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Le canzoni del '68

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Le canzoni che hanno accompagnato i movimenti giovanili del '68: Fausto Amodei - Per i morti di Reggio Emilia / Ivan Della Mea - O cara moglie / Giovanna Marini - Se ci avessi cento figli / Paolo Ciarchi - Piccolo uomo Paolo Pietrangeli - Contessa / Paolo Pietrangeli - Valle Giulia / Gualtiero Bertelli - Nina, ti te ricordi / Ivan Della Mea - Noi lo chiamiamo Vietnam / Pino Masi - L'ora del fucile // Georges Moustaki - Sans ne nommer / Buffalo Springfield - For What It's Worth / Graham Nash - Chicago / Nino Ferrer - Mao et moa / Claude Channes - Mao-Mao

 

Due celebri foto simbolo del maggio francese

 

Le canzoni (e i manifesti)

Una pagina dedicata alle canzoni che hanno accompagnato la rivolta giovanile del 1968. Una rivolta in teoria politica ma che in realtà ha cambiato, e in modo spesso definitivo, soprattutto il costume e i rapporti tra le persone e tra i sessi. E che ha inciso molto meno sul potere politico in senso stretto che, in tutti i paesi occidentali e del blocco sovietico in cui si è dispiegata (USA, Francia, Italia, Germania, Cecoslovacchia) non ha cambiato in nulla i rapporti di potere anzi, casomai ha consolidato il blocco conservatore.
La pagina è illustrata con le riproduzioni di una serie di manifesti originali del "maggio francese".

 
 

Le canzoni del '68 in Italia

 

La canzone italiana nel '68 era in gran parte commerciale con qualche accenno di impegno nel sotto-genere buonista e in parte ecologista battezzato (da Mogol) La linea verde e nelle canzoni di protesta, sempre e comunque prudentemente distanti da una precisa collocazione politica.

I giovani alla ricerca di una colonna sonora che accompagnasse il loro movimento dovevano rivolgersi alle canzoni politiche degli anni precedenti o alla canzone popolare proprio da pochi anni tornata all'attenzione anche nei temi più duri, con gli storici spettacoli del Canzoniere italiano, Bella Ciao e Ci ragiono e canto, che diventavano così note a livello di massa (o quasi) e uscivano dalla nicchia dell'impegno militante. Gli esempi più noti di canzoni adottate ed entrate nella colonna sonora di quegli anni sono le canzoni di Amodei, Ciarchi, Giovanna Marini, Ivan Della Mea, tutti attivi a vario titolo nel recupero della tradizione popolare e molto lontani dalla musica commerciale, oltre che apertamente schierati. Assieme a canzoni storiche come "Addio Lugano bella" o "Fischia il vento".

 

Fausto Amodei: Per i morti di Reggio Emilia (1960)

La canzone scritta dal musicologo e musicista per ricordare la manifestazione contro l'ingresso del partito neo-fascista nell'area di governo nel luglio del 1960, finita tragicamente con cinque manifestanti uccisi dalla polizia, poi divenuta nel tempo un inno (un poco mesto):

Compagno cittadino, fratello partigiano,
teniamoci per mano in questi giorni tristi:
di nuovo a Reggio Emilia, di nuovo là in Sicilia

son morti dei dei compagni per mano dei fascisti.
(...)
Son morti sui vent'anni, per il nostro domani:
son morti come vecchi partigiani.
(...)

(Leggi il testo completo e i commenti)

 

Ivan Della Mea - O cara moglie (1962)

La canzone è ispirata e dedicata alle lotte operaie che dal 1962 in poi, in parallelo al nuovo governo di centro sinistra, puntavano a portare anche i lavoratori al livello di vita e di welfare comune negli altri paesi europei, dopo aver dato un contributo fondamentale al "miracolo economico", che in soli 10 anni aveva portato l'Italia tra i primi 6 paesi industrializzati del mondo.

O cara moglie stasera ti prego
di' a mio figlio che vada a dormire
perché le cose che io ho da dire
non sono cose che deve sentir.

(...)
O cara moglie io prima ho sbagliato,
di' a mio figlio che venga a sentire
che ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà.

(Leggi il testo completo e i commenti)

 

Soutien aux usines. Occupes pour la victorie du peuple / Solidarite jusqua la victorie de tous les travailleurs

 

Giovanna Marini - Se ci avessi cento figli (O padrone non lo fare) (1967)

La musicologa Giovanna Marini, al rientro in Italia dopo un lungo periodo di studio e di lavoro negli USA, pubblica un album che si chiama appunto "Vi parlo dell'America" che contiene questa ballata che intende recuperare la diretta semplicità della canzone popolare ma dichiarandola come citazione.

(...)
E’ una gabbia, un sistema perfetto,
chi non ci sta è matto!

Abolite le scelte, inutile il consumo
di beni della mente.
Non puoi scegliere o pensare,
è inutile parlare,
resta solo l’illusione
di essere ancora persone.

(...)
Se ci avessi cento figli
tutti quanti belli e forti
gli direi: «Vi preferisco morti
che a lavorare per il padron»

Il padrone in veste nera
con la mano sopra il cuore:
«Mi fa tanto dispiacere
ma io vi debbo licenzià»

 

Paolo Ciarchi - Piccolo uomo (1967)

Una canzone più rivolta alla dimensione individuale e al desiderio di libertà, pur se non mancano i riferimenti alle crisi mondiali del periodo (ma sempre da una parte sola, accuratamente evitati i riferimenti al blocco sovietico e al desiderio di libertà di quei popoli, che stavano esplodendo in Cecoslovacchia), e quindi tutto sommato più attuale delle altre citate.

Piccolo uomo, oggi è la tua festa,
e la tua donna è pronta per l'amore;
tuo figlio è in piazza, grida la protesta
per il Vietnam; «Ma è così lontano!»
tu pensi e ridi, e poi scuoti la testa
e cerchi il seno caldo con la mano


Di', come va, piccolo uomo?
Tu mi rispondi che non va male
Bene, amico, buon anno nuovo
e buone feste e buon Natale!


(Leggi il testo completo)

 

L'union de tous les travailleurs brisera les frontieres / Travailleurs francais immigres unis

 

Paolo Pietrangeli - Contessa (1966)

Anche se scritta da Pietrangeli due anni prima, ispirandosi ai discorsi carpiti in un noto bar di Piazza del Popolo a Roma tra una contessa e una sua amica, di commento alle prime occupazioni studentesche all'Università di Roma (a Magistero) e alle lotte operaie, la canzone è stata scoperta ed è diventata immediatamente un inno per tutto il movimento nei primi mesi del '68. Pietrangeli era all'epoca un militante della sinistra istituzionale, del PCI, e quindi spiegava regolarmente che il ritornello decisamente "fuori linea" era solo un moto di rabbia in risposta alle parole altezzose della contessa, ma ovviamente per i movimenti extra-parlamentari la reazione era quella giusta e la canzone, molto efficace anche dal punto di vista musicale, era l'inno che cercavano.

Che roba Contessa all'industria di Aldo
han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti
volevano avere i salari aumentati
gridavano, pensi, di essere sfruttati

Compagni dai campi e dalle officine
prendete la falce portate il martello
scendete giù in piazza picchiate con quello
scendete giù in piazza affossate il sistema.

(Leggi il testo completo e i commenti)

 

Paolo Pietrangeli - Valle Giulia (1968)

Quasi una "instant song", anche se di qualche mese dopo, è invece quest'altra celebre canzone di Pietrangeli. Una cronaca degli scontri tra la polizia e gli studenti manifestanti davanti alla facoltà di architettura, a Valle Giulia a Roma (ai bordi di Villa Borghese). In pratica l'atto di inizio del movimento studentesco di protesta in Italia, anche in anticipo col più celebre "maggio francese". Si tratta anche una risposta alla celebre poesia di Pierpaolo Pasolini "Il PCI agli studenti" in cui il poeta, scrittore e regista profeticamente coglieva le contraddizioni del movimento studentesco. Puoi leggere qui un commento più ampio e un ricordo su quel giorno.

Il primo marzo sì me lo rammento
saremo stati mille e cinquecento
e caricava giù la polizia
ma gli studenti la cacciavan via.

(...)
«No alla scuola dei padroni,
via il governo, dimissioni!»

(...)
Non siam scappati più, non siam scappati più!

 

Gualtiero Bertelli - Nina, ti te ricordi (1965)

Una canzone più intimista, molto lontana dal poter essere un inno, priva di ogni accenno di retorica, perdi più in dialetto veneto, eppure adottata e cantata in quegli anni in più occasioni, anche perché è semplice ed efficace e richiede solo un facile accompagnamento di chitarra. Non una canzone di lotta, ma una canzone sui motivi della lotta per un mondo migliore. Incisa da Bertelli tre anni prima, ma scoperta e conosciuta e cantata nelle notti nelle facoltà occupate nell'anno della protesta.

Nina ti te ricordi
Quanto che gh'avemo meso
Andar su sto toco de èto
Insieme a fare a l'amor

Sie ani a far i morosi
A strenxerla franco su franco
E mi che xero stanco
Ma no te voevo tocar

(...)

 

Halte a l'expulsion de nos camarades etrangeres / Je participe, tu participes, il participe, nous participons, vous participez, ils profitent

 

Ivan Della Mea - Noi lo chiamiamo Vietnam (1966)

La guerra in Vietnam nel 1968 era arrivata al suo punto più alto con la offensiva vietnamita nel periodo del Tet, le grandi difficoltà e consistenti perdite dell'esercito USA e la conseguente crescita della opposizione alla guerra in USA da parte soprattutto dei giovani. Ovviamente non poteva mancare tra i temi alla base della protesta, anche se non era condiviso in pieno da tutto il movimento studentesco e dai gruppi extra-parlamentari. Il Vietnam, nella sua guerra di liberazione ed unione del Sud separato dopo la II Guerra mondiale, era infatti appoggiato dall'URSS ma non dalla Cina, e la sua lotta era quindi sostenuta con forza dai partiti comunisti ufficiali sia in Italia che in Francia. Partiti considerati revisionisti e traditori della classe operaia dal movimento più radicale del '68, che invece guardava con interesse alla Cina allora guidata da Mao Tse Tung.

Nonostante questo il Vietnam e la sua lotta rimanevano un tema trasversale sostenuto da tutti i movimenti del '68, e ha avuto la sua canzone simbolo in questa composizione che vedeva impegnati un poeta e intellettuale allora molto noto, Mario Socrate, e Fiorenzo Carpi, un musicista e studioso della tradizione popolare e della sua moderna espressione, la musica folk,

La canzone è del 1966 e la prima pubblicazione, su singolo della solita etichetta Dischi del sole, è del cantautore Ivan Della Mea. Dello stesso anno un'altra versione dove si alternano a Della Mea altri interpreti della canzone folk e politica in Italia.
Il testo, molto articolato, vede la guerra da diverse angolazioni ed è anche abbastanza profetico immaginando l'esito per gli USA, si può leggere dal sito Canzoni contro la guerra, da cui ricaviamo un estratto. Tratta anche un tema molto controverso oggi, la "pace giusta" che allora, a differenza di ora per l'aggressione della russa all'Ucraina, era la richiesta condivisa da tutta la sinistra unita.

Mentre fai la tua scalata,‎ (riferimento ironico alla "escalation" dell'esercito USA)
vecchio Sam che cosa vedi?‎
Cosa vedi? Cosa vedi?‎
Cosa vedi da lassù.?


C'è una terra ormai bruciata
dove sei passato tu.‎
Ma ti trema sotto i piedi,‎
scricchiolando ogni piolo.‎
...
Anche sulle terre tue
sta crescendo un'altra età.‎
Un'età della ragione
che oggi prende la parola
.‎...
Ma perché tra il gas che asfissia
lanci giù la fosca offerta,‎
pace a vampe di napalm.‎

Una pace crocifissa
questa volta non si fa.‎
E' una pace assai diversa
questa che una terra invasa
chiede per la terra intera,‎
giù le mani, torna a casa!‎

Questa pace nuova e vera
se non sai come si chiama: ‎
Noi lo chiamiamo Vietnam! ‎
Vietnam! Vietnam!‎

 

Une jeunesse que l'avenir inquiéte trop souvent / Le patron a beson de toi. Tu n'as pas besoin de lui.

 

Le canzoni del '68 in Francia

 

Il maggio francese ha avuto una eco enorme e una partecipazione molto superiore a qualunque altro movimento di protesta del periodo, ma è durato molto poco (il mese di maggio o poco più, appunto) e quindi non c'è stato forse il tempo necessario per consolidare una colonna sonora. La maggior parte delle canzoni su quel periodo sono di ricordo e di rievocazione, come la più celebre, che è probabilmente Sans na nommer di Georges Moustaki (del 1969).

Vorrei, senza nominarla
Parlarvi di lei
Come di un'amata
di una infedele
Una ragazza molto vivace
Che si sveglia
In un domani migliore
Sotto il sole.

Lei è quella che indica la via
Quella che è inseguita
Lei è quella che si solleva,
Che soffre e che va in sciopero.
Lei è quella che va in prigione

(...)

(Leggi il testo completo e la traduzione)

 

Ceder un peu c'est capituler beaucoup / Reformes: chloroforme

Le vote ne change rien la lutte continue / Participation gaulliste

 

Le canzoni del '68 in USA

E' lì, a San Francisco, nell'università di Berkeley, che tutto è iniziato, anche diversi anni prima, con il discorso dell'attivista Mario Savio sul piazzale dell'università, il 2 dicembre del 1964. E i riflessi della protesta e dei movimenti di liberazione nella musica sono molti, concentrati soprattutto nelle canzone folk, nei molti singoli e album di successo di Joan Baez, Phil Ochs, Pete Seeger, Bob Dylan degli inizi, ma anche nel rock con Country Joe & The Fish, o con i Jefferson Airplane, o con gli stessi Byrds che riprendono una canzone di Pete Seeger, Turn Turn Turn e ne fanno con un semplice inciso una canzone contro la guerra. Perché in USA la protesta si intreccia fortemente con la guerra in corso in Vietnam, dove sono inviati i ragazzi in età di leva "abbastanza grandi per uccidere, ma non abbastanza per votare" come dice un'altra celebre canzone di protesta di quegli anni pre-68, Eve Of Destruction di Barry McGuire.

Ma le lotte e le proteste più dirette hanno meno eco nelle canzoni e meno inni da cantare assieme, almeno sino a Give Peace A Chance di John Lennon (del 1969). Se si vogliono individuare due canzoni che parlano direttamente del '68 ai giovani del '68 e che hanno raggiunto una celebrità universale probabilmente i celebri brani di Stephen Stills e di Graham Nash (da lì a poco assieme) sono gli esempi migliori.

(segue)

 

Pour un enseignement au service du peuple: non à l'université de classe / Nous irons jusqu'au bout

 

Buffalo Springfield - For What It's Worth (1967)

Una canzone descrittiva, oggettiva, una cronaca di quello che succede a San Francisco nel 1967, l'inizio di una rivolta che si estenderà a tutto il mondo.

Che giornata campale, di grande foga
Un migliaio di persone nelle strade
Cantando canzoni e portando cartelli
La maggior parte dicono “urrà per la nostra parte”

(...)

(Vedi il testo completo e la traduzione)

 

Graham Nash - Chicago (1968)

Una canzone molto più netta e schierata quella dell'inglese e futuro compagno d'avventura nei CSN&Y. E' anche passato un anno e mezzo e sono cambiate una infinità di cose. La speranza di cambiamento è stata bloccata con l'assassinio di Robert Kennedy e ora l'ultima chance (almeno per un po') è lì a Chicago.

(...)
In una terra conosciuta per la libertà come può una cosa simile essere giusta?
Non vorresti per favore venire a Chicago, per l’aiuto che possiamo portare?
Noi possiamo cambiare il mondo, rimettere in ordine il mondo
(...)

(Vedi il testo completo e la traduzione)

 

Nous sommes le pouvoir

 

© Alberto Maurizio Truffi / Musica & Memoria 2017 / Revisioni: Lug 2023 (canzone "Noi lo chiamiamo Vietnam"

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