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La
commissione d'ascolto / I
criteri / Un
caso emblematico: Fabrizio De Andrè / Nuda
/ Albergo a
ore / L'importante
è finire / Je
t'aime, moi non plus / Dio mio no / 4
marzo 1943 / Dio è morto / Altri
esempi / No, non è la BBC Al tempo della
radiotelevisione monopolista esisteva una commissione di controllo sui
programmi, e quindi anche sulle canzoni da trasmettere. Non che non ci sia anche
ora, sia alla RAI sia alle private, ma dei testi delle canzoni non si occupa
quasi più, è completamente focalizzata sul cinema. A parte i temi che
avevano a che fare con la sfera sessuale, la commissione teneva sotto
osservazione canzoni che parlavano di politica, in modo non conforme alla linea
ufficiale (ma in realtà, per non sbagliare, in qualsiasi modo), o che potevano
infrangere le molte leggi di vilipendio, allora in vigore ed osservate, oggi
semplicemente disattese, quindi testi che parlavano in modo non rispettoso della
patria, della religione e della chiesa ufficiale (era ancora in vigore il
concordato del 1929) del presidente della repubblica e delle altre alte cariche
dello stato, della magistratura, della polizia e dell'ordine costituito in
genere. Nei fatti erano al bando tutte le canzoni politiche e di protesta, sia nuove sia tradizionali, del patrimonio folk italiano, in quegli anni in recupero. Al Festival di Spoleto del '64 il Nuovo canzoniere italiano di Gianni Bosio e Roberto Leydi - che proseguivano gli studi sulla canzone popolare di Cesare Bermani - proponeva uno spettacolo di canzoni tradizionali, intitolato Bella ciao, come la famosa canzone della Resistenza italiana, della quale era recuperata la versione originale, cantata dalle mondine. Ma quando proposero al Festival di Spoleto "O Gorizia tu sia maledetta", sulla prima guerra mondiale, cantava Michele Straniero, le autorità sedute in prima fila abbandonarono sdegnosamente la sala in segno di protesta.
La commissione
interveniva controllando la scaletta proposta per le trasmissioni, ma
soprattutto, all'origine, sulle canzoni nuove registrate alla SIAE. E in questo
caso, un po' come la analoga commissione di controllo sul cinema (chiamata da
tutti commissione di censura) cercava di intervenire alla fonte, concordando
preventivamente con gli autori modifiche che potevano consentire la
radiodiffusione, altrimenti la pena era semplice, la canzone si sarebbe potuta
sentire solo su disco. Dai criteri visti prima si capisce subito che praticamente tutto il canzoniere di De Andrè sembrava fatto apposta per incappare nelle maglie della commissione, dal tema del sesso con annessa terminologia esplicita: Via del Campo o Bocca di rosa, agli sberleffi all'ordine costituito come ne Il gorilla, all'anti-militarismo della Guerra di Piero, alla storia riscritta e sbeffeggiata di Carlo Martello, ai temi "inadatti" trattati nel Cantico dei drogati o nella Ballata del Michè, persino il classico tra i classici di De Andrè, La Canzone di Marinella, era oscurata perché parlava in modo troppo chiaro del rapporto tra Marinella e il Re senza corona e senza scorta e di come fremeva la pelle di Marinella tra le sue braccia: la commissione bocciava tutto, e senza possibilità di accordo. E così proprio in questo modo De Andrè diventava un autore proibito, ma di culto, anzi con nesso forse non casuale, il preferito della generazione del '68. Quando poi, essendo ormai così noto, qualcuno cercava di fare sentire la sua opera, si pescava qualche canzone (peraltro bellissima) ma meno diretta, che quindi poteva passare, ed era ad esempio Fila la lana di ambiente medioevale, oppure una canzone d'amore, come Amore che vieni amore che vai oppure La canzone dell'amore perduto. Ma c'erano anche gli
autori noti, quelli familiari al grande pubblico della musica leggera. Per
esempio l'esuberante Domenico Modugno, il
grande autore popolare per eccellenza e padre putativo della canzone d'autore [1]; Si trattava in questo caso dell'adattamento in italiano della canzone degli anni '50 Les amants d'un jour interpretata da Edith Piaf, un adattamento curato dal cantautore, paroliere e poeta Herbert Pagani. La versione italiana è stata proposta negli anni '60 da Gino Paoli e in seguito da Ornella Vanoni. La canzone, in modo ancor più netto in italiano, trattava un tema di amore e morte dal punto di vista di un cameriere di un albergo a ore, un love hotel, quindi su uno sfondo squallido e realistico, così lontano dai tipici scenari delle canzoni d'amore. Il realismo, il luogo peccaminoso, l'amore esplicitamente non platonico, il probabile rapporto fuori dal matrimonio, il paragone tra San Pietro e il portiere dell'albergo a ore, il suicidio finale, tutto era assolutamente incompatibile con la commissione di ascolto, e questo famoso brano divenne una delle più celebri canzoni oscurate, e la si poteva ascoltare solo nei concerti, nei quali Paoli e la Vanoni la proponevano regolarmente, e la ripropongono tuttora. (Testo completo) Anche Mina ebbe la sua canzone proibita, era L'importante è finire (di Alberto Anelli e Cristiano Malgioglio, specializzato in pezzi di questo tipo, sua era anche Ancora, ancora, ancora, per la stessa Mina). La canzone pare che si chiamasse in origine, L'importante è venire, e che il testo fosse poi stato modificato, ma forse è una leggenda (improbabile che qualcuno agli inizi degli anni '70 pensasse di lanciare un pezzo con un titolo così esplicito, e anche di dubbio gusto). In ogni caso il testo finale era allusivo, non diretto, ma non abbastanza mascherato da ingannare la commissione, che infatti aveva giustamente colto il senso del brano, un rapporto che stava diventando di "sesso senza amore" e la annessa chiara allusione all'orgasmo, il tutto non era proprio accettabile nella radio di allora, e quindi la canzone venne condannata a passare per il canale esclusivamente discografico. Ed era proprio Mina che peraltro era riuscita a "sdoganare" De Andrè presso il grande pubblico, con la sua interpretazione del classico brano La canzone di Marinella, ormai non più censurabile e immancabile grande successo (detto per inciso, il testo della canzone ora compare in alcune antologie di italiano in uso nelle scuole). Lo stesso tema de L'importante è finire era però già arrivato, questa volta senza allusioni, al popolo della musica leggera, un paio di anni prima, con un brano di Serge Gainsbourg, il celeberrimo Je t'aime, moi non plus. Era cantato (e parlato) in francese ma la commissione non avrebbe avuto indugi a vietarlo, se non fosse intervenuta prima la magistratura, perché la interpretazione di un orgasmo da parte della attrice Jane Birkin [2], non richiedeva la conoscenza della lingua per interpretarne il senso. Serge Gainsbourg era un originale autore di canzoni francese, molto anticonformista e, diremmo ora, molto trendy, rispetto agli altri tipici chansonnier francesi, come Leo Ferré o George Brassens o Jacques Brel, ognuno con il proprio mondo di riferimento. Con questa canzone
Gainsbourg si inseriva prepotentemente nel tema in esplosione della
"rivoluzione sessuale", era il 1969
e, ulteriore combinazione, la sua giovane compagna Jane Birkin era diventata
famosa con il film che più di ogni altro aveva celebrato l'avvento dei nuovi
costumi, incubatrice la effervescente Swingin' London
dei primi Beatles e Rolling Stones. Il
film era Blow Up ("Ingrandimento
fotografico") del maestro del cinema italiano Michelangelo
Antonioni, il film dove per la prima volta un'attrice bianca, la
grande Vanessa Redgrave, recitava a petto
nudo, non per qualche fotogramma e in modo subliminale (come in precedenza Hedy
Lamarr [3] o Clara
Calamai [4]), ma esplicitamente. E nello
stesso film la giovanissima Jane Birkin assieme ad un'altra giovane attrice (Glilian
Hills) recitava una scena emblematica di amore a tre con il protagonista del
film, l'attore inglese David Hammings.
Come prima cosa il brano
venne cancellato anche dalla classifica trasmessa nel programma
Hit-Parade,
dove ovviamente era entrato, la classifica quindi venne per la prima volta
alterata d'ufficio. Il brano vietato di Lucio Battisti. Nessuno ha in realtà mai capito il perché. Forse è stata considerata non adatta la esclamazione / implorazione del titolo, ma c'era il precedente della canzone Dio come ti amo, con la quale Gigliola Cinquetti e Domenico Modugno (autore del brano) vinsero il Festival di Sanremo del 1966, che già nominava il nome di Dio invano, senza provocare alcun turbamento nella commissione. Oppure il refrain con un dubbio che poteva ingenerare equivoci. Quindi il mistero rimane fitto. Anche se probabilmente, come al solito, c'è qualche allusione di troppo, per la commissione, ad una positiva conclusione della serata (Testo completo). La
canzone che ha
segnato una svolta nella carriera di Lucio Dalla,
e la sua ripartenza, è un altro notissimo esempio di pezzo che ha avuto guai
con la censura. Questa volta era censura preventiva, perché il brano era
iscritto al Festival di Sanremo del 1971. Era una composizione importante per
Lucio Dalla, che l'aveva scritta in collaborazione con Paola
Pallottino (una giovane pubblicitaria, poi professoressa di
filosofia), che passava così ad una nuova fase della sua carriera, dopo
gli inizi come clarinettista jazz, quasi amatoriale, e poi l'ingresso nel
mondo della spettacolo come cantante fuori dagli schemi, se non
"buffo", con i pezzi come Paff Bum
(peraltro presentato al Festival di Sanremo del 1966 assieme agli Yardbirds
di Clapton e Jeff Beck), con le comparsate nei film "musicarelli"
dell'epoca (come Little Rita nel Far West,
con Rita Pavone), con una immagine di
simpatico e bizzarro "orsetto" della canzone italiana (ma anche la
presenza occasionale in qualche film epocale, come "Sovversivi"
dei fratelli Taviani, dove interpretava un
estremista di sinistra ante litteram, l'azione del film, del 1967, era
ambientata infatti nel 1964). L'episodio è notissimo perché raccontato molte volte da Dalla nei concerti, anche per rimarcare la sua sopravvenuta distanza, la sua rottura con quel mondo perbenista, nella nuova fase della sua carriera, quella del sodalizio con il poeta Roberto Roversi, quella degli album capolavoro realizzati in unione con lui: Il giorno aveva cinque teste, Anidride solforosa e Automobili, prima dell'ultima fase, quella attuale, dove, a partire dal brano Com'è profondo il mare, ha iniziato a scrivere da solo anche i testi ed è diventato uno dei principali cantautori italiani, con brani come L'anno che verrà, Come fanno i marinai, Attenti al lupo, Caruso. Altro caso di censura radiofonica per questa famosissima canzone, composta da Francesco Guccini per i Nomadi di Augusto Daolio e Beppe Carletti, nel loro primo periodo di splendore e impegno protestatario "beat". La canzone, uscita nel 1968, ma composta da Guccini nel 1965, prendeva spunto da uno slogan del movimento di protesta beatnik americano, e citava nei versi iniziali proprio la poesia che aveva dato inizio al movimento, L'urlo di Allen Ginsberg. Ma non era certo blasfema e finiva anzi con versi di speranza e di fiducia in un intervento cristiano sui mali del mondo: "e tutti noi ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni, e poi risorge, in ciò che noi crediamo, Dio è risorto, in ciò che noi vogliamo, Dio è risorto" (testo completo) ma per prudenza venne messa al bando lo stesso. Eppure qualche prete particolarmente aperto, eravamo come si diceva nel '68, e a parte don Lorenzo Milani c'era una certa effervescenza nella chiesa conciliare, non aveva mancato di cogliere la opportunità offerta da una canzone di protesta, inserita nel mondo dei giovani, per parlare ai giovani di Dio e di Gesù Cristo con parole nuove.
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© Alberto Maurizio Truffi - Musica & Memoria Agosto 2002 / Dicembre 2002 / Ottobre 2003 / Luglio 2005 (Albergo a ore) / Settembre 2005 (BBC e censura) |
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