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I Jaguars e il famoso furto di strumenti

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Al famoso brano "Il treno della morte" dei Jaguars, i giaguari del beat, un complesso di Roma tra i più noti e apprezzati dai "puristi" del movimento beat di metà anni '60, è legato un curioso episodio, enfatizzato dalla stampa dell'epoca, specializzata e non. Tutto nasceva dalla vera ricchezza dei complessi beat: gli strumenti per suonare, premessa per iniziare e strumenti di lavoro per serate e incisioni.

Tutto nasce da una macchina parcheggiata con troppa sicurezza nel popolare quartiere della Garbatella a Roma, luogo natale di buona parte dei "giaguari". Ma leggiamo la testimonianza di Silvio Settimi, l'originale chitarrista e vocalist del complesso:

 

La testimonianza

«Il "Bar delle catene", racconta mia madre, negli anni 40 era un punto di ritrovo famoso per il popolo della Garbatella. Situato all'incrocio tra via Vettor Fausto e via Caffaro, aveva un giardino di forma triangolare recintato da colonnine collegate da catene, davanti solo prati. Si poteva consumare un bevanda ascoltando i dischi di Petrolini, Aldo Fabrizi ed altri. Alla fine degli anni cinquanta l'ambiente si era alquanto deteriorato, mi ricordo di sciami di Motom 48 truccati, parcheggiati sulla piazzetta antistante e le corse notturne. Qualche volta si fermava Maurizio Arena, comprava una stecca di sigarette, poi saliva su una macchina americana lunghissima, una Cadillac, e se ne andava dopo avere firmato autografi, era il divo del momento.
Negli anni sessanta il degrado continuò, rubagalline vari, "straccetto" "ragnetto" "er niccio" i famigerati fratelli C... e i P....., si mescolavano ad altri soggetti meno malavitosi. Quasi tutti lavoravano ai mercati generali, per copertura o per bisogno. L'ignoranza si respirava a pieni polmoni.
A venti metri dal bar delle catene, verso l'una di notte di un giorno di novembre 1966, parcheggiammo le macchine cariche di strumenti, e andammo a casa mia per una spaghettata. Era un giorno importante, venivamo dalla sala di incisione dove avevamo registrato "Il treno della morte" e "Il tempo passerà"ed eravamo stanchi, ma allegri. Dalla finestra si potevano vedere le macchine e ogni tanto davamo un' occhiata di controllo.
Finita la cena Pino, Giovanni e Luigi se ne andarono e trovarono, trovammo dovrei dire, la sorpresa: la macchina di Luigi su cui avevamo sistemato la batteria, l'amplificatore del basso di Luigi e il mio Fender Bandmaster nuovo nuovo, era stata svuotata. Degli strumenti nessuna traccia tranne un tendone ormai afflosciato, con il quale avevamo avvolto la batteria sul portabagagli.

Eravamo rovinati, senza più strumenti e con impegni di lavoro imminenti.
Dopo avere fatto la denuncia alla polizia ce ne andammo a dormire, ma credo che nessuno dormì per quello che restava della notte.

Il giorno dopo andammo subito a Porta Portese, c'erano un paio di posti dove vendevano cose usate, fingendo di voler comprare degli strumenti per avere informazioni. Niente.
Facemmo delle telefonate anonime a dei personaggi sospetti. Niente.
Il primo giorno passò così.
La mattina seguente mio padre torno a casa di corsa. Mentre si recava alla sua bottega aveva trovato davanti ad uno dei cancelli del lotto 27 un cavetto di chitarra che mi apparteneva.
Ci radunammo e andammo alla polizia dicendo che c'erano forti probabilità che i nostri strumenti si trovavano all'interno di quel lotto, ma loro non potevano fare nulla.
Allora ci organizzammo, eravamo io Luigi, Giovanni (Pino mi sembra che non venne, del resto a lui non avevano rubato nulla), poi c'era "coccodrillo" "er roscio" e un paio di cugini di Luigi, tutta gente di Ciampino, quindi sconosciuti alla gente del posto.
Era una giornata rigida. Io indossavo un cappotto che era stato di mio padre nel 1940. Dalle cinque del pomeriggio cominciammo a pattugliare a due a due tutte le uscite del lotto 27. Calò la nebbia e i lampioni avevano un alone macabro.
I residenti sgusciavano via impauriti dalle nostre presenze, eravamo dopotutto dei capelloni, ormai erano ore che ci vedevano fissi nello stesso punto, guardinghi e sospettosi di chiunque.
Un mio amico che abitava lì teneva i contatti telefonici con mia madre per informarla.
Ci mandò cose da mangiare e da bere.
Erano ormai le dieci ed eravamo ancora lì. non mi ricordo se decidemmo di andare avanti ad oltranza perché avevamo visto entrare dei tipi sospetti o altro, fatto sta eravamo ancora lì.
Io mi ero appostato in un angolo buio ed avevo con me il crick della cinquecento, che per fortuna sostituii con un matterello. Insieme a me c'era un cugino di Luigi, di cui non ricordo il nome.
Tra le undici e mezzanotte sentii il rumore dei foderi della batteria, era per me un rumore familiare: "ce semo", pensai.

Io e l'altro uscimmo dal nascondiglio armati di matterello e cominciammo a bastonare; dei quattro che erano uno solo finì nelle nostre mani, gli altri dopo avere preso, spero, qualche bastonata mollarono tutto e fuggirono.
Nella colluttazione rotolammo sotto una siepe, dopo avergli assestato qualche randellata sul groppone, lo tenevamo saldo, gli tolsi gli occhiali mentre urlava, cominciava ad affacciarsi qualche persona, vennero Luigi, Giovanni e gli altri i quali, per la grande tensione emotiva, volevano infierire sul malcapitato Carmelo S....., dovemmo difenderlo.

Mia madre avvisata per telefono si voltò a dare la notizia a mio padre il quale era già uscito per correre in aiuto. Nel frattempo venne la polizia, non so se chiamata da qualcuno o perché così avevamo pattuito, e prese in consegna il ladro. Intanto si era radunata una piccola folla. In quel momento arrivò mio padre trafelato, voleva a tutti i costi colpire il ladro, non poté fare altro che sputargli addosso, ma lo sputo colpi il poliziotto sulla giacca.
Gli strumenti vennero portati in questura e all'appello mancava la testata del mio nuovo Bandmaster.
Bisognava attenderli ai cancelli, attaccarli subito fu un errore tattico.
Il giorno dopo andai a comperare le sigarette al bar delle catene e mentre passavo li sentivo dire "questo dura poco" o cose del genere, ma non ci fu nessuna ritorsione, forse era chiaro come la pensavamo.
Il resto si può leggere sull'articolo di Paese Sera.
Come finì?
Dopo un anno mi chiamarono in tribunale a testimoniare. Nel frattempo mi aveva contattato il fratello di quello che, sfuggito alla cattura, era stato tuttavia riconosciuto, tale "sayonara", e mi chiese se potevo in qualche modo aiutare questo suo fratello maggiore sciagurato.
Anche le sorelle e la madre di S....  mi contattarono, erano brava gente, così in tribunale cercai di scagionarli in qualche modo, ma S.....  mi sembra si beccò un anno e rotti.
Ancora lo vedo ogni tanto passare (a pensarci bene è parecchio che non lo vedo più) col motorino, sembra rincoglionito, forse sono state le randellate che gli ho assestato quella sera, ma credo che gli abbiano fatto comunque bene.»

La vicenda ha poi avuto un epilogo drammatico, il giovane ladro catturato ha infatti tentato infatti la fuga dal Policlinico, dove era temporaneamente ricoverato, ingaggiando una colluttazione con i poliziotti e tentando di prendere in ostaggio i pazienti, come è raccontato nelle cronache giornalistiche dell'epoca.

Note:

 

Garbatella

E' un quartiere popolare, notissimo a Roma (chiamato familiarmente dai romani "la garbante"), costruito ai tempi del fascismo per dare alloggio agli abitanti dei quartieri storici del centro storico spianati per fare posto alle "grandi opere" di quel regime (via dei Fori Imperiali, via della Conciliazione, l'Augusteo ecc.). Nel corso degli anni ha conquistato un suo status di zona ricercata, vista anche la relativa vicinanza al centro, ed ora è gradevole e pieno di locali.
Per saperne di più sul popolare, vivace e ora anche alla moda quartiere di Roma: www.rionegarbatella.it

Maurizio Arena

L'attore bello e seduttore di Roma per eccellenza, protagonista dello storico film "Poveri ma belli" e di altri film popolari dell'epoca, vero romano, simpatico profittatore della popolarità, finché è durata.

Motom 48

Insieme Moto Morini, Benelli, Guzzi e altri costruttori di motociclette, uno dei principali produttori di cinquantini degli anni '50-'60, teoricamente limitati a un cavallo e mezzo e 40 Km/h per essere guidati a quattordici anni e senza patente, ma da sempre truccati per arrivare a 80 all'ora e più.

Aldo Fabrizi, Petrolini

Chi non conosce gli attori comici (ma anche drammatici, memorabili e indimenticabili le interpretazioni di Fabrizi in "Roma città aperta" di Rossellini e "C'eravamo tanto amati" di Scola) amati senza riserve da tutti i veri romani?

Ciampino

Cittadina alle porte di Roma, praticamente un quartiere periferico della capitale, molto popolare.

Paese Sera

Il più noto e diffuso quotidiano romano dell'epoca, specializzato nella cronaca della capitale, contraltare di sinistra de "Il Tempo". La redazione era infatti contigua a quella storica de "L'Unità", in via dei Taurini, nel popolare quartiere di San Lorenzo, e contava storiche firme come Giuseppe Fiori, Callisto Cosulich, De Benedetti, Forattini, Berenice, Luca Giurato e altri; anche il regista Pasquale Squitieri, prima di passare dall'altra parte, è stato cronista del giornale. Il quotidiano ha cessato le pubblicazioni a fine anni '80.

   

Come la stampa dell'epoca ha raccontato l'episodio

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PAESE SERA - Sabato 26 Novembre 1966 (Cronaca di Roma pag. 4)

L'articolo di Paese Sera del 26/11/1966
(L'articolo riepiloga la vicenda in occasione del drammatico tentativo di furto del ladro, con le inesattezze di rito: i Jaguars diventano un complesso yè-yè che fa uso di trombe, ecc.).


DRAMMATICO EPISODIO STAMANI IN UNA CORSIA DEL SECONDO REPARTO CHIRURGIA

Minaccia con il coltello gli ammalati per evadere dal Policlinico.

Drammatico tentativo di evasione stamattina, di un giovane piantonato in una corsia del secondo reparto chirurgia al Policlinico. Dopo aver tentato di sfondare una finestra, i1 detenuto, in preda a una folle furia, ha lottato a lungo con un agente che cercava di bloccarlo; poi ha minacciato di sfregiarlo on una lastra di vetro; s'e impadronito, infine, d un coltello e l'ha brandito contro chi cercva di fermarlo. Nell'intera corsia, gli ammalati hanno assistito impotenti e terrorizzati. alla scena.
Ci sano voluti dieci minuti, e un'opera paziente di sorveglianza e di persuasione, per ridurre finalmente alla ragione l'energumeno, che ora è stato ricove-rato alla Neuro.
Protagonista del tentativo di fuga un giovane di 21 anni, Carmelo S....., abitante in via S..... 40. Insieme a due complici, il S..... , pochi giorni fa,aveva compiuto un singolare furto di trombe, chitarre elettriche e tamburi ai anni di un complesso ye ye, i "Jaguars".
Le cosa sano andate così: i cantanti, provenienti da Torino e in tournee nei locali notturni romani, erano andati a cena da un' amica, in via Longobardi, e avevano lasciato in via Caffaro l'auto in sosta, piena di strumenti. Tre giovani: Carmelo S..... , Vincenzo M..... di 19 anni, abitante in via D.N. 19 e Luciano S....., abitante in via Andrea M..... 18 hanno svaligiato l'automobile e hanno nascosto tutta l'attrezzatura musicale in uno scantinato di via Longobardi. Lì, poco dopo, sono arrivati gli agenti del commissariato Garbatella, messi sull'avviso ai " Jaguars " i quali, proprio di fronte allo scantinato, avevano trovato il fodero di una delle loro chitarre.
Appostamento dei poliziotti e, all'uscita dei giovani, l'arresto. Il S.....e il M....  sono caduti nella trappola; non il S.... , che è riuscito a fuggire ed è ancora latitante.
Appena arrivato al commissariato, Carmelo S.....comincia a urlare, a dimenarsi; lo rinchiudono nella camera di sicurezza, per precauzione. E lui,dopo aver passato la notte da solo, la mattina dopo racconta: " ho inghiottito una lametta; dovete curarmi, dovete salvarmi ".
Immediatamente Carmelo S.....viene trasportato al Policlinico, al secondo reparto chirurgia, per gli accertamenti radiografici. Stamattina, all'improvviso, sotto gli occhi dell'agente che ha l'incarico di piantonarlo, il giovane balza in piedi, balza sul letto di un malato, si getta a corpo morto contro la vetrata e la sfonda; quando sta per saltare giù, però si accorge che il salto è troppo alto. Torna allora sui suoi passi, brandendo un pezzo di vetro, mentre l'agente lo affronta.
Gli ammalati, terrorizzati, assistono ad un violento corpo a corpo fra il poliziotto e il detenuto: Carmelo S.....riesce a svincolarsi, si getta su un ricoverato che sta sbucciando una mela e gli strappa il coltello; poi, con l'arma in mano, minaccia tutti quelli che gli stanno attorno.
Per il giovane, comunque, non c'e possibilità di fuga: le infermiere hanno bloccato l'uscita, sono accorsi altri agenti. Si tenta una paziente opera di convinzione nei confronti dell'energumeno.
Finché dopo dieci minuti Carmelo S..... si calma. Ferito e sanguinante, lo medicano e lo rinchiudono alla Neuro.

 

BIG il settimanale giovane n.50 - Anno II - 14 Dicembre 1966 - L. 150 (pag. 54)

Quello che segue è invece l'articolo di Big, una delle due riviste dell'epoca specializzate sulla musica giovane e sul mondo dei giovani in generale (l'altra era "Giovani").
Cronaca più o meno precisa (anche perché è una intervista), ma la giornalista forse non era di Roma, infatti scambia la Garbatella con il quartiere storico di Trastevere (che, come dice il nome, è dall'altra parte del Tevere e in tutt'altra zona, anche se sempre popolare e "molto pittoresco")

Un "complesso" derubato assicura alla giustizia: IL NEMICO DEI GIAGUARI

Con un movimentato inseguimento i Jaguars hanno catturato uno dei ladruncoli che li avevano alleggeriti dei loro strumenti musicali, lasciati incustoditi in macchina. L refurtiva è stata ricuperata e il ladro, malgrado la resistenza, è finito in carcere.

Roma, dicembre
Corri, Gufo, l'ho preso".
'Tienilo stretto... arrivo".
Non arrivò solo. Con lui Tarzanetto, Coccodè e
Capoccione si lanciarono con un balzo da giaguari sopra il ladro Carmelo e lo immobilizzarono.
"Lasciatemi perdere. Non portatemi al commissariato. Ragazzi, aiuto... aiutateme...".
Ma i complici di Carmelo si erano dileguati nella nebbia umida delle stradette trasteverine. E mentre il "catturato" si dibatteva fra le robuste braccia dei tre, Capoccione, non smentendo il suo invidiabile ritmo di batterista sollevava e lasciava cadere sui capelli ricci imbrillantinati del ladro un pugno ch'era una specie di randello.
Si concludeva così, la notte del 25 novembre, il furto di strumenti musicali più clamoroso dell'anno.
Derubati: i Jaguars. Ladri: i soliti ignoti (tranne, appunto l'incauto Carmelo). La refurtiva tutta recuperata, salvo un amplificatore. Ma i Jaguars non disperano: "So non l' hanno fatto a pezzi l'amplificatore, siamo certi di ritrovarlo. Accidenti, era nuovo..." dice Silvio, sconsolato.
Silvio ("er capoccione" per gli intimi). in questi giorni e afflitto da un acuto senso di colpa: 'Forse, se non ci riunivamo a casa mia, non sarebbe successo niente..." dichiara. e racconta: Pino (Tarzanetto), Luigi Gufo), Gianni (Coccodè) e lui quella sera avevano deciso di festeggiare la loro ultima incisione, il terzo disco della loro carriera, "Il treno della morte". Per i Jaguars esiste un solo modo di festeggiare qualsiasi tipo di avvenimento, dal vantaggioso contratto alla conoscenza d'una belle ragazza: la spaghettata collettiva. Si provvedono d'un paio di chili di bucatini, affidano la preparazione della "carbonara" a Silvio (cuoco eccellente) e con due fiaschi di Marino mandano giù il tutto. Ma torniamo alla fatale sera: l'appartamento di Silvio, dove i quattro si erano riuniti, si trova in una grigia e antica casa nel cuore di Trastevere. Il Milletrè del complesso, con tutti i loro strumenti, era posteggiato sotto il portone.
"Forse fu un presentimento - dice Pino - che. mi fece affacciare alla finestra proprio mentre i nostri strumenti scappavano... sulle spalle di alcune ombre...
'Facemmo le scale in un fiato", incalza Silvio.
"Ma quando arrivammo non c'era più niente" conclude sconsolato Gianni.
"Non s'è dormito per tutta la notte - prosegue Luigi. - Al posto di polizia ci danno poche speranze e allora decidiamo di fare da soli. Convochiamo in casa di Silvio tutti i nostri amici e in sei ore organizziamo un piano degno del migliore James Bond. Ma non ci è valso a niente. L'indomani mattina, i1 padre di Capoccione, mentre va a lavorare, vede il lungo filo della chitarra elettrica che sbuca dal portone di un magazzino. Corre ad avvertirci. Nel giro di un quarto d'ora recuperiamo tutto, fuorché l'amplificatore. Mannaggia: trecentomila lire! La cosa però non finisce così. Qui devono tornare, ci siamo detti, e ci appostiamo. Verso sera inoltrata eccoti il primo, poi a gruppetti gli altri quattro. E' stato un attimo. Ci precipitiamo dentro e succede il finimondo. Pugni che volano a dritta e a manca, una confusione terribile. Era buio. A un certo punto io mi trovo sotto i pugni il povero Pinuccio. E' stata tale la confusione che la banda è riuscita a svignarsela. Tranne uno: un ragazzo che già conoscevamo, un certo Carmelo, 'sonato' dalla nascita. 'Se non mi mollate me magno 'na lametta!', diceva. 'Ma va..' ridevamo portandolo al commissariato".
Carmelo ha mantenuto la parola: ha inghiottito la lametta. L'hanno portato d'urgenza al Policlinico, e qui ha dato in escandescenze, minacciando gli ammalati del suo padiglione con un coltello sottratto a un vecchietto che tranquillo sbucciava una mela. Ora Carmelo sta alla neurodeliri.
"Che farete ora? - chiedo loro. - Perfezionerete il piano per sgominare l'intera banda?"
'Mica siamo zeri-zeri-sette Gli strumenti li abbiamo ripresi. Ora abbiamo una cosa malto importante da fare..."
"E cosa? Una tournee in Inghilterra? O andrete in tivu? Oppure..."
"Noo, - risponde Capoccione a nome di tutt'e quattro, con estrema serietà - dobbiamo rifarci una gagliarda 'carbonara'. Quella non valeva".

(Lisangela Nassi)

 

© Musica & Memoria 2003. Testimonianza e materiali concessi da Silvio Settimi

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