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Il mercato della musica: dal CD al digital download |
Il mercato della musica su supporto pre-registrato, quindi negli ultimi anni, essenzialmente, su CD, è effettivamente in contrazione? Si, non è una leggenda o una lamentele pretestuosa delle majors del disco, è vero che nell'ultimo decennio il volume di vendite e di profitti è andato calando con ritmi fino al 20% rispetto all'anno precedente (con ovvie differenze tra i vari paesi). Vedi in proposito gli ultimi dati di vendita. Tenendo conto che l'economia nei paesi occidentali è globalmente cresciuta con percentuali dal 1% al 8% nelle differenti nazioni, nonostante gli inevitabili cicli negativi, il dato è ancora più preoccupante per le case discografiche. I dirigenti delle case discografiche hanno trovato un colpevole per questo stato di cose (ovviamente diverso da loro stessi), localizzato nella pirateria e nello scambio file tra utenti (il peer-to-peer o P2P) che peraltro, nell'ultima legislazione italiana (legge Urbani) sono sostanzialmente equiparate. Ma è veramente così? |
Una diminuzione dell'abitudine all'acquisto è effettivamente stata rilevata da varie fonti, ed è altrettanto verificabile un forte ricorso al download di file dalla rete. Non si capirebbe infatti altrimenti il boom dei lettori portatili MP3 e iPod, è improbabile che siano riempiti solo di file musicali auto-prodotti a partire dalla propria discoteca. Con le memorie in continua crescita dei lettori la carica del dispositivo richiederebbe centinaia o migliaia di CD, raramente presenti nelle case dei giovani italiani e del resto del mondo. Rimane il download legale sicuramente in crescita in parallelo alla decrescita delle vendite di CD e arrivato allo stesso livello in USA nel 2011, ma non in misura tale da compensare il calo. E soprattutto, per caricare un iPod o un lettore MP3 con, ad esempio, 1000 canzoni (molte di meno di quante ne entrerebbero) occorrerebbero circa 1000 Euro ... E' indubbio quindi che un giovane
affamato di musica trovi molto comodo collegarsi ai vari sistemi P2P e cercare e
scaricare le canzoni che ha sentito alla radio o delle quali ha sentito parlare
gli amici, e quindi riempire il suo lettore (e il suo PC). Un passo indietro? Vedi: La musica e il nuovo mezzo Internet / un passo avanti? Vedi: Il CD sarà l'ultimo supporto fisico? |
Nei vari articoli sull'argomento si propongono diverse possibili cause, che valutiamo criticamente:
E naturalmente occorre aggiungere alla lista gli altri media che esistevano anche prima (radio,TV, cinema) e quelli che arriveranno. Essendo il tempo e il budget disponibile per l'intrattenimento forzatamente limitato, anche se in crescita rispetto agli anni '70, è evidente che la gran parte dei soggetti, giovani e non, potendo suddividerlo su una offerta più ampia, abbia diminuito in media la quota dedicata alla musica. |
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Gli altri comparti che operano su formati digitali hanno gli stessi problemi? |
Videogiochi e cinema viaggiano ormai solo su supporto digitale, e quindi presentano gli stessi problemi di protezione dei diritti. Anche questi settori subiscono una forte presenza della pirateria, come è ampiamente noto, e combattono con successo variabile il fenomeno. Per esempio nel settore del cinema esiste in più la protezione basata sul codice regionale, che rende impossibile (o meglio, difficile) vedere un DVD acquistato in USA in Italia e viceversa. Anche in questi comparti la pirateria provoca una diminuzione dei profitti tale da condurla ad uno stato di crisi? Evidentemente e come noto, no. L'industria cinematografica mondiale sta vivendo uno dei periodi di maggiore prosperità della sua storia, e proprio il DVD (e ancor prima, il VHS) rappresenta uno strumento per la moltiplicazione dei ricavi. Analogo discorso vale per l'industria dei videogiochi, che non conosce crisi. Come si vede è improbabile che la pirateria sia la causa del calo dei profitti nel segmento della musica, al massimo può essere considerata uno degli elementi di complessità che il management delle case discografiche deve gestire per superare la crisi. |
Sicuramente ha tutte le caratteristiche
gradite ai giovani: si può selezionare solo quello che si vuole, si può
ottenere quasi istantaneamente, si può utilizzare in mobilità. Esiste anche un modello alternativo, quello dell'abbonamento, per ora proposto negli USA o comunque nel circuito internazionale (Napster 2.0, Rhapsody, Spotify): un contratto con un importo da 10 o 15 $ al mese (o più) e la possibilità di scaricare un numero variabile di brani (40 canzoni a 10$ al mese nel caso di eMusic, in numero illimitato nel mese a 15 $ per Napster, ma è una offerta promozionale). Alternativa interessante, ma che richiede comunque una carta di credito, una garanzia, un legame, e che lega ad un portale, e quindi alla musica in esso presente (che non copre sempre tutti gli interessi musicali). Quindi per ora non è la risposta, ed è necessario ancora qualche affinamento. E comunque non è disponibile in tutto il mondo, e sicuramente non ancora in Italia. |
Ma i profitti delle majors
risalirebbero con la repressione del P2P e degli alti sistemi di
distribuzione non legale? Se la diffusione non autorizzata di materiale sotto
copyright sparisse all'istante, i profitti delle case discografiche ne avrebbero
un beneficio? Dalla esperienza USA parrebbe di sì, i siti per il download
legale (iTunes in primis)
hanno garantito profitti alle majors, e sono decollati anche (non solo) grazie
alla repressione. Sul CD già abbiamo detto che non risponde più, come prodotto e come formato, alle esigenze dei giovani, escludendo quei pochi appassionati di musica disposti ad impiegare il loro tempo per ascoltare l'album come opera completa, in silenzio e concentrati, davanti all'impianto hi-fi. L'acquisto di brani singoli, tramite un portale come iTunes, naturalmente in quantità limitata dal budget mensile disponibile, sarebbe invece molto più coerente con l'attuale uso sociale della musica. I prezzi potrebbero poi diminuire in caso di esplosione del mercato e della concorrenza, tenendo conto che i costi all'origine (sono beni immateriali) non sono alti e quindi margine ce n'è ancora parecchio. Estrapolando dai dati analoghi nel settore delle suonerie e servizi a valore aggiunto per cellulari (ca. 10€ mese, ma per servizi con tempo di vita superiore), potremmo ipotizzare un acquisto medio di 20-40 canzoni nuove al mese, eventualmente con la formula dell'abbonamento, a cui si aggiungerebbero quelle scaricabili in forma promozionale gratuita, che potrebbero salire in numero, in caso di ampliamento del mercato. Rimane però un dubbio sulla forma di pagamento. L'acquisto mediante portale richiede obbligatoriamente una carta di credito o, in alternativa, la disponibilità di un plafond (o di un abbonamento) messo a disposizione da un'altra persona (in possesso di una carta di credito), quindi tipicamente da parte di un adulto a favore di un ragazzo. A confronto è molto più semplice e diretto l'acquisto di servizi VAS (value added services) per telefoni cellulari: vengono detratti dal credito residuo della carta SIM, che può essere ricaricata in contanti mediante schede acquistabili ovunque. Un sistema quindi alla portata di ragazzi di qualsiasi età (basta che ricevano la "paghetta") e di famiglie che non utilizzano carte di credito (in Italia sono ancora molte). Non a caso alcuni portali per il digital download (come Playlouder) stanno stringendo ancora con i gestori dei telefonini per poter utilizzare le diffuse ricariche con carte prepagate. In parallelo si diffonde il sistema di pagamento NFC (near field communication). In parallelo sta aumentando la capacità di memoria dei telefonini, sia interna, sia esterna (con le compattissime schede SD, ormai disponibili in tagli da 2GB e oltre) e la velocità di trasferimento, prima con le evoluzioni del GPRS (Edge, I-Mode) e poi con UMTS (3G) e in seguito con il 4G (o LTE). Telefonini o smart phone con grande capacità di memorizzare canzoni (sul modello iPod) e quindi in grado di unire le due funzioni. Da queste considerazioni nasce l'ipotesi di uno scenario alternativo che vede, almeno per l'Italia, l'acquisto da portale ristretto ad un pubblico maturo e abbiente, e la massa orientata progressivamente all'acquisto di musica tramite telefonino e rete mobile, probabilmente a costi e qualità ancora più ridotti. In questo scenario i lettori MP3 fascia bassa (quelli senza disco rigido) vanno a sparire, sostituiti dai telefonini divenuti terminali di intrattenimento multimediale, smartphone dotati come standard di radio FM 3 web, memoria interna ed esterna ad alta capacità, decoder per MP3, WMA, AAC, ed altri sistemi di intrattenimento (giochi, TV, YouTube, iTunes, ecc.). Se per avventura quindi le case discografiche riuscissero a bloccare tutti i siti P2P in questo scenario si assisterebbe probabilmente ad una temporanea eclissi di quanto resta delle abitudini attuali e ad una veloce riconversione verso lo smartphone o le sue evoluzioni come mezzo principale di intrattenimento. |
Dal punto di vista della qualità, cara a noi appassionati di musica e Hi-Fi, ma a pochi altri, e poco o nulla alle majors, le notizie non sono buone. Per essere scaricabili in streaming via GPRS (anche se con sistemi di compressione avanzatissimi come quelli della società Chaoticom o, in seguito, anche via 3G, i livelli di compressione dovranno essere incrementati rispetto a quelli compatibili con l'ADSL veloce e i potenti lettori portatili a disco fisso, come l'iPod. Un passo indietro rispetto a risultati sonori che, con il tradizionale MP3 a variable bitrate 160-320 o ancora meglio con AAC e WMA, non sono troppo distanti dalla qualità CD, per musica non troppo complessa. Solo con il 4G (LTE) si potrà arrivare a prestazioni audio comparabili. In sintesi la diffusione della musica a
pagamento via Internet e/o via etere è sicuramente un mercato in espansione,
in grado di compensare in parte la diminuzione delle vendite della
musica su supporto fisico su CD (e suoi eventuali successori). |
I portali internet per la distribuzione della musica a pagamento dovrebbero rappresentare da una parte il superamento del P2P gratuito (e quindi non legale) e dall'altra un canale alternativo e più efficace alla tradizionale distribuzione tramite negozi, o anche tramite Internet ma sempre su supporto fisico (Amazon, eBay, Tower Records ecc.). co Nella fase iniziale di questo nuovo canale di vendita, sino a metà degli anni 2000, operavano più soggetti (più portali) che avevano il problema di contrattare il catalogo con le majors e le indies piuù importanti. I portali quindi non potevano garantire la disponibilità di tutta la produzione, e fornivano al cliente una selezione parziale. Una situazione superata da metà del decennio con l'affermazione mondiale di iTunes della Apple, dove in pochi anni è stato trasferito praticamente tutto il catalogo della musica pubblicata nel mondo, presente e passata. I concorrenti (Rhapsody, Napster 2.0., Spotify) hanno anche loro beneficiato di questa apertura (obbligata) delle case discografiche. Sono quindi superate le preoccupazioni che esprimevamo nella precedente stesura di questa pagina riguardo ai vincoli residui sul catalogo. Cercando tra la musica liquida disponibile su iTunes e quella solida sui vari negozi nazionali di Amazon si può trovare praticamente ogni album che ci interessa, con l'esclusione, in parte, della classica, che è comunque sempre stata all'avanguardia per la distribuzione via rete. |
Non è detto però che questo scenario, così congeniale alle majors, sia alla fine quello prevalente. Tutta l'esperienza del P2P, ormai, forse, alla conclusione (la repressione istituzionalizzata la sta conducendo verso un'area marginale, contigua a quella della pirateria sul software) si è infatti consolidata attorno a due binari paralleli: |
la copia illegale (e istantanea) delle stesse canzoni scelte e spinte dalle majors via heavy rotation o MTV |
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lo scambio libero di materiali musicali appartenenti ad ogni spazio e ad ogni tempo, messi in condivisione da una comunità che è arrivata ai tempi d'oro del P2P a milioni di persone, appassionate di musica, contemporaneamente presenti in rete |
Il primo sistema di scambio è una
semplice forma di parassitismo ed elusione dei diritti. Il gioco è sempre
condotto dalle majors. Se per motivi misteriosi decidono di spingere un gruppo
chiamato Maroon 5 con un video ad alto costo
e la imposizione del loro singolo estratto dall'album in heavy rotation su tutte
le radio commerciali del pianeta, questo sarà un successo, entrerà nelle varie
hit-parade e anche il popolo del P2P, questa parte del popolo degli ascoltatori
sotto il controllo delle majors, cercherà e scambierà quel brano. Nulla di
strano che su eMule o BitTorrent si trovassero migliaia di copie di questi successi
commerciali. L'unico punto interrogativo per questo
percorso di recupero intrapreso con decisione dalle majors, anzi dalla intera
associazione RIAA e anche dai musicisti più affermati, o da molti di essi, è
la creatività dei programmatori e la anarchia insita in Internet, priva come
noto di una gerarchia e di un vertice riconosciuto. I tentativi ci sono, sono
stati sperimentati sistemi di P2P non localizzabili e non reprimibili,
per ora sono ancora lontani dal risultato sperato, non tanto per l'efficacia del
sistema, ma per la scarsa accoglienza degli utenti (catalogo limitato), ma se
avranno successo i detentori dei diritti si troveranno ancora una volta a
lottare contro una evasione generalizzata di quanto loro dovuto. |
E' il secondo scenario, che presenta però i pericoli maggiori per le majors e in generale per tutto il sistema del diritto di copia. Uno scenario nel quale entrano in gioco anche i produttori di musica e soggetti intermedi che potremmo chiamare editori non ufficiali. I produttori di musica, un gruppo rock amatoriale, o un DJ, o un gruppo jazz, hanno a disposizione ora tecnologie, tutte imperniate attorno al PC, che consentono a costi bassissimi, senza ricorso a veri e propri studi di registrazione, la produzione di brani di qualità dignitosa, comunque accettabile dagli ascoltatori e paragonabile a quella dei gruppi "professionali". La strada per fare conoscere il loro prodotto tramite una radio ad alta diffusione o tramite una casa discografica è solitamente preclusa, o comunque ardua, a meno di conoscere personalmente un conduttore, o di essere i Maroon 5 ed essere prescelti per motivi imperscrutabili, pur in assenza di qualsiasi talento o tratto distintivo. E non dimentichiamo che anche un videoclip, se c'è alla base una idea buona, è realizzabile con una semplice videocamera digitale amatoriale e un software di editing come Pinnacle. Ma Internet fornisce altri canali.
All'inizio lo stesso canale P2P. che per questo uso è del tutto legale (la canzone è di dominio
pubblico). Certo bisognava arrivare comunque ai potenziali
ascoltatori-scaricatori, magari facendo parlare di sé in qualche altro modo, con
qualche elemento "scandaloso" nelle canzoni, oppure semplicemente con il metodo
del tam-tam, intermediari forum e siti e magari qualche radio incuriosita. Poi è
arrivato YouTube, ottima idea
diventata universale grazie all'intervento del gigante Google. YouTube è una
ottima vetrina per qualsiasi nuovo gruppo con buone idee. Moltissimi visitatori
che usano ormai questo media come alternativo alla televisione per
l'entertainment passivo e totale facilità di accesso. Certo, gli autori, all'inizio, non ci guadagnano niente. Ma c'è il valore difficilmente pesabile della fama (che è già sottinteso ad una miriade di siti web no-profit) e ovviamente la possibilità di utilizzare la fama conquistata per passare al livello successivo, quello di autori che vendono i loro diritti. E qui rientrerebbero le majors o comunque gli editori indipendenti, riconducendo quest'area di libero scambio della musica, di contatto diretto o addirittura di interscambio tra produttori e consumatori ad un fenomeno marginale, ad un'area di transito verso il mercato controllato. Ma andrà davvero così? Il passaggio allo sfruttamento economico dell'opera degli autori richiederà sicuramente degli intermediari, difficilmente i musicisti potranno occuparsene direttamente, sopra una certa soglia di volume. Ma perché dovrebbe essere proprio una major o anche una casa indipendente ad occuparsene, aggiungendo i suoi costi di struttura, dimensionati per un altro mercato, basato sulla distribuzione dei supporti fisici, sui canali, sulla pubblicità, sugli eventi? Se il gruppo che ha conquistato la sua fama su YouTube vuole vendere le sue canzoni successive (o video-clip), può anche rivolgersi direttamente a un portale. Dei 99 centesimi che di solito sono richiesti per scaricare un brano da questi portali quanti vanno alla casa discografica e quanti all'interprete e/o agli autori? Non lo sappiamo, ma sicuramente in questo caso la intermediazione non è necessaria, e l'autore può ricevere una remunerazione più elevata, o vendere il brano a un prezzo più basso. Al limite è anche possibile che lo stesso portale si faccia carico di parte dei compiti solitamente svolti dal mediatore, cioè dalla casa discografica, e in particolare di quelli promozionali e di visibilità; è nelle condizioni di farlo, anche a costi bassissimi grazie alla tecnologia Web, ed è suo interesse farlo. Era proprio questa una strada seguita dal portale Vitaminic, con una forma di condivisione della promozione con gli autori e una proposta del portale come strumento di contatto tra domanda e offerta (modello B2B - Business To Business). Una strada seguita anche dalla iniziativa e dal portale Magnatune. Una strada comunque ancora agli inizi perché Vitaminic ha chiuso a febbraio 2012 e Magnatune non sembra per ora in grado di uscire da una dimensione poco più che amatoriale. |
Esiste poi il mondo degli editori
ombra. L'interesse primario delle majors a fermare il P2P come canale di
diffusione di materiale ad elevato potenziale commerciale (le novità musicali in
classifica, i film recenti) mette in secondo piano una vasta area grigia
rappresentata dalla diffusione di materiale meno commerciale, semi legale o
legale. |
Stranamente il modello di business più semplice e più gradito probabilmente a tutti gli attori, e peraltro già ampiamente sperimentato nel cinema, è stato soltanto adombrato, ma mai perseguito. In questo modello i detentori dei diritti, le majors del cinema, li vendono al canale di diffusione (le televisioni) che poi recuperano i costi dai clienti finali. Lo stesso avviene anche nella vendita dei diritti sul calcio o altri sport. Nel caso della musica le case
discografiche avrebbero dovuto vendere i loro diritti e i loro cataloghi,
limitatamente alla diffusione in formato compresso via Internet, ai gestori
dell'accesso ad Internet. Questi già si fanno pagare dai clienti per l'accesso
(in parole povere, per la connessione ADSL) e così alimentano il mercato. Apparentemente un uovo di Colombo, rimasto allo stato embrionale per alcuni motivi strettamente economici:
In sintesi venditori titubanti, acquirenti poco o nulla interessati: nulla di strano che l'affare non sia decollato, almeno per ora. |
Un modello di business alternativo, legato alle iniziative volonterose in corso per superare il concetto stesso di diritto d'autore e adeguarlo ai nuovi mezzi di trasmissione e fruizione dei contenuti, è la licenza collettiva volontaria (proposta tra gli altri da Creative Commons (http://creativecommons.org) finanziata anche da soggetti importanti come la fondazione Hewlett (legata ovviamente all'HP). L'obiettivo è rendere il P2P legale assimilando gli utenti che mettono a disposizione della rete P2P i loro contenuti ad un centro di diffusione (come una trasmittente radio) e regolarizzando la loro posizione mediante il pagamento di una quota forfetaria mensile (ovviamente assai ridotta, si propone qualcosa dell'ordine dei 5 $) ad una società (o insieme di società) di esazione, che poi ridistribuiranno i diritti in quota ai detentori del copyright. Lo stesso modello quindi della nostra SIAE con le emittenti radiofoniche. Una idea abbastanza logica, nella quale il grandissimo dei soggetti dovrebbe garantire i livelli di renumerazione necessari ai cedenti i diritti, naturalmente tutta da verificare la disponibilità degli altri soggetti a questo sviluppo, in un momento di transizione e di poca chiarezza sugli sviluppi del mercato. |
Se il P2P gratis si eclissa, che fine fa l'ADSL? |
Scaricare gratis musica e poi film da
Internet è stata la killer application
per la diffusione domestica dell'ADSL, o della banda larga in generale, questo
è ormai chiaro. Quindi i gestori dovrebbero fare un monumento a Shawn
Fenning e al suo Napster.
Ma cosa accadrebbe in caso di successo totale o quasi delle majors del disco e
del cinema nella repressione del P2P illegale?
In sintesi è assai improbabile,
ormai impossibile, una
fuga di massa nel caso di uno spegnimento dei servizi P2P, magari i più accorti
passeranno a contratti ADSL semi-flat, ma i gestori TLC non si accorgeranno
neanche del fenomeno. |
In sintesi si vanno delineando nel mercato della musica, a seguito delle rivoluzione digitale, più sistemi di distribuzione e fruizione paralleli, contemporanei e sovrapposti, tra i quali è però assai difficile prevedere il peso relativo a tendere.
Naturalmente i tre canali / usi ipotizzati potranno essere mischiati, per esempio l'impianto ad alta fedeltà potrà riprodurre contenuti provenienti da Internet o rete wireless, oppure ancora i supporti fisici potranno essere trasferiti e riprodotti anche in mobilità o, ancora, nella confezione del supporto fisico potrà essere contenuto un secondo supporto (anche eventualmente una memory stick) per riprodurre gli stessi contenuti in auto, o sul telefonino, o su lettori portatili, senza mettere a rischio di perdita o danneggiamento il "prezioso" supporto primario. Le tecnologie disponibili sono molte e quindi molteplici sono anche gli scenari, poche e incerte, o almeno non chiare al momento, sono le mosse degli attori principali del mercato. Da non sottovalutare inoltre la debolezza attuale degli organismi regolatori e dei cartelli nell'elettronica, con la conseguente proliferazione di standard (basta pensare ai diversi formati per le schede di memoria) e la altrettanto conseguente prudenza degli acquirenti potenziali (almeno per gli acquisiti impegnativi), dettata dal fondato timore di trovarsi con qualcosa di inutilizzabile, o di difficile reperibilità, in futuro, e alle prese con le incompatibilità tra standard diversi. |
Appendice: La composizione del costo di un CD |
Il costo di un CD a
prezzo pieno (20-21 €) si può scomporre in: costi di produzione, costi di
distribuzione, tasse (IVA). |
Costi di produzione |
70% |
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autore |
8% |
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artista-esecutore |
8% |
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stampa |
15% |
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casa discografica |
39% |
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Costi di distribuzione |
30% |
|||||
distribuzione (B2B) |
15% |
|||||
vendita al dettaglio (B2C) |
15% |
Da notare quindi che le major
controllano il 55% del costo del prodotto, mentre il 30% è controllato dal
canale di distribuzione, e il 15% dalle fabbriche per lo stampaggio, settori
tipicamente controllati da altre società. (Fonte: Wanadoo - France Telecom - 2001) Una analisi più dettagliata della composizione del costo del CD si può ricavare anche da uno studio sul mercato finlandese della musica nel 2005 (di Hanna Virtanen, ETLA - Research Institute of the Finnish Economy). Il prezzo medio del CD nel paese scandinavo è analogo a quello italiano (poco più di 21 € al pubblico), la moneta è la stessa, varia di poco l'IVA (18%), si possono quindi considerare i dati significativi anche per il mercato italiano. La composizione vede un peso percentuale importante (un terzo del totale, 33%) della catena distributiva (wholesale, ingrosso e retail, dettaglio). |
Commenti? Contributi? Obiezioni? |
Se vuoi partecipare con commenti, contributi o osservazioni alle informazioni e opinioni contenute in questa pagina (magari sei un discografico), scrivi a Musica & Memoria, ne terremo sicuramente conto. |
Revisioni |
Maggio 2011, 15: aggiornamento generale. introducendo in particolare il nuovo ruolo rappresentato da YouTube per la conoscenza delle nuove proposte. |
Novembre 2006, 23: composizione del costo del CD, ulteriori dati |
Maggio 2006, 29: dati 2005 del mercato delle musica digitale |
Ottobre 2005, 23: P2P Radio (Mercora) |
Luglio 2005, 22: Inserimento della composizione del costo del CD; revisione generale dei contenuti |
Giugno 2005, 2: Aggiornamenti sui telefonini per l'ascolto della musica. Considerazioni di sintesi ulteriori su P2P e catalogo. |
Aprile 2005, 3: Dati sul mercato della musica digitale |
Marzo 2005, 6: Integrazione delle forme di pagamento: abbonamento |
Marzo 2005, 6: I negozi in rete e l'esclusiva |
Marzo 2005, 6: Altro modello di business (licenza condivisa) |
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©
Alberto Maurizio Truffi
- Musica &
Memoria / 2005 - 2012
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