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Musica & Memoria - La musica e la legge |
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La musica, ancor più dei film, dei libri e degli articoli di giornale, è un mezzo di comunicazione e di intrattenimento ad amplissima diffusione e particolarmente semplice da duplicare e diffondere, soprattutto da quando il mondo intero è "digitale". Anche il semplice appassionato di musica si può trovare quindi di fronte al dubbio se sta ascoltando o acquisendo o diffondendo musica secondo la legge, alla necessità di sapere quali sono i vincoli e limiti alla fruizione e quali i rischi. E' utile quindi un breve riassunto di quello che prevedono le leggi per tutelare i diritti di chi la musica la crea, la produce o la esegue e ne ricava un sostentamento economico, spesso l'unico. |
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La prima domanda che ci si pone non può che essere la seguente: perché non si può copiare liberamente la musica per uso privato, senza l'obiettivo di guadagnarci? Semplice: per consentirne lo sfruttamento economico da parte di chi ne detiene i diritti. Che sono protetti da apposite leggi. In Italia la fondamentale è la 633/1941, con successive integrazioni, e stabilisce che l'unica copia legale che un non titolare dei diritti può effettuare è quella orientata alla protezione del disco originale (per esempio per utilizzarlo in macchina o su un riproduttore portatile, senza mettere a rischio di perdita o di danneggiamento l'originale). Di queste copie l'utente ne può avere soltanto una e, in caso di controllo, deve mostrare anche l'originale, e dimostrare la provenienza legale del suddetto originale. Sull'originale dovrebbe essere mantenuto
il bollino SIAE, l'associazione tra gli editori che cura la esazione dei diritti
(collecting society), per dimostrare che era di
provenienza lecita. Se l'originale (o il bollino) fosse andato perso
dovrebbe esserne provato l'acquisto regolare. Se è stato acquistato in negozio
questa prova sarebbe lo scontrino fiscale ma se, come normalmente avviene, non
riporta i riferimenti della musica comprata (tipicamente, del CD) come prova di
acquisto servirebbe una fattura. Se
il supporto fisico è
stato comprato usato la questione sarebbe teoricamente più complicata. Il
proprietario del disco non è proprietario dei diritti, ma può solo riprodurre la
musica in esso contenuta per uso personale. Cedendo il disco vende ad un altro
questo diritto che ha acquistato, privandosene. Il detentore dei diritti non ci
guadagna nulla e in teoria, se ad esempio il disco nel frattempo è diventato
raro, colui che vende potrebbe guadagnare anche più di lui. E il disco passando
di mano altre volte potrebbe continuare a produrre valore. Questo tipo di
commercio però, in analogia con quanto in uso anche da prima della svolta
digitale per i dischi in
vinile usati
(le regole di protezione sono simili) non è regolamentato né contrastato, e non
ci risulta che ci siano tentativi in questo senso. Probabilmente perché
considerato marginale e comunque indirizzato ad un target a cui le case editrici
o discografiche non arriverebbero.
Già
da questi primi esempi semplificati si capisce che esiste una grande
distanza tra la teoria e la pratica. Nessuno (crediamo) tiene
religiosamente da parte tutti gli scontrini dei suoi acquisti di musica
estesi magari per decenni, meno che mai chiede la fattura e, quanto
alle e-mail, ben pochi sono così sistematici di tenersi quelle di anni
e anni di prima. E se non ci pensano loro stessi a liberarsene, ci
pensa il PC guastandosi. Quanto ai bollini SIAE sono apposti sulla
confezione esterna dei CD, il famigerato jewel-box, un tipo di
confezione facilissima alle rotture. In questo caso bisognerebbe
conservare il pezzo del jewel box (coperchio, fondo) dove c'è il
bollino, anche dopo la sostituzione del jewel box rotto. Dato che, come
noto, staccarlo senza romperlo è quasi impossibile, per via della colla
tenacissima colla usata. Altra pratica che ignoro se alcuno abbia mai
seguito. Propendo per il no. Per quelli copiati per backup, ma smarriti o rubati, e dei quali non abbiamo più la prova di acquisto, sarebbe necessario distruggere anche il backup. A meno di avere fatto una denuncia di furto o smarrimento nella quale siano indicati i titoli dei dischi. Va bene che i CD costano (o costavano) cari e perderli dispiace, ma dubitiamo che sia applicata nella pratica tutta questa attenta tutela. Siamo quindi nella classica zona grigia, quel tipo di pratiche del tutto teoriche che nessuno segue e che (speriamo) siano tollerate. Nel caso di controlli infatti non sarà difficile individuare i dischi originali. E considerare a buon senso la presenza di backup di dischi i cui originali siano andati smarriti o siano stati gettati perché non funzionanti. Se sono poche unità probabilmente non ci sarà nessun problema, se sono centinaia o migliaia pensiamo che il finanziere non sarà troppo propenso ad accettare questa spiegazione.
In
ogni caso la copia
per un amico è al di fuori della legge, così come la compilation (la
playlist) della quale non abbiamo tutti i brani scelti tra i nostri
originali. Ed effettivamente si tratta senza
dubbio della violazione del diritto di copia, in quanto chi ha fatto la
copia
non ne ha i diritti di riproduzione, non avendoli acquistati assiene
all'originale, Quanto sopra vale sia per le copie fatte sullo stesso supporto (da CD a CD), sia per quelle fatte su altri supporti (hard-disk del computer, CD in formato MP3 o simili, e in precedenza cassetta, MiniDisc, DAT, bobina), indipendentemente dal fatto che siano allo stesso livello di qualità o prevedano una compressione dei dati. Naturalmente, considerando la distanza tra questa situazione ideale e quella reale, sorge spontaneo un dubbio: a chi sono stati venduti milioni di piastre a cassette, registratori digitali e masterizzatori, in tutti questi anni? Se il loro uso fosse limitato alle copie di sicurezza (o a musica auto-prodotta) è improbabile che il mercato della registrazione avrebbe raggiunto negli anni queste dimensioni. La risposta è data indirettamente dalla tassa occulta sulla registrazione domestica, applicata, da anni, alle cassette vergini, poi alle cartucce DAT e ai MiniDisc, e infine dal 2003 anche ai CD-ROM vergini. Questo sovrapprezzo (private copying levy o semplicemente "levy"), stabilito per legge (Legge 633/41, Art.71-septies), in Italia e nei principali paesi europei, serve a compensare l'uso non autorizzato di questi supporti. Quindi, un mancato rispetto della legge, che evidentemente lo stesso legislatore ritiene assai diffuso e non contrastabille. Gli introiti sono poi girati alle case discografiche in misura proporzionale alle quote di mercato detenute, ricompensando in parte i mancati profitti per le copie casalinghe non autorizzate. Quindi
un curioso caso di
legge il cui rispetto è messo in dubbio dallo stesso legislatore, e che
rende
un po' tutti gli utenti potenzialmente non osservanti della legge
stessa. Legge che peraltro rimane in vigore. Nel senso che comprare un
CD o un DVD con il copy levy non autorizza comunque a copiarci
qualsiasi cosa e non mette al sicuro rispetto ad un uso non legale. Si
rimane, ancora una volta, in una zona grigia, tra il legale e l'illegale. |
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Un approfondimento su queste incongruenze si può leggere sul blog di Musica & Memoria. |
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Come si può tutelare una propria opera d'ingegno dall'uso non autorizzato? Parliamo della copia non autorizzata, a fini di lucro (rivenderla come propria) o anche non di lucro (spacciarla come propria o utilizzarla in tutto o in parte in proprie opere). Qualche esempio? Una canzone che nella musica o nel testo ne riprende un'altra. Un libro basato su una idea o su una trama già presente in un'altra opera. Un'opera teatrale o un film o una fiction televisiva basata su una trama ripresa da un libro, senza autorizzazione e senza pagarne i diritti. E infine la più diffusa e dilagante: il copia e incolla su Internet, contenuti ripresi da un sito (esempio: una recensione cinematografica o discografica) e inseriti in un altro sito senza chiederne l'autorizzazione e neanche citarne la fonte. Naturalmente la tutela è finalizzata anche e spesso soprattutto allo sfruttamento commerciale dell'opera d'ingegno e, vista la complessità di tracciara l'utilizzo di una composizione musicale una volta registrata o trascritta su spartito, la riscossione dei diritti è affidato dagli autori a società private o associazioni (come la SIAE) chiamate internazionalmente "collecting societies". Alla tutela del valore commerciale ci pensano loro e, come abbiamo visto, lo fanno con molta determinazione, ricavando in base ai contratti stipulati una parte spesso non marginale.
La legislazione europea e la legislazione anglosassone
La tutela dell'opera a prescindere dallo
sfruttamento commerciale |
Brevetto |
Per le opere che si prestano a questa forma di tutela (invenzioni, idee specificabili, programmi software) esiste il consolidato concetto di "brevetto", l'opera è depositata presso l'apposita struttura (ovviamente prima di essere resa pubblica) e qualsiasi copia successiva è perseguibile per legge. Non si tratta di un concetto applicabile alla musica, al giornalismo o alle opere letterarie e quindi lo citiamo solo per completezza. |
Registrazione |
La legge 633/1941 prevede la possibilità di
depositare opere stampate nel RGP
(Registro Progressivo Generale) delle opere protette del contenuto. L'ente
pubblico che mantiene questo registro è il Segretariato Generale Area 3 -
Spettacolo del Ministero per i beni e le Attività
culturali. La registrazione è gratuita (a parte le solite
marche da bollo) e richiede però obbligatoriamente una comprova della stampa
dell'opera. Nel caso di un libro sarà la stampa da parte di un editore
(anche se in tiratura limitata), nel caso di una canzone la stampa dello
spartito. Questa stampa costituisce una sorta di "fotografia" dell'opera al
momento della registrazione e quindi la prova, nel caso di copia (plagio) e di
contestazione legale, che l'opera stessa era preesistente. |
Deposito |
Per le opere inedite è possibile affidare la tutela alla SIAE. L'operazione non è gratuita ma neanche troppo onerosa (100-200 €) e può essere effettuata anche da soggetti che non siano iscritti alla stessa SIAE. In questo caso è possibile depositare, con vari sistemi (registrazione su supporto digitale, ad esempio su un DAT, per opere musicali) l'opera inedita e quindi avere la possibilità di una contestazione successiva in caso di copia non autorizzata. Se l'opera dovesse essere diffusa a titolo gratuito la SIAE potrà anche fornire gli appositi "bollini" che hanno lo scopo di far sapere a tutti che l'opera non è di pubblico dominio (es. gli atti di un convegno o la diffusione dei risultati di un lavoro a mezzo CD o DVD dati). Nel caso che invece si decida, in seguito, di tentare uno sfruttamento commerciale, la SIAE si occuperà della raccolta dei diritti, come fa per tutte le opere edite. |
Licenza |
Nel mondo parallelo e sovranazionale di Internet esiste anche un altro sistema, proposto alcuni anni fa ed ormai universalmente diffuso: la licenza Creative Commons. In pratica si tratta soltanto di una dichiarazione, con formato e descrizione dei diritti però normalizzata e unificata per tutti i paesi ai quali è stata adattata (l'Italia e tra questi), con la quale l'autore dell'opera dichiara il tipo di utilizzo, comunque gratuito, da lui concesso. Potrebbe essere consentito il solo riferimento (link) dietro preventiva autorizzazione, sino alla copia libera citando la fonte. In ogni caso è un sistema basato unicamente sul principio della fiducia e correttezza reciproca, non sono previste sanzioni diverse dallo "sputtanamento" del copiatore nel mondo Internet. Il punto debole del sistema è rappresentato dalla mancanza di un registro per il deposito dell'opera. Essendo ogni pagina di Internet (e anche le immagini, in parte) facilmente modificabile in modo parziale, la contestazione della copia non sarebbe agevole, in caso di necessità. In pratica si tratta di un semplice avviso, ma per opere pubblicate su Internet non a scopo di lucro si è rivelata in questi anni sostanzialmente sufficiente. Per semplicità è il metodo che usiamo noi di Musica & Memoria. |
1.3 Gli elementi di un'opera d'ingegno che possono essere tutelati |
Limitandoci alla musica e tentando una sintesi, gli elementi che possono essere tutelati per un certo numero di anni (scaduti i quali diventano di pubblico dominio) sono la esecuzione di un brano (registrazione audio) e la idea (musica e parole) alla base del brano. La esecuzione vede come attori gli esecutori e la casa discografica che li ha sotto contratto, la ideazione gli autori e il loro editore. |
1.3.1 Quadro sinottico degli elementi tutelati e delle tutele |
Elemento regolato |
Soggetto |
Detentore dei diritti |
Cosa può farne |
Cosa è inibito agli altri senza accordi |
Durata dei diritti (esempi) |
Quando diventa di dominio pubblico |
Esecuzione - registrazione |
Esecutore |
Casa discografica |
Pubblicare e vendere dischi / Richiedere royalties per la diffusione (radio, TV, ecc.) |
Riproduzione per vendita, noleggio o diffusione / Derivazione di altre opere (es. campionamento) / Esecuzione pubblica |
50
anni (Europa) |
Dopo la scadenza dei diritti degli attori. |
Ideazione |
Autore |
Editore |
Pubblicare spartiti / Esigere i diritti d'autore per conto degli autori |
Copiare l'opera / Utilizzare l'opera (campionamento) / Diffonderla senza versare i diritti d'autore |
Fino alla morte dell'autore + 70 anni in caso di eredi (USA, Europa) |
Dall'anno solare successivo la scadenza dei diritti. In USA, tutta la produzione antecedente il 1923. |
Proprietà intellettuale |
Autore |
Autore |
Ottenere il pieno riconoscimento dell'idea originale |
Autorizzazione alla pubblicazione / Paternità dell'opera / Rispetto dell'integrità dell'opera / Diritto di recesso della cessione dei diritti / Protezione dell'onore e della reputazione |
Perpetua (solo legislazione francese e derivate) |
Come sopra, ma solo per lo sfruttamento commerciale e rimanendo per sempre validi i diritti morali dell'autore. |
In Europa i diritti di esclusiva sui brani registrati hanno durata di 50 anni dalla prima pubblicazione o annuncio di pubblicazione, quindi, ad esempio, una registrazione di una esecuzione musicale anteriore di 50 anni da oggi ed effettuata da musicisti europei sotto contratto per una casa discografica europea (o filiale europea), è uscita dal regime di esclusiva. Cosa potrebbero farne terzi o gli stessi esecutori? Una seconda casa discografica potrebbe inserire il brano in un suo disco (ad esempio una antologia) senza pagare nulla alla casa discografica originaria, né chiedere ad essa il consenso preventivo. Gli esecutori potrebbero svincolarsi dall'esclusiva e accordarsi con un'altra casa discografica per pubblicare l'opera (che, ad esempio, potrebbe essere fuori catalogo da anni). Il loro compenso non sarebbe dovuto a termini di legge, ma potrebbe essere oggetto di un contratto specifico. Gli autori dei brani dovrebbero essere comunque tutelati, nel senso che la nuova casa discografica dovrebbe poi occuparsi di versare loro la quota di legge, per ogni disco venduto o diffuso in modalità broadcast. Questo naturalmente se gli autori sono ancora viventi, o sono passati meno di 70 anni dalla loro scomparsa e hanno eredi, e se gli autori sono noti. Nel caso invece di un brano di tradizionale popolare (traditional) o di autore ignoto la nuova esecuzione non sarebbe tenuta a pagare alcun diritto. Ma per l'inserimento su un sito web o su YouTube non sarebbe sufficiente (vedi dopo). Chi ci rimette dalla scadenza dei diritti? La casa discografica anzitutto, che non può più sfruttare commercialmente l'esecuzione. Ma anche gli esecutori (ovviamente, se ancora viventi) se, in base al contratto che li legava alla casa discografica 50 anni fa, percepivano una percentuale su ogni riproduzione o diffusione del brano. Se invece il contratto prevedeva un forfait per loro non cambia nulla. Ad ogni buon conto numerosi artisti inglesi, guidati dal noto cantante degli anni '60 Cliff Richard, hanno sollevato il problema nel loro paese, puntando ad una estensione dello sfruttamento commerciale dell'esecuzione sino ai 95 anni come in USA (evidentemente sono piuttosto ottimisti sulla loro aspettativa di vita). |
1.3.3 La durata dei diritti |
Un tema di particolare
interesse per chi gestisce un canale di diffusione della musica (radio via etere
o via web o sito web o YouTube e altri portali simil) è sapere se ciò che
trasmette (diffonde) è sottoposto a diritti oppure è "public domain". Nel primo
caso potrà essere chiamato a pagare i diritti di diffusione (synchronization)
nel secondo non avrà questo obbligo. Il che fa una differenza sensibile. La
stessa cosa vale per la copia della musica. |
La durata dei diritti e quindi la loro scadenza è diversa nei due casi e tra Europa e USA:
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Nel caso della musica classica (intesa come la musica colta prodotta sino alla I guerra mondiale) i diritti d'autore sono quasi sempre scaduti (autore deceduto da più di 70 anni) per lo sfruttamento economico e quindi tutto il materiale è liberamente riproducibile. In altre parole gli eredi di Mahler o di Verdi non possono percepire nulla per esecuzioni pubbliche delle loro opere. Questo vale anche per gli spartiti? No. Gli spartiti, anche se riproducono un'opera d'ingegno già di pubblico dominio, sono comunque frutto del lavoro dell'editore che li ha trascritti su pentagramma e organizzati in fascicoli. La riproduzione dello spartito (ad esempio mediante fotocopia, o scannerizzazione e inserimento in Internet) è comunque una violazione dell'opera d'ingegno dell'editore, che ha trascritto e riprodotto la musica. Una riproduzione di spartiti libera potrebbe aversi solo se: a) sono riprodotti spartiti pubblicati oltre il tempo di scadenza dei diritti specifici (50 anni in Europa, 95 in USA), oppure: b) l'opera è stata trascritta autonomamente, oppure ancora: c) lo spartito è già di suo "public domain", ad esempio è stato stampato da un ente senza fine di lucro o da un soggetto che esplicitamente esclude alcun intento commerciale. Si tratta della medesima situazione della pubblicazione di classici su libro. Qualunque editore può pubblicare l'Odissea o l'Orlando furioso senza pagare alcun diritto agli eredi (anche se fossero individuabili, a differenza di questi due esempi). Ma una fotocopia del libro di quell'editore è comunque una violazione dei suoi diritti, la sua opera d'ingegno consiste nell'aver organizzato il materiale in un certo modo. In altre parole: i classici costituiscono ancora una fonte di guadagno per editori di musica e testi. Per inciso, è proprio su questo aspetto che si è provvisoriamente bloccata la temeraria iniziativa di Google Books, che aveva l'obiettivo originario di scannerizzare, digitalizzare e rendere disponibili in Internet tutti i libri per i quali i diritti erano scaduti senza alcuna incertezza. Google aveva iniziato ad appoggiarsi a biblioteche in varie parti del mondo che avrebbero fatto il lavoro manuale di scansione, e avrebbe messo a disposizione gli archivi elettronici. Chiaramente si partiva dal mondo anglo-sassone, ma in poche centinaia di anni (...) si sarebbe completata questa trasposizione nel mondo reale della utopica Biblioteca di Babele di Jorge Luis Borges. In questo modo Google avrebbe però annullato le possibilità di guadagno sui classici di tutti gli editori del mondo (trasformandole in proprie opportunità di guadagno) e ha scatenato così una potente reazione che ha bloccato il progetto originario, trasformandolo in un (comunque affascinante) sistema universale di indicizzazione dei libri, che consente di individuare un libro a partire da un brano di testo in esso contenuto. Per approfondimenti si questo aspetto: La digitalizzazione del significato. |
Autori ed esecutori hanno il diritto di tutelare la loro opera rispetto al plagio nonché di monetizzarla, chiedere un pagamento per chi vuole utilizzarla. Per farlo devono prima di tutto registrare l'opera come propria e poi, nel mondo reale, affidare a soggetyyi economici che operano nel settore la difesa dei loro diritti e la riscossione di quanto dovuto per il loro utilizzo. |
Come si fa a depositare un brano e quindi diventarne autore, ai fini di una successiva riscossione dei diritti, o della protezione dell'originalità del brano rispetto all'utilizzo di altri? Come premessa l'autore o gli autori del brano musicale e l'eventuale editore devono iscriversi alla SIAE. Quindi devono presentare alla sezione locale della SIAE (la società è diffusa a livello territoriale, attualmente con 13 sedi regionali e 34 filiali territoriali) un modello di richiesta (mod. 112) sottoscritto da tutti gli autori e dall'editore. Il brano in quanto tale deve essere presentato sotto forma di testo e spartito musicale, se si tratta di opera non trascrivibile su spartito (musica elettronica, campionamenti) è ammessa la presentazione di una registrazione su disco o su nastro. Una volta accettato e acquisito il modulo di richiesta, il brano diventa tutelato rispetto a qualsiasi utilizzo regolato dalla legge. Naturalmente, essendo ora ufficiale, deve anche essere un brano originale, nel caso di somiglianza con altri brani già depositati (in Italia o all'estero) potrebbe essere passibile di accusa di plagio e, se utilizza campionamenti di altri brani, questi devono essere esplicitati. |
2.2 La diffusione della musica e le collecting societies |
Tra i molti usi protetti previsti per la musica c'è tutto il settore della diffusione: in concerti dal vivo, via radio (la prima elusione nel mondo tecnologico, ad inizio 900), via impianti di diffusione sonora in locali pubblici. Anche per questi usi è necessario pagare sempre i diritti ai detentori degli stessi. Nei concerti dal vivo ad esempio l'orchestra (di musica leggera, essenzialmente) deve comunicare preventivamente alla sezione SIAE di competenza la scaletta prevista in programma, e sarà poi soggetta a pagare i diritti maturati. Lo stesso avviene per le radio e le televisioni. E, come noto, le radio libere degli anni '70 (ma anche le prime TV commerciali), non ci pensavano proprio ad ottemperare quest'obbligo. All'epoca però le case discografiche erano in pieno boom e tollerarono per un po' questo uso godendo della pubblicità gratuita, e concentrandosi poi sulle radio commerciali, nella successiva fase di concentrazione del settore. In tempi di crisi come quelli attuali sono invece passate all'approccio "nulla deve sfuggire" e si sono sviluppate nei principali paesi nuove collecting societies, specializzate nell'individuare ogni uso protetto e possibile fonte di guadagno, ed esigere quindi il pagamento dei diritti a favore degli associati. Sino alla diffusione di musica tramite ascolto di radio commerciali in locali pubblici, che possono essere anche negozi di barbiere, parrucchiere, abbigliamento e così via, o alle musiche di attesa inserite nei centralini telefonici. Ma le radio già non pagano la diffusione? Sì ma solo per uso privato, non per uso in locali pubblici. La società che si occupa di questo compito per conto degli associati (quasi tutte le case discografiche) in Italia si chiama SCF (Società Consortile Fonografici) ed è già abbastanza nota ai negozi di cui sopra, che hanno da sempre l'abitudine di diffondere radio commerciali per intrattenere i clienti. Altre notizie sulla SCF e sui suoi risultati si possono leggere sul blog. |
2.3 Il fine di lucro e il profitto |
Sia la
legge del 1941
sia la più recente legge Urbani utilizzano come parametro per l'applicazione
delle pene il guadagno illecito per l'autore della copia, e quindi per converso
il danno economico per il detentore dei diritti d'autore e dei diritti di copia.
Nel caso della vendita per strada di CD e DVD contraffatti la violazione era
evidente, nel caso di copia via Internet lo è meno. La sentenza riguardava un procedimento a carico di due studenti torinesi che avevano organizzato un'area ftp per la distribuzione e il libero scambio di software, ovviamente non tutto freeware o GNU license (altrimenti non ci sarebbe stato reato). L'aggravante del fine di lucro era stata applicata nelle sentenze precedenti, ma è stata cassata dalla Cassazione, con motivazioni che possono applicarsi anche a tutte le aree di scambio di musica e film: «deve essere
escluso, nel caso in esame, che la condotta degli autori della violazione sia
stata determinata da fini di lucro, emergendo dall’accertamento di merito che
gli imputati non avevano tratto alcun vantaggio economico dalla predisposizione
del server Ftp». In realtà il
procedimento era iniziato prima della promulgazione della legge Urbani, quindi
per violazione della
633/41 e successive
integrazioni. Con la legge Urbani (n. 128/2004) la espressione "a fini di lucro"
utilizzata nella legge 633 del 1961 è stato sostituita con "per trarne
profitto". Una sostituzione voluta dagli editori per poter ampliare
l'applicabilità della legge. Elemento discriminante per l'aggravante di pena è quindi il termine profitto al posto di lucro. Ma qual è la differenza?
Lucro , secondo il dizionario Gabrielli, è sinonimo di "guadagno,
profitto materiale". |
economico |
differenza tra ricavi e costi totali di produzione (teoria economica classica) oppure la differenza tra il valore del prodotto e il salario di sussistenza (economia marxista) (Enciclopedia Universale Garzanti) |
personale |
utilità, vantaggio, beneficio, giovamento (dizionario Gabrielli, dizionario Garzanti) |
valutativo |
criterio di valutazione nella scuola ("voto di profitto") o in altre attività (dizionario Gabrielli, dizionario Garzanti) |
E' chiaro che il primo significato è del tutto coincidente con il concetto di lucro, quindi non aggiunge nulla alle possibilità di repressione. Quello che interessa al legislatore e agli "sponsor" è evidentemente la seconda accezione "personale" del termine profitto. Si potrebbe infatti sostenere che un copiatore di file audio pur non ricavandone un guadagno in termini economici, ne ricava un beneficio, potendo ad esempio caricare senza pagare il proprio lettore di musica e poi andare a fare jogging nel parco. Si vedrà nelle successive sentenze se questa estensione sarà applicata dai giudici. Pur senza volerci addentrare in dissertazioni giuridiche, che sono fuori dalla nostra competenza, ci limitiamo a due osservazioni: |
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le leggi citate tutelano essenzialmente il godimento economico del diritto d'autore e di copia, quindi il vantaggio economico, comunque lo si voglia chiamare, dovrebbe essere il parametro principale per la valutazione del danno; |
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rimane comunque il caso, come quello citato dei due studenti torinesi, di chi mette a disposizione materiale protetto ad altri, senza ricavarne profitto né economico né personale. |
Come abbiamo visto nelle sezioni precedenti, i diritti su una composizione musicale hanno una scadenza e, quando sono scaduti, diventa possibile per chiunque pubblicarla di nuovo e/o diffonderla, sia gratuitamente sia a fine di lucro. Diventa di pubblico dominio, ovvero "public domain". Rimane invece per sempre vietato e tutelato il plagio, ovvero appropriarsi come autore di una composizione musicale registrata da altri. Riepilogando, diventa quindi public domain se si verificano entrambe queste combinazioni: |
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la registrazione audio è anteriore di 50 anni al momento della pubblicazione (in Europa) ed oltre 95 in USA |
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l'autore della composizione musicale è scomparso da più di 70 anni o è ignoto |
Il caso di autore ignoto, tipico delle composizioni tradizionali, della musica popolare o folk, va però approfondito. Non essendo mai stata registrata o depositata (registrazione audio o spartito) ogni nuova esecuzione è una particolare opera d'ingegno, non una composizione originale (anche se a volte è registrata così, per esempio da SIAE) ma una elaborazione originale. Può essere quindi tutelata la riproposizione del brano tradizionale con un arrangiamento simile e la diffusione con gli stessi tempi, molto più ampi, del diritto d'autore. |
Naturalmente, è di pubblico dominio anche se non esiste nessuno che ne reclama i diritti, quindi se l'esecutore non ha affidato a nessuno la raccolta di quanto di sua competenza, e quindi ha deciso di optare per il libero utilizzo della sua creazione, se l'autore è scomparso da meno di 70 anni ma non ha eredi oppure tutti i suoi eredi sono scomparsi. Inoltre, se gli autori sono più di uno, la musica rimane coperta da diritti fino alla scomparsa dell'ultimo di essi, più i soliti 70 anni. |
2.4.1 Quindi esiste musica registrata sicuramente public domain? |
In sostanza No. Considerando che anche la musica tradizionale può essere tutelata e che la legislazione USA può essere richiamata sul web per qualsiasi registrazione audio, la musica realmente e sicuramente "public domain" è sostanzialmente limitata a quella esplicitamente creata a questo scopo, ovvero public domain all'origine, e a poche registrazioni audio di classica risalenti ai primi del '900. Diverso è il caso ovviamente di chi suona e produce la musica in proprio. |
2.4.2 Le case discografiche specializzate in musica con diritti scaduti |
Le condizioni attuali consentono, come si è visto, l'utilizzo di una certa quota di materiale musicale libero da diritti o gravato solo dai diritti d'autore. Questa opportunità è stata colta da alcune case discografiche europee, che hanno iniziato la pubblicazione di dischi contenenti registrazioni anteriori a 50 anni, anche di autori americani o sotto contratto a compagnie americane. Questi dischi possono circolare soltanto in Europa e non possono essere esportati negli Stati Uniti, ma, secondo il parere generale, sono legali (sempre fatti salvi i diritti degli autori). Questa strada era stata già seguita per registrazioni degli anni '30 (Bix Beiderbecke e altri jazzisti classici, ad esempio), ma la produzione degli anni '50 è molto più interessante, perché spesso registrata con criteri di alta fedeltà o comunque di qualità accettabile (il microsolco LP risale ai primi anni '50, gli LP stereo dal 1958) e quindi commercialmente molto più sfruttabile. Una casa discografica molto attiva in questo campo è la inglese Proper Records (www.propermusic.com) che propone un catalogo di incisioni anteriori a 50 anni a prezzo ridotto (15£ per box di 4CD), con una specializzazione nel jazz e nel be-bop. Anche la spagnola Fresh Sound Records è molto attiva in questo settore. Cosa succede se l'ipotetico disco ristampato in Europa viene esportato in un altro paese, dove gli stessi soggetti hanno tutela più ampia temporalmente? Una eventualità resa ancora più semplice dal mercato globale Internet o dal download digitale (legale). Anche in questo caso potrebbero crearsi situazioni legalmente non corrette, ma assai difficili da individuare e soprattutto da prevenire. |
Si tratta delle informazioni più importanti e che hanno avuto maggiore impatto sul mondo della musica, per la facilità, consentita dal mezzo e dalla digitalizzazione della musica, di superare e non osservare le tutela (anche senz aintenzione di farlo) e quindi a questa parte dedichiamo una pagina a parte, nella quale sono anche illustrate le sanzioni cui si può andare incontro nella pubblicazione e diffusione non autorizzata della musica in qualsiasi forma. |
Il web non ha frontiere né dogane e quindi la differenza dei vincoli e dei diritti delle legislazioni dei vari Paesi introduce una diversità di trattamento a seconda del Paese in cui sono depositati i diritt e del Paese da cui arriva la richiesta di fruire della musica o l'intenzione di diffonderla o pubblicarla. Nei primi anni, almeno fino al primo decennio del 2000, il web non aveva neanche frontiere, ma in seguito è progressivamente sono state erette frontiere virtuali, costituite dal riconoscimento del Paese da cui l'utente si connette e da software di controllo che inibisce la fruizione. Può essere quindi per esempio inibito, a seconda dei diritti in vigore per lo specifico Paese del navigatore, l'ascolto di una specifica musica su YouTube o su altre piattaforme di diffuzione, o il download di specifica musica da portali e-commerce. |
Nel 1998 la legislazione USA è cambiata radicalmente inserendo una più ampia tutela per gli autori. La nuova legge è riferita comunemente come Sonny Bono Copyright Term Extension Act (CTEA), perché fortemente voluta dal parlamentare repubblicano, in precedenza notissimo autore e cantante beat in duo con la moglie Cher (Sonny & Cher). La nuova legge ha modificato quella precedente del 1976 ed ha esteso lo sfruttamento dei diritti d'autore a 70 anni dopo la morte dell'autore (uniformandola quindi all'uso europeo, in USA in precedenza era limitata a 50 anni) e lo sfruttamento delle opere commissionate (quindi nel nostro caso, le registrazioni di brani realizzate da artisti sotto contratto ad una casa discografica) da 50-70 a 95 anni (ed oltre in alcuni casi). La legislazione USA ha una forte importanza per la distribuzione su web essendo i maggiori soggetti del settore aziende USA. La nuova legge (act) non ha modificato la precedente normativa per il punto che considerava di pubblico dominio tutte le opere (non le registrazioni, soltanto l'idea dell'opera) antecedenti l'anno 1922. Con la estensione approvata, quindi, qualsiasi opera messa sotto copyright dopo il 1923 è tutelata, in USA, al minimo fino al 2019. Per le registrazioni audio la situazione USA è più complessa, poiché si intrecciano anche leggi dei singoli stati. In pratica nessuna registrazione in quanto tale è di dominio pubblico all'interno degli USA. |
Un caso particolare ed eclatante è rappresentato dalla legislazione russa. L'URSS sino al 1992 non riconosceva il diritto d'autore vigente nei paesi occidentali, in quanto fuori dalle organizzazioni del commercio internazionale e dal concetto stesso di libero mercato. Venivano soltanto siglati accordi specifici per la diffusione in URSS di opere d'ingegno occidentali (dischi, film, ecc.). Quindi poteva essere siglato un accordo per la pubblicazione da parte della casa discografica di stato dell'URSS dei dischi di Paul McCartney (che infatti esistono e sono oggetto di collezione), la casa discografica dell'ex Beatles forniva i master alla Melodyia dietro un compenso. Ma se un cantante russo cantava (in russo o in inglese) e pubblicava in URSS le canzoni di Paul McCartney nulla riteneva di dovere a lui o alla casa discografica come autore o esecutore. Dopo il 1992 e con la fine
dell'URSS la Russia si è progressivamente adeguata alla legislazione occidentale
in materia di diritto d'autore e di copia, una delle condizioni per entrare nel
libero mercato. L'adeguamento non è però stato esteso alle opere ideate o
pubblicate prima del 1992, e non sono state siglati accordi chiari e condivisi
con le case discografiche occidentali. Il risultato è che la riproduzione in
Russia di opere musicali occidentali è molto meno vincolata che in occidente, e
questa indeterminatezza legislativa (ovviamente contestata dalle organizzazioni
dei discografici) è alla base della attività dei portali russi di distribuzione
della musica digitale che hanno operato e continuano ad
operare in un limbo di semi-legalità senza che le varie RIAA e
IFPI abbiano potuto fare molto. Soltanto un accordo tra i paesi per un copyright internazionale potrebbe risolvere questo ginepraio, e garantire sia la diffusione delle opere, sia il corretto compenso di esecutori ed autori, sia le case discografiche da fenomeni di concorrenza sleale derivanti da legislazioni particolari. Tentativi in tal senso sono iniziati dal 1886 (trattato internazionale di Berna) e sono continuati con i successivi accordi GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) del 1947 e URAA (Uruguay Round Agreements Act) siglato nel 1994 in sede WTO (World Trade Organization), ma senza pervenire ad un principio unificante valido per tutti i paesi, o almeno per i principali. Esiste comunque una organizzazione internazionale in ambito ONU che si occupa della protezione della proprietà intellettuale, e quindi della armonizzazione del diritto di proprietà e d'autore, chiamata WIPO (World Intellectual Property Organization), con sede a Ginevra. |
Appendice - I link alla legislazione in materia |
Per un approfondimento ed un confronto aggiungiamo i link alle fonti legislative. |
Appendice 1 - La legge 633/1941 e successive integrazioni |
La legge italiana fondamentale sul diritto d'autore risale
al 1941 ed è ancora in vigore, ovviamente con molte integrazioni introdotte
negli anni successivi. E' un dispositivo di legge molto complesso, di ben 206
articoli, e copre tutte le opere d'ingegno, con un approccio derivato dal
modello francese. Legge 633 del 22 aprile 1941 e successive integrazioni, consolidate al 29 aprile 2003 Regolamento attuativo legge 633/1941 Come indicato in precedenza, la legge è stata modificata in alcune parti, in particolare nella espressione "a fini di lucro", dalla successiva legge Urbani. |
Appendice 2 - La legge 128/2004 (legge Urbani) |
La legge che ha aggiornato i diritti d'autore alla nuova realtà di Internet e del peer-to-peer, acquisendo le istanze delle lobby dei discografici e degli editori, già ampiamente accolte in sede europea, porta il nome dell'allora Ministro dei Beni culturali Giuliano Urbani, che ha quindi avuto il destino di essere ricordato, dopo cinque anni passati in questo ministero (assai importante per la prima "potenza culturale" del mondo, l'Italia) essenzialmente per questa legge restrittiva. La legge è consultabile sul sito del Parlamento, nel caso di variazioni di indirizzo pubblichiamo anche il link per una copia in PDF. http://www.parlamento.it/leggi/04128l.htm (copia PDF) La legge fa riferimento ad un decreto legislativo poi confluito nella 633/41 e integrazioni citata prima, ma che è possibile consultare ai link seguenti. http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/03068dl.htm (copia PDF) Il varo della legge e la sua applicazione successiva è stato accompagnato da robuste polemiche da parte delle contro-lobbies degli utenti della rete, dei sostenitori della liberazione del diritto di copia, dei provider (e probabilmente dalla lobby occulta dei fornitori di banda, che però non appariva più di tanto preoccupata). Le limitazioni
introdotte nella libera circolazione delle
opere d'ingegno sono evidenti a una lettura anche sommaria del dispositivo. La
domanda di fondo che molti si fanno però è: la legge è
utile allo scopo che si prefigge, i diritti dei proprietari delle
opere di ingegno sono ora maggiormente tutelati? I sostenitori della legge e in generale della via repressiva sostengono invece che senza questa freni, seppur ampiamente eludibili, nell'era della digitalizzazione e della duplicabilità totale ogni tutela del diritto d'autore sarebbe travolta e la possibilità di ricavare un guadagno dalle opere d'ingegno sarebbe compromessa irrimediabilmente. In effetti occorre ammettere che questo rischio esiste, e che una maggiore libertà di copia avrebbe sicuramente effetti sul fatturato dei soggetti che vivono della distribuzione delle opere d'ingegno. |
Abbiamo tentato una sintesi del diritto d'autore dal punto di vista delle musica. E' materia complessa e di conseguenza imprecisioni ed eccessive semplificazioni sono sempre possibili. Non esitate a contattarci se le avete rilevate o se volete chiarimenti o approfondimenti. |
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