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Dalle radio pirata alle radio libere |
La musica è legata strettamente alla radio, che è tuttora il principale mezzo di diffusione e di conoscenza delle novità musicali, anche se Internet è il futuro e ormai anche il presente, soprattutto grazie a YouTube. La radio ha avuto la sua stagione di massima espansione nell'era delle radio libere. Che in realtà hanno iniziato il loro viaggio come radio pirata, perché trasmettevano eludendo esplicitamente la legge, in modo un po' temerario, semi-legale o illegale del tutto, fuori dai confini e dalle acque territoriali. Era l'avventurosa vicenda delle radio off-shore degli anni '60, che poi sono diventate radio libere, sempre alternative, ma che sfruttavano le aperture e le possibilità offerte dal vento di libertà e di anarchia degli anni '70, ma che col tempo sono diventate semplicemente radio private, nel senso proprio di "imprese private", sempre meno interessate alla libertà e sempre più al profitto, premessa per la sopravvivenza. La storia avventurosa delle prime radio pirata si può leggere in questa pagina. Le radio, private o libere che siano, fanno parte del panorama musicale, sono il nostro accompagnamento, soprattutto quando viaggiamo in macchina, e facciamo zapping con i segni + e - tra una radio e l'altra, non appena parte la pubblicità. La radio, certo, è diventata col tempo un mezzo di minore importanza, quasi residuale dal punto di vista economico, rispetto alla televisione. È un mezzo di informazione e di intrattenimento che trova la sua principale ragione di utilizzo in mobilità, e in generale quando si possono utilizzare soltanto le orecchie, mentre tutti gli altri sensi sono occupati nel guidare o nel fare altre cose. La radio, pur con tecnologie diverse e mutazioni interne inevitabili, continua ad essere tra noi, sui nostri PC connessi ad Internet o sui nostri dispositivi mobili sempre più potenti e multifunzionali. |
Gli investimenti per realizzare una
radio sono stati ingenti fino a non molti anni fa, e quindi alla portata soltanto
di
grandi organizzazioni. Nei primi tempi della radiofonia quindi le radio erano
soprattutto statali, anche se negli Stati Uniti d'America già negli anni '40, organizzare e
mettere in piedi una radio era un investimento alla portata anche di
imprenditori di medie capacità finanziarie. Quindi iniziò, complici anche la
libertà di azione garantita dalla costituzione americana, la struttura federale
e la estensione del territorio, una proliferazione di radio libere, cioè di
radio indipendenti, nel caso americano, dalle grandi reti nazionali. |
In Italia in Europa le cose erano piuttosto diverse. In Italia, dove peraltro la radio è stata inventata, come noto, da Guglielmo Marconi, le trasmissioni regolari sono iniziate ai tempi del fascismo e, anzi, proprio la radio è stata il mezzo principe di diffusione della propaganda del regime, che organizzava radiodiffusioni pubbliche nelle piazze dei discorsi del Duce, a beneficio dei molti che non avevano l'apparecchio in casa. |
Dopo la guerra la radio è
ripartita come strumento di intrattenimento, anzi il principale mezzo di
intrattenimento, assieme al cinema, almeno fino alla definitiva
affermazione della televisione nei primi anni '60. |
Esisteva poi la filodiffusione, che in realtà non era radio, ma una trasmissione via doppino telefonico di programmi musicali su tre o quattro canali tematici (classica, leggera, un po', in piccolo, come il servizio radio fornito dai canali satellitari attuali o dai canali radio internet), sempre gestita dalla RAI. |
La filodiffusione non era hi-fi, ma almeno era stereofonica, a differenza della radio, che in Italia rimaneva monofonica sia sulle onde medie (dove non si poteva fare altrimenti) sia sulla modulazione di frequenza, che consentiva una maggiore qualità e che in USA già negli anni '50 era trasmessa in stereo, e garantiva una qualità della musica riprodotta al livello degli LP e dei giradischi di allora, o addirittura superiore. |
Già dagli anni '60 la radio in
Italia era meno centrale di dieci anni prima, in quanto la televisione si
stava velocemente diffondendo in tutte le case; sempre meno numerose erano
quindi le famiglie che, come avveniva dieci anni prima, si riunivano alla
sera attorno agli apparecchi radiofonici a sentire i
"radiodrammi" (le telenovele per radio) o le trasmissioni di
intrattenimento. La radio rimaneva però un mezzo di svago importante, in
quanto la televisione all'epoca non trasmetteva tutto il giorno, ma
praticamente solo dal primo pomeriggio, con le trasmissioni per i ragazzi, fino
a mezzanotte circa, con la famosa "fine delle trasmissioni", che
inquadrava con una carrellata interminabile una antenna gigantesca, con il
sottofondo della ouverture del Guglielmo Tell
di Rossini. |
La radio era rigidamente controllata dall'unico gestore, ovviamente, e gli elementi musicali e di costume degli anni '60 erano recepiti in maniera minima e attentamente filtrati, riflettendo un orientamento tra il conservatore e il paternalista ,tipico della direzione RAI di allora (il mitico Bernabei), che vedeva con sospetto i complessi beat con i capelli lunghi e gli atteggiamenti vagamente trasgressivi che cominciavano a affacciarsi. (Vedi: la RAI e la censura). |
La situazione in Europa era più o meno analoga a quella del nostro paese: radio statali, rigidamente controllate, tra le quali spiccava per qualità e professionalità la famosa BBC inglese, e naturalmente, si potevano osservare tempi diversi tra paese e paese nel passaggio di testimone tra la radiofonia e la televisione come strumento di diffusione (broadcast) principale.
A differenza degli Stati Uniti, dove non c'era alcun monopolio o concessione
statale da violare, ma solo un problema di accesso a finanziamenti sufficienti e
di registrazione e omologazione all'ente tecnico regolatore delle attrezzature,
in Europa per trasmettere via radio, senza essere il gestore statale, bisognava
violare la legge. D'altra parte però la premessa per nuovo mercato c'era, tanta
musica alternativa che esplodeva, sulla scia del successo planetario dei Beatles
e dei Rolling Stones, tanta voglia da parte dei giovani di ascoltare
musica al di fuori delle fasce orarie prestabilite e di sentirsi parte di un
circuito diverso e alternativo a quello degli adulti. |
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La radiotrasmissione però era rigidamente regolamentata e le frequenze, limitate e date in concessione, erano controllate, se non dall'esercito, almeno dalla polizia (la Polizia postale, in Italia). Alcuni imprenditori inglesi però violarono l'embargo ad inizio anni '60, nel 1964 per la precisione, ebbero infatti l'idea di trasmettere utilizzando navi ancorate fuori dalle acque territoriali inglesi, sfruttando il fatto che le onde radio non conoscono i confini. Era la mitica Radio Caroline. Una radio pirata quindi, che agiva in mezzo al mare, aggirando ingegnosamente la legge. |
E tutto ciò avveniva non
a caso nella Inghilterra della swingin' London,
il paese allora più brillante e più all'avanguardia d'Europa e forse del
mondo, e quindi più insofferente delle gabbie e delle restrizioni. Trasmettevano in inglese,
ma soprattutto trasmettevano musica, che è un linguaggio universale, che
abbatte le barriere linguistiche, avevano bisogno di musica per riempire le
trasmissioni, ed erano quindi strettamente connesse ad una industria
discografica, allora decisamente aperta al nuovo. |
Se durante la guerra gli italiani sentivano le notizie dal mondo libero tramite Radio Londra, che trasmetteva in italiano per le zone occupate dall'invasore tedesco, ovviamente ora si poteva, con apparecchi potenti, sentire Radio Caroline o Radio Luxembourg (soprattutto la seconda).
Gli ascoltatori non erano rappresentati dal pubblico di massa, ma in prevalenza
dagli appassionati e dagli addetti ai lavori, i musicisti dei primi complessi
beat, gli autori delle canzoni; le trasmissioni inglesi, le classifiche, erano
per essi la principale fonte di ispirazione e lo strumento per aggiornarsi al
veloce succedersi delle mode. |
La radio in Italia nel frattempo continuava ad essere rigidamente controllata, esisteva una commissione di ascolto, in pratica una commissione di censura che stabiliva cosa poteva essere trasmesso e cosa no, non potevano essere trasmesse ad esempio le canzoni di Fabrizio De Andrè, in quanto trattavano temi non adatti o usavano parole non consentite, una sola canzone era ammessa, era "Fila la lana", ma erano proibite sia quelle licenziose come Re Carlo, oppure quelle poco rispettose dell'ordine costituito, come "Il gorilla", così come quelle antimilitariste, come "La guerra di Piero", ma erano al bando anche canzoni che in qualche modo uscivano dal perbenismo, anche di autori notissimi, come Domenico Modugno, proibitissima la sua canzone dal titolo "Nuda", dedicata peraltro alla moglie (vedi: La RAI e le canzoni oscurate). Esistevano naturalmente trasmissioni specializzate per far conoscere le novità discografiche, collegate all'industria del settore, come ad esempio"Il discobolo", una trasmissione curata dal giornalista Vittorio Zivelli, celebrata nella canzone "Rollo & his Jets" di Francesco De Gregori: erano di solito piazzate in orari strani, riempitivo, e sempre troppo corte, per esempio Il discobolo presentava in tutto un pezzo straniero al giorno. |
Ma la spinta della nuova cultura era
troppo forte anche per la radio italiana, fino ad allora totalmente controllata
dal partito cristiano e, in parallelo al primo centro-sinistra negli anni '60,
qualche segno di rinnovamento venne introdotto. Così iniziarono a fine degli
anni 60 le due trasmissioni storiche, prototipo per molte di quelle successive,
vale a dire Bandiera
gialla e Per_voi_giovani, entrambe uscite dalla fantasia di Gianni
Boncompagni e Renzo Arbore, in
seguito anche al centro del grande successo di
Alto gradimento. |
Non se ne sospettava neanche
l'esistenza, mettere su una radio sembrava ai più un'impresa fuori dalla portata
di chi non controllasse perlomeno un governo, se ne sentiva parlare le prime
volte proprio a Per voi giovani, per
esempio dal grande Herbert Pagani, che
spesso collaborava alla trasmissione. Inviato in Cile, allora nella breve
stagione del governo di Salvador
Allende, con il suo stile entusiasta, Pagani
ne parlava come di un paese pieno di libertà, e per provarlo faceva sentire un
nastro registrato dalla radio della sua macchina a noleggio, girando le sintonia
e sintonizzando una stazione dopo l'altra. Sembrava una cosa fuori portata da
noi, dove girando la manopola della FM di radio se ne trovavano sì e no 4
(quelle della Rai più Radio Vaticana) oltre a qualche radio estera che
cominciava a trasmettere per l'Italia in certe zone, come
Radio Montecarlo
nel Nord-Ovest e
Radio Capodistria nel
Nord-Est. Eravamo un buon esempio di libertà negata (ma mancavano solo due o tre
anni all'esplosione). |
Sul lato tecnico la strada venne aperta dalla cosiddetta banda cittadina (Citizen Band o CB): rice-trasmettitori radio di bassa potenza (e bassa qualità) che avevano sostituito, o per meglio dire integrato, il piccolo popolo dei radioamatori. |
I
radioamatori infatti esistevano da sempre, da decenni, ed erano gli unici
che potevano trasmettere via radio in modo privato, erano però
strettamente regolamentati e censiti, erano quegli appassionati con antenne enormi,
di grande costo, che facevano a gara fra di loro a chi riusciva a mettersi
in contatto con paesi remoti, l'Argentina, l'isola di Pasqua, o magari a
captare le trasmissioni degli astronauti nello spazio. I radioamatori
erano censiti e conosciuti della polizia postale, regolamentata la loro
attività. |
La regolamentazione era carente, in pratica il CB era vietato, o almeno una stazione CB doveva essere trattata come quella di un radioamatore, ma la spinta congiunta dei produttori, che volevano vendere gli apparati, degli esempi stranieri, dove era utilizzata già, della esigenza degli utenti, camionisti in primo luogo, del generale momento sociale, fece saltare tutte le regole, e i CB proliferarono, occuparono le frequenze parlando uno sull'altro e sovramodulando per farsi sentire, mentre le autorità alzavano le mani e facevano finta di non vedere, bastava evitare almeno di occupare le frequenze della polizia. |
A questo punto il passo successivo era quasi naturale, passare dalla comunicazione uno a uno alla comunicazione uno a molti, cioè broadcast; gli apparati non erano molto diversi, produttori e distributori e negozi più o meno gli stessi, l'antenna doveva essere più grande e gli investimenti un po' superiori, ma ormai ci eravamo, e la tolleranza delle autorità travolte dai CB garantiva la impunità. Per aprire
una radio libera quindi bastava a questo punto un amplificatore, anche da
pochi watt, una frequenza libera (cioè non ancora occupata da un'altra
radio), un'antenna, alcune elettroniche non molto costose (mixer,
microfono, cuffie, giradischi, registratore a cassette, eventualmente a
bobine) e soprattutto un gruppo di amici disposti a coprire le
ventiquattrore della giornata, o perlomeno la maggior parte di esse,
perché la prima differenza con la radio ufficiale era che la
radio libera era sempre disponibile e sempre pronta a farti compagnia, e
soprattutto, se la frequenza era lasciata libera anche per mezz'ora,
veniva occupata da qualche altra radio. In pochi anni, o forse pochi mesi, tutte le frequenze disponibili, almeno nelle grandi città, vennero occupate da decine di radio libere, anzi non era frequente il caso di frequenze occupate da due radio, di radio che trasmettevano volutamente fuori dalle regole, in sovramodulazione, per sopravanzare le altre radio vicine e che, anche in un'area contigua, trasmettevano sulla stessa frequenza. Alla fine arrivò anche la copertura legale, dopo i sequestri e i tentativi di fermare il fenomeno dei primi mesi, grazie ad una storica sentenza della Corte Costituzionale che stabiliva la fine del monopolio (in ambito locale). Per coprire le ventiquattro ore, naturalmente, la musica era fondamentale. Sarebbe stato difficile riempire il palinsesto soltanto con trasmissioni autoprodotte, con inchieste giornalistiche o con tutte le altre tipologie di trasmissioni che faceva tipicamente la radio di Stato, quindi il palinsesto della radio libere era essenzialmente costituito da musica di vari generi e stili, strutturata per rubriche (la rubrica di musica classica e di jazz, l'immancabile rubrica di musica lirica, e così via), naturalmente tanto rock, tanti cantautori, e la musica del momento. E niente diritti d'autore. |
Ma c'era anche qualcosa che la radio ufficiale non poteva permettersi o permettersi solo in parte, e che le radio libere sfruttarono sino in fondo, la comunicazione bidirezionale attraverso la sinergia con il telefono: le trasmissioni con gli ascoltatori, figlie delle trasmissioni ufficiali come "Chiamate Roma 3131", ma ora molto più capillari, perché il bacino di ascoltatori si era concentrato a livello locale, fino all'estremo limite delle rubriche di saluti tra parenti e amici che si scambiavano il ruolo di conduttori e ascoltatori ("...un saluto a zia Pina, a nonna Maria che si riprenda presto ...").
Per approfondimenti: Le prime radio in
Italia / La
normativa e il censimento delle
radio libere in Italia nel 1976 |
Dopo le prime radio
"libere", che in realtà trasmettevano dall'estero, anche se erano
orientate all'Italia, come le celebri Radio Montecarlo e Radio Capodistria
citate prima (entrambe in italiano), iniziarono così le
trasmissioni in quegli anni le radio poi divenute storiche, in alcuni casi attive tutt'ora (come
i conduttori). A Roma c'erano Radio Blu,
Radio Elle e Radio
Città Futura, a Milano Radio Milano
International e Radio Popolare,
a Bologna Radio Alice, a Napoli
Radio Napoli City. (Vedi il
censimento del '76 e le
prime radio a Roma). Naturalmente la economia ha le sue leggi, che nel nostro mondo sono difficili da eludere, e nel breve volgere di qualche anno il volontariato si è esaurito o di molto ridotto, ed i costi di gestione, seppur bassi, hanno messo in crisi le prime radio, e le hanno costrette a diventare imprese commerciali. Qualcuna ha tentato di resistere chiedendo agli ascoltatori una sorta di canone. Ma una legge economica dice che se un bene o servizio viene dato gratis, in seguito è difficile, se non impossibile, farlo pagare (e questo è un elemento di riflessione per chi vuol fare pagare servizi su internet). Quindi queste iniziative si sono rivelate palliativi, e le radio rimaste sono state o quelle poche realmente basate sul volontariato, come Radio Onda Rossa o Radio Maria, o quelle diventate imprese commerciali, orientate quindi a vendere gli ascoltatori agli inserzionisti pubblicitari. Così diventando apripista delle ben più consistente esplosione della TV commerciale, anch'essa figlia di quella stagione di libertà. La selezione tra le radio però non è
stata tale da liberare le frequenze, e l'affollamento radiofonico degli inizi è
rimasto poi cristallizzato per sempre, insieme alla confusione e alla
sovrapposizione di frequenze, regolamentate dalla legge Mammì degli anni '80,
ma tutt'ora in attesa di applicazione. |
Teoricamente la musica
che una radio intendeva trasmettere
doveva essere comunicata alla società autori ed editori (la mitica
SIAE),
a cui doveva essere spedita la scaletta di ogni giorno di trasmissione, e in
seguito dovevano essere versati i diritti per le trasmissioni. Insomma la situazione di allora era simile a quello di ora su Internet, le radio musicali erano come i siti che archiviano e distribuiscono MP3. Le case discografiche però avevano allora un comportamento ben diverso, non facevano alcuna battaglia contro le radio libere, ma anzi mandavano dischi gratis alle radio appena appena affermate. Evidentemente ritenevano, a differenza di ora, che il mezzo migliore per promuovere la musica sia farla conoscere (!). (Per saperne di più: I diritti di copia e la musica). |
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Naturalmente, dove prima trasmettevano
tre radio, più Radio Vaticana e
Radio Montecarlo,
Radio San Marino e
Radio
Capodistria (e queste ultime tre "straniere", non ricevibili
in tutta Italia) ora
trasmettevano magari 100 radio, e mentre le trasmissioni musicali sulle radio di
stato arrivavano a due o tre ore al giorno, le radio libere coprivano con la
musica (trasmissioni o nastri pre-registrati) magari l'ottanta per cento della
programmazione. Insomma una moltiplicazione delle trasmissioni di musica, una
moltiplicazione dei generi di musica trasmessi, una moltiplicazione dei
musicisti che trovavano uno sbocco su una qualche radio, e quindi un aumento
della vendita di dischi, della copia di dischi, allora su cassetta, insomma la
stessa situazione di 3 decenni dopo, con le radio al posto di Napster o Winmx o eMule o
LimeWire, le cassette
al posto dei CD-ROM e dei masterizzatori. |
Com'è finita (ovvero: la radio, oggi) |
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In realtà non è finita nel senso che le radio sono sempre 100 in ogni grande città, cioè tutte quelle che riescono ad entrare nelle frequenze lasciate libere, le radio sono ancora in attesa di regolamentazione, rimaste in attesa per anni del passaggio al digitale come avveniva per la TV, passaggio (o switch over)che però in Italia (ma anche in buona parte dell'Europa) è rimasto in fase sperimentale per lustri e ha iniziato una effettiva diffusione (in pratica solo sulle auto) solo verso la fine del secondo decennio del nuovo secolo. E' cambiata però la tendenza, l'espansione si è fermata sin dagli anni '80, perché le radio libere hanno in realtà fatto da apripista a qualcosa di molto più profittevole dal punto di vista commerciale, vale a dire le televisioni private, che non a caso nessuno ha chiamato mai libere, che hanno drenato la raccolta pubblicitaria togliendola alle radio (e alla stampa), fermandone così la possibilità di sviluppo. |
Ora
nessuno pensa più alle radio come radio libere,
ma solo come radio commerciali. E
purtroppo le esigenze commerciali hanno livellato lo standard verso i
gusti musicali più comuni, e hanno allontanato ogni velleità di
sperimentazione. Le radio private replicano in
definitiva tutte lo stesso modello, una rotazione delle stesse venti-trenta
canzoni, la cosiddetta heavy rotation,
a gruppi di tre, due minuti pubblicità, qualche scherzo del conduttore di
turno, secondo lo stile della trasmissione della Rai
Supersonic
di parecchi anni fa, il notiziario (in pillole) ogni ora, ormai prodotto
da agenzie specializzate in contenuti (es. Area) che lo forniscono a più
emittenti, le trasmissioni
sponsorizzate. Il tutto però controllato e meccanizzato tramite un sistema
computerizzato chiamato
Selector, utilizzato
praticamente da tutte le emittenti maggiori e che consente anche di
creare scalette tematiche (musica relax, musica di ieri e di oggi, solo
italiana, ecc.). |
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Si dice spesso che la realtà economica e di mercato USA anticipa quella europea. In effetti questo a volte avviene (mercato della televisione) a volte no (telefonia mobile). Nel mondo della radio la moltiplicazione delle stazioni e poi l'avvento delle radio commerciali ha visto sicuramente gli Stati Uniti precedere l'Europa e l'Italia, un tempo monopoliste, ma vede attualmente significative peculiarità. La liberalizzazione è entrata in una seconda fase in USA nel 1996, con il Telecommunications Act, siglato dall'allora presidente Bill Clinton, nel quale era sostanzialmente eliminato il vincolo sulla estensione nazionale delle stazioni radio. La liberalizzazione completa ha quindi consentito l'acquisto di stazioni radio, la concentrazione, e in definitiva l'affermarsi di una situazione di monopolio. A metà del 2004 infatti il network Clear Channel, di proprietà della famiglia Mays e originario di San Antonio nel Texas, possedeva 1239 stazioni radio in 216 città degli Stati Uniti, raggiungendo un bacino di 100 milioni di ascoltatori. Clear Channel è entrata anche nel settore della musica dal vivo, dove controlla (sempre nel 2004) 103 anfiteatri negli USA, arrivando a gestire il 70 per cento degli eventi musicali del paese. Un impero mediatico nato quasi per caso, quando il capostipite della famiglia, Lowry Mays, ricevette la proprietà di una stazione radio come risarcimento di un debito, nel 1972. Un gruppo economico i cui ricavi sono garantiti dalla vendita degli spazi pubblicitari (nel settore radio) e dalla vendita dei biglietti e degli spazi nel settore eventi. Da notare anche che nessuna delle radio del network diffonde sull'intero territorio federale, sono tutte radio locali o, al massimo, coprono l'area di uno stato. Una situazione quindi peculiare del mercato USA, completamente diversa da quella europea. La gran parte delle radio del network Clear Channel sono musicali, quindi ci possiamo chiedere quanto un simile monopolista possa guidare i gusti degli ascoltatori e quanto sia interconnesso con le Majors, le grandi case discografiche. |
Qui ci sono differenze con l'Europa. L'approccio di Clear Channel è esclusivamente orientato al business, i creatori dell'azienda non vengono dal mondo musicale (come alcuni famosi discografici quali David Geffen, Clive Davis della Virgin o altri boss delle case discografiche). L'unico criterio per la selezione della musica è "se funziona", cioè se aggancia gli ascoltatori alla stazione, mantenendo o aumentando il valore dello spazio pubblicitario. Non sono quindi le case discografiche, in posizione di forza, ad utilizzare le stazioni radio come veicolo per la promozione dei propri prodotti considerati più profittevoli. E' il network radiofonico, in posizione di forza grazie al suo potere economico, a condurre una continua selezione, attraverso una valutazione che coinvolge in parallelo le stazioni principali, e a determinare settimana per settimana la Top Forty di Clear Channel, i brani che funzionano di più a cui Clear Channel dà priorità, in altre parole la heavy rotation di Clear Channel. |
E' evidente che il grande potere del network, che si estende anche alla musica dal vivo, ai concerti, quindi all'altra grande forma di diffusione e promozione, può condizionare pesantemente i gusti del pubblico, e soprattutto mettere veri e propri ostacoli e veti alle musiche (o agli artisti) sgraditi, o considerati potenzialmente in grado di far scappare il pubblico (e gli inserzionisti). E' questo il motivo della protesta di molti artisti USA contro lo strapotere di Clear Channel. La situazione di monopolio è però paradossalmente migliore di quella europea, ed italiana in particolare. Il potere di Clear Channel funziona infatti come contraltare al potere delle Majors, bilanciandolo, e diminuendo il controllo sulle scelte musicali di queste ultime. |
Nel corso del 2004 la situazione di monopolio nel settore ormai chiave dei concerti si è estesa dagli USA anche all'Italia, nel senso che la stessa Clear Channel semi-monopolista in USA ha acquisito un ruolo analogo in Italia. Questa evoluzione si ha avuta con la acquisizione, da parte della Clear Channel Entertainment, la divisione che si occupa degli spettacoli, delle due principali agenzie italiane: la Milano Concerti di Roberto De Luca e la Trident Agency di Maurizio Salvadori, con il controllo sostanziale di un mercato diventato centrale per i musicisti e il mondo della musica in generale, dopo la crisi del mercato del disco. |
Giugno 2019 |
Aggiornamento della sezione tecnologica a seguito della ripartenza e della progressiva diffusione della radio digitale terrestre a partire dal 2018. |
Dicembre 2012, 19 |
Ristrutturata la sezione creando una pagina separata per le tecnologie di diffusione della radio. |
Aprile 2012, 28 |
Aggiornamenti sulla parte tecnologica, in 4 anni qualcosa è cambiato. Sul lato della regolamentazione del settore invece tutto tace. |
Settembre 2008, 6 |
Revisione e aggiornamento completo della pagina. Nuova pagina a parte dedicata alla radio digitale terrestre. Accenno alla DRM nel paragrafo dedicato alla AM. |
Marzo 2008, 1 |
Introduzione di un menu per collegare le varie pagine sulla radio presenti nel sito |
Febbraio 2007, 1 |
Aggiornamento sulla radio digitale: lo standard T-DMB e l'avvio della sperimentazione |
Gennaio 2007, 1 |
Aggiornamento della situazione del DAB / La radio sulla DTT / La filodiffusione |
Dicembre 2006, 30 |
Inserite schede separate per le trasmissioni storiche della radio: Per voi giovani, Alto gradimento, Bandiera gialla |
Febbraio 2006, 18 |
Aggiornamento completo alla sezione sulla radio satellitare USA; corrette alcune inesattezze. |
Ottobre 2005, 29 |
Sezione e link dedicato alla P2P Radio |
Luglio 2005, 11 |
Situazione DAB |
Maggio 2005, 7 |
Clear Channel in Italia (Uno sguardo alla situazione USA) |
Maggio 2005, 1 |
Evoluzione nella offerta Visual Radio (contenuti e apparati) |
Aprile 2005, 23 |
La situazione della radio in Italia ad oggi |
Aprile 2005, 23 |
Il mercato della radio in Italia nel 2004 |
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