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«Credo che la radio fosse stata un'idea di Rino
Taborra. Questo nome, che associo vagamente a un militante della sinistra
istituzionale, e in particolare del PCI (allora
coinvolto nella esperienza di governo del "compromesso storico" -
ndr), di una quindicina di anni più vecchio di me, iscritto
all'allora sezione di Tuscolano (appunto, collocata sotto la galleria
Cosmopolis), l'ho ritrovato fra quelli citati in un documento in cui il
Comitato di Gestione della Radio invitava i soci ad un'assemblea fondativa
della Cooperativa, che avrebbe dovuto poi gestire la radio. Altri nomi, che
costituivano la proposta di Consiglio di amministrazione, erano Giovanni Oliva
(storico compagno lavoratore ATAC), Pino Nazio (se ben ricordo, all'epoca
segretario della sezione o della locale FGCI, ora
giornalista professionista,
nel suo curriculum cita anche la radio!), Enzo Oliva (figlio
di Giovanni e mio compagno di scuola), Roberto Cerrone e Ivano Maiorella (altro
mio compagno di scuola, ora responsabile comunicazione stampa UISP - una vita
per lo sport...)
«L'idea che stava dietro alla radio era
un'idea di quel tempo e di quell'area politica: l'informazione deve essere
pubblica, e occorre lavorare per completare la riforma televisiva del 1975;
quindi, una radio locale ha ruolo proprio in quanto locale, in quanto legata al
territorio, capace di fare aggregazione culturale e sociale, e capace di
contrastare le spinte alla commercializzazione.
Una radio privata non in contrasto con l'informazione pubblica, ma in lotta con
la strisciante commercializzazione dei mass media. Insomma, una impostazione
che, a leggerla oggi, fa davvero sorridere. Nei fatti, si era alla fine del
periodo eroico delle
radio
"libere", che stavano appunto diventando "private",
e all'inizio dell'avventura berlusconiana nell'etere. Una città come Roma è quotidianamente bombardata dalla
multiforme voce dei mass-media che inevitabilmente toccano milioni di
cittadini, più volte al giorno. Ciò è determinato da due grosse sfere di
interesse: A parte il linguaggio tanto superato da essere quasi imbarazzante, non si può non notare che le cose sono andate quasi esattamente nella direzione paventata: dominio della pubblicità, heavy rotation nelle scelte musicali, concentrazione monopolistica, ed anche demagogia qualunquista (che oggi si usa chiamare antipolitica).»
Ho anche ritrovato un elenco dei programmi musicali, con la scrittura di Alberto: i nomi ironici dei programmi mi fanno supporre che fossero proposte, perché, a parte noi appassionati di musica, l'aria complessiva che si respirava in radio, per l'ambizione informativa e culturale che la pervadeva, era piuttosto seriosa.
Comunque, da quel palinsesto si può dedurre ambizioni e tono complessivo: una buona quantità di programmi di informazione e di servizio locale, qualche programma culturale, in particolare sul teatro, e una programmazione musicale piuttosto varia nei generi. Da quel palinsesto risulta che tenevo una trasmissione di due ore dal titolo "Un disco alla settimana", ed un'altra di un'ora e mezza, "La musica e le musiche", dove mi esercitavo a mischiare generi attorno a qualche filo conduttore, passando liberamente dalla classica al jazz al rock. Alberto si occupava di musica classica (il programma "Concerto") ed anche di rock. Altri trasmettevano folk, musica italiana e pure "revival". Giuliano Latini, il valente chitarrista mio compagno di scuola che mi ha iniziato ai piaceri del jazz, teneva ovviamente la rubrica di musica jazz della radio, andando in onda giusto dopo di me il giovedì.»
«Come ho detto, non ho ricordi molto precisi. Fra
le carte ho trovato degli appunti presi ad una riunione di redazione, dai quali
si capisce che ci fossero problemi di gestione pratica, dalla presenza
incontrollata di intrusi nei locali della radio, fino alla banale sporcizia e disordine
e alla scomparsa di materiali. Ricordo anche, con certezza, che eravamo davvero
poveri, di strumenti e di dischi, assolutamente e sistematicamente rimediati
dalle nostre discoteche personali. Il volontarismo di tutta l'operazione, il
tempo necessario a realizzare un prodotto decentemente professionale in tutte
le sue parti, non sono mai stati minimamente compensati da qualche tipo di
entrata pubblicitaria significativa. I costi potevano essere ridotti all'osso
perché eravamo tutti volontari, perché i locali erano pagati da ARCI e PCI
(erano i sotterranei, se ben ricordo collegati, delle due sedi); perché non ci
sognavamo certo di pagare i diritti d'autore per la musica che trasmettevamo,
esattamente come facevano tutte le radio "libere" di allora.
1. il logo della radio:
a guardarlo adesso, è molto anni '70 ma niente male, a dimostrazione che fra le
rose che non colsi dei miei molteplici talenti c'è anche quella del grafico
pubblicitario, oltre a quella del fumettaro...
2. un elenco di musica al femminile, sicuramente una colonna sonora da me preparata per le trasmissioni gestite della ragazze.
3. infine, il massimo sforzo produttivo di quella mia esperienza: la trasmissione in più puntate "Vienna capitale della musica", una vera storia di Vienna da Mozart alla fine dell'impero, con testi esplicativi (che ho recuperato e che metto qui sotto, sono in tutto 6 pagine dattiloscritte) e letture impegnative come Fuga senza fine di Joseph Roth o l'Introduzione alla sociologia della musica di Adorno. Con molta buona musica, ovviamente.»
«Un saluto a tutti gli amici della radio (e non)
da Giuliano Latini. Ringraziando Corrado per la citazione e tornando a tempi
ormai mitici ricordo che per finanziare la radio organizzammo un concerto al
Bristol con Irio de Paula (un grande chitarrista di jazz-samba che vive da anni
a Roma),
il mio problema era di convincere la dirigenza della radio dell'opportunità, non
solo di finanziare la radio, ma anche di cogliere l'occasione per portare un po'
di musica di qualità nel nostro popoloso quartiere: il concerto fu un successo,
teatro pieno, ma le spese temo che furono coperte solo in parte...
«Alla fine di
agosto del 2007 un autore di documentari, Riccardo Sansone, ha contattato
Musica & Memoria alla
ricerca di notizie su Radio Dieci Antenna Democratica. Era la radio
libera vicina al PCI della zona di Cinecittà (Dieci sta per 10°
Circoscrizione, ora X Municipio), attiva tra il 1978 e il 1979. Alberto
ed io ci abbiamo lavorato (gratis, ovviamente) per tutta la breve durata della
radio, ma confesso che i ricordi di quel periodo erano scarsi e confusi, nei
dettagli e nelle persone. Qualcosa, però, ricordavo: il montaggio dell'antenna
sul tetto del palazzo che ospitava la radio, presso la notissima (allora)
"Galleria Cosmopolis"; il divertimento nel fare trasmissioni di
musica alternativa e di musica classica, con l'impressione che nessuno, ma
proprio nessuno, ci ascoltasse; l'unica preziosa volta in cui ricevetti una
telefonata di lodi perché avevamo i coraggio di trasmettere musica colta - e
pure di spiegarla - in una radio privata e locale; il caos e la totale povertà
di mezzi nello scantinato dell'ARCI dal quale trasmettevamo.
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