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La televisione digitale terrestre (DTT). La storia dello switch-over in Italia

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Lo standard / I vantaggi / I vantaggi per gli utenti / La "Legge Gasparri" / La DTT in pratica / La TV a pagamento rientra dalla finestra /  Benefici economici della DTT / La TV ad alta definizione / I passi di avvicinamento alla DTT in Italia / Il mercato TV digitale

Approfondimenti (La interattività, Il mercato, L'offerta all'avvio del servizio, La DTT a pagamento, Sky e la DTT, Le regioni pilota, Il piano digitale) / Materiali (La risoluzione del Parlamento europeo, Il DDL Gentiloni) / Fonti e link / Revisioni e commenti

Vedi anche:

DTT FAQ (Frequently Asked Questions) / Blog tecnologia e mercato / La televisione su telefonini e smartphone. Storia dei tentativi effettuati

 

Altri articoli:

I nuovi standard / Musica e tecnologia / Musica e mercato / La radio / L'alta definizione / La privacy nel mondo digitale

   

DTT: Lo standard

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La televisione digitale terrestre (DTT: Digital Terrestrial Television), indicata anche con la sigla DVB-T (Digital Video Broadcasting-Terrestrial) oppure, in italiano, TDT, ha una importanza strategica tra i nuovi standard del mondo digitale per il peso economico e informativo preponderante del media televisivo. Il nuovo standard è stato definito dal consorzio europeo DVB ed è pensato per la TV generalista, in chiaro oppure a pagamento, trasmessa in modalità broadcast da una rete di antenne trasmittenti alle antenne riceventi degli utenti (non parabole, ma le antenne esistenti eventualmente adattate e direzionate). Quindi tutto come ora, tranne il fatto che sulla portante analogica viene inviato un segnale digitalizzato e compresso, quindi più "robusto" rispetto a disturbi e interferenze e più "compatto" rispetto al consumo delle frequenze (e della energia, e dell'inquinamento elettromagnetico). Inoltre, lo standard consente anche la trasmissione di programmi in alta definizione, un percepibile incremento di qualità precluso alla TV analogica.

I televisori analogici possono essere usati come monitor, ed il sintonizzatore interno è sostituito da un decoder (o STB: Set-Top-Box), dal cui telecomando si selezionano i programmi, con una architettura analoga a quella della TV satellitare. Naturalmente se i televisori in una casa saranno più di uno dovranno essere utilizzati come monitor, cioè asserviti al STB e vincolati all'insieme di canali (multiplex) su di esso selezionato (vedi dopo). Il decoder contiene solitamente anche gli alloggiamenti per le card che abilitano la visione dei contenuti non in chiaro, e quindi per vedere programmi a pagamento (pay-per-view).

In alternativa sono disponibili apparecchi TV con decoder integrato, chiamati iDTV, solitamente non utilizzabili per la pay-per-view (se non con appositi adattatori opzionali), ma svincolati dal decoder.

Risultati teorici del nuovo standard: migliore qualità del segnale video, audio stereo (o multicanale) e soprattutto maggiore disponibilità di canali, con possibilità di avere più TV nazionali, superando gli annosi problemi di saturazione delle frequenze. 

Elemento non secondario, per noi appassionati di musica, ma purtroppo del tutto marginale per la affermazione dello standard, è la disponibilità teorica di audio ad alta fedeltà multi-canale (con tecniche di codifica e compressione mutuate dal settore HT - Home Theater). Una caratteristica non disponibile nella attuale TV generalista, e che quindi potrebbe essere un fattore differenziante rispetto alla attuale offerta analogica. Tutto ciò a patto che le trasmissioni abbiano all'origine un audio adeguato.

Una ulteriore quasi inedita funzionalità è rappresentata dalla disponibilità di canali di trasmissione dal terminale TV alla stazione trasmittente: la interattività, utilizzabile per servizi (tipo Internet) sia di intrattenimento (televoto, sondaggi, partecipazione a quiz) sia di utilità (richiesta di documenti, commercio elettronico e simili).

I servizi a pagamento (la principale novità funzionale rispetto alla televisione analogica tradizionale) possono essere attivati sia tramite il canale interattivo (come avviene per la TV satellitare) sia mediante card da inserire sul lettore. In entrambi i casi la trasmissione (sport, film) è inviata non in chiaro, ma criptata, e mediante il codice presente sulla card o l'utilizzo di un PIN inviato al centro di trasmissione, il decoder viene istruito ad effettuare la decrittazione del segnale. La card è il sistema usato in Italia da tutti i gestori.

A differenza di Internet la DTT rimane comunque un media a trasmissione broadcast, non a richiesta, e quindi per sua natura non sarà tracciabile il numero di accessi ad un programma, se non con strumenti statistici (tipo Auditel). Teoricamente sono tracciabili i servizi venduti, ma solo se vengono attivati dal canale interattivo MHP. Nel caso dei servizi attualmente venduti in Italia (Mediaset e La7), che non richiedono la connessione (per funzionare anche coi decoder non interattivi) può essere rilevato solo il volume (economico) delle card e ricariche vendute, ma non l'uso che ne hanno fatto i clienti (film, partite o programmi scelti e acquistati).

I vantaggi della DTT

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Il media televisivo ha in occidente, ormai da decenni, una importanza predominante sia sul lato economico (peso preponderante nella raccolta pubblicitaria) sia sul lato della informazione e quindi della formazione del consenso (principale canale e, in molti casi, unico canale informativo per grandi aree della popolazione). Il passaggio ad un nuovo standard, con la conseguente necessità di cambiare apparecchi riceventi, modalità di fruizione e rete di trasmissione ha evidentemente un peso molto grande, enormemente superiore ai passaggi di standard per i media musicali (CD e suoi numerosi candidati alla successione), alla radio (DAB), e anche al settore della telefonia mobile (UMTS). 

Televisore Philco Predicta del 1958In quest'ultimo caso i passaggi di standard o generazioni tecnologiche sono infatti facilitati dalla rapida obsolescenza degli apparati, sia per invecchiamento (le batterie dei telefonini hanno una durata di circa 2 anni e un costo significativo sul totale) sia per moda (il telefonino è ormai l'unico oggetto personale universale, ed ha anche una funzione di caratterizzazione del proprietario/a, quale un tempo era svolta dall'orologio da polso).

La spinta verso il nuovo standard nasce dalla spinta generale verso la digitalizzazione, ovvero dalla esigenza di trattare anche queste informazioni totalmente mediante computer. I vantaggi devono essere esaminati dal lato degli attori economici sul mercato (editori, gestori, case produttrici di reti, case produttrici di apparati TV), dal lato degli utenti, dal lato del sistema socio-economico complessivo.

Produttori di hardware e software

Il vantaggio per i produttori e distributori di hardware (apparecchi TV e complementi vari) e reti è evidente: il rinnovo del parco (enorme nel caso degli apparecchi) fornirà un fatturato addizionale molto significativo, e distribuito su molti anni, essendo la migrazione al nuovo standard molto complessa.

Il vantaggio per i produttori di contenuti (software) è invece più aleatorio: nessuna delle caratteristiche del nuovo standard sembra in grado di poter aumentare il loro fatturato (peraltro già altissimo e a livelli di saturazione). Solo la possibilità di estendere la visione a pagamento sembra essere in grado di fornire un fatturato aggiuntivo, non senza effetti, però, sulla platea (sul numero) degli utenti in chiaro. E il numero è il principale indicatore del valore degli spazi e quindi influenza gli introiti per la raccolta pubblicitaria. Anche la possibilità di aumentare il numero di canali non costituisce un vantaggio per chi ha già una posizione di mercato: si tratta di potenziali concorrenti.

Utenti

I vantaggi per gli utenti sono ancora più aleatori, il nuovo standard non consente l'accesso immediato a nuove funzionalità significative o ad una maggiore qualità, e comunque non va immediatamente nella direzione di bisogni espressi dalla platea degli utenti. Anche in questo caso la possibilità della visione a pagamento di contenuti di valore ("premium": sport, cinema) con minore complessità rispetto alla concorrente TV satellitare costituisce l'unico elemento percepibile di vantaggio, assieme all'eventuale incremento nel numero di canali, e quindi nell'offerta di contenuti.

Gli utenti non vedono alcun limite qualitativo od operativo nella televisione terrestre analogica attuale (magari il limite è la qualità dei programmi, ma qui la tecnologia può incidere ben poco). La qualità della immagine è considerata buona, i canali non sono affollati, ma neanche pochi, l'uso del televisore è intuitivo e comodo. Quindi cosa volere di più, a parte lo schermo piatto e possibilmente gigante? Forse soltanto l'alta definizione, se riuscirà ad affermarsi.

Sistema socio-economico

I vantaggi per il sistema socio-economico sono invece più evidenti. La migrazione al nuovo standard sarà un motore di sviluppo per anni per tutto il settore elettronico e complementare ad esso (computer, reti, informatica) e potrà costituire una base per un predominio dell'industria europea, come già avvenuto a suo tempo per lo standard GSM della telefonia mobile. Dal mercato interno l'industria europea potrà partire alla conquista dei mercati esteri, con particolare riferimento alle economie emergenti, nel prossimo decennio. 

Non secondario aspetto, per il sistema socio-economico, la possibilità di garantire un maggiore pluralismo nel settore televisivo, grazie alla disponibilità di un numero maggiore di canali e, in prospettiva, al minor costo di accesso garantito dalla tecnologia digitale / informatica (che, come noto, ha costi costantemente decrescenti). Il pluralismo in questo settore vitale costituisce senza dubbio un elemento fondamentale di democrazia, e un sostanziale aggiornamento alla tradizionale "libertà di stampa".

Nessuna sorpresa quindi che la spinta all'adozione del nuovo standard venga soprattutto dai governi e dalla Commissione europea, attraverso gli organi regolatori controllati da essa, e che le fasi della migrazione siano scandite da leggi di diritto e non di mercato, come nel caso degli altri standard più "poveri" (o di nicchia) come il CD.

I vantaggi per gli utenti

Una volta installato un decoder DTT (operazione semplicissima, se l'impianto di antenna è adeguato: vedi dopo) l'utente, anche senza collegarsi ai servizi interattivi, ha a disposizione un certo numero di canali (oltre 50 nel 2007, dei quali una decina criptati, più 7 canali radio, in maggioranza della RAI) e alcuni servizi più o meno innovativi. I principali tra questi servizi sono: a) la lista dei canali selezionabile da video (guida programmi), inclusa la visualizzazione dei programmi in corso; b) la visualizzazione del nome del programma in corso e della sua durata (banner); c) il palinsesto della emittente; d) informazioni aggiuntive sul programma o su quanto sta andando in onda (potrebbe essere per esempio il nome del cantante e del brano nel caso dei programmi di video-clip o la trama del film).

Queste funzionalità (per esempio le informazioni aggiuntive) sono dipendenti dalle scelte della rete, e quindi non sono sempre presenti. Sono anche non del tutto esclusive, nel senso che già con la televisione analogica, anche qui in modo variabile tra reti, le  informazioni  sui programmi sono disponibili tramite televideo. La operatività potrà essere forse meno immediata con la TV analogica, ma nella sostanza, almeno per questi aspetti, la DTT non offre un significativo vantaggio.

Il vantaggio principale per gli utenti, la novità sottolineata nell'annuncio del servizio, dovrebbe essere la possibilità di uso interattivo. La interattività, se avviata operativamente ed estensivamente, consentirebbe di fare via TV alcune operazioni (tipo commercio elettronico, home-banking, e-government) già possibili e operative da tempo su Internet, ma con il televisore e il telecomando (T-Goverment, T-Commerce).
Quindi con uno strumento che è subito pronto (non bisogna aspettare il tempo di start-up), posizionato nei punti cardine della casa e familiare anche alla utenza meno tecnologica. Se il PC partisse subito (o fosse sempre acceso e connesso, come in ufficio) e fosse fisso nella sala da pranzo (o in cucina, o in camera da letto) la funzionalità sarebbe del tutto equivalente.  

I sostenitori della TV digitale ne parlano come di uno strumento per diminuire il digital divide, per esempio un anziano per il quale il gradino internet è troppo alto potrebbe arrivare ai servizi interattivi (T-government, richiesta di certificati e simili) più facilmente via TV. E' assai più probabile però che il soggetto in questione non usi Internet non tanto per la complessità del mezzo, ma perché preferisce utilizzare i contatti personali e andare di persona ai vari uffici, e la installazione e gestione di un DTT interattivo non è molto più semplice della installazione e gestione di un accesso Internet. E' opinabile quindi che la televisione digitale sposti effettivamente il confine.del digital divide. (Approfondimenti: Il mercato in Italia)

E non bisogna dimenticare che esiste un altro strumento pervasivo che può fornire una porta di accesso ai servizi interattivi: il telefonino GSM, ancora più comodo, always-on e sempre disponibile dello stesso televisore.

Sistemi di pagamento

La interattività può però essere frenata dalla presenza o meno di standard per le applicazioni interattive (API). Nel paese più avanzato sulla strada della transizione, la Gran Bretagna, gli standard applicativi sono infatti diversi per ogni gestore (evidentemente per legare a sé i propri utenti e per gestire in modo sicuro i servizi a pagamento) ed è scarsa la accoglienza della piattaforma comune (MHP: Multimedia Home Platform), che è comunque quella attualmente prevista sui decoder interattivi in vendita in Italia. 

In Italia i due editori che hanno proposto servizi a pagamento (Mediaset e Telecom Italia - La7) hanno optato per un sistema basato su smart card, che non richiede il canale interattivo. In tal modo è possibile utilizzare la DTT anche da decoder non interattivi (più economici). La sicurezza è basata sul fatto che le smart card sono di importo limitato (sul modello delle carte prepagate dei telefonini) e che la ricarica deve avvenire in negozi convenzionati che si connettono al centro di controllo. E' evidente che una eventuale truffa dovrebbe replicare l'intero terminale del negozio, e sarebbe facilmente individuabile e tracciabile.

Il pluralismo

L'altro vantaggio, questo sì percepibile e apprezzato, sarebbe rappresentato dalla pluralità dei canali.

E' evidente però che esistono pochi canali nazionali e locali in Italia non perché siano fisicamente poche e insufficienti le frequenze, ma perché esiste un cartello che controlla i finanziatori (gli inserzionisti pubblicitari), e questo cartello è il duopolio Mediaset-RAI (Publitalia - SIPRA per la pubblicità). Lo dimostra il fatto che i canali sintonizzabili su un qualsiasi apparecchio analogico (di solito 99) in Italia non si riescono a riempire che per le prime 30-40 posizioni, e di questi un buon 30% sono canali di televendite, oroscopi o altra non-TV.

Con il digitale i canali nazionali potrebbero essere di più, ma chi avrebbe i soldi per riempirli di contenuti (3)? La vera barriera alla diffusione della televisione "libera" è rappresentata dagli alti costi di produzione dei contenuti, particolarmente se lo standard a cui gli spettatori sono abituati è particolarmente elevato (e garantito, nel caso di RAI-Mediaset, da elevatissima disponibilità finanziaria).

In sintesi, nessun dubbio che la TV digitale terrestre soppianterà quella analogica: in questa direzione va la tecnologia e la televisione non farà eccezione. La mancanza di vantaggi evidenti ed il mercato saturo renderà però questo processo abbastanza lento (5-10 anni, secondo le più accreditate previsioni).

L'introduzione della DTT in Italia: la "legge Gasparri"

La principale spinta alla adozione del nuovo standard è stata esterna al mercato, è arrivata cioè in Italia dal governo e dal parlamento della legislatura 2001-2006, per mezzo della nota e controversa "legge Gasparri" sul riordino dei media, che prevedeva un passaggio completo alla televisione digitale di tutte le emittenti (e apparecchi riceventi) entro la fine del 2006 (poi slittato al 2008 nella finanziaria di fine 2005, ed infine al 2012 con quella 2008, allineata quindi agli altri paesi europei). 

Televisore Brionvega Algol - 1964La "Legge Gasparri", approvata una prima volta a fine 2003 e rinviata alle camere dal presidente Carlo Azeglio Ciampi (perché giudicata palesemente incostituzionale) è stata modificata in alcuni punti (non in quelli relativi alla DTT) e dopo la "seconda lettura" (seconda approvazione dai due rami del parlamento) è stata controfirmata dal presidente (che peraltro, a termini di Costituzione, era obbligato a farlo) ed è diventata legge dello stato ad inizio 2004 (in seconda lettura è la Legge n. 112 del 3 maggio 2004).

Le polemiche sulla legge ruotavano intorno al fatto che, attraverso la introduzione a tappe forzate del passaggio al digitale terrestre, venivano fatte decadere le sentenze n. 420 (1994) e N. 466 (20 novembre 2002) della Corte Costituzionale, che valutavano dominante la posizione di Mediaset (con tre reti su undici nazionali) e lesive dei diritti della concessionaria Europa 7 (attualmente Italia 7), ex TVR Voxson, che non aveva in tal modo sufficienti frequenze per trasmettere a livello nazionale. La sentenza imponeva quindi che Mediaset chiudesse o trasferisse su satellite o cavo (dove non esistono limiti di affollamento) una delle sue tre reti. Ovviamente sarebbe stata scelta la più debole, quindi quella con meno introiti pubblicitari, che da sempre in Mediaset è Rete 4. La scadenza per il passaggio era il 1996 per la prima sentenza, e il 2002 per la sentenza, ed entrambe sono andate disattese.

Nel caso della Legge Gasparri  si è aggiunto come ulteriore elemento di complicazione che il presidente del governo che emanava la legge, e nel quale Maurizio Gasparri, di AN, era il Ministro delle Comunicazioni, era anche il proprietario di Mediaset, e che il passaggio su satellite di Rete 4 era avversato da Mediaset perché avrebbe indotto una limitazione degli ascolti (su satellite di solito non si guardano le TV generaliste, ma i contenuti "premium") e quindi degli introiti pubblicitari.

Introducendo il passaggio in tempi brevi al digitale terrestre (nel quadro comunque di una iniziativa europea) la nuova legge ampliava di molto il numero totale di reti nazionali, annullava il precedente piano frequenze analogico e rendeva non più attuale il problema dell'eccesso di reti di Mediaset. Era necessario però che la migrazione alla DTT fosse effettivamente avviata e certificata da un organo indipendente (l'Authority per le comunicazioni) e a tale scopo la legge prevedeva contributi a fondo perduto agli utenti, per l'acquisto a prezzo molto scontato dei decoder (STB), resi disponibili dalla primavera del 2004. 

La legge prevedeva contributi differenziati per i decoder (maggiori per quelli interattivi, teoricamente utilizzabili per il T-Government e quindi per scopi sociali) nel primo anno e ulteriori contributi finalizzati a regioni pilota (Sardegna, Val d'Aosta, Friuli) che avrebbero completato lo switch-off prima della fine del 2006, e il completamento della migrazione entro la fine del 2006.

La Authority per le comunicazioni ha verificato la effettiva diffusione del DTT in Italia nel giugno 2004 (grazie ai contributi gli utenti erano nell'intorno di un milione, quindi nell'ordine di grandezza previsto dalla legge), ha certificato che la copertura fosse sufficiente e ha quindi confermato che la digitalizzazione era effettivamente avviata e quindi non sussistevano più le motivazioni per lo spostamento di Rete 4 su satellite.

La architettura della legge, pensata, secondo i maligni (vedi sopra), per evitare il suddetto passaggio di Rete 4 sul satellite, più che orientata ad aprire nuovi spazi al business televisivo, è stata quindi confermata dai fatti.

Su questo punto nasce spontanea una osservazione: le frequenze sono rimaste occupate da Rete 4 e quindi Italia 7 e La7 (Telecom Italia, ex Tele Montecarlo) continuano ad avere meno frequenze di quanto stabilito dalla concessione; in conseguenza di ciò La7 ha ascolti molto limitati - al massimo 3-4% - e Italia 7 trasmette solo in ambito locale. Nei fatti la legge ha aggirato la sentenza della Corte Costituzionale del 2002 (e la precedente del 1994), ed ha consentito la prosecuzione di una situazione di fatto che favorisce Mediaset, rimandando a tempi futuri un allargamento della offerta.

D'altronde la dimostrazione plastica della scarsa fiducia nel successo del digitale terrestre nei tempi previsti dalla legge la fornirono proprio i sostenitori della stessa legge, opponendosi strenuamente alla uscita di una rete Mediaset (Rete 4) dall'analogico (paventando persino crisi e licenziamenti). E' evidente infatti che se il digitale terrestre fosse stata una opportunità a breve, Rete 4 e Mediaset si sarebbero affrettati a coglierla, avendo anche la opportunità di essere i primi nella nuova arena.

Il 2006, obbiettivo per la migrazione al nuovo standard è poi arrivato, lo switch-off (spegnimento della trasmissione analogica) si è dimostrato del tutto impraticabile persino nelle regioni pilota, ed è stato rinviato dallo stesso governo Berlusconi al 2008. Nel 2006 ci sono state anche le elezioni ed il cambio di maggioranza, il nuovo governo ha confermato il piano strategico europeo di migrazione alla DTT, ma ha allineato (finanziaria 2008) l'obbiettivo di migrazione agli altri paesi della UE, ovvero al 2012.
I critici della legge Gasparri, che sostenevano la pretestuosità degli obiettivi temporali in essa prevista, hanno quindi avuto elementi per confermare il loro giudizio.

La DTT in pratica

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Copertura e installazione / Decoder o iDTV / Configurazioni del decoder / Compatibilità con l'analogico

Copertura e installazione

Dalla copertura più o meno buona dipende strettamente la possibilità o la facilità d'installazione. Gli impianti trasmissivi DTT sono stati installati primariamente nelle stesse locazioni di quelli analogici che servono le aree più importanti (aree densamente popolate e grandi città). D'altra parte le antenne private e condominiali sono già orientate verso i siti (come il noto Monte Cavo a Roma) da cui trasmettono pressoché tutte le emittenti. Il risultato è che in queste località (grandi centri urbani) la installazione del decoder DTT è immediata, e può sfruttare l'antenna già esistente (anche condominiale) senza interventi di sorta.

Televisore RCA - 1951La maggiore "robustezza" del segnale digitale e la provenienza da un unico impianto consente anzi in molti casi di risolvere i problemi di segnale debole, interferenze e riflessioni che affliggono, in alcuni casi, l'analogico.

In altre zone d'Italia la situazione è meno semplice, l'antenna potrebbe richiedere uno o più interventi. Per esempio potrebbe essere necessario un diverso orientamento o la installazione di una specifica antenna diversamente orientata, e/o un apparato d'antenna più potente. E' necessario quindi l'intervento di un antennista e, non a caso, la società che spinge maggiormente sulla DTT (Mediaset con la iniziativa Premium) ha stipulato una convenzione con le associazioni di antennisti per interventi a prezzo imposto (vedi www.mediasetpremium.it).

Dove la copertura non è garantita naturalmente non è possibile fare nulla. Per la situazione della copertura e le evoluzioni in corso si può consultare sempre il sito di Mediaset (www.mediasetpremium.it), in generale la situazione è simile alla diffusione dei telefoni mobili o dell'ADSL: carente nelle aree meno popolate, quindi meno commerciali. L'obiettivo dello switch-off imporrà però una copertura adeguata del territorio.

Decoder e iDTV

Come si è visto per la visione delle trasmissioni DTT esistono due alternative: il decoder e l'apparecchio TV già predisposto (iDTV). Quest'ultimo è sempre un sistema con schermo piatto (LCD o plasma) dotato di un ricevitore DTT assieme al sintonizzatore analogico. Si tratta quindi, almeno per ora, di un apparecchio bistandard.
Nell'ambito dei vari interventi a sostegno della DTT, da gennaio 2008 ogni nuovo televisore venduto in Italia deve essere dotato all'origine, di serie, anche di decoder digitale terrestre.
I TV con decoder DTT integrato sono pensati tipicamente per la visione dei programmi in chiaro e non sono quindi dotati di funzione interattiva MHP e di lettore di smart-card. Per la visione di programmi a pagamento senza decoder sono stati proposti da alcuni produttori di fascia alta (ad esempio Hantarex) apparecchi con lettoreintegrato.
Dal 2008 diversi produttori (ad esempio Samsung) prevedono nei televisori uno slot chiamato CAM (Common Access Module) che può ospitare una scheda nella quale inserire la smart card.

Configurazioni

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Un primo punto critico che hanno sperimentato i primi tele-utenti digitali, e che ha fatto parlare su molti siti web e newsletter addirittura (e in modo esagerato) di "truffa", è stata la impossibilità di vedere più programmi TV digitali nella stessa casa. Probabilmente nessuno aveva letto con attenzione la architettura della DTT, o non aveva notato che essa è del tutto simile alla TV satellitare. 

Come nel satellitare si può vedere solo il programma trasmesso - via parabola più decoder - sul televisore principale di casa (ed eventualmente sugli altri, in parallelo), così avviene anche sulla DTT, vincolata all'insieme "antenna + STB". Il problema è che sul satellitare si prendono programmi a pagamento, e quindi è probabile che tutta la famiglia si riunisca attorno al TV o maxi-schermo principale della casa, mentre la DTT è stata presentata come TV generalista "gratuita" e quindi è fruita (o i tele-utenti vorrebbero fruirla) secondo l'uso italiano: ognuno nella sua stanza a vedere il suo programma preferito.

Solo che nella DTT con decoder non si può: i televisori sono ridotti a semplici monitor, il sintonizzatore interno è analogico e quindi non può servire per selezionare i programmi diffusi in digitale, anche sugli altri televisori si può vedere solo ciò che è selezionato dal STB (se questo è predisposto al "rilancio" del segnale convertito in analogico). Solo se ogni TV di casa avesse un suo STB potrebbe selezionare in modo indipendente il programma, al netto di verifiche dell'impianto casalingo di distribuzione del segnale.

La soluzione prevista dallo standard DTT esiste, come abbiamo visto, ed è la iDTV, cioè l'apparecchio TV con incluso il decoder, già predisposto quindi per la connessione in DTT. Evidentemente per lo switch-off a fine 2006 sarebbe stata necessaria la sostituzione preventiva di tutto il parco televisori italiano (stimabile in 40 milioni e più di apparecchi).


Nella figura è mostrata una tipica installazione in un ambiente dove è già presente un decoder per satellite digitale (quindi Sky, attualmente). Come si vede è necessario un apparecchio TV con almeno tre prese SCART (oppure un decoder con 2 prese SCART da configurare in cascata) e la condivisione di una linea telefonica per la interattività richiesta da Sky (pagamento partite o film, aggiornamenti) e quella possibile con i decoder DTT interattivi (MHP). Dal telecomando del televisore (o del proiettore) sarà possibile selezionare la sorgente preferita tra Sky, DTT e DVD.

La configurazione si complica se si vuole registrare mediante un registratore DVD o un videoregistratore VHS. In entrambi i casi bisogna prima di tutto risolvere il problema della sorgente, cioè decidere se si vuole registrare da DTT, dalle emittenti analogiche tradizionali o da Sky. I televisori infatti non hanno la "barra di registrazione" indipendente come la maggior parte degli amplificatori Hi-Fi. Nella ipotesi che la registrazione primaria sia da DTT, si può connettere l'uscita analogica del Decoder DTT all'ingresso analogico del registratore (DVD o VHS). Nel caso del VHS bisogna però anche connettere l'uscita al monitor TV. Avendo questi normalmente un massimo di tre prese SCART sarà necessario interporre una presa multipla SCART, a meno che i decoder abbiano più prese SCART e possano quindi essere collegati in cascata (con possibile perdita di qualità).

Nella seconda figura è mostrato un possibile schema con videoregistratore.

 


Lo stesso vale per altre configurazioni più complesse (es. registrazione da più sorgenti, inclusa la TV analogica, o collegamento ad un impianto Home-Theater), in tutti questi casi bisognerà fare ricorso a prese multiple, se non si vuole fisicamente inserire e disinserire le connessioni.

Le configurazioni possono essere semplificate ricorrendo a iDTV con lettore di smart-card integrata ovvero con decoder bistandard satellitare e DTT. Sistemi di questo tipo esistono in commercio ma sono al momento (ottobre 2007) di diffusione limitata e costo elevato.

Dopo l'avvio della DTT alcuni produttori hanno proposto diverse soluzioni per distribuire il segnale dal decoder agli altri apaprecchi di casa, in particolare utilizzando la tecnologia wireless.

Compatibilità con l'analogico e videoregistrazione

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Da alcune parti è stata riportata una presunta incompatibilità tra DTT e televisione analogica attuale, come se la seconda escludesse la prima. Questo può anche succedere in installazioni sbagliate o in presenza di interferenze, ma la TV digitale non è stata progettata per questo, è prevista invece una compatibilità all'indietro.

Il Set-Top-Box (o decoder) è dotato di una uscita analogica di antenna (ANT-OUT o TUNER-OUT), oltre alle normali uscite SCART (per TV normali), Composite o S/PIDF ottica (per decoder HT) e PIN-sbilanciato (per Hi-Fi Stereo + Video) e digitale / analogico (per un videoregistratore o registratore DVD). Su questa uscita di antenna analogica può essere collegato il televisore principale per la visione dei programmi ricevibili solo in analogico (p.es. le TV locali). Il segnale analogico è inoltre presente su tutti gli eventuali altri cavi e prese della casa, e quindi disponibile per i televisori presenti nelle altre stanze. Per continuare a vedere la TV analogica tradizionale è sufficiente quindi mettere in stand-by il decoder o deselezionare il suo ingresso sull'apparecchio TV

Leggermente diverso il discorso sulla registrazione. Intanto diciamo subito che questa potrà essere solo analogica. Infatti i STB attuali non hanno solitamente una uscita digitale utilizzabile dai registratori DVD (basati su hard-disk o su masterizzatori DVD), del tipo di quella presente sulla maggioranza dei lettori CD (e che consente la registrazione digitale-digitale). L'uscita analogica quindi deriva da una conversione D/A, ed è stata pensata all'origine soprattutto per i videoregistratori VHS. Nel caso dei registratori DVD comporta quindi una doppia conversione D/A - A/D. Un limite prestazionale, quindi, condiviso con i decoder per il satellite. Diverso il discorso per i decoder per PC (su scheda PCMCIA per notebook o collegabile su porta USB), che consentono la registrazione in digitale sull'hard-disk del PC. 

Il limite funzionale è rappresentato invece dal fatto che non è possibile, a differenza di oggi, vedere un programma DTT mentre se ne registra un altro (una funzione utile ed assai usata). Il videoregistratore è infatti privo di un sintonizzatore DTT (ne ha a a bordo uno analogico) e quindi è totalmente asservito al STB. 

La TV a pagamento rientra dalla finestra con la DTT

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Presentata in origine come TV generalista in chiaro, la DTT si è dimostrata anche una diversa opportunità per la vendita di contenuti, alternativa alla TV satellitare.

La opportunità è stata colta da Mediaset e poi seguita da Telecom Italia con La7. E' stata avviata la acquisizione di contenuti premium (ovviamente in primo luogo sportivi: partite di calcio) per veicolarli agli utenti della DTT, con una diversa formula di pagamento (carte prepagate) e con prezzi molto competitivi. In questo modo Mediaset ha guadagnato due volte dalla operazione DTT, evitando il passaggio di Rete 4 su satellite, e quindi il prevedibile e consistente calo di entrate pubblicitarie, ed avendo la possibilità di rientrare nel settore della pay-TV (dal quale era dovuta uscire ai tempi della legge Mammì (anni '90) con la vendita (controversa) di Tele+) in un mercato che vede attualmente in Italia il sostanziale monopolio della emittente Sky di Rupert Murdoch (che passa, o passava, per amico dei Berlusconi, evidentemente negli affari le amicizie contano assai poco).

Rimane il fatto che la DTT si va configurando in questo modo come una alternativa economica al satellite, piuttosto che come una alternativa evoluta alla TV analogica. Vanno quindi in secondo piano le aspettative di una maggiore qualità di trasmissione video e audio (che evidentemente interessa una quota minima dei possibili clienti) e di una più ampia offerta di contenuti, cioè di canali (che interessa evidentemente di più, ma non è in vista).

Resta da valutare anche il rientro economico a breve della operazione per i due gestori impegnati nella operazione. Mediaset probabilmente non ha messo in conto guadagni significativi da questa nuova iniziativa, anche perché evidentemente i prezzi d'attacco sono promozionali. Si tratta però di un riposizionamento strategico in vista di un futuro, più o meno lontano, nel quale i contenuti di qualità saranno progressivamente a pagamento o, almeno, questa è la strategia prevalente dei produttori di contenuti.

Per Telecom Italia si tratta invece della occasione per rendere più profittevole la propria TV (eredità della gestione Colaninno) che vivacchia come rete generalista, e potrebbe invece trovare un suo spazio nel nuovo terreno vergine della pay-TV. Il tutto in vista di un apprezzamento del valore ai fini di una eventuale vendita.

I benefici economici della DTT (approfondimento)

 
Come si è visto dalla informazioni precedenti i benefici della televisione digitale per gli utenti sono abbastanza vaghi, anche se non vi è dubbio che a regime tutta la televisione andrà verso la tecnologia digitale.

Brionvega Doney - Anni '60Anche i gestori non sembra debbano attendersi benefici particolari: nel campo della TV generalista (in chiaro), hanno guadagnato e guadagnano molto bene con la pubblicità e sanno che difficilmente la torta pubblicitaria si allargherà con la moltiplicazione dei canali, anzi potrebbe verificarsi l'ingresso di nuovi soggetti che attingono alla stessa fonte, diminuendo la percentuale dei principali attori (ovviamente, Mediaset e RAI). Per contro il passaggio al digitale impone sostanziosi investimenti in apparati di trasmissione, non coperti prevedibilmente da un incremento dei ricavi. Quindi, a parte il vantaggio per Mediaset rappresentato dal "salvataggio" di Rete 4 (e dei suoi introiti pubblicitari) i gestori potevano aspettare tranquillamente che la nuova tecnologia diventasse matura, continuando con la tecnologia analogica.

Naturalmente le cose sono diverse nel campo della TV a pagamento, qui la DTT può essere, come affermato in precedenza, un mezzo per entrare (o rientrare) in questo settore, e forse anche per espanderlo. E questa è precisamente la strategia che sta seguendo Mediaset, con Telecom Italia (La7) a ruota. 

In una logica di settore invece la nuova tecnologia e l'aumento dei programmi può costituire un mezzo per sostenere la espansione della produzione di software (contenuti, servizi) mediante la moltiplicazione dei clienti (gli editori / gestori) ed eventualmente le opportunità fornite dalla interattività.

Per i distributori di software (quindi attualmente venditori e noleggiatori di DVD: case cinematografiche e catene di punti noleggio - Blockbuster, gruppo Hollywood e analoghi) la nuova tecnologia ed in particolare la estensione della pay-TV può essere una minaccia. Se avesse successo la DTT potrebbe rappresentare una alternativa e quindi un potenziale fattore di decremento per il numero di film noleggiati o venduti.

Ben diverso il discorso per il settore della distribuzione hardware, venditori di apparati e installatori. Grazie alla spinta della legge possono infatti beneficiare di una anticipazione del ricambio tecnologico, e forse di una estensione ad una platea più ampia delle tecnologie home-theater, e quindi di una importante ciambella di salvataggio in un momento di mercato asfittico. Da qui il forte interesse verso la DTT delle catene di distribuzione italiane di elettronica, e delle riviste del settore (Audio Review in testa).

In una logica di mercato globale, e di Unione europea, l'affermazione del nuovo standard può costituire inoltre una opportunità strategica per i produttori di hardware europei, che avrebbero la possibilità (come è avvenuto con il GSM) di esportare tecnologia, servizi, consulenze derivati da un mercato interno affermato e consolidato.

Da notare che lo standard per la TV digitale terrestre non è unico a livello mondiale. In USA è adottata una diversa tecnologia. Quindi sul mercato aperto dei paesi in via di sviluppo e delle nuove potenze economiche emergenti il DVB-T europeo potrebbe conquistare quote contro lo standard USA, se arriverà a maturazione prima (come sta avvenendo).

 

E la TV ad alta definizione?

 

La TV ad alta definizione (HDTV) è stata annunciata e più volte rinviata, sin dagli ormai lontani anni '80. Come dice il nome consente una maggiore definizione e nitidezza dell'immagine rispetto allo standard televisivo attuale. Da 625 linee in Europa si passerebbe, secondo lo standard futuro più accreditato, a 1080 linee con immagine interallacciata (standard 1080i, usato dal consorzio Euro 1080 per trasmissioni HDTV, attivo da marzo 2004).

La esigenza dell'alta definizione era in effetti piuttosto forte alcuni anni fa, ed è più forte in USA (dove lo standard ha qualità inferiore, 525 linee). La evoluzione della tecnologia, con le tecniche dello scanning progressivo, del refresh a frequenza raddoppiata, ed altri sistemi proprietari, come l'ottimo Pixel Plus della Philips, hanno nei fatti reso meno urgente il problema, garantendo una eccellente qualità dell'immagine anche con gli standard attuali, e anche in presenza di una continua crescita dell'ampiezza degli schermi.

In ogni caso si avrebbe un ulteriore avvertibile incremento della qualità, sempre più percepibile grazie agli schermi sempre più grandi, e quindi ci si attenderebbe che il nuovo standard trasmissivo DTT abbracciasse da subito anche questa innovazione. Tecnicamente sul multiplex DTT si possono trasmettere sia canali a SD (Standard Definition) sia HD. Naturalmente questi ultimi utilizzerebbero più banda, diminuendo il numero di canali per multiplex. Nei fatti la scelta dei principali gestori europei è stata sinora orientata ad una maggiore offerta di canali, quindi di programmi, piuttosto che ad un incremento della qualità, e quindi pochissimi gestori stanno offrendo la opzione HD su DTT.

Lo stesso discorso si applica alla parte audio del messaggio, dove l'audio stereo potrebbe essere sostituito da audio multicanale 5+1, ma al momento tale opzione non sembra essere abbracciata come un plus per vendere il nuovo media ai clienti.

Il canale trasmissivo di elezione per la HDTV, sempre nella logica di un mercato di nicchia per una clientela esigente, sembra essere quindi il satellite (che ha peraltro maggiore capacità di banda), oltre al nuovo supporto Blu Ray Disc (o il concorrente HD-DVD) che dovrebbero sostituire il DVD in primis come media per l'alta definizione. (Vedi approfondimento)

  

Approfondimenti sul digitale terrestre

 

La interattività / L'offerta all'avvio del servizio / La_DTT_a_pagamento / Sky e la DTT / Le_regioni_pilota / Il_piano_digitale (Il caos analogico, I ruoli distinti di gestori di rete ed editori, Il Piano Digitale dell'Autorità)

 

La interattività

Gennaio 2005

  

La tanto decantata interattività del DTT merita un approfondimento. Si tratta infatti semplicemente di una funzione del decoder interattivo (o STB: set-top-box), dotato, come i decoder satellitari attuali, di un banale attacco via modem (o ADSL nei modelli più evoluti) che consente di connettersi ad Internet o a canali dedicati, mediante i quali si raggiunge un centro servizi. Non si usa quindi l'antenna e il protocollo DTT per la comunicazione, ma una architettura che, volendo, sarebbe applicabile anche alla attuale TV analogica. 

Nella pratica l'utente accede ai servizi mediante il telecomando, ma l'effetto è una chiamata telefonica (modem) o una transazione internet (ADSL), per sovrappiù, nel caso di modem, il telefono di casa è occupato, quindi l'ADSL diventa, a regime, un corollario indispensabile.

Naturalmente una volta ottenuto l'accesso ad Internet sono disponibili servizi già noti ai navigatori, come applicazioni di governo o commercio elettronico o la visita di siti o download personalizzati, sempre tramite il canale di interazione. Non è chiaro se di pensa anche a download di software tramite l'antenna, ovviamente non personalizzati (punto-punto), ma sempre broadcast, come peraltro già possibile con il Televideo attuale.

Lo stesso canale di interazione potrebbe essere usato anche per la selezione dei contenuti a pagamento con modalità analoghe a quelle già familiari agli utenti delle televisioni satellitari (attualmente Sky, in precedenza Tele+ D+), anche se in Italia Mediaset e Telecom hanno preferito optare per carte prepagate che non richiedono l'interattività né per l'attivazione né per la selezione dei programmi.

Dalla breve descrizione fatta si capisce che il mondo della interazione non può essere del tutto standardizzato, evidentemente tutto dipende dalla organizzazione del centro servizi. Inoltre, poiché i servizi  pagamento sono i più critici, anche per la propensione a violarli in vari modi, i gestori tendono a sviluppare piattaforme proprietarie.

Lo standard MHP (Multi Home Platform) si propone appunto di definire questa piattaforma comune tra i gestori. Sulla probabilità che venga accolto o meno valgono le considerazioni che si possono fare per gli standard in questo periodo: scarsa.

Al momento comunque i STB interattivi disponibili in Italia sono a standard MHP, e sono quindi predisposti per eventuali servizi interattivi che utilizzano questo standard. 

I servizi interattivi al momento disponibili sono riconducibili in gran parte alla versione semplificata di servizi di commercio elettronico e interazione con le amministrazioni già presenti in Internet (T-commerce, T-banking, T-government) e a metà 2006 sono ancora in numero limitato.

Un altro servizio di cui si parla è il televoto (servizio per chi, non si capisce bene), a differenza di oggi non si userebbe il telefonino (con un SMS) o il fisso (chiamata a un numero a pagamento), ma si potrebbe fare tutto da telecomando. Alla fine il tutto si concretizzerebbe in una chiamata a pagamento via telefono, e quindi il televoto potrebbe essere una entrata aggiuntiva per i gestori, che potrebbero richiederlo ed ottenerlo più frequentemente grazie alla semplicità d'uso. 

 

La offerta di contenuti all'avvio del servizio (2005)

Dicembre 2004

 

Al momento del lancio operavano sul mercato quattro player con cinque multiplex (insiemi di canali selezionabili da menu, che condividono mediante digitalizzazione e compressione, fino ad un massimo di 6, una singola frequenza) e 20 canali non interattivi

RAI: 2 multiplex con 8 canali non interattivi, 2 canali disponibili, alcuni servizi interattivi allo studio

Mediaset: 1 multiplex con 6 canali non interattivi, alcuni servizi interattivi

Telecom Italia Media (La7): 1 multiplex con 2 canali non interattivi

Dfree: 1 multiplex con 4 canali non interattivi e alcuni servizi interattivi

Dfree è una iniziativa di TF4 e del finanziere tunisino Tarak Ben Ammar, storico azionista Mediaset e ora consigliere di Mediobanca, su Dfree sono peraltro presenti i principali canali Mediaset (Canale 5 e Italia 1). Sono anche visibili in Nord Italia i canali digitali irradiati dalla TV svizzera (SRG SSR), due dei quali in italiano.

Gli utenti del DTT possono vedere quindi i soliti canali generalisti (con le stesse interruzioni pubblicitarie), con il plus di una qualità video migliore rispetto alla ricezione analogica (la differenza è molto dipendente dall'antenna e dal sistema complessivo, in alcuni casi può essere anche quasi nulla), ed equivalente ad una ricezione via satellite o via cavo (Fastweb). In più hanno a disposizione una serie di canali, alcuni in lingua straniera, in genere realizzati per la TV satellitare e girati sul DTT. Il principale canale specifico (nuovo) è al momento Sport Italia di Dfree.

In sintesi una offerta di contenuti che non sembra in grado, al momento, di poter costituire da sola un drive per il passaggio al DTT.

In dettaglio la offerta di contenuti attuale (marzo 2004) prevede:
RAI
primo multipex: Raiuno, Raidue, Raitre, Rai Doc-Futura, RaiUtile 
secondo multiplex: Rai 24 News (o Rai Notizie 24, secondo la nuova dizione), RaiSport, RaiEducationalUno + due canali in offerta a operatori indipendenti
Mediaset
Rete 4, 24ore.tv (TV de Il Sole 24 Ore), Coming Soon Tv (anteprime cinema e trailer), BBC World (in inglese), VJ Television (video muscali tipo MTV, italiano), Class News (canale economico sviluppato con la rivista Class, prevede in futuro servizi interattivi T-Banking), Boing (nuovo, da novembre 2004, canale gratuito, quindi con pubblicità, per bambini e pre-adolescenti, sviluppato in partnership con la Warner).
Servizi interattivi: SuperTelevideo (anteprima film della rete, Meteo on demand con immagini da satellite, notizie on demand da TGCOM), giochi interattivi collegati alle trasmissione "Grande fratello" e "Chi vuol esser milionario?".
Servizi a pagamento: vedi nel seguito.
Telecom Italia Media
La7, MTV Italia (solo in alcune zone del Nord Italia), Music Box
DFree
Canale 5, Italia 1 (con applicazioni interattive), SI Sport Italia , LCI (canale d’informazione francese 24 ore su 24) 
Servizi interattivi: SuperTelevideo sui canali Mediaset (vedi Rete 4 sopra)

  

La DTT a pagamento

Gennaio 2005

 

Il gruppo Mediaset sta attivamente sfruttando le possibilità offerte dal DTT, ed in particolare dai STB interattivi, per rientrare nel settore della TV a pagamento dal quale era uscito con la vendita forzata di Tele+, ai tempi della approvazione della legge Mammì, per ottemperare ai vincoli imposti dalla legge citata. 

Come al solito il prodotto apripista è la visione in tempo reale delle partite di calcio. La formula proposta, innovativa, è una carta prepagata, Mediaset Premium, con tagli (all'inizio) da 9 e 18 €, poi da 30 €, con la quale si acquista la visione delle partite al prezzo competitivo di 3 € l'una. Le squadre delle quali sono stati acquistati i diritti sono Juventus, Inter, Milan, Roma, Sampdoria, Messina, Atalanta e Livorno, e la prima partita in programma è stata Livorno-Milan il 22 gennaio 2005. Per tutto il campionato 2004-2005 il servizio è proseguito in maniera sperimentale, per essere poi lanciato in grande stile a settembre per il nuovo campionato 2005-2006. In seguito Mediaset è passata a carte prepagate con tagli da 30 € e il costo delle partite è arrivato a 5 € (dipende dalle squadre), e dei film tra i 2 € (catalogo) e i 4 € (novità).

Anche Telecom Italia - La7 è entrata nel settore. Una mossa che da sola forse non avrebbe fatto, ma facilitata dalla iniziativa di Mediaset. L'operazione è stata consentita dalla situazione presente nella Lega Calcio. I diritti non sono più venduti all'asta dalla Lega per tutto il campionato, ma sono venduti dalle singole squadre. Squadre che non hanno avuto alcun problema a vendere la stessa cosa due o tre volte. Anche La7 utilizza carte prepagate, a costo-partita ancora più basso (2 €), anche perché le squadre sotto contratto sono di minore richiamo. Le carte sono ricaricabili e per il resto la strategia d'attacco all'ex monopolista Sky appare simile.

Le carte sono acquistabili in negozi convenzionati e le ricariche sono distribuite nei canali già utilizzati per le ricariche dei telefonini (tabaccherie e simili). L'acquisto non richiede alcuna formalità (contratto, generalità ecc.), a differenza di quanto richiesto dalle carte per i telefonini o, in ambito TV, per la TV a pagamento Sky o Fastweb. Un altro elemento che abbassa in modo significativo il gradino d'ingresso alla pay-per-view.

 

Sky e la DTT

Primavera_2006

 

Ad inizio 2006 il numero di abbonati Sky è dell'ordine dei 3,6 milioni (fonte: sito Sky) quindi vicino al break even point che l'editore Murdoch si era posto come obiettivo rilevando le disastrate piattaforme pay-per-view TelePiù e Stream (da Telecom Italia). Sono numeri comunque largamente inferiori a quelli dei paesi dove la pay-per-view è maggiormente consolidata (8,5 milioni in UK) e pericolosamente vicini a quelli degli utenti DTT (oltre 3 milioni).

La DTT costituisce quindi per Sky un limite allo sviluppo e una minaccia, il futuro dell'azienda non è a rischio nel breve termine perché l'offerta dei servizi a pagamento sulla DTT è molto più limitata (soprattutto nel cinema, Telecom non propone nulla o quasi, e Mediaset ben poco, probabilmente per evitare competizione interna con la TV in chiaro). Nel medio termine l'intenzione di Mediaset di competere è ben chiara, come dimostra l'acquisto dei diritti della principale squadra di calcio italiana, la Juventus (prima dei noti illeciti sportivi e della retrocessione a tavolino) a partire dal campionato 2007-2008, per una cifra molto elevata. L'effetto potrebbe essere quindi una rarefazione di nuovi abbonati per Sky, mentre dovrebbe essere meno probabile un abbandono di Sky a favore della DTT, che per gli utenti rappresenterebbe un abbandono del satellite, smontaggio della parabola incluso.

Vedi anche: il mercato digitale nel 2006

 

Le regioni pilota

Novembre_2005

 

Sempre nel suo zelante sforzo di facilitare l'avvio della TDT a inizio 2007, il governo ha proposto e concordato anticipazioni per alcune regioni autonome, prima di tutto Sardegna e Val D'Aosta, poi Friuli e Sicilia. In queste regioni il passaggio sarebbe avvenuto a inizio 2006, con finanziamenti statali e regionali per gli abitanti, per agevolare il cambio del parco televisori e decoder, e investimenti privati (o pubblici: RAI) nella distribuzione (rete antenne). Il vantaggio istituzionale per le regioni sarebbe stata la estensione delle comunicazioni con e per i cittadini, grazie alla interattività, i vantaggi per i venditori di hardware evidenti, i vantaggi per le reti televisive non chiari. 

Nei fatti tutto si è bloccato a inizio novembre 2005 quando il presidente della più importante regione coinvolta, la Sardegna, che è del ramo (Renato Soru, fondatore a suo tempo del gruppo TLC Tiscali) si è accorto che: a) la rete digitale non avrebbe coperto tutta la Sardegna (confermando il vantaggio e l'interesse limitato dei gestori), quindi un discreto  numero di cittadini sarebbero rimasti senza televisione dopo lo switch-off (e se la sarebbero presa con lui) e che i decoder finanziati e disponibili erano solo quelli di prima generazione (con modem, senza ADSL) che avrebbero consentito ben limitate possibilità in termini di servizi utili ai cittadini (secondo auto-goal). Come risultato ha fatto saltare l'accordo e dato un ulteriore elemento a chi (come noi) ritiene del tutto irrealistico lo switch-off ad inizio 2007.

Nella legge finanziaria 2005 i finanziamenti sono comunque rimasti, anche se indirizzati in parte ad aree da individuare in seguito.

Aggiornamento: avvio dello switch-off in Sardegna

  

Il piano digitale e il problema delle frequenze

Novembre_2005

  

La transizione in Italia è resa particolarmente complessa da alcuni elementi peculiari: a) il caos analogico: distribuzione non razionale delle frequenze e ridondanze; b) la presenza di molte TV locali per le quali il passaggio alla DTT è una minaccia più che una opportunità; c) la sovrapposizione delle funzioni di editore e gestore di rete per le principali società del settore. Questi elementi rendono complessa la realizzazione del Piano digitale, messo a punto dal Garante per le comunicazioni, che dovrebbe condurre ad un bilanciato e coerente utilizzo delle risorse comuni dopo la transizione prevista a partire dal 2009.

 

Il caos analogico / I ruoli distinti di gestori di rete ed editori / Il Piano Digitale dell'Autorità per le comunicazioni

   

Il caos analogico

 

Anni di libero mercato, di fatti compiuti e regolamentazione a posteriori hanno portato in Italia ad una distribuzione non razionale degli impianti (o frequenze). Lo European Radiocommunications Office (ERO) ha verificato nel 2004 l’esistenza di circa 23.000 impianti in Italia, contro i 13.000 presenti in Francia e i 10.000 in Germania (con una popolazione superiore del 50%). Una successiva Indagine Conoscitiva dell’Autorità Antitrust ha messo in luce, coerentemente, una notevole ridondanza della rete: a) il 15% degli impianti hanno un bacino d'utenza superiore ai 500.000 abitanti (contro il 2% della Francia), con la logica conseguenza che nella stessa area si possono ricevere gli stessi canali su più frequenze; b) una elevata percentuale di impianti (66% per la RAI, 80% per Mediaset) sono utilizzati per la connessione di meno dell'1% del proprio bacino potenziale. Sono ricadute della esigenza del "servizio universale" per la RAI e della costituzione del secondo polo Mediaset per successive acquisizioni, assieme alla forte competizione per le frequenze nelle aree urbane ad alta densità di popolazione. 

A questo si aggiunge un elevato numero di emittenti locali, che evidentemente non sfruttano la completa potenzialità della frequenza utilizzata. 

Il risultato di questa elevata occupazione (e spreco) di frequenze è un elevato livello di interferenze e una scarsità di frequenze libere disponibili per il digitale terrestre. Frequenze che potranno essere peraltro messe a disposizione soltanto, in un primo tempo, mediante rilascio di frequenze analogiche da parte degli operatori principali, poiché le TV locali sono restie a rilasciare le frequenze (spesso loro principale, se non unico, asset) e d'altra parte non hanno le risorse finanziarie per il passaggio alla nuova tecnologia.

Nonostante questi limiti, nel corso del primo biennio di avvio della DTT in Italia sono state messe a disposizione del nuovo standard ben 380 trasmettitori (100 Mediaset e il resto RAI) più un numero elevato di mini-trasmettitori, un numero complessivo superiore a quello utilizzato nei paesi dove la DTT è partita prima ed è maggiormente diffusa (UK con ca. 5 milioni di utenti, Germania con circa 3 milioni). Un dato che conferma la forte spinta verso il nuovo standard e il forte impegno, per ragioni evidentemente non commerciali ma strategiche, della televisione di stato. (Fonte: Status for the implementation of DVB-T in the CEPT area, October 2005, ERO).

Da notare che la anomala distribuzione delle frequenze conferma la preminenza del duopolio RAI - Mediaset (che assieme hanno il controllo dell'84% delle frequenze nazionali) e lo sbilanciamento tra le reti nazionali per popolazione coperta: RAI 1 99%, Canale 5 91%, La7 65%,  ReteA: 47%.

Nella tabella seguente è riportato il dettaglio delle frequenze nazionali per la TV analogica a dicembre 2005 (Fonte: autorità Antitrust)

 

Concessionario

Reti

 

 

 

 

 

Totale

 

RAI

RAI 1

1.956

RAI 2

1.911

RAI 3

1.867

5.734

46,9%

Mediaset

Canale 5

1.616

Italia 1

1.519

Rete 4

1.389

4.524

37,1%

Telecom Italia

La7

713

MTV

396

 

 

1.109

9,1%

Sport Italia - Europa TV

 

 

 

 

 

 

450

3,7%

Rete A - L'Espresso

 

 

 

 

 

 

194

1,6%

Rete Capri

 

 

 

 

 

 

200

1,6%

Totale Italia

            12.211 100%
 

Da notare che a gennaio 2006 Mediaset ha acquisito le reti Sport Italia e HSE (Home Shopping Europa) acquisendo altre frequenze (924) utilizzabili sia per il digitale sia per l'analogico. Con questo acquisto la dotazione di frequenze dovrebbe essere posizionato allo stesso ordine di grandezza della RAI. Per dettagli sullo "shopping delle frequenze" vedi il blog.

  

I ruoli distinti di gestori di rete ed editori

 

Il gestore della rete fornisce la infrastruttura per la trasmissione broadcast: antenne, trasmettitori, rete di connessione tra antenne ecc., l'editore produce, acquista o detiene in archivio i contenuti, che vengono trasmessi in broadcast sulla rete, e acquisisce ricavi tramite la vendita di spazi pubblicitari. Nella realtà italiana (ma anche in molte realtà europee) i due ruoli sono unificati nella stessa società, anche se gestiti da divisioni o società separate. In particolare, il gestore di rete è RAI-Way per la RAI ed Elettronica Industriale per Mediaset, mentre gli editori sono sostanzialmente le 3 + 3 reti dei due principali gestori.
Oltre a questa integrazione verticale, esiste anche una integrazione orizzontale tra i due principali gestori di rete, che gestiscono in comune alcune risorse (p.es. antenne e apparati per esse) 

Se i soggetti fossero separati potrebbero seguire strategie diverse, per esempio gli editori potrebbero essere poco interessati al passaggio al digitale, mentre i gestori di rete potrebbero aver convenienza ad investire sulla nuova tecnologia, in quanto in grado di liberare risorse pregiate (le frequenze) da rivendere poi a nuovi soggetti, anche operanti in campi innovativi (la televisione digitale per apparati mobili: DVB-H oppure la televisione su Internet: IPTV).
Un ipotetico ma non molto probabile scenario che veda la separazione verticale tra gestori ed editori consentirebbe quindi un più rapido dispiegamento del digitale terrestre, mentre la prosecuzione del duopolio e, accanto ad esso, di una grande quantità di stazioni locali singolarmente deboli, ma collettivamente rilevanti, frena questo sviluppo perché la nuova tecnologia richiede investimenti, non porta vantaggi economici ma anzi può potenzialmente ridurre i profitti aumentando i competitori.

D'altra parte è proprio a questo pluralismo che punta l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust), che infatti sottolinea l'importanza di questa separazione e la raccomanda.

Da notare che la RAI, nella gestione del CDA presieduto da Roberto Zaccaria (quindi ai tempi del governo dell'Ulivo 1996-2001) aveva fatto una mossa decisa in questa direzione, siglando un accordo con un importante gestore USA (Crown Castle) per la cessione del 49% di RAI-Way, che sarebbe stata in questo modo in parte privatizzata e partecipata da un soggetto privato interessato solo alla vendita di potenziale trasmissivo agli editori. Questo accordo è stato bloccato dal successivo governo di centro-destra (2001-2006), secondo alcune interpretazioni proprio per favorire la legge Gasparri e quindi l'anticipazione dell'avvio della DTT. Infatti è probabile che gli americani avrebbero frenato gli elevati investimenti richiesti senza un chiaro ritorno a breve. Paradossalmente però, proprio questa separazione consentirebbe ora un effettivo avvio di massa e nei tempi previsti della DTT.

  

Il Piano Digitale dell'Autorità per le comunicazioni

  

Il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale è stato elaborato ed emesso (21/2/2003) dall’Autorità per le Comunicazioni con l'obiettivo di ottimizzare e risorse e agevolare l'ingresso di nuove tecnologie (il DVB-H).

Il Piano prevede la realizzazione di 18 multiplex ad estensione nazionale (in accordo alla legge Maccanico del 1997), in grado di assicurare (ciascuno) la copertura del 90% della popolazione e dell’80% del territorio con meno di 300 impianti. In totale il Piano prevede la realizzazione di 36 multiplex per bacino d’utenza (le 20 regioni più le province autonome di Trento e Bolzano) che consentiranno, a regime, la messa in onda contemporanea di 60 programmi nazionali, 30 programmi regionali e 54 programmi locali (per singolo bacino d'utenza). Questi numeri valgono per trasmissioni in SDTV (standard definition), un eventuale utilizzo di alcuni multiplex per trasmissione in HDTV (TV ad alta definizione) ridurrebbe il numero di programmi.

La potenzialità, come si vede, è comunque molto oltre le possibilità di produzione di contenuti degli attuali soggetti.

Per quanto riguarda la rete, il piano prevede una riduzione proporzionale dei gestori, nel senso che alla moltiplicazione degli editori di contenuti non corrisponderebbe una moltiplicazione dei gestori.

Da notare comunque che il Piano digitale segue il Piano analogico del 1992, quello che prevedeva la estensione del numero di operatori e la riduzione del peso del duopolio RAI - Mediaset, un piano che, come noto, è rimasto sostanzialmente inattuato.

Materiali

 

La risoluzione del Parlamento europeo / Il DDL Gentiloni: l'annuncio del governo / Il DDL Gentiloni: il testo / Il DDL: nulla di fatto / Dossier sull'Auditel

 

La risoluzione del Parlamento europeo (da www.europarl.europa.eu)

  

TV digitale terrestre: decoder per tutti entro il 2012
Il Parlamento ha adottato una risoluzione che sottolinea i benefici di una rapida migrazione verso il digitale terrestre del sistema radiotelevisivo. I deputati chiedono agli Stati membri di sovvenzionare la diffusione dei decoder digitali, anche per non discriminare le fasce più deboli della popolazione. La Commissione dovrebbe regolamentare la migrazione in modo da garantire il pluralismo e la penetrazione di servizi innovativi. Sono poi sollecitate misure tecniche per tutelare i minori.

Il Parlamento europeo ritiene che la migrazione dalla radiodiffusione televisiva in tecnica analogica a quella digitale «porterà vantaggi a tutti i livelli». Potrà infatti consentire l'offerta di servizi nuovi e migliori e liberare «diverse centinaia di megahertz di spettro principale», che potrebbero essere riassegnati per scopi vari e farà crescere la concorrenza sul mercato e l'innovazione. Per i deputati questo processo di migrazione «dev'essere dettato dal mercato» ma, allo stesso tempo, ritengono necessario un coordinamento tra emittenti e auspicano precisi provvedimenti pubblici per coordinare le emittenti.

Accelerare la transizione
La Commissione propone l'inizio del 2012 quale termine ultimo per completare lo spegnimento dell'analogico in tutti gli Stati membri dell'UE, mentre gli Stati Uniti prevedono di cessare la radiodiffusione televisiva in tecnica analogica terrestre entro il 1° gennaio 2009, la Corea del Sud ha annunciato che lo farà entro la fine del 2010 e il Giappone entro il 2011. In proposito, osservando che taluni Stati membri non hanno ancora annunciato i loro piani di migrazione, i deputati ammoniscono che «è essenziale che l'Unione europea non resti indietro rispetto ai suoi principali concorrenti».
Pertanto, sollecitano gli Stati membri che non hanno ancora pubblicato i loro piani di migrazione ad annunciarli entro la fine di quest'anno, «in modo da dare segnali chiari e certezze sia ai consumatori che alle emittenti». Inoltre, li esorta a far durare il meno possibile il periodo di radiodiffusione simultanea in tecnica analogica e digitale, «per evitare elevati costi di radiodiffusione, un temporaneo aggravamento della scarsezza di capacità e ritardi nella migrazione». D'altra parte, gli Stati membri sono invitati a garantire che gli interventi da essi effettuati per assicurare ed accelerare la migrazione al digitale «siano trasparenti, giustificati, proporzionati e non discriminatori».

Un decoder per tutti
Il Parlamento chiede all'Esecutivo di agire al fine di «evitare la formazione di strozzature verticali e monopoli orizzontali», mentre gli Stati membri dovrebbero sovvenzionare – in conformità con la legislazione comunitaria – i ricevitori TV digitali (set-top box o box integrati nell'apparecchio televisivo) proprio per impedire la creazione di queste strozzature.
Inoltre, per evitare che si aggravi la "divisione digitale" nella società, i governi dovrebbero adottare «il più celermente possibile» - prima della migrazione dall'analogico al digitale - provvedimenti adeguati, comprese forme di finanziamento e informazioni comprensibili, «capaci di alleviare il costo della conversione per quegli elementi della società che avranno difficoltà a procurarsi e a pagare le apparecchiature sostitutive necessarie».
Alla Commissione europea, d'altra parte, i deputati chiedono di pubblicare le migliori pratiche per quanto riguarda gli aspetti del finanziamento e di fornire un chiaro orientamento sulle questioni connesse con gli aiuti di Stato e le norme sulla concorrenza. Dovranno inoltre essere promossi e sviluppati servizi interattivi per accrescere il livello di competenza digitale e la competitività della società europea. Occorrerà anche promuovere misure tecniche in materia di radiodiffusione «aventi lo scopo di filtrare i contenuti suscettibili di danneggiare lo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori».

Regolamentazione armonizzata e garanzia del pluralismo
La Commissione europea, nel regolamentare la migrazione al digitale, dovrebbe garantire che si faccia una chiara distinzione tra regolamentazione della trasmissione di segnali elettronici e delle infrastrutture e la regolamentazione dei contenuti (inclusi quelli audiovisivi). Per salvaguardare il pluralismo e la diversità nel campo delle trasmissioni radiotelevisive, inoltre, dovrebbe assicurare che la maggioranza o una parte appropriata delle nuove possibilità di radiodiffusione e delle emittenti «non finiscano sotto il controllo esclusivo o l'influenza decisiva di imprese multinazionali del settore dei media».

D'altra parte, i deputati ritengono che la regolamentazione dei vari servizi aggiuntivi trasmessi sulla stessa rete accanto alle radiodiffusioni televisive digitali deve avvenire operando una distinzione appropriata alla loro natura: servizi di contenuto (content services) relativi alla radiodiffusione televisiva, altri servizi di contenuto e servizi relativi alle telecomunicazioni.

Penetrazione di servizi innovativi
La Commissione europea dovrebbe fissare obiettivi chiaramente definiti per garantire la più ampia penetrazione possibile dei servizi nuovi e innovativi e garantire che la ricerca e lo sviluppo siano sollecitamente completati, anche nell'interesse della penetrazione dei nuovi servizi digitali diversi dalla radiodiffusione.
Assieme agli Stati membri, inoltre, dovrebbe assicurare un livello sufficiente di armonizzazione degli approcci e della regolamentazione per quanto riguarda lo spettro di radiofrequenze recuperato ("dividendo digitale"), in particolare «al fine di poter soddisfare la domanda futura di servizi paneuropei».

Negoziati internazionali
Nel quadro dei negoziati della RRC06, la Commissione europea e gli Stati membri sono poi invitati ad affermare l'importanza di assicurare un "equo accesso" allo spettro di radiofrequenze recuperato ("dividendo digitale").
Dovrà poi essere concordata una posizione negoziale comune a sostegno dello scenario basato sulla scadenza del 2015 per la fine della protezione generale contro le interferenze con i canali analogici che trasmettono dall'esterno dell'Unione europea. Ciò allo scopo di assicurare una diffusione digitale indisturbata ad una data il più possibile vicina al 2012.

Istituzione di un gruppo di lavoro "digitale"
Il Parlamento chiede infine l'istituzione di un gruppo di lavoro sul digitale europeo nell'ambito del comitato per le comunicazioni che sia incaricato di coordinare a livello comunitario le regolamentazioni, gli obiettivi, le strategie e i calendari degli Stati membri. Esso dovrebbe anche monitorare regolarmente l'azione degli Stati membri in materia di migrazione al digitale e agevolare lo scambio di informazione tra gli Stati membri e gli altri soggetti interessati. Il gruppo di lavoro, infine, dovrebbe fornire assistenza per armonizzare gli approcci al dividendo digitale al fine di garantire il futuro funzionamento dei servizi paneuropei in tutti gli Stati membri.

Riferimento :
2005/11/16 08:30:00
Risoluzione su come accelerare la migrazione dalla radiodiffusione televisiva in tecnica analogica a quella digitale
Procedura: Risoluzione
Dibattito: 14.11.2005
Votazione: 16.11.2005

 

Il DDL Gentiloni (CDM N. 19 del 12/10/2006). Annuncio

 

La Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica: il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi (12 ottobre 2006) alle ore 10,45 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio, Romano Prodi. Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Enrico Letta.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato i seguenti provvedimenti  su proposta del Ministro delle comunicazioni, Paolo Gentiloni:

- un disegno di legge che dispone una nuova disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale, con l'intento di dare risposta alle esigenze del sistema radiotelevisivo italiano di una maggiore concorrenza e più reale pluralismo, come da anni richiesto dalla Corte Costituzionale, dalle Autorità garanti della concorrenza e delle comunicazioni, nonché dall'Unione Europea.

Punti qualificanti del disegno di legge sono:

l'adozione di misure intese a contenere la raccolta di risorse pubblicitarie nel settore televisivo in capo a ciascun soggetto entro limiti idonei (45%) a contrastare il consolidamento di posizioni dominanti e la frapposizione di rilevanti barriere all'ingresso di nuovi operatori; il superamento degli sbarramenti normativi e regolamentari all'ingresso di nuovi soggetti nel mercato della televisione digitale terrestre, in funzione della massima apertura del mercato; la limitazione dei fenomeni di sovrapposizione e ridondanza nell'utilizzo delle risorse frequenziali da parte dei singoli operatori, in conformità ai principi comunitari e nazionali di uso efficiente dello spettro radioelettrico;

l'adozione di misure idonee a consentire la deconcentrazione del mercato delle reti radiotelevisive, la liberazione di frequenze e l'assicurazione di generali condizioni di obiettività, trasparenza, proporzionalità e non discriminazione nell'accesso e nell'uso delle risorse frequenziali, secondo quanto richiesto dalla Commissione Europea; la garanzia di accesso alla banda larga per tutti gli operatori interessati, secondo condizioni e criteri di  obiettività, trasparenza, proporzionalità e non discriminazione;

la disciplina della rilevazione degli indici di ascolto televisivo secondo criteri intesi ad assicurare la massima rappresentatività di tutte le piattaforme trasmissive e di tutti gli operatori presenti sul mercato; un sistema sanzionatorio più efficiente quanto ai meccanismi del presidio e più efficace quanto alla misura delle sanzioni, in linea con i rilievi e le sollecitazioni formulati dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la segnalazione al Governo del 12 luglio 2006.

Tra le misure previste per il raggiungimento degli obiettivi:

l'anticipo del trasferimento sul sistema digitale di una rete degli operatori che ne posseggono tre (la nuova scadenza è 15 mesi dall'approvazione della legge); il tetto del 20% per la capacità di trasmissione per ciascun fornitore di contenuti nel sistema televisivo digitale. Il disegno di legge, inoltre, abroga alcune norme della legge 112 del 2004.

  

Il DDL Gentiloni (CDM N. 19 del 12/10/2006). Testo completo

Schema di disegno di legge recante disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale

Articolo 1

Principi generali

Nella fase di transizione dalla tecnologia analogica alla tecnologia digitale, e comunque fino alla definitiva conversione delle reti fissata al 30 novembre 2012, al fine di evitare la costituzione di posizioni dominanti nel nuovo contesto tecnologico e di consolidare la tutela del pluralismo e della concorrenza, la disciplina del sistema televisivo via etere terrestre è ispirata a principi di più equa distribuzione delle risorse economiche, tendenziale e progressiva separazione tra operatori di rete e fornitori di contenuti, previsione di limiti alla capacita' trasmissiva utilizzata dai fornitori di contenuti. Essa promuove altresì una transizione ordinata, intesa ad ottimizzare l'uso dello spettro frequenziale e delle relative risorse, ed a tal fine incoraggia il coordinamento e la messa in comune delle risorse frequenziali attraverso forme consortili tra imprese o altre iniziative analoghe.

Articolo 2

Limiti alla raccolta pubblicitaria nel settore televisivo ed altre misure a tutela della concorrenza e del pluralismo nella fase di transizione al digitale

1. Fino al 30 novembre 2012 e comunque fino alla completa conversione delle reti alla tecnologia digitale, il conseguimento, anche attraverso soggetti controllati o collegati, di ricavi pubblicitari superiori al 45% del totale dei ricavi pubblicitari del settore televisivo riferito alle trasmissioni via etere terrestre in tecnologia analogica e digitale, via satellite e via cavo, costituisce una posizione dominante vietata ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.
2. Entro e non oltre il 31 ottobre di ogni anno, anche sulla base dei dati economici acquisiti attraverso l'Informativa economica di sistema di cui alla delibera 129/02/CONS e successive modificazioni e integrazioni, l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni indica i soggetti che, nell'anno solare precedente, hanno superato il limite di cui al comma 1 e richiede loro l'adozione delle misure previste dal comma 3 a decorrere dal 1* gennaio dell'anno successivo.
3. Nell'anno solare successivo all'accertamento, ciascuna emittente televisiva in ambito nazionale via etere terrestre su frequenze analogiche facente capo a soggetti in posizione dominante ai sensi del comma 1, trasmette pubblicita' in misura non superiore al 16% del tempo di ciascuna ora di programmazione. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai soggetti che abbiano trasferito su una diversa piattaforma trasmissiva una o piu' emittenti televisive gia' operanti su frequenze terrestri in tecnica analogica.
4. All'articolo 38, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, la parola ''spot'' e' sostituita dalla seguente: ''messaggi''.
5. All'articolo 38, comma 6 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, al primo periodo le parole ''dagli spot'' sono sostituite dalle seguenti: ''dai messaggi'' e le parole ''gli spot'' dalle seguenti ''i messaggi'' e al secondo periodo le parole ''dagli spot'' sono sostituite dalle seguenti: ''dai messaggi''.
6. All'articolo 43 comma 8 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, prima del penultimo periodo aggiungere il seguente: ''al fine del rispetto del limite del 20 per cento, sono considerati programmi quelli irradiati in tecnica digitale, anche se ad accesso condizionato e a pagamento, a condizione che raggiungano una copertura pari al 50 per cento della popolazione e siano contraddistinti da un unico marchio''.

Articolo 3.

Disposizioni per l'uso efficiente dello spettro elettromagnetico e per l'accesso alle infrastrutture a banda larga

1. Le frequenze televisive analogiche non coordinate a livello internazionale e ridondanti per almeno il 98% del proprio bacino di servizio, quali individuate all'esito della predisposizione del data-base delle frequenze, devono essere liberate e restituite, ai sensi della disciplina vigente, al Ministero entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
2. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di favorire il passaggio alla nuova tecnologia digitale in un contesto di tutela del pluralismo, di apertura del mercato e di uso efficiente dello spettro elettromagnetico i soggetti titolari di piu' di due emittenti televisive in ambito nazionale via etere terrestre su frequenze analogiche presentano all'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni un progetto di trasferimento su frequenze terrestri in tecnologia digitale, ovvero su altra piattaforma trasmissiva in tecnologia digitale, dei palinsesti delle emittenti eccedenti la seconda.
3. Il progetto, redatto in conformita' ai parametri tecnici previsti dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale ed alle conclusioni assunte in sede di Conferenza regionale delle radiocomunicazioni di Ginevra, e' approvato dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni entro i 90 giorni successivi.
4. All'esito dell'approvazione del progetto, e in ogni caso entro dodici mesi dal decorso del termine di cui al comma 2, i soggetti titolari di piu' di due emittenti televisive in ambito nazionale via etere terrestre su frequenze analogiche, trasferiscono i palinsesti delle emittenti eccedenti la seconda, su frequenze terrestri in tecnologia digitale, ovvero su altra piattaforma trasmissiva in tecnologia digitale.
5. Le frequenze resesi disponibili a seguito delle operazioni di cui ai commi 2, 3 e 4, acquisite ai sensi della legge 66/01, sono cedute a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie ai soggetti che ne facciano richiesta, sulla base di un'offerta predisposta e pubblicata in conformita' ai criteri e alle modalita' stabiliti dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni. Le frequenze residue e quelle acquisite con diverse modalita' rientrano nella disponibilita' del Ministero che le riassegna attraverso procedure pubbliche, con modalita' stabilite dall'Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni, incentivando progetti che assicurino la piu' ampia copertura, nel rispetto dei criteri di obiettivita', trasparenza, non discriminazione e proporzionalita' previsti dall'ordinamento, e con la previsione di quote di riserva a favore dell'emittenza locale, fatti salvi i diritti acquisiti.
6. Le disposizioni di cui all'articolo 23, comma 3 della legge 3 maggio 2004, n 112 non si applicano ai soggetti titolari di piu' di due emittenti televisive in ambito nazionale via etere terrestre su frequenze analogiche. Fatte salve le disposizioni del periodo che precede, i trasferimenti di cui all'articolo 23, comma 3 della legge 3 maggio 2004, n 112 sono consentiti a qualunque altro soggetto che risulti in possesso dei requisiti previsti dall'ordinamento per l'ottenimento dell'autorizzazione generale per l'esercizio dell'attivita' di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale. Tali soggetti sono altresi' abilitati, di norma nel bacino di utenza o parte di esso, alla sperimentazione di trasmissioni televisive e servizi della societa' dell'informazione in tecnica digitale.
7. Dal 30 novembre 2012, e comunque a partire dalla data della completa conversione delle reti televisive i soggetti autorizzati a fornire contenuti in ambito nazionale che svolgono anche attivita' di operatore di rete sono tenuti alla separazione societaria.
8. Alla data del 30 novembre 2012 e comunque a partire dalla data della completa conversione delle reti televisive, i fornitori di contenuti in ambito nazionale non potranno utilizzare piu' del 20% della capacita' trasmissiva complessiva, quale risultante, in base al data-base delle frequenze, dal prodotto della capacita' di trasporto espressa in megabit/secondo, per la popolazione effettivamente servita, espressa in milioni di utenti.
9. Prima della completa conversione delle reti televisive, la capacita' trasmissiva eccedente i limiti previsti dal comma 8 e' ceduta da parte del fornitore di contenuti a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie ai soggetti che ne facciano richiesta, sulla base di un'offerta predisposta e pubblicata in conformita' ai criteri e alle modalita' stabiliti con decreto del Ministro delle comunicazioni, d'intesa con l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni. La capacita' trasmissiva eccedente i limiti indicati dal comma 6, che non sia stata ceduta a terzi secondo quanto previsto dal presente comma, rientra, alla data del 30 novembre 2012, e comunque all'atto della completa conversione delle reti, nella piena disponibilita' del Ministero delle comunicazioni.
10. I soggetti titolari delle infrastrutture a larga banda notificati come detentori di un significativo potere di mercato all'esito delle procedure di cui agli articoli 15 e 16 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, sono tenuti ad offrire, a tutti gli operatori titolari di autorizzazione generale (OTAG) che ne fanno richiesta, l'accesso a detta infrastruttura, nonche' ad ogni componente di rete necessario, ai fini della fornitura del servizio televisivo o comunque per la distribuzione di contenuti multimediali in modalita' lineare, in tutti i casi in cui sistemi di accesso siano utilizzati per la fornitura di servizi alla clientela da parte di proprie divisioni commerciali, nonche' di societa' controllate, controllanti, collegate o consociate.
L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce con propria delibera, in conformita' ai principi di obiettivita', trasparenza, non discriminazione e proporzionalita', i criteri e le modalita' per la formulazione dell'offerta di cui al presente comma.

Articolo 4

Principi in materia di rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei mezzi di comunicazione

1 L'attivita' di rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione costituisce un servizio di interesse generale a garanzia del pluralismo e della concorrenza nel sistema della comunicazione. Nel settore radiofonico e televisivo essa e' svolta tenendo conto delle diverse tecnologie e piattaforme trasmissive esistenti.
2. Il Governo e' delegato ad emanare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge un decreto legislativo finalizzato a definire le modalita' attraverso le quali l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni cura le rilevazioni degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) favorire il pluralismo e la concorrenza nel sistema delle comunicazioni; b) garantire che la rilevazione degli indici di ascolto risponda a criteri universalistici del campionamento, rispetto alla popolazione o ai mezzi interessati; c) assicurare la congruenza delle metodologie adottate nelle attivita' tecniche preordinate e connesse alla rilevazione degli ascolti televisivi; d) tener conto , nell'attivita' di rilevazione degli indici di ascolto nel settore radiofonico e televisivo, delle diverse tecnologie e piattaforme trasmissive esistenti; e) assicurare la piena attuazione dell'art.1,comma 6, lett.b) punto 11 della legge 31 luglio 1997 n.249.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2, il Governo puo' adottare , nel rispetto dei principi e criteri direttivi, fissati dalla presente legge, uno o piu' decreti legislativi integrativi e correttivi.
4. Agli eventuali oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede secondo le modalita' ed i criteri di contribuzione , a carico dei soggetti del mercato di riferimento, disciplinate dall'art. 1, commi 65 e 66 della legge 23 dicembre 2005 n. 266. L'Autorita' e' a tal fine autorizzata a rideterminare l'entita' della contribuzione ai sensi dell'art.1, comma 65 e 66 della legge 23 dicembre 2005 n. 266.

Articolo 5

Vigilanza e sanzioni

1. L'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni vigila sulla corretta applicazione delle disposizioni di cui alla presente legge e applica, secondo le procedure stabilite con il proprio regolamento di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, le sanzioni previste in caso di violazione delle sue disposizioni.
2. In caso di omessa adozione delle misure di cui all'articolo 2 comma 3 e di inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 3 della presente legge, l'Autorita' all'esito del procedimento condotto secondo quanto previsto dal regolamento di cui al comma 1, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 5 per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione effettuata in avvio del procedimento disciplinato dal regolamento di cui al comma 1.
3. Qualora la violazione sia nuovamente accertata successivamente all'irrogazione della sanzione di cui al comma 2, l'Autorita' dispone, nei confronti del soggetto esercente l'emittente o del fornitore di contenuti, la sospensione dell'attivita' per un periodo da 1 a 10 giorni e, nei casi piu' gravi, per un periodo non superiore a sei mesi.
4. Se la violazione delle disposizioni previste dall'articolo 2, comma 3 e dall'articolo 3 della presente legge e' accertata, o comunque persiste, successivamente alla sospensione irrogata ai sensi del comma 3 del presente articolo, l'Autorita' puo' disporre la revoca del titolo abilitativo, informandone il Ministero delle comunicazioni.
5. Chiunque manipola i dati concernenti gli indici di ascolto e diffusione di cui all'articolo 4, tramite metodologie consapevolmente errate ovvero tramite la consapevole utilizzazione di dati falsi, e' punito con la reclusione da uno a sei anni.

Articolo 6

Abrogazioni e modificazioni

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177: a) all'articolo 2, comma 1, lettera h), le parole ''compresa la pay per view''; b) all'articolo 2, comma 1, lettera l), le parole ''iniziative di comunicazione di prodotti e servizi''; c) l'articolo 27, comma 3; d) all'articolo 31, comma 1, le parole ''compresa la pay per view''; e) all'articolo 43, comma 10 le parole ''da attivita' di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi''; f) l'articolo 51, comma 3.
2. All'articolo 2, comma 1, lettera l) e all'articolo 43, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, le parole ''sistema integrato delle comunicazioni'' sono sostituite dalle parole ''settore delle comunicazioni''.
3. L'articolo 43, comma 11 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 e' sostituito dal seguente: ''Le imprese, anche attraverso societa' controllate o collegate, i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 1* agosto 2003, n. 259, sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono, attraverso operazioni societarie, determinare - ai sensi degli articoli 2359 e 2497- septies del codice civile - situazioni di collegamento o controllo verso imprese in posizione dominante nel settore televisivo''.
4. L'articolo 51, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 e' sostituito dal seguente: ''L'Autorita', applicando le norme contenute nel Capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689, delibera l'irrogazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma: a) da 10.329 euro a 258.228 euro, in caso di inosservanza delle disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b) e c); b) da 5.165 euro a 51.646 euro, in caso di inosservanza delle disposizioni di cui al comma 1, lettera d) ed e); c) da euro 25.823 a euro 258.228, in caso di violazione delle norme di cui al comma 1, lettera f); d) da 10.329 euro a 258.228 euro, in caso di violazione delle norme di cui al comma 1, lettera g); e) da 5.164 euro a 51.646 euro in caso di violazione delle norme di cui al comma 1, lettere h), i), l), m) e n); f) da 1.040 euro a 5200 euro in caso di violazione delle norme di cui al comma 1, lettera o).
5. Dopo l'articolo 51, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e' aggiunto il seguente comma 2bis: ''Per le sanzioni amministrative di cui al comma 2 e' escluso il beneficio del pagamento in misura ridotta previsto dall'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689''.
6. Sono abrogati i seguenti articoli della legge 3 maggio 2004, n. 112: 21, 23 comma 5, 25 comma 12.
7. Sono abrogate tutte le altre disposizioni della legge 3 maggio 2004, n. 112 e del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in contrasto o comunque incompatibili, con le disposizioni di cui alla presente legge.

Articolo 7

Copertura finanziaria

1. Dall'attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri, ne' minori entrate, a carico della finanza pubblica.

Articolo 8

Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

  

DTT: Fonti e link

  

Fonti

AudioReview n.244, Diario n.12/IX, siti ufficiali delle organizzazioni citate, riviste specializzate del settore.

Materiali

Il Piano digitale - Relazione illustrativa (Garante per le Comunicazioni) / Stato di implementazione della DTT in Europa a ottobre 2005 (ERO) / Indagine Conoscitiva IC23 sul mercato televisivo (Garante della concorrenza e del mercato) / Dossier Auditel (Enders Analysis - Ricerca commissionata da Sky).
I rapporti sono reperibili sui siti delle organizzazioni citate assieme a molte altre informazioni.

Immagini

Una interessante raccolta di immagini di apparecchi TV classici si trova in www.tvhistory.tv ; un'altra su www.myvintagetv.com; interessante anche il sito del museo svizzero sulla tecnologia www.audiorama.ch

Per saperne di più (Link)

Fondazione Bordoni: continui aggiornamenti sulla evoluzione degli standard e della normativa si possono trovare sul sito della fondazione.

Associazione per la televisione digitale terrestre DGTVI: completo ed aggiornato, ma ovviamente non imparziale.

Per a situazione dello standard a livello europeo vedere il sito del consorzio DVB.

Digitale terrestre: un sito indipendente con diversi commenti aggiornati e notizie ad ampio spettro sullo standard sui contenuti e sui prodotti 

Da segnalare anche il portale Televisione Digitale Terrestre, che tratta tutte le nuove tecnologie digitali broadcast, molto aggiornato, adotta anche la formula del blog per inserire commenti veloci sulle evoluzioni in corso, oltre ad offrire un ricco repertorio informativo strutturato. Prevede la registrazione al portale per accedere ai contenuti.

Un sito particolarmente interessante per seguire (tra molte altre cose) l'evoluzione del settore televisivo è quello della associazione Astrid (Associazione per gli Studi e le ricerche sulla Riforma delle Istituzioni Democratiche e sull'innovazione nelle amministrazioni pubbliche), nella sezione dedicata alla normativa e al mercato televisivo.

Si possono consultare anche i siti sui vari standard connessi alla televisione digitale terrestre: MHP, MPEG, DVB-H, ATSC, lo standard alternativo sviluppato in USA.

 

 

REVISIONI E COMMENTI

 

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Luglio 2009, 23

Aggiornamento completo del dossier alla data. Organizzazione in pagine separate per mercato e cronologia diffusione.

Ottobre 2008, 30

Aggiornamento completo del dossier alla data

Ottobre 2007, 21

Aggiornamento completo del dossier alla data

Settembre 2007, 7

Aggiornamento blog. Spostamento blog su una pagina propria.

Marzo 2007, 18

Ristrutturazione della sezione e dei menu per una migliore leggibilità

Marzo 2007

Aggiornamenti blog (1, 2, 7, 8 marzo)

Settembre 2006, 9

La DTT in UK, aggiornamenti al blog, aggiornamenti alla sezione sull'Auditel, aggiornamenti alle sezioni datate, la posizione di Sky riguardo all'Auditel. E' stata introdotta anche una pagina a parte strutturata a FAQ.

Maggio 2006, 1

Dati a consuntivo del mercato televisivo e aggiornamento blog.

Marzo 2006, 5

Aggiornamento link

Febbraio 2006, 17

Dati sulle frequenze (o impianti) possedute dai vari concessionari. Aggiornamento blog.

Febbraio 2006, 5

Inserimento si un capitolo sul sistema di rilevamento Auditel

Gennaio 2006

Completa revisione della pagina (ora singola e specifica). Nuove sezioni con informazioni sulla installazione e aggiornamento sul mercato. Nuova sezione in forma di blog per gli aggiornamenti continui.

 

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