|
Maria Magdalene
von Losch non sapeva ne' recitare, ne' cantare, ne' danzare. Non ne aveva
bisogno... era Marlene Dietrich!
E' solo una battuta. Anche perché risponde solo in parte al vero,
almeno per quanto concerne la recitazione. Infatti, a parte per i primi film in
Germania, mai nessuno le chiese di saper recitare ossia di recitare, nemmeno il
suo Pigmalione, il regista Josef Von Sternberg, col quale girò numerose
pellicole. Semplicemente, le veniva chiesto di “inventare” un personaggio e di
portarlo a spasso per il mondo, di film in film. Cosa che ha fatto
magnificamente per vent'anni. D'altronde, era figlia di un ufficiale prussiano e
la (auto)disciplina le era connaturata: in avanzata età, chiusa nel suo eremo
parigino, smise di togliere la polvere dagli specchi – davanti al quale, in
altri tempi, ci stava delle ore, e più volte al giorno – in virtù di un
semplicissimo ragionamento, prussiano a modo suo: “Io sono una professionista e
una perfezionista. E il mio volto non e' più perfetto, quindi non voglio
vederlo, ne' voglio che altri lo vedano”. Non per caso, quando nel 1982 Maximilian Schell le espone l'idea di un film-documentario sulla sua vita,
accetta, ma a patto che non la si riprenda mai. Marlene, infatti, nel film
appare solo in voce e talvolta le si intravvede la sagoma.
|
|
|
La leggenda vuole che il “Fenomeno
Marlene Dietrich” sia divenuta tale dopo il famoso film “Der Blaue Engel (L'angelo
azzurro), accanto al più acclamato attore tedesco, Emil Janning, primo Oscar
della storia degli Academy Awards, ottenuto proprio l'anno in cui veste i panni
del vecchio professore invaghito della “chantosa”. Non e' così, non del tutto.
E' vero che la prima scelta per il ruolo di Lola-Lola non fu lei, ma la Dietrich
aveva già un nome nella Berlino degli anni Venti. Infatti, dopo gli studi di
violino e pianoforte, canto e recitazione, lavora sia in teatro – addirittura
con Max Reinhardt - che in cinema; con ruoli non importantissimi, certo, ma che
già la rendono famosa o meglio, fanno capire a chi ha “l'occhio lungo” che in
nuce, questa biondina un tantinello paffutella, se guidata bene, puo' essere una
“bomba”. Il film sarà il primo sonoro della cinematografia tedesca; c'e' dunque
bisogno, sì!, di un'attrice bella e brava, sensuale e maliziosa, ma che lo sia
non solo a livello espressivo: va bene la mimica, va bene la gestualità, ma deve
esserlo anche a livello vocale. E chi meglio di questa accanita fumatrice roca,
che per di più quando canta – e il ruolo lo richiede – non deve perdere un pelo
del proprio fascino, tra il cinico e il beffardo?
Ma che il “fenomeno” Marlene sia già tale, lo dimostra
soprattutto il fatto che il suo ingaggio da parte della Paramount hollywoodiana
avvenga prima ancora che l'Angelo sia “caduto dal cielo in un bordello”, come
dice ironicamente il personaggio in uno spettacolo a lei dedicato... La battuta,
per esteso, e' la seguente: “Dopo anni di studio, sognavo di fare Shakespeare,
Goethe; invece: Signora Dietrich, abbiamo per lei un bellissimo ruolo nel
prossimo film del maestro Von Sternberg, il ruolo di un angelo caduto in un
bordello... Ho capito: devo fare la puttana”.
Sicché Marlene si imbarca e parte per l'America (con Von
Sternberg), lasciando casa marito e figlia, che la raggiungeranno, comunque,
pochi anni dopo – e il matrimonio, già “aperto”, diventerà spalancato e porterà
alla separazione consensuale, ma non al divorzio, che nessuno dei due vuole.
|
|
|
Qual e' il suo compito principale, secondo i desiderata dei
produttori? Semplice: contrastare l'irresistibile ascesa di un'altra europea,
non ancora “La Diva”, ma lì lì per diventarlo a tutti gli effetti: la svedese
Greta Garbo, sotto contratto con la MGM. In men che non si dica, l'operazione va
in porto: cio' avviene tra il 1930 e la fine del 1932, quando, sempre col
regista ebreo austriaco (che vorrà accanto a sé, e non solo per questioni
affettive, in contrasto con la Paramount) girerà, uno appresso all'altro quattro
film: “Marocco” (Nomination
agli Oscar), “Disonorata” (Dishonored),
“Shanghai
Express”, “Venere
bionda” (Blonde
Venus); mentre Garbo tra il '31 e il '32 “esplode” con “Mata Hari” e
“Grand Hotel”.
Dal 1933 al 1937 rafforza la propria
“posizione” con altre pellicole, alla cui visione il pubblico americano accorre
in massa. Ne ricorderemo solo alcune: “Il
cantico dei cantici” (The
Song of Songs), con la regia di Mamoulian,
“L'imperatrice
Caterina” (The
Scarlet Empress) – che fa da controcanto a “Regina Cristina” della
Scandinava - e “Capriccio
spagnolo” (The
Devil Is a Woman), nuovamente con von Sternberg, “Ho
amato un soldato” (I
Loved a Soldier), con Hathaway e
“Angelo” (Angel),
con il maestro della leggerezza
Ernst Lubitsch.
A onor del vero va anche detto che, mentre la Dietrich gira film
su film, la Garbo si concede assai meno, ma non per questo la sua stella conosce
zone d'ombra. Oltre tutto, vuoi per carattere, vuoi per l'intelligenza dei suoi
collaboratori Garbo acquista in fascino grazie al fatto che non si fa vedere:
conclusa la giornata lavorativa si chiude in casa, gelosissima (e non sono pose)
del proprio privato.
|
|
|
Nel frattempo, dalla Germania dove Marlene non e' più voluta
tornare, continuano a pervenirle inviti, addirittura dal ministro nazista della
Propaganda, Goebbels. Evidentemente, a Berlino non hanno capito (o fanno finta
di non capire – ma ancora per poco) che Dietrich e' profondamente antinazista e
autenticamente “amica” del mondo ebraico ed ha in spregio il regime hitleriano,
cosa per altro non del tutto chiara neppure all'Intelligence statunitense, che
vagamente la sospetta di lavorare sotto sotto per la Germania, nonostante abbia
ottenuto la cittadinanza americana. Sospetti che svaniranno d'un sol colpo
quando, una volta entrati in guerra anche gli USA, Marlene dapprima girerà in
lungo e in largo gli States con concerti di beneficienza per raccogliere danaro
da far affluire nelle casse dell'esercito; quindi, chiederà e otterrà di
arruolarsi e partire per il fronte con gli Alleati, dove non solo sosterrà lo
sforzo bellico con la propria presenza fatta di concerti (prassi che coinvolgerà
molto mondo musicale e cinematografico americano: si pensi a Henry Miller e alla
sua orchestra, a Gary Cooper, a Bing Crosby e, più di ogni altro, a Bob Hope e a
John Ford, che prese parte alla Battaglia delle Midway, per poterle
documentare), ma anche come “crocerossina”.
Ma c'e' una differenza sostanziale tra lei e i tanti suoi
colleghi che si distinsero in queste opere di “appoggio” morale alle Forze
alleate. Dato che lei non ne voleva sapere di starsene nelle retrovie, il
comando Alleato le dette il grado di colonnello, affinché, se i tedeschi
l'avessero fatta prigioniera, avrebbero dovuto tenere nei suoi riguardi
l'atteggiamento che si ha con i prigionieri con un alto grado militare. Marlene
– tutti erano più che consci – se fosse finita nelle mani dei nazi non avrebbe
subito (a voler essere... generosi) angherie in quanto donna, ma anche in quanto
tedesca ovvero “traditrice”.
|
|
|
Fino al
momento dell'impegno bellico, la Dietrich gira ancora sei film, tra cui uno con
Rene Clair,
L'ammaliatrice (The
Flame of New Orleans) e uno con Roul Walsh, Fulminati (Manpower).
Ma l'America ha poca voglia di cinema, teatro, musica. Ricreazione e
divertimento sono rimandati al dopoguerra. E quando, faticosamente, si torna
alla normalità, il mondo e' del tutto cambiato. Quantomeno nei primi anni -
dalla seconda metà dei Quaranta alla prima dei Cinquanta – la gente ha bisogno
di altro. Certo, anche di svagarsi, ma in maniera diversi, “sognando” eroi ed
eroine meno frivoli, meno fatui. Per farla breve, nell'immaginario collettivo
prendono vita altri tipi di personaggi. Se proprio di femme fatale
c'e' bisogno, hanno però da essere
in sintonia con i tempi, i gusti. Dall'oggi al domani – la “rivoluzione”
ovviamente riguarda più il mondo femminile che non quello maschile – e' un altro
tipo di donna che deve entrare nelle case, nei sogni, nei pensieri. Garbo,
Crawford, Swanson, Dietrich? Roba vecchia! La Svedese lo aveva capito e si avvia
all'assenza totale. Per le altre e' uno shock: dalle
stelle alle stalle.
Ma Marlene e' di un altro pianeta. Del resto,
anche quando era intruppata nel sistema non aveva mai tradito sé
stessa, ne' mai si era totalmente abbandonata all'andazzo hollywoodiano.
Del suo privato, del resto – che a differenza di Greta, non ne era gelosa – non
aveva mai fatto mistero. A cominciare dalle sue frequentazioni sentimentali: il
già citato Von Sternberg, Jean Gabin, Enrique Maria Remarque, Ernest Hemingway,
Fairbanks Jr., probabilmente Orson Welles e più tardi Burt Bacharach, Noel
Coward, Gay Cooper. Nonché la Garbo, la di lei amante (Mercedes De Acosta) e il
“giro” omosessuale del salotto di Gertrude Stein e Alice Toklas. Nonché Edith
Piaf, di cui sarà madrina alle nozze e per qualche tempo riuscirà
a inculcarle sicurezza nei propri mezzi.
|
|
|
Tutto ciò avviene negli in anni in cui a
Hollywood imperversava il “Codice Hays” dal nome di un politico (William
Harrison Hays, 1879 – 1954),
direttore delle Poste americane, il quale riuscì a far imporre alla
cinematografia statunitense tutta una serie di regole, per cui nei film c'era il
divieto del nudo, dell'uso di droghe o alcolici,
di rapporti fra persone di razza diversa, di qualsivoglia allusione all'omosessualità,
di situazioni di adulterio, il linguaggio
non doveva essere troppo offensivo, non si dovevano mostrare omicidi efferati,
brutali e così via.
Questo “codice” ebbe lunghissima vita: dal 1934 al 1967,
tant'e' che il famosissimo “Indovina chi viene a cena”, in cui c'e' il
fidanzamento in casa tra una bianca e un afroamericano
(Sidney Poitier) esce, per così dire, il giorno dopo la decadenza della norma.
Ma il bello e' che gli stessi attori e cineasti hollywoodiani
nella vita privata dovevano attenersi alle regole di comportamento su citate.
Ebbene, Marlene se ne infischiava; non che baciasse apertamente in pubblico le
proprie amanti... ma poco ci mancava. |
|
Negli anni Cinquanta, soprattutto a Roma, si usava dire “A me
m'ha rovinato a guera” come ripeteva Alberto Sordi alias Nando Moriconi. Ecco,
ciò capitò a Marlene Dietrich (e a tante sue colleghe), alla faccia degli ambiti
riconoscimenti ottenuti, quali la Medal of Freedom statunitense e la Legione
Straniera francese.
Pochi film, dunque, e nessuno da mattatrice, tranne il
fondamentale contributo a uno dei tanti capolavori di Billy Wilder,
Testimone d'accusa (Witness for the Prosecution,
1957), assieme a Tyrone Power e a un eccezionale Charles Laughton.
Dietrich decide di tornare in Europa. Ovviamente, vorrebbe andare
a casa sua. Niente da fare. I tedeschi non la vogliono... siamo ancora ben
lontani dalla denazificazione della Germania. Per dire: quando nel 1960 tiene un
concerto a Berlino, il sindaco (Willy Brandt) le fa da parafulmine nei riguardi
del “go home” che le grida la gente per la strada. La consideravano comunque una
che era passata dall'altra parte, dell'ex nemico.
E allora, prima metà dei Cinquanta, si stabilisce a Parigi,
purtroppo non con l'amato Gabin, sposatosi nel frattempo. Qui la raggiunge
l'offerta del commediografo Noel Coward: ti metto a disposizione un'orchestra
(che sarà diretta dl giovane Burt Bacharach, ndr) e giriamo il mondo; canti le
musiche dei tuoi film e parli a ruota libera...
Salvo alcune apparizioni in qualche film, che ricorderemo qui
sotto, la diva Marlene Dietrich intraprende una nuova strada, quella di
cantante. E in repertorio non h solo le canzoncine tratte dai propri film, ma
song di una qual consistenza musicale e artistica: canzoni tedesche, americane,
francesi.
Scenderà dal palcoscenico a settantacinque anni, ma solo perché –
essendo divenuta schiava dell'alcol – talvolta non riusciva a reggersi in piedi
fino alla fine dei concerti, se non con grande difficoltà (ma in un'occasione
cadde come un sacco, a Sidney). Aggiungiamo che negli ultimi dieci, non si può
dire che cantasse: interpretava, o interrompeva, parlava a briglia sciolta,
riprendeva a cantare... Ciò nonostante, i teatri erano sempre pieni, con costo
del biglietto più che proibitivo per qualsiasi... comune mortale.
In poche occasioni torno' sul set. Talvolta si tratta di cammei –
pagatissimi – come ne “Il giro del mondo in 80 giorni”. Poco più che un
cammeo, nell'economia della pellicola, e' la presenza nello splendido “Vincitori
e vinti”, di Stanley Kramer, sul processo di Norimberga (se lo mostrassero
nelle scuole, non sarebbe che bene). I protagonisti sono Spencer Tracy, Burt
Lancaster, Montgomery Clift, Maximilian Schell, Richard Widmark... Diciamo che
la sua presenza dà un tocco insostituibile al film: lei, già famosa, quella
guerra, contro quei mostri, l'aveva combattuta. E i tedeschi non glielo hanno
mai perdonato. Ricorderemo ancora che il capolavoro di Kramer ottenne una
caterva di premi: film, regista, direttore della fotografia, montatore,
scenografo, costumista vinsero l'Oscar; idem dicasi l'attore austriaco
Maximilian Schell, per il ruolo secondario. Ebbene, Marlene Dietrich otterrà, in
Italia, un David di Donatello Speciale.
Rimane comunque un personaggio e un'icona per tutto il
dopoguerra. La immagine della donna libera e disinibita, non scalfibile dalle
mode e dal tempo, anagrafe compresa. E in tale veste viene scelta come
testimonial dalla compagnia aerea inglese BOAC nel 1969, in piena era di
minigonne, per pubblicizzare il nuovo layout nei voli per Los Angeles (12 ore e
più): "More room for legs". E le belle gambe per definizione erano quelle
dell'Angelo azzurro, seppur sessantottenne.
Del 1978 e' l'ultima apparizione
cinematografica: una gran signora che si paga un gigolò (che e' poi il titolo
del film, interpretato – pensa un po'!? - da David Bowie.
Nell'82, come già ricordato, accetta l'offerta
di Schell, di essere protagonista – mai ripresa, se non in voce – di un
film-documentario sulla propria vita.
|
E' buffo... in tarda età fa propria la
“filosofia dell'assenza” che la grande rivale (ma amante e probabilmente anche
amica) Greta Garbo aveva dottato sin da giovane: non solo non si fa vedere in
giro, ma non permette a nessuno di sfruttare la sua immagine, e dire che ci sono
fior fiore di registi e di produttori che la pagherebbero a peso d'oro pur di
portarne in scena il mito. Niente. E' senza soldi, ma non molla. Ovvero, molla.
Ma a novant'anni. E' il 1991 quando Warren Beatty, produttore e protagonisti, e
Barry Lewison, regista, riescono a strapparle l'OK affinché nel film “Bugsy”
un'attrice la porti in scena. L'onore spetterà alla spalatina, all'epoca attiva
a Holywood (film) e a Los Angeles (concerti) Ksenija Prohaska.
Nata il 27
dicembre del 1901,
la Grande Berlinese si spegne novantunenne il 6
maggio del 1992 a
Parigi.
Questa volta, i suoi connazionali non possono dirle “non ti
vogliamo”. Sarà sepolta nella sua città natale. Ovviamente, non mancheranno a
intervalli più o meno lunghi le continue profanazioni della sua tomba.
Nel novembre del 1997, le viene intitolata la centrale "Marlene-Dietrich-Platz"
della vecchia / nuova capitale tedesca. La motivazione della
Città suona così: «Berliner Weltstar des Films und des Chansons. Einsatz für
Freiheit und Demokratie, für Berlin und Deutschland» ("Star berlinese nel
mondo, per il cinema ed il canto. Impegnata per la libertà e la democrazia, per
Berlino e per la Germania").
Cinque anni dopo, nel maggio del 2002,
nel suo "memoriale" c'è scritto: "Tell
Me, Where the flowers are?" (Ditemi,
dove sono finiti tutti i fiori?).
E' un verso della canzone antimilitarista di Pete
Seeger, con cui
chiudeva gran parte dei suoi concerti.
|
|
In Italia, dove il doppiaggio non ha mai “risparmiato” nessuno,
Marlene Dietrich ha avuto la voce di parecchie attrici assai brave, tre in
particolare: in ordine cronologico, Tina Lattanzi, Andreina Pagnani e Lydia
Simoneschi. Naturalmente, la parte cantata era demandata ad altre artiste. In
un'occasione, precisamente per Partita d'azzardo (Destry
Rides Again), una
commedia western del 1939, con James Stewart, Micha Auer e
Charles Winninger, uscito in Italia nel 1942, le canzoni di Frank Skinner
vennero doppiate dalla cantante fiumana Olga Stancich – non ancora Damiani
(casualmente, la madre di chi scrive).
La prima e unica volta in cui la Dietrich
permise che la si "proponesse" come personaggio di un film, fu in Bugsy
(Barry Levinson, 1991). Il ruolo fu affidato alla
attrice e cantante spalatina Ksenija Prohaska, come
già accennato in precedenza.
Diversi anni dopo la Prohaska ha realizzato un monodramma sulla grande
attrice ed interprete tedesca, che ha poi presentato un po' in tutta Europa dal
1999 in poi.
|
|
Naturalmente non si
può parlare di album, ma di raccolte che si sono succedute negli anni. Sia su
Amazon che su Spotify si possono trovare agevolmente:
- At The Movies (Vol.1
/ Vol.2): raccolte delle canzoni interpretate nei suoi film
- An Evening with Marlene Dietrich: registrazioni da suoi recital negli anni '50
e '60
- The Best Of ... e varie compilation
|
|
|
Galleria di immagini |
|
Marlene Dietrich è stata
probabilmente una delle attrici più fotografate nel suo lungo periodo di
attività, esistono quindi moltissimi immagini della attrice e cantante
tedesca, sia foto di scena dei suoi numerosi film, sia foto di cronaca.
Ne proponiamo una selezione con didascalie. |
|