I Daini sono stati uno dei
gruppi più popolari a Varese e nella provincia lombarda negli anni '60 e la
loro vicenda artistica e professionale è stata segnalata a Musica & Memoria
da Alessandro Volpi, loro fan dell'epoca. Gino Verduci, chitarra solista del
gruppo, ha accettato di buon grado di inviarci questa
testimonianza
sui loro anni '60. |
«Mi
hai chiesto se potevo mandarti ulteriori notizie che mi avevi richiesto.
E io lo faccio molto volentieri: quello è stato un periodo storico e
indimenticabile, e sono lieto di ricordarlo, per me, per chi ne faceva parte e
per coloro che a Varese non ci hanno dimenticati.
Il gruppo è nato nel 1967.
La band era costituita da Mauro Cavalca
all’organo Hammond, Gianni Seddio, voce
solista, Sandro Rocchi basso e voce,
Sandro Ravasi batteria e voce,
Giancarlo Viviani, chitarra ritmica e voce, e
Gino Verduci chitarra solista.
Eravamo poco più che
adolescenti, ognuno di noi amava il proprio strumento e con lo stesso cercava la
perfezione: e sull’onda dell’entusiasmo, partimmo facendo gavetta per qualche
mese in locali di periferia.
E fu in uno di quei locali che una domenica venne a sentirci un tizio
dall’occhio lungo e che noi varesini conoscevamo bene : sotto le sue ali erano i
migliori gruppi di Varese e dintorni:
I Cuccioli,
I Megatons, La Ciurma,
L’Anonima song … per tutti era
L’IMPRESARIO! Un’icona nell’ambiente dello
spettacolo varesino. L’unico!
Quello che non perdeva tempo se annusava talento e originalità.
I Daini al Balcone di Viconago |
Ci fece la sua
proposta e abbiamo accettato.
In breve tempo “I
Daini” diventarono il “numero UNO” sulla piazza di Varese e dintorni.
Ma prima ci fu
diffidenza.
A Varese nessuno ci conosceva. E quando arrivammo a piazzare la strumentazione
“Al Balcone” (tanto sognato), gli habitué
di quel famoso locale ci accolsero con estrema diffidenza : eravamo varesini,
giovanissimi e sconosciuti…
“Uè bambini! Qui, a suonare viene gente con le palle,…mi sa che voi domani
già siete a casa…qua comandiamo noi”
In effetti a Varese
nessuno ci conosceva.
Al solo vederci, per le compagnie abituali del “Balcone di Viconago” noi
evidentemente non avevamo né l’età, né le palle per poter stare lì un mese a
suonare.
Su quella grande platea era d’abitudine che ci potessero suonare solamente
gruppi di nome: le conosciute band varesine già citate eppoi “I Nomadi”, “I
Corvi”, eccetera eccetera…
Ed era proprio così: chiunque si recava al Balcone sapeva che lì avrebbe trovato
un gruppo tosto e di successo.
Non c’è stata bella
accoglienza.
Eravamo solo dei ragazzini … e per di più il nostro poster diceva che eravamo di
Varese, e quell’impatto al nostro apparire fu quasi logico:
“nemo profeta in patria est!”
Poi accadde che
cominciarono a vedere il palco riempirsi pian piano e sempre più sontuosamente
con la nostra strumentazione: e lì qualcosa nei loro occhi cominciò a cambiare:
amplificatori grandi e potenti che riempivano la scena, una batteria superdotata
e amplificata, l’ organo Hammond col Leslie che faceva bella vista con la sua
elica rotante su una torretta alta quasi 2 metri, le chitarre elettriche, i
sette microfoni voce più due sulla batteria, le spie… E così, quelli
cominciarono a incuriosirsi e a cambiare faccia.
E quando iniziammo a fare un pezzo per il check sound per noi è stato come
toglierci ogni paura.
Li abbiamo visti soddisfatti col dito pollice alzato verso il cielo! Li abbiamo
visti ballare.
Avevamo mandato,in pochi attimi, la loro diffidenza a farsi benedire.
E ci dissero: “Grandi!”
Non ci crederai, ma fu
proprio in quel tempio del beat che “I
Daini” cominciarono a furoreggiare.
Lasciammo un ricordo
indelebile: a detta dei gestori, “I Daini” hanno fatto quello che mai nessun
altro gruppo, famoso e non, era riuscito a fare : pienoni da record, gente in
delirio, prenotazioni da sballo…
Per un mese intero: Ottobre ’68, “I Daini”, sempre a detta dei gestori, hanno
attirato gente persino da Milano, dalla Svizzera, dal Comasco che era attratta
dalla voce “di quei sei ragazzi che bisognava sentire a tutti i costi” : e la
voce s’era sparsa a macchia d’olio. Mai “Il Balcone” ha fatto gli incassi fatti
con “I Daini”.
E io mai avevo visto il Balcone di Viconago
così strapieno di gente.
E se tu, oggi, chiedi a uno di loro chi erano “I Daini”, credo proprio che non
ti parleranno dei bellissimi animali dai quali abbiamo preso in prestito il
nome.
Ogni pezzo che suonavamo era pervaso da un consenso straripante, che saliva
sempre più, fino a toccare le stelle, un’euforia immensa : per tutti stavamo
diventando dei miti: idoli del famosissimo “Balcone di Viconago” …
E non avevamo neanche vent’anni…
sei ragazzini che avevano portato scompiglio e lustro al “Balcone di Viconago!”…
Incredibile!
E’ pura verità, caro
Alberto, e parlarne oggi mi sembra sia stato un sogno. Son passati tanti anni.
Ma io, Mauro, Gianni, Giancarlo, Alessandro e Sandrino siamo stati realmente gli
interpreti di quel sogno e quei “Daini”, a Varese, oggi, dopo quasi 40 anni, non
è possibile dimenticarli come non è possibile cancellare quel periodo dalla
nostra memoria.
Ricordo che il mese
dopo doveva al Balcone un gruppo di prima grandezza, ma la gestione del locale voleva a
tutti i costi che ci fermassimo. E la cosa non fu possibile. Altri lidi ci
attendevano. “L’impresario” non scherzava. E ci attendeva un altro megatempio.
Altri consensi e ulteriori soddisfazioni.
Il nostro successo era
dovuto al fatto che eravamo giovanissimi… giovanissimi che suonavano grande
musica. La sorpresa stava tutta lì : stupivamo il pubblico con i nostri 17/19
anni. Avevamo formato un gruppo che si rivelò sontuoso.
Avevamo messo in piedi, senza rendercene conto, un puzzle perfetto che doveva
funzionare per forza.
Il nostro vero leader (ma lui forse mai l’avrebbe ammesso) era Mauro Cavalca, il
tastierista. Mauro aveva studiato pianoforte al Conservatorio. Era amico di
Flavio Premoli, tastierista dei “Cuccioli” poi passato alla P.F.M.
Col suo Hammond, Mauro Cavalca, dava corposità al gruppo. Era un musicista
completo e vero.
Era un grande e io oggi so che il suo contributo è stato immenso e
indispensabile.
Eravamo portati verso
il soul e il R&B (ne eravamo “i reucci”), ma col tastierista che avevamo
potevamo permetterci di mettere in repertorio anche i pezzi che in quel periodo
stavano cambiando il trend di fare musica: da “Wither Shade of pale” a “Gimme
Some Lovin'”, da “Fortuna” a “When a Man Loves a Woman”. Erano pezzi eccezionali
e amavamo anche i Rolling Stones : “Get Off of My Cloud” era un pezzo che non
poteva non essere inserito in repertorio, così come “Heart of Stone”,
“Satisfaction” , “As Tears Go By”.
Attingevamo molto anche da Brian Auger e Julie Driscoll: “Save Me” era pezzo che
avevamo fatto nostro.
L’altro segreto del
nostro successo (forse il più da sottolineare) stava nel fatto che eseguivamo
tutti i pezzi nella loro tonalità originale: in pratica, noi eravamo i veri
cloni dei grossi artisti che avevano inciso e portato al successo quei brani, e
a detta di tutti, strano ma vero, non vi era alcuna differenza fra la traccia
originale e la nostra.
Ricordo che una volta
(quando eravamo agli inizi) feci sentire a casa mia una nostra registrazione di
“Gimme Some Lovin'” a un conoscente che di musica se ne intendeva eccome.
Credimi: era convintissimo che quel pezzo che stava ascoltando fosse l’originale
degli “Spencer Davis Group”! E io glielo feci credere.
Ma quelli eravamo noi:
“I Daini”.
Ci siamo sciolti dopo
4 anni.
Ci pensò il servizio militare: passò sopra di noi con la sua spugna e, prima uno
poi l’altro, partimmo tutti … e il sogno finì.
E per sempre.
I Daini e l'industria
discografica |
Hai chiesto se abbiamo
inciso.
No Alberto.
Non ci pensavamo.
Avevamo già troppo come corrispettivo ed eravamo troppo giovani per pensarci.
Credo che a nessuno di noi sia mai venuta l’idea di incidere. Vivevamo di
goliardia. Ci bastava divertirci. Suonavamo e prendevamo tutto quello che c’era
da prendere: applausi, complimenti a iosa, inviti a feste, ragazze, autografi…
cosa potevamo pretendere ancora alla soglia dei nostri vent’anni?
Le occasioni per divertirci erano sempre dietro l’angolo: una settimana in
tournèe a Montreaux (indimenticabile), ospitate in vari teatri della Lombardia e
del Piemonte, esibizioni in megalocali… Sapevamo di essere forti, non
rifiutavamo nulla e prendevamo tutto come un benefico divertimento.
Al mattino andavamo a scuola e aspettavamo il sabato sera per andare a suonare.
Non pensavamo ad altro. Non ci passava neanche per l’anticamera del cervello
l’idea di incidere dischi.
Qualche incisione ci fu, ma dopo, molti anni più tardi e fatte non dalla band
originale.
…“A volte ritornano!…”
e noi ogni tanto torniamo. Non capita spesso.
Torniamo assieme per serate speciali, occasioni particolari, tipo compleanno di
qualche moglie, laurea di qualche figlio…(il tempo passa,caro Alberto e ognuno
di noi ha i suoi pegni da pagare!) oppure per qualche vecchio amico ristoratore
che vuole festeggiare qualcosa di suo e desidera che siano “I Daini” a fargli da
colonna sonora.
… e ricordo un aneddoto: a uno di questi nostri rarissimi concerti vi era una
compagnia seduta a un tavolo, e, guarda caso, al tavolo accanto al loro c’erano
degli amici nostri.
E da quella compagnia qualcuno disse: “Per forza che son forti! E’ quarant’anni
che suonano assieme!” E uno dei nostri amici, di rimando:
“Guarda che ti sbagli … sono quarant'anni che non suonano più: adesso son
tornati assieme, per questa serata.”
na decina d’anni fa
venne a casa mia un amico. Agostino De Troia, nativo di Lucera. Lui ai nostri
concerti non era mai mancato.
Nella vita ci aveva saputo fare e non gli mancavano le disponibilità.
“Ciao Gino - mi disse – ho un paio di canzoni e vorrei inciderle.”
“Bene. Mi fa piacere.”
“…E come band che mi accompagni voglio I Daini.
E’ un sogno che coltivo da anni!”
Io lo stimavo quel ragazzo, ma gli ho risposto che “I Daini” non esistevano più
e non sarebbe stato facile convincerli a tornare assieme per incidere quei suoi
pezzi.
“Ho già accordi con la sala del Palazzo della Stampa a Milano - mi
rispose inisistendo – è lì che incideremo, parla con loro … tornate assieme
per me … fammi sapere.”
Morale: ho telefonato a quelli che ritenevo i più adatti e hanno aderito
entusiasti all’idea di incidere. Come nome della band, in etichetta, abbiamo
preteso non “I Daini” bensì ”Gli amici di Agostino.”
E abbiamo partorito due dischi. E un brano di questi, (quello che ci era
piaciuto di più arrangiare), “Lucera è bella” , a detta dell’autore pare abbia
venduto in Puglia tutte le copie stampate.
Ultimamente (tre ex
Daini assieme a due amici) abbiamo inciso un CD con un pezzo: “Vola questa nuova
avventura”. Il pezzo non è in commercio, ma è stato un regalo che Gianni Seddio
ha voluto fare a mo' di sorpresa alla figlia che andava all’altare a sposarsi.»
Mauro Cavalca il
tastierista: oggi facoltoso imprenditore (con merito).
Gianni Seddio il cantante: idem come sopra.
Sandro Rocchi il bassista: quasi idem come sopra.
Sandro Ravasi il batterista: suona tutt’oggi con chi lo chiama.
Giancarlo Viviani il chitarrista ritmico: capo area nel settore chimico: oggi
suona con gli ”Odyssea”.
Gino Verduci il chitarrista solista: segretario e insegnante di chitarra, nonché
fumettista, nonché scrittore (non mi conosce nessuno!).
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