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Nel 1976 aprire una radio in Italia era una operazione al limite della legalità, anche se assai frequente e destinata ad espandersi ulteriormente. Infatti l'anno prima una legge dello Stato, la n. 103 del 14/4/1975 (i curiosi possono trovare il testo integrale via Google su vari siti digitando "legge 103/1975" ) aveva ribadito il regime di monopolio statale per le trasmissioni radiotelevisive, in concessione alla RAI, riconfermando e aggiornando quindi la precedente normativa risalente al 21/2/1938 (Legge 24/1938). La novità è che erano ora regolamentate le trasmissioni da televisioni di nazioni estere e che era liberalizzata la trasmissione via cavo a carattere locale (che allora si stava affacciando in USA e nel Nord Europa, dove si sarebbe poi affermata, mentre in Italia sarebbe rimasta un fenomeno marginale, se non inesistente, sino al tentativo di FastWeb). Ma per le radio private la novità legislativa interessante era legata alla parola magica "circolarità" riportata nell'art.1, primo comma, della legge.
"Diffusione circolare" poteva significare letteralmente una copertura a 360°, oppure una diffusione di tipo nazionale, a copertura totale. Appellandosi a questa interpretazione le radio libere, che ovviamente non potevano, neanche volendo, diffondere si questa scala, si opponevano in sede legale alle frequenti operazioni di sequestro delle attrezzature, su denuncia della RAI o della Polizia Postale, uscendone regolarmente vincitrici. Da notare che potevano appellarsi anche alla presunta incostituzionalità della legge 103, che era in contrasto con la legge 848 del 4 agosto 1955 (Ratifica ed esecuzione della salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), quella che recepiva i trattati internazionali (tra cui schiavitù, diritto d'asilo, ecc.) e li includeva come parte integrante nella costituzione italiana. Tra questi c'era il divieto del regime di monopolio in materia di radio e televisione. Essendo un trattato internazionale era stilata nella lingua diplomatica, il francese, l'articolo 10, che interessa alla libertà di radiotrasmissione è però facilmente comprensibile (vista la importanza di questa legge, stranamente recuperabile con difficoltà, la alleghiamo nelle note).
Il risultato era che le radio proliferavano, la RAI si arrendeva progressivamente, e la Polizia Postale si limitava a reprimere quelle che interferivano con le trasmissioni della forza pubblica o con le torri di controllo degli aeroporti, e tutti erano in attesa di una nuova legge. L'anno successivo la Corte Costituzionale tornò sull'argomento per rispondere a numerose eccezioni di incostituzionalità o richieste di parere di pretori di tutta Italia e dichiarò inammissibili, con la storica sentenza 202/1976 del 28 luglio 1976, le parti delle leggi in vigore che vietavano le trasmissioni in ambito locale, confermando la interpretazione estensiva della legge 103/1975 e dando il via definitivo alla radiofonia privata in Italia. Qui la storia si intreccia con la televisione privata, che nasceva anch'essa in quegli anni ed iniziava la sua prima fase, quella delle TV locali. Come abbiamo visto la sentenza 202/1976 consentiva ai privati di operare solo in ambito locale, e la situazione è effettivamente rimasta tale per la maggior parte delle radio sino ad oggi. In campo televisivo invece il gruppo Fininvest e il gruppo Mondadori puntarono decisamente, già da inizio anni '80, alla rete nazionale, usando il trucco del programma registrato e irradiato in differita (di pochi minuti) da più reti locali facenti parte dello stesso gruppo (un sistema mutuato dalle radio, probabilmente la prima ad applicarlo è stata Radio Luna di Roma). Nella radiofonia il problema era invece rappresentato dall'eccessivo affollamento nelle grandi città e dalla parallela assenza totale di un piano delle frequenze, essendo il quadro legislativo ancora quello dei tempi del monopolio. Era questo il cosiddetto "Far-West dell'etere", tollerato dai governi degli anni '80, con vantaggio finale di un solo gruppo industriale privato, che è emerso come vincitore unico da 14 anni di regolamentazione carente, e con il successivo consolidamento della situazione oligopolistica di fatto (esattamente quella che si proponeva di evitare la legge 103) con la legge 223 del 6 agosto 1990, la famosissima legge Mammì. Peraltro anch'essa inapplicata a tutt'oggi per la parte che riguarda la radio, a conferma del ruolo marginale che politica e industria attribuiscono a questo mezzo di informazione e intrattenimento (ma anche il piano frequenze analogico generale è rimasto sostanzialmente fermo). Ora anche la legge Mammì è stata superata dalla cosiddetta "Legge Gasparri" del 2004, che punta teoricamente ad un superamento dell'oligopolio (duopolio in realtà: RAI e Mediaset) attraverso il passaggio a tappe forzate alla tecnologia digitale.
Il costo di un impianto di trasmissione a norma e di qualità (trasmettitore entro gli standard, potenza adeguata, emissione stereo) poteva arrivare intorno ai 50 milioni di lire di allora, ma utilizzando elettroniche usate (a volte di provenienza militare) o riadattate o limitando la potenza si poteva partire anche con 5 milioni. L'esercizio poteva costare intorno ai 5-10 milioni al mese, nel caso delle rare radio che retribuivano i collaboratori. Per radio con impianti più economici, ospitati in sedi varie (per esempio parrocchie o sezioni di partito) e ricorso al volontariato si poteva scendere di molto nei costi iniziali e ricorrenti.
Avete partecipato alla creazione di alcune di queste radio o avete collaborato con esse? Ne conoscete altre? nVolete portare una testimonianza o inviare osservazioni e commenti? Scrivete a Musica & Memoria.
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ed il Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.
2. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione e Protocollo suddetti, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore.
Convention de sauvegarde des droits de l'homme et des libertés fondamentales
Les Gouvernements signataires, Membres du Conseil de l'Europe,
considérant la Déclaration Universelle des Droits de l'homme, proclamée par l'Assemblée Générale des Nations Unies le 10 décembre 1948 (2):
considérant que cette Déclaration tend à assurer la reconnaissance et l'application universelles et effectives des droits qui y sont énoncés;
considérant que le but du Conseil de l'Europe est de réaliser une union plus étroite entre ses Membres, et que l'un des moyens d'atteindre ce but est la sauvegarde et le développement des Droits de l'homme et des libertés fondamentales;
réaffirmant leur profond attachement à ces libertés fondamentales qui constituent les assises mêmes de la justice et de la paix dans le monde et dont le maintien repose essentiellement sur un régime politique véritablement démocratique, d'une part, et, d'autre part, sur une conception commune et un commun respect des Droits de l'homme dont ils se réclament;
résolus, en tant que gouvernements d'Etats européens animés d'un même esprit et possédant un patrimoine commun d'idéal et de traditions politiques, de respect de la liberté et de prééminence du droit, à prendre les premières mesures propres à assurer la garantie collective de certains des droits énoncés dans la Déclaration Universelle;
sont convenus de ce qui suit:
1. Les Hautes Parties Contractantes reconnaissent à toute personne relevant de leur juridiction les droits et libertés définis au Titre I de la présente Convention.
TITRE I
2. 1. Le droit de toute personne à la vie est protégé par la loi. La mort ne peut être infligée à quiconque intentionnellement, sauf en exécution d'une sentence capitale prononcée par un tribunal au cas où le délit est puni de cette peine par la loi.
2. La mort n'est pas considérée comme infligée en violation de cet article dans les cas où elle résulterait d'un recours à la force rendu absolument nécessaire:
a) pour assurer la défense de toute personne contre la violence illégale;
b) pour effectuer une arrestation régulière ou pour empêcher l'évasion d'une personne régulièrement détenue;
c) pour réprimer, conformément à la loi, une émeute ou une insurrection.
3. Nul ne peut être soumis à la torture ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants.
4. 1. Nul ne peut être tenu en esclavage ni en servitude.
2. Nul ne peut être astreint à accomplir un travail forcé ou obligatoire.
3. N'est pas considéré comme «travail forcé ou obligatoire» au sens du présent article:
a) tout travail requis normalement d'une personne soumise à la détention dans les conditions prêvues par l'article 5 de la présente Convention, ou durant sa mise en liberté conditionnelle;
b) tout service de caractère militaire ou, dans le cas d'objecteurs de conscience dans les pays où l'objection de conscience est reconnue comme légitime, à un autre service à la place du service militaire obligatoire;
c) tout service requis dans le cas de crises ou de calamités qui menacent la vie ou le bien-être de la communauté;
d) tout travail ou service formant partie des obligations civiques normales.
5. 1. Toute personne a droit à la liberté et à la sûreté. Nul ne peut être privé de sa liberté, sauf dans les cas suivants et selon les voies légales:
a) s'il est détenu régulièrement après condamnation par un tribunal compétent;
b) s'il a fait l'objet d'une arrestation ou d'une détention régulières pour insoumission à une ordonnance rendue, conformément à la loi, par un tribunal ou en vue de garantir l'exécution d'une obligation prescrite par la loi;
c) s'il a été arrêté et détenu en vue d'être conduit devant l'autorité judiciaire compétente, lorsqu'il y a des raisons plausibles de soupçconner qu'il a commis une infraction ou qu'il y a des motifs raisonnables de croire à la nécessité de l'empêcher de commettre une infraction ou de s'enfuir après l'accomplissement de celle-ci;
d) s'il s'agit de la détention régulière d'un mineur, décidée pour son éducation surveillée ou de sa détention régulière, afin de le traduire devant l'autorité compétente;
e) s'il s'agit de la détention régulière d'une personne susceptible de propager une maladie contagieuse, d'un aliéné, d'un alcoolique, d'un toxicomane ou d'un vagabond;
f) s'il s'agit de l'arrestation ou de la détention régulières d'une personne pour l'empêcher de pénétrer irrégulièrement dans le territoire, ou contre laquelle une procédure d'expulsion ou d'extradition est en cours.
2. Toute personne arrêtée doit être informée, dans le plus court délai et dans une langue qu'elle comprend, des raisons de son arrestation et de toute accusation portée contre elle.
3. Toute personne arrêtée ou détenue, dans les conditions prévues au paragraphe 1 c) du présent article, doit être aussitôt traduite devant un juge ou un autre magistrat habilité par la loi à exercer des fonctions judiciaires et a le droit d'être jugée dans un délai raisonnable, ou libérée pendant la procédure. La mise en liberté peut être subordonnée à une garantie assurant la comparition de l'intéressé à l'audience.
4. Toute personne privée de sa liberté par arrestation ou détention a le droit d'introduire un recours devant un tribunal, afin qu'il statue à bref délai sur la légalité de sa détention et ordonne sa libération si la détention est illégale.
5. Toute personne victime d'une arrestation ou d'une détention dans des conditions contraires aux dispositions de cet article a droit à réparation.
6. 1. Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement, publiquement et dans un délai raisonnable, par un tribunal indépendant et impartial, établi par la loi, qui décidera, soit des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil, soit du bien-fondé de toute accusation en matière pénale dirigée contre elle. Le jugement doit être rendu publiquement, mais l'accès de la salle d'audience peut être interdit à la presse et au public pendant la totalité ou une partie du procès dans l'intérêt de la moralité, de l'ordre public ou de la sécurité nationale dans une société démocratique, lorsque les intérêts des mineurs ou la protection de la vie privée des parties au procès l'exigent, ou dans la mesure jugée strictement nécessaire par le tribunal, lorsque dans des circonstances spéciales la publicité serait de nature à porter atteinte aux intérêts de la justice.
2. Toute personne accusée d'une infraction est présumée innocente jusqu'à ce que sa culpabilité ait été légalement établie.
3. Tout accusé a drôit notamment à:
a) être informé, dans le plus court délai, dans une langue qu'il comprend et d'une manière détaillée, de la nature et de la cause de l'accusation portée contre lui;
b) disposer du temps et des facilités nécessaires à la préparation de sa défense;
c) se défendre lui-même ou avoir l'assistance d'un défenseur de son choix et, s'il n'a pas les moyens de rémunérer un défenseur, pouvoir être assisté gratuitement par un avocat d'office, lorsque les intérêts de la justice l'exigent;
d) interroger ou faire interroger les témoins à charge et obtenir la convocation et l'interrogation des témoins à décharge dans les mêmes conditions que les témoins à charge;
e) se faire assister gratuitement d'un interprète, s'il ne comprend pas ou ne parle pas la langue employée à l'audience.
7. 1. Nul ne peut être condamné pour une action on une omission qui, au moment où elle a été commise, ne constituait pas une infraction d'après le droit national ou international. De même il n'est infligé aucune peine plus forte que celle qui était applicable au moment où l'infraction a été commise.
2. Le présent article ne portera pas atteinte au jugement et à la punition d'une personne coupable d'une action ou d'une omission qui, au moment où elle a été commise, était criminelle d'après les principes généraux de droit reconnus par les nations civilisées.
8. 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d'une autorité publique dans l'exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu'elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien-être économique du pays, à la défense de l'ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d'autrui.
9. 1. Toute personne a droit à la liberté de pensée, de conscience et de religion; ce droit implique la liberté de changer de religion ou de conviction, ainsi que la liberté de manifester sa religion ou sa conviction individuellement ou collectivement, en public ou en privé, par le culte, l'enseignement, les pratiques et l'accomplissement des rites.
2. La liberté de manifester sa religion ou ses convictions ne peut faire l'objet d'autres restrictions que celles qui, prévues par la loi, constituent des mesures nécessaires, dans une société démocratique, à la sécurité publique, à la protection de l'ordre, de la santé ou de la morale publiques, ou la protection des droits et libertés d'autrui.
10. 1. Toute personne a droit à la liberté d'expression. Ce droit comprend la liberté d'opinion et la liberté de recevoir ou de communiquer des informations ou des idées sans qu'il puisse y avoir ingérence d'autorités publiques et sans considération de frontière. Le présent article n'empêche pas les Etats de soumettre les entreprises de radiodiffusion, de cinéma ou de télévision à un régime d'autorisations.
2. L'exercice de ces libertés comportant des devoirs et des responsabilités peut être soumis à certaines formalités, conditions, restrictions ou sanctions, prévues par la loi, qui constituent des mesures nécessaires, dans une société démocratique, à la sécurité nationale à l'intégrité territoriale ou à la sûreté publique, à la défense de l'ordre et à la prévention du crime, à la protection de la santé ou la morale, à la protection de la réputation ou des droits d'autrui, pour empêcher la divulgation d'informations confidentielles ou pour garantir l'autorité et l'impartialité du pouvoir judiciaire.
11. 1. Toute personne a droit à la liberté de réunion pacifique et à la liberté d'association, y compris le droit de fonder avec d'autres des syndicats et de s'affilier à des syndicats pour la défense de ses intérêts.
2. L'exercice de ces droits ne peut faire l'objet d'autres restrictions que celles qui, prévues par la loi, constituent des mesures nécessaires, dans une société démocratique, à la sécurité nationale, à la sûreté publique, à la défense de l'ordre et à la prévention du crime, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d'autrui. Le présent article n'interdit pas que des restrictions légitimes soient imposées à l'exercice de ces droits par les membres des forces armées, de la police ou de l'administration de l'Etat.
12. A partir de l'âge nubile, l'homme et la femme ont le droit de se marier et de fonder une famille selon les lois nationales régissant l'exercice de ce droit.
13. Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la présente Convention ont été violés, a droit à l'octroi d'un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l'exercice de leurs fonctions officielles.
14. La jouissance des droits et libertés reconnus dans la présente Convention doit être assurée, sans distinction aucune, fondée notamment sur le sexe, la race, la couleur, la langue, la religion, les opinions politiques ou toutes autres opinions, l'origine nationale ou sociale, l'appartenance à une minorité nationale, la fortune, la naissance ou toute autre situation.
15. 1. En cas de guerre ou en cas d'autre danger public menaçcant la vie de la nation, toute Haute Partie Contractante peut prendre des mesures dérogeant aux obligations prévues par la présente Convention, dans la stricte mesure où la situation l'exige et à la condition que ces mesures ne soient pas en contradiction avec les autres obligations découlant du droit international.
2. La disposition précédente n'autorise aucune dérogation à l'article 2, sauf pour le cas de décès résultant d'actes licites de guerre, et aux articles 3, 4 (paragraphe 1) et 7.
3. Toute Haute Partie Contractante qui exerce ce droit de dérogation tient le Secrétaire Général du Conseil de l'Europe pleinement informé des mesures prises et des motifs qui les ont inspirées. Elle doit également informer le Secrétaire Général du Conseil de l'Europe de la date à laquelle ces mesures ont cessé d'être en vigueur et les dispositions de la Convention reçcoivent de nouveau pleine application.
16. Aucune des dispositions des articles 10, 11 et 14 ne peut être considérée comme interdisant aux Hautes Parties Contractantes d'imposer des restrictions à l'activité politique des étrangers.
17. Aucune des dispositions de la présente Convention ne peut être interprétée comme impliquant pour un Etat, un groupement ou un individu, un droit quelconque de se livrer à une activité ou d'accomplir un acte visant à la destruction des droits ou libertés reconnus dans la présente Convention ou à des limitations plus amples de ces droits et libertés que celles prévues à ladite Convention.
18. Les restrictions qui, aux termes de la présente Convention, sont apportées auxdits droits et libertés ne peuvent être appliquées que dans le but pour lequel elles ont été prévues.
TITRE II (2/a)
19. Afin d'assurer le respect des engagements résultant pour les Hautes Parties Contractantes de la présente Convention, il est institué:
a) une Commission européenne des Droits de l'homme, ci-dessous nommée «la Commission»;
b) une Cour européenne des Droits de l'homme, ci-dessous nommée «la Cour» (2/a).
TITRE III (2/a)
20. La Commission se compose d'un nombre de membres égal à celui des Hautes Parties Contractantes. La Commission ne peut comprendre plus d'un ressortissant du même Etat (2/a) (2/b).
21. 1. Les membres de la Commission sont élus par le Comité des Ministres à la majorité absolue des voix, sur une liste de noms dressée par le Bureau de l'Assemblée Consultative; chaque groupe de représentants des Hautes Parties Contractantes à l'Assemblée Consultative présente trois candidats dont deux au moins seront de sa nationalité.
2. Dans la mesure où elle est applicable, la même procédure est suivie pour compléter la Commission au cas où d'autres Etats deviendraient ultérieurement Parties à la présente Convention, et pour pourvoir aux sièges devenus vacants (2/a) (2/c).
22. 1. Les membres de la Commission sont élus pour une durée de six ans. Ils sont rééligibles. Toutefois, en ce qui concerne les membres désignés à la première élection, les fonctions de sept membres prendront fin au bout de trois ans.
2. Les membres dont les fonctions prendront fin au terme de la période initiale de trois ans, sont désignés par tirage au sort effectué par le Secrétaire Général du Conseil de l'Europe immédiatement après qu'il aura été procédé à la première élection.
3. Le membre de la Commission élu en remplacement d'un membre dont le mandat n'est pas expiré achève le terme du mandat de son prédécesseur.
4. Les membres de la Commission restent en fonctions jusqu'à leur remplacement. Après ce remplacement, ils continuent de connaître des affaires dont ils sont déjà saisis (2/a) (2/d).
23. Les membres de la Commission siègent à la Commission à titre individuel (2/e).
24. Toute Partie Contractante peut saisir la Commission, par l'intermédiaire du Secrétaire Général du Conseil de l'Europe, de tout manquement aux dispositions de la présente Convention qu'elle croira pouvoir être imputé à une autre Partie Contractante (2/a).
25. 1. La Commission peut être saisie d'une requête adressée au Secrétaire Général du Conseil de l'Europe par toute personne physique, toute organisation non gouvernementale ou tout groupe de particuliers, qui se prétend victime d'une violation par l'une des Hautes Parties Contractantes des droits reconnus dans la présente Convention, dans le cas où la Haute Partie Contractante mise en cause a déclaré reconnaître la compétence de la Commission dans cette matière. Les Hautes Parties Contractantes ayant souscrit une telle déclaration s'engagent à n'entraver par aucune mesure l'exercice efficace de ce droit.
2. Ces déclarations peuvent être faites pour une durée déterminée.
3. Elles sont remises au Secrétaire Général du Conseil de l'Europe, qui en transmet copies aux Hautes Parties Contractantes et en assure la publication.
4. La Commission n'exercera la compétence qui lui est attribuée par le présent article que lorsque six Hautes Parties Contractantes au moins se trouveront liées par la déclaration prévue aux paragraphe précédents (3).
26. 1. La Commission ne peut etre saisie qu'après l'épuisement des voies de recours internes, tel qu'il est entendu selon les principes de droit international généralement reconnus et dans le délai de six mois, à partir de la date de la décision interne définitive (3).
27. 1. La Commission ne retient aucune requête introduite par application de l'article 25, lorsque:
a) elle est anonyme;
b) elle est essentiellement la même qu'une requête précédemment examinée par la Commission ou déjà soumise à une autre instance internationale d'enquête ou de règlement et si elle ne contient pas de faits nouveaux.
2. La Commission déclare irrecevable tout requête introduite par application de l'article 25, lorsqu'elle estime la requête incompatible avec les dispositions de la présente Convention, manifestement mal fondée ou abusive.
3. La Commission rejette toute requête qu'elle considère comme irrecevable par application de l'article 26 (3).
28. Dans le cas où la Commission retient la requête:
a) afin d'établir les faits, elle procède à un examen contradictoire de la requête avec les représentants des parties et, s'il y a lieu, à une enquête pour la conduite efficace de laquelle les Etats intéressés fourniront toutes facilités nécessaires, après échange de vues avec la Commission;
b) elle se met à la disposition des intéressés en vue de parvenir à un règlement amiable de l'affaire qui s'inspire du respect des Droits de l'homme, tels que les reconnait la présente Convention (3) (3/a).
29. 1. La Commission remplit les fonctions prévues à l'article 28 au moyen d'une sous-commission composée de sept membres de la Commission (3/b).
2. Chaque intéressé peut désigner un membre de son choix pour faire partie de la sous-commission.
3. Les autres membres sont désignés par tirage au sort, conformément aux dispositions prévues par le règlement intérieur de la Commission (3).
30. Si elle parvient à obtenir un règlement amiable, conformément à l'article 28, la sous-commission dresse un rapport qui est transmis aux Etats intéressés, au Comité des Ministres et au Secrétaire Général du Conseil de l'Europe, aux fins de publication. Ce rapport se limite à un bref exposé des faits et de la solution adoptée (3) (3/c).
31. 1. Si une solution n'a pu intervenir, la Commission rédige un rapport dans lequel elle constate les faits et formule un avis sur le point de savoir si les faits constatés révèlent, de la part de l'Etat intéressé, une violation des obligations qui lui incombent aux termes de la Convention. Les opinions de tous les membres de la Commission sur ce point peuvent être exprimées dans ce rapport (3/d).
2. Le rapport est transmis au Comité des Ministres; il est également communiqué aux Etats intéressés, qui n'ont pas la faculté de le publier (3/e).
3. En transmettant le rapport au Comité des Ministres, la Commission peut formuler les propositions qu'elle juge appropriées (3).
32. 1. Si, dans un délai de trois mois à dater de la transmission au Comité des Ministres du rapport de la Commission, l'affaire n'est pas déférée à la Cour par application de l'article 48 de la présente Convention, le Comité des Ministres prend, par un vote à la majorité des deux tiers des représentants ayant le droit de siéger au Comité, une décision sur la question de savoir s'il y a eu ou non une violation de la Convention (3/f).
2. Dans l'affirmative, le Comité des Ministres fixe un délai dans lequel la Haute Partie Contractante intéressée doit prendre les mesures qu'entraine la décision du Comité des Ministres.
3. Si la Haute Partie Contractante intéressée n'a pas adopté des mesures satisfaisantes dans le délai imparti, le Comité des Ministres donne à sa décision initiale, par la majorité prévu
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