1) Questa volta voglio iniziare proprio dal periodo beat. Voi eravate già un
gruppo attivo nel settore dei locali e dei concerti, e anche con dischi
all’attivo, nel periodo pre-beat. Come vi siete accorti che stava arrivando
qualcosa di nuovo?
|
Ci siamo accorti del cambiamento radicale in atto, soprattutto
dall’improvvisa ondata di un nuovo modo di fare musica.
Gruppi come Animals, Beatles, Rolling Stones, The Mamas & The Papas, Beach Boys ecc.
ottenevano grandi successi internazionali con esecuzioni basate prevalentemente
su ritmica molto accentuata, mixata ad originali ed accattivanti vocalità.
Noi pure prendemmo spunto da questo nuovo filone arrangiando i ns. pezzi con
armonizzazione delle voci e con sonorità strumentali più in evidenza.
2) E cosa avete fatto per adeguarvi ai tempi nuovi ?
|
Grazie alla preparazione e alla predisposizione musicale di Silvio
(Rossi) inserivamo nel ns. repertorio anche canzoni molto elaborate e spesso
difficoltose che però riuscivano a trascinare e ottenevano grande effetto sul
ns. pubblico.
3) Sono stati manager e impresari a indirizzarvi verso le nuove sonorità e il
nuovo modo di presentarsi o è stata più una spinta vostra? Come sono andate le
cose? |
Abbiamo sempre gestito autonomamente sia il modo di far musica che il ns. look
( Gigi lavorava nell’abbigliamento ed era lo stilista di fiducia)
4) Il vostro primo disco del nuovo corso è stato “Nel solaio dei tuoi sogni”,
una cover. Come è stata scelta questa canzone (sicuramente l’originale In the
Rooftops of your Mind non era molto noto neanche all’epoca)? Idea vostra o dei
discografici? |
I ns. discografici, Cesare La Loggia e Oscar Anselmo, non facevano parte delle
major, ma erano molto attenti al mercato americano. Ci proponevano spesso brani
sconosciuti in Italia, ma tutti molto originali. A noi poi lasciavano la scelta
del pezzo da incidere. Fu cosi’ che nel 1966, tra le varie proposte, scegliemmo
“Nel solaio dei tuoi sogni” perché meglio si adattava al nostro modo di
interpretazione
5) E il testo italiano, piuttosto insolito e
in anticipo sugli anni? Da dove è
uscito fuori e cosa ne avete pensato all’epoca? |
Da dove sia uscito fuori non lo sappiamo, ma certo è che il testo scritto da Amenni, un autore già affermato in Italia, ci piacque subito proprio per la sua
originalità e freschezza.
6) In generale, che musica ascoltavate e da quali fonti (dischi import, radio
estere, dischi o spartiti nazionali, registrazioni di amici)? |
Ascoltavamo molta musica pop e qualche volta anche musica jazz. La radio, ma
soprattutto i dischi 45 giri erano i mezzi più utilizzati. In particolare per
far nostri gli ultimi successi utilizzavamo il mitico”mangiadischi” con
l’ausilio del quale Silvio riusciva, ad orecchio, ad individuare tonalità,
accordi, melodie, stendendo quindi un primo arrangiamento di base per
l’esecuzione del pezzo. Raramente utilizzavamo spartiti.
7) In particolare, ascoltavate le radio straniere, Radio Luxembourg ad
esempio, per conoscere in anteprima i successi stranieri, in particolare nel
Regno Unito? |
Rino faceva l’agente di commercio e sulla sua Lancia 2C aveva già l’autoradio.
Passando molto tempo in auto si sintonizzava spesso su
Radio Montecarlo,
Capodistria o
Radio Luxembourg.
…… Quando ci incontravamo arrivava sempre tutto eccitato per le nuove proposte
che riusciva ad ascoltare e a volte a registrare con uno dei primissimi
registratori portatili
8) Da che parte stavate: Beatles o Rolling Stones?
|
Noi tutti, pur apprezzando il sound dei Rolling
Stones, eravamo decisamente
per i Beatles.
9) Altri gruppi o cantanti stranieri che passavano spesso sul vostro
giradischi? |
Yarbirds, Deep Purple, Mamas& Papas, Procol Harum, Rockes,Santana, e tra i
cantanti Frank Sinatra aveva la precedenza
10) Qual era il vostro rapporto col movimento beat, eravate in qualche modo
influenzati o collegati con esso? |
Devo dire che eravamo piuttosto staccati e poco influenzati dalle mode che il
movimento beat stava diffondendo. Eravamo cioè persone molto normali (niente
capelli lunghi o abiti particolarmente stravaganti). Avevamo tutti un lavoro che
ci permetteva di vivere e la musica rappresentava una seconda attività praticata
più per hobby che per altro.
11) Dalla piccola casa discografica che vi seguiva sin dagli inizi siete
passati nel ’67 ad una casa più grande, la Loiseres. Come sono andate le cose?
Vi hanno cercato loro? Che contratto avevate? |
E’ stata solo una mossa commerciale. I produttori erano sempre gli stessi. Ad
un certo punto decisero di dare un nome diverso all’etichetta trasformando
“Novelty” in “Loiseres”
12) Con la Loiseres avete puntato ad un successo più ampio con due cover,
questa volta molto più note: I’m a Believer dei Monkees e Homeward Bound di
Simon & Garfunkel. Qual era nelle intenzioni il brano portante, il lato A?
|
La casa discografica aveva puntato sul brano di
Simon & Garfunkel, ma in
seguito, come spesso succede, il brano di maggior successo si rivelò “Accendi
una stella”, forse anche grazie alla forte diffusione data da Radio Montecarlo
e dalla RAI nazionale con la Trasmissione “Batto Quattro” condotta da Gino
Bramieri.
13) Ci racconti qualcosa delle sessioni di registrazione di questo periodo?
Veloci “buona la prima), lente e reiterate? Con attrezzature di prim’ordine o
rimediate? |
Abbiamo registrato i nostri primi dischi in uno studio (non ricordo il nome) di
via Ludovico Il Moro a Milano. Lo studio era uno tra i più attrezzati, con un
fonico (Severino) tra i più accreditati e richiesti del momento
Non curavamo troppo le sovraincisioni e usavamo i ns. strumenti per le basi
…..In 7 o 8 ore riuscivamo a registrare i 2 brani del 45 giri
14) Come avete promozionato il singolo “Accendi una stella”? Siete riusciti a
ottenere passaggi radio o TV? |
La promozione era partita bene con il disco accettato sia in Rai che a Radio Montecarlo e con buone recensioni sulle riviste musicali del momento. Purtroppo
però con l’uscita della versione di Caterina Caselli (Sono
bugiarda) sigla del
programma televisivo del sabato sera di RAI UNO, la nostra versione venne a poco
a poco accantonata dalle programmazioni.
15) In generale, come è stata portata avanti la promozione dei vostri dischi,
la casa discografica è stata all’altezza delle vostre aspettative? |
Ti ricordo che noi non eravamo dei professionisti, perciò, anche per mancanza
di tempo, non potevamo partecipare massicciamente a manifestazioni nazionali
dove i discografici possono promozionare al meglio i propri prodotti. La casa
discografica comunque ci fece esibire in più occasioni in eventi importanti come
il Cantagiro (Autodromo di Monza) ed alla Sei giorni ciclistica del Vigorelli a
Milano, facendo da spalla a gruppi e a cantanti più famosi.
16) Le altre cover che avete inciso erano tratte da originali UK e US
veramente poco noti. Come sono arrivati a voi?
|
Cesare, uno dei ns. produttori, aveva buoni contatti anche con la RCA ed era
molto attento a tutte le nuove produzioni che arrivavano dall’estero. Quando
scopriva un pezzo idoneo al ns stile lo sottoponeva al ns vaglio.
17) Nelle foto del periodo beat sembravate “capelloni” anche voi. Hai qualche
aneddoto sulle reazioni positive e negative da parte degli altri (giovani e
adulti)? |
I Chiodi non sono mai stati ”capelloni” (il più folto era Gigi, come adesso).
Gli apprezzamenti erano in genere : di stima,da parte degli adulti, e di
meraviglia da parte dei giovani
18) Gli strumenti erano una ricchezza e una fissazione per i complessi
dell’epoca (ma anche ora). Tu che marca e modello di strumento usavi? E gli
altri del gruppo? |
Anche per questo debbo dire che non abbiamo mai seguito le mode, badando
semplicemente alla bontà e alla praticità degli strumenti. Io ho sempre usato il
basso Zerosette (una sottomarca, ma eccezionale) che uso tuttora. Anche Rino
usava una chitarra Zerosette che più avanti, per maltrattamenti, dovette
sostituire con una Gibson. Franco usava e usa tuttora una batteria Roger, venduta
negli anni '70 al fratello di Roby Facchinetti dei Pooh e poi successivamente
riacquistata per nostalgia. Silvio e Gigi possedevano una tastiera Farfisa e si
alternavano anche al vibrafono e alla fisarmonica. Questi strumenti purtroppo
sono andati perduti nel tempo e Gigi attualmente utilizza una tastiera Roland
19) Tornando alla vostra esperienza discografica. Avete mai provato a
proporre qualche brano composto da voi? |
La produzione discografica nacque proprio con brani scritti da noi e, fatto
molto curioso per il mercato discografico, furono scritti in dialetto bergamasco
(AI AU A ET I AE, Quando la mama la fa i calsete) Pure l’ultimo 45 giri inciso
nel 1969 su etichetta Vedette, sotto la direzione artistica di Roby Facchinetti
e con il nome del gruppo modificato secondo la moda del momento in “I nuovi
Chiodi”, conteneva due canzoni. (Canta e Balla e Il tuo Viso) scritte da Rino e
Silvio, ma ufficialmente firmate da Roby Facchinetti e Valerio Negrini in quanto
nessuno di noi era iscritto alla SIAE.
20) Avete pianificato o proposto o progettato all’epoca un LP tutto per voi?
|
Prima di approdare alla Vedette i nostri produttori avrebbero voluto realizzare
un album, ma a condizione di passare al professionismo. La ns scelta fu quella
di non lasciare le ns. attività lavorative, di continuare a suonare per
divertirci e quindi di rimanere nella categoria dgli amatoriali.
Cosi’ fini’ il nostro periodo discografico con i nostri primi produttori.
21) Quali erano gli altri gruppi italiani che apprezzavate di più, magari per
esperienza e conoscenza diretta? |
Equipe 84, I Ribelli, I Camaleonti, I Dik Dik, I Giganti, I Profeti, I Pooh,
Formula Tre e quelli con cui abbiano suonato in alcune occasioni: I Nomadi( a
Rivolta D’adda) I Campioni (al Tricheco di Milano) Fausto Leali (alla Ruota Di
Caravaggio)
22) E poi: qualsiasi altra curiosità o aneddoto o episodio interessante del
periodo beat, che non mi è venuto ancora in mente di domandare … |
Uno tra gli episodi più significativi che ricordo
avvenne nell'agosto 1967. Stavamo lavorando in un locale sulla spiaggia di Gava,
alle porte di Barcellona, (sul nostro sito, tra i reperti storici, esiste il
documento originale del contratto). Ci esibivamo ogni notte alternandoci ad
altri due gruppi, uno spagnolo e l'altro olandese. Questi ultimi, bravissimi ma
con il difetto di abusare di birra e superalcolici, si presentarono una sera
ubriachi fradici, tanto che il direttore del locale proibì loro di esibirsi,
licenziandoli sui due piedi. Serviva un'idea per tamponare l'emergenza e coprire
il "buco".
La fantasia italiana si scatenò immediatamente! Ci vestimmo con costumi da
"toreri" trovati non so dove e via sul palco al suono scatenato di un Flamenco
Rock. Successe di tutto!!
Per completare l'opera, Gigi improvvisamente prese un trombone trovato in un
angolo (prima non aveva mai messo in bocca uno strumento a fiato) e si mise a
suonare note assurde e dissonanti.
Il pubblico in sala era al colmo del divertimento; fu un grande successo, più
comico che musicale, che lasciò il segno per parecchio. Dopo alcuni mesi,il
proprietario del locale, contattando il noastro impresario ,raccomandò di
inviargli sempre artisti come "Los Clavos" (i chiodi in spagnolo).
23) E adesso torniamo ai vostri inizi pre-beat: come si sono formati I
Chiodi? Come mai avete scelto questo nome?
|
L’inizio risale al 1959. Rino e Franco erano compagni di scuola di Silvio (idolo delle ragazzine perché suonava la fisarmonica e cantava) … come fare per
sfruttare meglio la situazione? I tre si mettono insieme e creano un complessino. Rino va a scuola di chitarra. Franco compera la sua prima batteria, aggiungono un amico più grande Jonny Bugini che aveva avuto precedenti
esperienze con il complesso I Falchi (con lui suonava anche Gigi, fratello di
Silvio che poi entrerà nei Chiodi) ed ecco creato il complessino “Little Rockers”. Cominciano ad arrivare le prime richieste dai dancing della bergamasca
ed allora decidono di darsi un nome in italiano più originale e spiritoso (io
non facevo ancora parte del gruppo). In quel periodo si usavano nomi altisonanti
( I Draghi, I Boing, I Watussi, I Diavoli Rossi, I Boys). Per essere originali e un
po’ con falsa modestia scelgono il nome “I Chiodi” (in bergamasco essere chiodi
è sinonimo di incapaci).
E’ in quel periodo che con l’inserimento di Gigi ed il mio (Jonny abbandona per
amore) si forma poi il gruppo originale
24) Qual era il vostro rapporto con la musica in questo primo periodo?
Eravate già professionisti e/o conoscitori dei vostri strumenti o tutto è nato
assieme al complesso? |
Gigi e Silvio erano i veri musicisti in quanto avevano studiato per alcuni anni
fisarmonica frequentando la scuola del maestro Ravasio (Silvio da ragazzino
era stato campione nazionale di fisarmonica) e da tempo partecipavano agli
spettacoli del padre che aveva una compagnia comica di teatro, mentre io mi
dilettavo al pianoforte, ma nel gruppo diventai poi il bassista.
25) C’era un “leader” tra di voi, uno che trainava il gruppo e/o che si
presentava come front-man nei concerti? |
Il più preparato era certamente Silvio tant'è che nel 1971 decise di andare a
suonare sulle navi da crociera e poi di fermarsi negli Stati Uniti dove tuttora
suona e canta nei locali di Miami
26) Qual era la differenza principale che avete percepito tra la fase
pre-beat, quella dei locali da ballo, della musica di puro intrattenimento, e la
esplosione del fenomeno beat, quando alla musica si chiedeva qualcosa di più?
|
Nella fase pre beat bastava fare buona musica da ballo. Con il beat sono emerse
esigenze maggiori sia dal punto di vista musicale sia dal punto di vista della
coreografia. Ai gruppi infatti veniva richiesta non solo una sempre maggiore
attenzione nella scelta del repertorio e nell’originalità delle interpretazioni,
ma anche una maggiore attitudine a fare spettacolo con effetti sonori, di luci o
quant’altro potesse stupire ed attrarre il pubblico.
27) Voi eravate già sul palco e davanti al pubblico, godevate di un buon
punto di osservazione mentre i tempi e le mode cambiavano velocemente e si
preparava sotterranea la esplosione del beat. Qualche episodio premonitore che
avete percepito? |
Il nostro gruppo era tra i più richiesti nella zona Bergamo – Milano ed in alcune
circostanze importanti abbiamo avuto la possibilità di alternarci a gruppi
emergenti. Ad esempio ricordo che condividemmo il palco, in un locale alla moda
di Milano chiamato Il Tricheco, dove per diversi mesi ci esibimmo unitamente ai
Campioni, il cui chitarrista era un ragazzino tutto riccioli dal nome di Lucio
Battisti. Fu li che incominciai ad avere qualche avvisaglia di quali cose
sarebbero successe in seguito
28) E invece quand’è che avete avuto sentore che scricchiolava il mondo beat,
e per tutta la enorme massa dei complessi che tentavano di conquistare un loro
cono di luce iniziava la inevitabile fase di selezione? |
A mio parere la fase calante del beat iniziò con l’arrivo dei gruppi che
proponevano rock duro con utilizzo di mega amplificatori, impianti assordanti e
distorsioni utilizzate all’inverosimile a cui, forse per reazione, si
contrappose il filone del "liscio", che poi prese sempre più piede ed ancora oggi
resiste.
29) La fine di una esperienza professionistica decisamente lunga per gli
standard degli anni ’60 non è, probabilmente, una delle fasi più piacevoli da
raccontare. Vuoi comunque ricordarci come è andata e come si è chiusa la prima
fase dei Chiodi? |
Per noi è stato un atterraggio morbido in quanto non avendo mai abbracciato la
professione del musicista, nel senso vero della parola, non abbiamo risentito di
particolari traumi
30) Ma, 25 anni dopo, avete deciso di ricominciare, praticamente con la
stessa formazione. Come vi è venuto in mente? |
Non ci siamo mai persi di vista. (l’amicizia è sempre stato un forte legame che
ci ha tenuto uniti). Nel 1996 Franco, il batterista, organizza la festa dello
sport nel suo quartiere e ci propone di fare un concertino….. Sorpresa! Arriva
tanta folla; moltissimi si ricordano di noi ed è un successo. Perché non
riprendere seriamente visto che ancora ci divertiamo?? La formazione è orfana di
Silvio, ma grazie alla voglia della gente di musica beat ed alla simpatia che ci
viene dimostrata, I Chiodi ritornano sull’onda.
31) E’ stato divertente, ne è valsa la pena, a parte l’interesse per il
revival degli “indimenticabili anni ’60”? |
Sono passati ormai 12 anni da quella festa e ci
stiamo ancora divertendo. Incidiamo ancora dischi ed abbiamo partecipato a
trasmissioni radiofoniche e
televisive (Girofestival RAI 3; FESTIVAL SHOW di Radio Birikina; Dammi il 5
TELENOVA)…… MEGLIO DI COSI’
32) Per finire, una incursione sulla situazione musicale di oggi. Se dovessi
indicare dei gruppi attivi ora che lasceranno un segno, come lo hanno lasciato
molti gruppi e musicisti degli anni ‘60 (che si ascolteranno ancora per chissà
quanti anni), quali sono i primi tre nomi che ti vengono in mente? |
Penso che lasciare il segno oggi sia molto più difficile di una volta in quanto
la musica, anche la migliore, si brucia in fretta. Le radio, ma anche la
televisione, non ti danno il tempo, salvo alcune rare eccezioni, di innamorarti
o anche solo di meglio apprezzare un gruppo o un cantante. In poche parole c’è
una sorta di rincorsa inflazionistica della musica che fa male alla musica
stessa.
Comunque, per non eludere la domanda, alcuni gruppi che a mio parere lasceranno
il segno (a parte gli inossidabili POOH, NOMADI, MATIA BAZAR ecc.) sono:
Le Vibrazioni, I Negramaro, Mario Biondi.
Per saperne di più:
Il sito dei Chiodi
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