo e di nuovo baciata dal successo.

Quel successo che i Pooh invece non hanno mai abbandonato, rimanendo per decenni nel gruppo di testa della canzone leggera italiana (con addirittura qualche episodica incursione rock-progressive), fino ai giorni nostri, e alla forse provvisoria o forse definitiva uscita dalle scene con l'ultimo concerto il 30 dicembre 2016.

I Pooh inizarono l'attività a Bologna con Valerio Negrini  alla batteria, Mauro Bertoli e Mario Goretti alle chitarre, Robert "Bob" Gillot (un inglese) alle tastiere, Gilberto Faggioli al basso. Gillot lasciò il gruppo nello stesso anno d'inizio attività (1966) ed al suo posto entrò quello che sarebbe stato il principale animatore del gruppo, Roby Facchinetti, subito dopo anche Faggioli lasciò e venne sostituito dallo storico cantante del complesso, Riccardo Fogli, proveniente da un gruppo di Piombino, gli Slenders, l'anno dopo ci fu l'uscita di Bertoli e poi di Goretti, sostituito da un altro dei membri di lungo corso, Dodi Battaglia, nel 1972 Negrini lasciò la formazione ufficiale, sostituito da Stefano D'Orazio (ma continuerà a collaborare col gruppo), l'anno successivo ci fu l'abbandono di Fogli sostituito da Red Canzian. I nuovi arrivati provenivano tutti dal mondo del beat e dintorni, Facchinetti nei Pierfilippi e Les Copains, Battaglia nei Meteors, D'Orazio nei The Others & Pataxo, Canzian nei Prototipi. In sintesi la formazione di lungo corso è costituita da Facchinetti, Canzian, Battaglia e D'Orazio, e non comprende nessun membro della formazione originale.

 

Le origini dei Pooh

 

Il primo gruppo nel quale ha suonato Roby Facchinetti, poi tastierista e anima dei Pooh, erano I Monelli di Bergamo. In seguito Camillo "Roby" Facchinetti aveva raggiunto il cantante e organizzatore di orchestre da ballo Adolfo Filippi, in arte Pierfilippi (o Pier Filippi o Pierfilippi e Les Copains) suonando nel suo gruppo / orchestra, prima di entrare in contatto con i Pooh nella loro prima formazione, nel 1966, e diventare una colonna del secondo più longevo complesso beat italiano.
Dodi Battaglia aveva suonato con i Meteors di Bologna nel loro secondo periodo, senza partecipare alle incisioni discografiche del gruppo emiliano.
Il primo gruppo di Riccardo Fogli erano gli Slenders di Piombino. Un complesso del primo periodo beat con un repertorio piuttosto grintoso (Animals, Stones), attivi soprattutto nel circuito dei concerti, che li hanno visti lavorare per gli impresari Saggini e Leo Watcher. La formazione era composta da Nedo Anselmi (chitarra), Piero Ballini (chitarra), Vincenzo Doni (tastiere), Marino Alberti (batteria), Riccardo Fogli (basso, voce).
Red Canzian, che ha raggiunto i Pooh ad inizio anni '70, aveva già suonato con un gruppo che anticipava il progressive e che incideva anche in inglese, i Capsicum Red, evoluzione del suo primo gruppo, i Prototipi.
Numerose esperienze prima dell'approdo nei Pooh al posto dei Negrini anche per Stefano D'Orazio, come era comune a molti batteristi dell'epoca (era la specializzazione più difficile da trovare, e anche Beatles e Rolling Stones avevano faticato ad avere un batterista stabile). Almeno sette sono stati i gruppi in cui ha suonato prima dei Pooh, i più significativi sono stati The Planets e The Others & Pataxo.

 

Per saperne di più: Discografia 45 giri / Sito ufficiale

    

 Profeti (front-man Renato)

Un gruppo di grande seguito nella seconda metà degli anni '60, apprezzati soprattutto come produttori di lentoni, ideali per le feste delle medie e del ginnasio. Sin dagli inizi votato più che al beat, ad una sua versione moderata e molto pendente sul lato della melodia. In pratica del beat sono presenti alcuni aspetti esteriori, come il look originale (in questo caso lunghe tuniche da profeti) e gli strumenti base del quartetto beat. Il primo 45 giri è del 1964, e presenta brani originali in stile beat moderato o folk-beat (Bambina sola e Le ombre della sera). Incidono anche loro Per fare un uomo e si affidano come altri alle cover, in questo caso il successo degli Stones Ruby Tuesday, che diventa Rubacuori. Il successo di pubblico aumenta con una virata sempre più decisa su brani dall'impatto melodico e con una esposizione maggiore del cantante Renato Brioschi, decisamente adeguato sia per voce sia per presenza. Presentano prima dei Nomadi una loro versione di Nights in White Satin dei Moody Blues (stessa traduzione adulterata), ma ottengono i maggiori successi con Gli occhi verdi dell'amore (una  cover da Angel Of The Morning, vedi la lista), La tua voce, La mia vita con te, Non si muore per amore. Con la fine del beat il cantante Renato (mantenendo nella ragione sociale il nome "Renato dei Profeti") inizia una breve carriera solistica nella quale ottiene un grande successo con il brano vagamente medievaleggiante Lady Barbara. Gli altri componenti del gruppo continuano per conto loro e mettono a segno anche un buon successo nel 1971 con "Era bella", versione "adulterata" del primo successo di Gilbert O'Sullivan "Nothing Rhymed", dopo altri due singoli meno fortunati ("Io perché per chi" di Donato Ciletti e "Dimmi papà") si conclude la vicenda artistica del gruppo.

Renato Brioschi, Nazareno La Rovere, Roberto Margaria, Osvaldo Bernasconi, Raffaele Favero, poi Donato Ciletti

 
 Quelli

Un gruppo più importante per quello che i suoi componenti hanno fatto dopo, rispetto a quello che hanno fatto negli anni '60, nel corso dei quali comunque raccolsero alcuni significativi successi. Infatti i "Quelli" furono il nucleo da cui si formò la PFM (o "Premiata Forneria Marconi") il gruppo rock italiano di maggiore successo negli anni '70 e probabilmente il gruppo rock italiano di maggiore successo internazionale di tutti i tempi.

Il gruppo si distingueva dagli altri del periodo per la perizia tecnica dei suoi componenti, che li rendeva un gruppo da studio molto apprezzato ed utilizzato da altri artisti (Battisti, De Andrè) ed i componenti stessi ricercati turnisti in molte produzioni del periodo (Mina, Nomadi, Camaleonti). Il nome "Quelli", molto particolare, era evidentemente ispirato alla celebre band di Van Morrison ("Them"). Tra i singoli si segnalano le cover "Una bambolina che fa no, no, no" (Michel Polnareff) e "Tornare bambino" (Traffic). Alla fine degli anni '60 i principali componenti del gruppo lasciano, Teo Teocoli si dedica al cabaret (nel quale avrà poi il successo che sappiamo), Radius costituisce il gruppo "Formula 3" sotto l'ala di Battisti-Mogol, Di Cioccio viene "prestato" per otto mesi come batterista all'Equipe 84. Si trattava di uno scambio di favori con la etichetta Ricordi che consentiva ai Quelli di abbandonare la casa discografica milanese, sciogliendo il contratto anticipatamente, e raggiungere la casa discografica "dissidente" Numero Uno, formata in quell'anno da Mogol e Battisti con Sandro Colombini. 

Nell'estate del 1969 era avvenuto anche l'incontro con il polistrumentista Mauro Pagani (che era un componente del complesso The Dalton). Le prove generali avvennero durante un ingaggio (con il nome Krel) al Whisky Club di Sanremo, in parallelo al Festival del 1970, durante quei concerti Di Cioccio e soci sperimentarono, con grande successo, le nuove sonorità che stavano maturando, e che daranno origine anche a un singolo, sempre con il nuovo nome ("Fin che le braccia diventino ali", la svolta verso il progressive era evidente anche nel titolo del brano). Alla fine del 1970 Di Cioccio, Mussida, Premoli e Piazza formano la Premiata Forneria Marconi, con Mauro Pagani che si aggiunge subito dopo alla formazione. Il debutto avviene nel 1971 al Teatro Lirico di Milano come gruppo spalla degli Yes (alla loro prima tournee in Italia), con brani progressive dei King Crimson e altri. E siamo evidentemente ormai molto lontani dal beat.

Il gruppo era composto all'inizio da Pino Favarolo e Teo Teocoli (che sostituiva Tony Gesualdi) alle chitarre e voci, Franz Di Cioccio alla batteria e Giorgio Piazza al basso, ai quali si aggiunsero Flavio Premoli (tastiere) e Alberto Radius (che sostituiva Teocoli, che aveva nel frattempo lasciato il gruppo) e Franco Mussida (chitarra). Nel 1970, ma come PFM, ai membri rimasti (Favarolo e Radius avevano lasciato) si aggiunse il polistrumentista Mauro Pagani.

Per saperne di più: Discografia completa / La voce dedicata ai Quelli in Wikipedia

  

Ribelli (front man Demetrio Stratos)

Un complesso milanese, raccolto intorno al dinamico batterista Gianni Dall'Aglio, notato da Celentano, che da un lato aveva bisogno di un gruppo spalla, dall'altro stava costruendo la sua etichetta discografica, il Clan, primo tentativo di indipendenza dalla industria discografica, e aveva quindi bisogno di un complesso per coprire l'ala "giovani".

Professionalmente un gruppo valido, efficace dal vivo, con l'aiuto del Clan i Ribelli raggiungono il successo e la notorietà presso il grande pubblico, partecipando ad una specie di operazione mediatica organizzata dal vulcanico Celentano: la attesa per il lancio della cantante del Clan, che poi sarebbe Milena Cantù, allora compagna dello stesso Celentano. Individuata una canzone straniera adatta, Keep On Dancin', di Brian Poole & The Tremeloes, venne sovrapposto ad essa il testo Chi sarà la ragazza?, la operazione ebbe successo ed i Ribelli entrarono nel ristretto gruppo dei complessi da classifica. Subito dopo una deludente partecipazione a San Remo, con un pezzo assolutamente inadatto e lontano dal beat (A la buena de dios), oltre a tutto in coppia con un gruppo dalla immagine altrettanto distante dal mondo giovane (gli americani New Christy Minstrels), avvenne il passaggio alla casa discografica Ricordi, e contemporaneamente l'arrivo come cantante e front-man di un grosso personaggio della musica italiana, Demetrio Stratos.

Il musicista di origine greca era già attivo in alcuni circuiti milanesi e la Ricordi, intuendone il potenziale, era alla ricerca di un gruppo adeguato, e così avvenne il cambio di formazione. Con Stratos alla voce i Ribelli firmarono i successi del '67 e '68, in parte cover (tra cui una fortunata versione di Obladì Obladà) ed in parte originali, a cominciare dalla notevole Pugni chiusi. Stratos già cominciava ad usare quella impostazione particolare della voce che poi arriverà alla sperimentazione della voce-strumento con il gruppo rock-jazz degli Area negli anni '70, quel modo di cantare particolare che influenzerà, tra gli altri, Piero Pelù dei Litfiba.

La line-up dei Ribelli formatisi attorno a Gianni Dall'Aglio (batteria) e Natale "Befanino" Massara (sax) ha avuto nel tempo molte variazioni; all'inizio alle chitarre erano Dino Pasquadibisceglie e Gino Santercole, poi sostituiti - in tempi diversi - dai fratelli Jean-Claude e Michel Bichara, di provenienza caraibica e attivi in precedenza in Francia, infine il complesso ha visto aggiungersi alla voce, con un ruolo determinante per la sua caratterizzazione, Demetrio Stratos.

Per saperne di più: I Ribelli nei primi anni '60 (testimonianza), Discografia completa

 

Satelliti

Il gruppo nasce a Livorno negli anni sessanta. Il primo nome della band è The Criker’s. Con questo nome si fanno conoscere in giro per la Toscana poi, dopo una lunga serie di concerti nella zona di Firenze, il loro impresario fugge con la cassa lasciando i cinque livornesi senza una lira e con l’albergo da pagare. Per mitigare lo smacco, i cinque giovani vanno ad un concerto di Ricky Gianco che si tiene a Certaldo (FI). L’impresario di Gianco, (e loro amico) venuto a conoscenza della fregatura subita dal gruppo livornese, chiede al cantante milanese di far suonare i Criker’s a fine concerto, nella speranza di poter ottenere un contratto dal padrone del locale. L’artista accetta di buon grado. Il successo dei Criker’s farà sobbalzare Ricky, tanto che una volta scesi dal palco li ingaggia immediatamente come suo gruppo di accompagnamento . E’ il 1964, abbandonato il vecchio nome, i Criker’s diventano così I Satelliti. Nel 1965 esce il loro primo disco, “Finirà”, (etichetta Jaguar) versione italiana della celebre “For Your Love” degli Yardbirds che ottiene subito un buon successo discografico.

Dopo questo exploit arriva l'ingaggio al Piper Club di Roma dove il quintetto suonerà per un mese di fila (nella foto a lato i Satelliti impegnati in un concerto al Piper Club di Roma, sul palco si notano le celebri e più volte citate opere d'arte contemporanea). L’anno successivo, passati alla Ricordi, esce “Perché non scegli me”, cover di “You Didn’t Have to be So Nice” dei Lovin’ Spoonful; sul retro “La vita è come un giorno”, versione italiana di “Catch the wind” di Donovan. E sarà proprio questo brano a far vincere ai Satelliti la “G” d’oro, ovvero il primo premio messo in palio dalla rivista del settore “Giovani” attraverso una votazione dei suoi lettori. Il lancio del brano avviene durante la tournee italiana di Antoine alla quale i Satelliti parteciperanno dalla prima all’ultima data. Nello stesso anno, visto il successo che il gruppo ottiene, esce un altro 45 giri dal titolo “Babababa-ba”, cover di “With a Girl Like You“ dei Troggs. Nel 1967 partecipano al Disco dell’Estate con “Mondo Mio” poi, nel ’68, su etichetta RT Club, i Satelliti pubblicano “Loro Sanno Dove”, cover di “Holiday” dei Bee Gees e sul retro “Lo scatenato”, colonna sonora dell’omonimo film con Vittorio Gassman. Concerti in tutta Italia, televisione e i locali più alla moda, ma con “Lo Scatenato” si chiude la breve ma pur intensa carriera dei Satelliti. E’ uno scioglimento naturale e senza rancore, determinato da punti di vista contrastanti sul percorso musicale da seguire.

Formazione: (nella copertina dall'alto in basso e da sinistra a destra) Roberto Guscelli (chitarra e voce), Piero Baronti (batteria), Franco Marcheschi (chitarra solista), Giovanni Barontini (basso), Roberto Ghiozzi (tastiere e voce)

Per saperne di più: Intervista a Roberto Guscelli

 

Stormy Six

Gli Stormy Six rappresentano un caso singolare di complesso beat, uno dei pochi comunque che ha superato la fase iniziale del fenomeno musicale mantenendo la popolarità, ma anche lo spirito del beat.
Gli inizi, come in molti altri casi, vedono il gruppo impegnato in una cover, in questo caso di "All Or Nothing" degli Small Faces, il gruppo inglese amato dai mods che darà origine ai Faces, nei quali si fece conoscere Rod Stewart. In italiano era "Oggi piango" (sul retro "Il mondo è pieno di gente"), poi un altro disco di buon successo "Lui verrà" (lato B "L'amico e il fico"). Subito dopo, una convinta virata verso la nascente psichedelia, sotto la forte influenza del nuovo bassista del gruppo, Claudio Rocchi (in precedenza già al basso in un complesso chiamato significativamente "Gli Sconosciuti"), con l'album "Le idee di oggi per la musica di domani" (del 1969). Rocchi abbandona però il gruppo (e viceversa) per la sua carriera solistica, che lo porterà ad esplorare tra i primi la spiritualità della musica indiana e la ricerca interiore, fino a decidere, dopo alcune esperienza anche di conduttore radiofonico con le nota trasmissione RAI Per voi giovani, proprio di stabilirsi laggiù (come annunciato in suo 45 giri dal titolo "Vado in India"). Rocchi ritornerà poi alla sua vecchia passione, la radio, partecipando alla creazione di una radio in Nepal, HBC 94, a suo tempo ascoltabile anche su internet. Negli Stormy Six viene sostituito al basso elettrico da un altro futuro conduttore radiofonico di Per voi giovani e Popoff, Massimo Villa.

Il resto del gruppo, guidato da Franco Fabbri, dopo due riuscite cover dai Creedence Clearwater Revival e una breve parentesi volutamente (e forse ironicamente) disimpegnata (il brano "Sotto il bam/bu" presentato al Disco per l'estate del 1972), esegue invece una convinta svolta verso l'impegno politico, partecipando attivamente alla stagione politica degli anni '70, alla quale le loro canzoni forniscono una convincente colonna sonora, soprattutto con l'LP Un biglietto del tram, dove sono contenuti i loro brani Stalingrado e Dante Di Nanni (dedicato a un partigiano dei GAP). Negli anni successivi i vari componenti degli Stormy Six hanno continuato ad occuparsi professionalmente di musica, e ad organizzare periodiche reunion, in particolare Franco Fabbri è diventato un apprezzato musicologo.

Prima formazione: Maurizio Masla (voce), Franco Fabbri (chitarra, voce), Luca Piscicelli (chitarra, voce), Fausto Martinetti (tastoere), Alberto Santagostino (basso), Antonio Zanuso (batteria). Al basso si sono poi avvicendati Claudio Rocchi e Massimo Villa.

  

Contatti, fonti e approfondimenti

Per segnalazioni, osservazioni, integrazioni, scrivere al Webmaster

Fonti: "Anni '60" (fanzine di Claudio Scarpa) / "C'era una volta il beat" (Sisto) / All Music Guide / "Storia della canzone italiana" (Gianni Borgna) / "Una generazione piena di complessi" di Claudio Pescetelli  / "Beati voi" di Alessio Marino (reperibile presso Beat Boutique 67).

 

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Dove trovare i dischi anni '60 dei complessi beat?

 

I dischi e le canzoni beat si possono ancora trovare ed acquistare? Molti ci scrivono facendo questa domanda. Negli anni '80 in occasione del primo revival di quel periodo, trainato da trasmissioni TV del benemerito Red Ronnie, come Roxy Bar o Una rotonda sul mare, sono state pubblicate ristampe su CD in formato compilation dei principali successi del periodo. Alcuni dei pochi LP dell'epoca sono stati rieditati su CD, e altre compilation hanno riguardato i complessi ancora attivi (quindi praticamente i soli Nomadi) oppure molto noti (Equipe 84). 

I singoli originali 45 giri sono stati tirati in moltissime copie (milioni per i più grandi successi, centinaia o decine di migliaia anche per i successi minori) e quindi non sono rari, pur essendo andati distrutti per la maggior parte. Più rari sono i 33 giri. La vendita è iniziata già a partire dagli anni '90 attraverso mercatini specializzati e non (come Porta Portese a Roma).

Grazie al portale eBay per la vendita di usato buona parte di questo materiale è facilmente disponibile anche via Internet e, come conseguenza dell'ampliarsi dell'offerta, a prezzi più bassi e calmierati rispetto a quelli dei mercatini. Per verificare cosa è proposto in offerta è sufficiente cliccare sul simbolo accanto, registrarsi a eBay (è consigliabile, per poter attivare le ricerche automatiche, la registrazione è ovviamente gratuita), e cercare nella sezione Musica > Vinile 7" EP. Per una guida all'uso del portale eBay si può consultare la sezione del sito eBay e Amazon.

  

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