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Testimonianza: Roma International Sound (RIS)

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(Testimonianze inviate da Rossella Drudi e Gabriele Inglese)

Altre testimonianze: Radio Capodistria / Radio Montecarlo / Radio Elle / Radio Luna / Radio Riviera Brenta / Radio Kiss Kiss Napoli / TRS The Radio Station / Radio Dieci Antenna Democratica / Radio Sapri / Radio Napoli City / Radio Regione Trieste / Radio Onda 102 / Radio in Irpinia 1977-1990 / Radio Blu (Prato)

 

Che tipo di radio era Roma International Sound?

 

«Radio Roma International Sound o RIS trasmetteva sui 97 Mega Hertz di modulazione di frequenza. La sede era in via Acherusio, al quartiere Nemorense, ora non ricordo il numero civico, nonostante fossi una dei soci fondatori. Eravamo 33 in tutto. E' stata una radio molto seguita dapprima dal quartiere e poi da tutta la città ed infine, con il ponte fatto a Monte Cavo, in tutto il Lazio ed oltre. All'epoca si combatteva contro l'Escopost (la polizia postale, vedi la situazione normativa, ndr) picchettando il nostro ripetitore, soprannominato "King Kong" o il "mostro". La nostra radio ha dato anche la possibilità a Radio Città Futura di Enzino Rossellini di registrare le trasmissioni da noi. Lui aveva la frequenza ma non ancora la sede. Abbiamo ospitato tante altre radio libere in via di formazione nel nostro appartamento di cinque stanze. E' stato girato un film di una regista francese sempre nei nostri studi con gli attori viscontiani di allora. E' stata data voce al collettivo femminista di Via del Governo Vecchio, ai radicali, agli autonomi e  a tanti altri. Quello che ricordo con maggior nostalgia sono i raduni in piazza Farnese di tutte le radio libere d'Italia (allora pochissime) per raccogliere fondi, dal momento che eravamo tutti autogestiti, non c'era pubblicità nessun mercimonio e per andare avanti pagando affitto, bollette ed altro dovevamo autofinanziarci. Abbiamo ospitato i medici del progetto Basaglia insieme agli ex pazienti di Santa Maria della Pietà (l'ex manicomio di Roma, ndr). I soldati obiettori di coscienza, intere caserme ci ascoltavano. Davamo voce a tutti senza remore.»

 

Come avete iniziato?

 

«Forse ho qualche foto con il logo della radio conservato e della festa della primavera dove partecipavano molte radio libere di tutta l'Europa. Vado a memoria, sono passati trent'anni ed eravamo tutti ragazzini, alcuni non ancora maggiorenni. Ti dico che per comprare le apparecchiature e per ripulire l'appartamento e per insonorizzare la stanza della regia abbiamo messo tutti 500 mila lire a testa, 500 x 33 quanti eravamo = 16.500.000 di lire, e abbiamo messo su la radio, sembra pazzesco a pensarci oggi. La insonorizzazione è stata fatta con la classica custodia delle uova in cartone grigio e funzionava molto bene. Due ingegneri, i più grandi del gruppo, ci rimediarono la consolle e apparecchiature usate assemblate e ricostruite artigianalmente da loro. La consolle della regia è stata arrangiata riutilizzando la scenografia di un vecchio film di fantascienza, comprata agli studi Elios sulla Via Prenestina. I mobili, le rastrelliere per mettere gli LP e i 45 giri, costruiti da noi più altre cose comprate a Porta Portese.»

 

Che programmazione facevate?

 

«All'inizio ognuno di noi aveva il suo programma musicale e portava i dischi da casa per formare una vera e propria discoteca della radio. Tutto era classificato e diviso per tipo di musica. Avevamo anche l'angolo della musica classica che era, con nostra meraviglia, molto seguito. Il programma dell'interpretazione dei sogni e i primi esperimenti di scrittura automatica e registrazioni delle voci con il Nagra per la parapsicologia, molto seguita all'epoca. Avevamo inventato un programma che si chiamava "Carillon" dove si facevano incontrare al Pincio (un parco di Roma dove i viali sono decorati dalle statue di numerosi filosofi e pensatori, ndr) i più grandi filosofi della storia per le interviste impossibili che facevano uno all'altro. Tipo Giulio Cesare che parla con Carlo Marx etc. Si registravano delle commedie ideate e recitate da noi, ambientate in Cornovaglia, in Scozia o Irlanda (erano gli anni '70...) dove facevamo anche i rumori e le musiche.»

 

Era una radio aperta, come le altre del periodo?

 

«Mandavamo le telefonate in diretta, ma non per le dediche, ma per lanciare appelli o discutere dei vari problemi politici o per dare voce a chi non l'aveva mai. Usavamo la chiamata in diretta anche per far partecipare a un dibattito ospiti da fuori. Ovviamente non pagavamo nessuno e non ci pagavamo neanche noi che a stento riuscivamo a pagare affitto e bollette. Era solo una grande passione e un grande divertimento. Davamo spazio a tutti i gruppi che volevano fare un programma, dalle femministe di Via del Governo Vecchio, ai dissidenti, ai rifugiati politici, anche ad alcuni gruppi di palestinesi considerati all'epoca terroristi,  rischiando l'arresto. Era una radio senza censure e senza preconcetti. Dovevamo fare tutto da soli, da dietro la consolle si manovravano i cursori, si parlava in diretta si mandavano le telefonate e si mandavano in onda i pezzi prescelti. Ognuno di noi doveva saper fare tutto da solo perché eravamo divisi in turni, 24 ore su 24. Non avevamo pubblicità di nessun tipo e anche se la formazione politica di tutti era di sinistra, di quella sinistra degli anni 70, le spaccature e le divergenze erano già tante. Però la libertà di mandare in onda chiunque ne facesse richiesta, per esprimere un particolare disagio o una violenza subita o denunciare qualsiasi sopruso, era rispettata da tutti. 

Una volte venne da noi una donna che si dichiarava poetessa romana, voleva leggere alcune poesie dai nostri microfoni, tutti versi in romanesco puro stile Belli. Fin qui non c'era nulla di strano, se non il fatto che lei si presentò a mezzanotte passata in vestaglia e camicia da notte. Era scappata da Santa Maria Della Pietà, allora ancora in funzione, ed era venuta direttamente da noi, portandoci anche dei cornetti. Ci conosceva tutti e ci seguiva sempre. Maria, questo è il suo nome, è diventata poi una sorta di mascotte della radio, che ha aperto il dibattito sulla legge Basaglia, male interpretata. E mi fermo qui. C'è tanto da raccontare e non l'ho fatto mai. Nessuno di noi si è mai fatto pubblicità dell'esperienza vissuta perché è ancora oggi forse una delle esperienze più belle, più vere e più pure della nostra vita.»

 

Quali generi musicali trasmettevate?

 

«Mi chiedi dei generi musicali e io ti rispondo. Quasi tutti noi amavamo la musica rock, inglese e quella più soft americana, tipo la West Coast e la musica country. In testa c'era sempre la psichedelica con i Led Zeppelin, Frank Zappa, Kiss, le Orme, P F M, Emerson Lake e Palmer e tra gli italiani Battisti, Vecchioni, Venditti, De Andrè, Rino Gaetano, Mimmo Locasciulli e tutti gli altri di quel favoloso periodo musicale, amati ancora oggi. Sono troppi per elencarli tutti. I Pink Floyd ovviamente avanti a tutti. Ma oltre alla musica di tendenza c'era uno dei soci che amava la musica che oggi si definirebbe "spazzatura" o "trash", quella un po' regionale, folkroristica o super popolare, tipo Orietta Berti con "Finché la barca va" o simili, e così andava anche quel genere di musica all'interno del suo programma. Lui era un autista dell'Atac ed era soprannominato "er greve" da noi, ma in senso affettuoso, dato che siamo tutti di Roma. Non esisteva razzismo in tal senso, capito?!: Anche se magari il suo programma aveva meno ore degli altri, come peraltro quello di musica classica.»

 

Una seconda testimonianza di Gabriele Inglese

 

Alcuni anni dopo, leggendo su Internet questa testimonianza, anche un altro partecipante all'avventura di Radio Roma International Sound ci ha raccontato di quegli anni e delle radio libere:

«Non vi sto a spiegare i dettagli, comunque quarant'anni fa precisi, a sedici anni, scrissi una canzone, poi per un paio d'anni ne misi insieme una ventina, più o meno riuscite. Alla fine del '75 (più o meno) andai varie volte a cantarle dal vivo a radio RIS in via Nemorense. C'era anche un gruppo di chitarristi e voci stile America, del quartiere Africano (noto quartiere del semi centro di Roma, chiamato così per via dei nomi delle strade, ndr). E una ragazza mezza venezuelana che faceva canzoni popolari inventate da lei in spagnolo. Una specie di scuderia. Ricordo bene un conduttore alto con i baffi, andai anche a registrare a casa sua dei pezzi, e un suo amico percussionista che allora aveva un bambino di una decina d'anni.

Sono sempre molto legato a quel periodo. vi racconto due momenti. Uno molto divertente per me. Mettono una mia canzone registrata quando ero venuto in radio e alla fine del pezzo parte un applauso oceanico: il conduttore dice " questo applauso è l'inizio del concerto per il Bangla Desh, ma se lo merita anche Gabriele che ha cantato prima". L'altro invece e' proprio brutto: arrivo un pomeriggio con la chitarra per far sentire un po' di cose nuove, e trovo tutti all'in piedi, tipo assemblea muta: la radio chiude, arrivederci, addio.»

 

Altre notizie sulle radio libere:

Radio pirata e radio libere / Radio Caroline / Le radio nel 1976 / Le prime radio libere / La diffusione della musica

 

© Musica & Memoria Novembre 2006 / Marzo 2015 (Testimonianza di Gabriele)

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