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La linea verde, la linea gialla e la linea rossa |
Le canzoni di protesta / La linea gialla / La linea rossa / I cantautori / Altre canzoni di protesta / Uno in più / Occhiali da sole / Tre passi avanti / Il dibattito e le testimonianze |
Alla fine degli anni ‘60 i fermenti che maturano nel mondo dei giovani, assieme alle preoccupazioni per l'industrializzazione selvaggia e per la salvaguardia della natura, si riflettono anche sul mondo della allora florida industria della musica italiana, che quindi cerca di inglobare questi fermenti, trasformandoli naturalmente in opportunità commerciali. Uno dei promotori di questa operazione fu il famoso paroliere Giulio Rapetti, in arte Mogol, che peraltro era sinceramente interessato a quelle tematiche che ancora non si chiamavano "ecologia", come testimoniato dalla famosa traversata a cavallo dell’Italia del 1967, assieme ovviamente a Battisti, e poi dall’apertura, anni dopo, di una scuola per cantautori in una bucolica località dell’Umbria, oltre che dai testi di molte canzoni (ricordiamo per esempio "Una giornata uggiosa"). |
Uno delle prime canzoni di "protesta" fu il famoso brano lanciato dai Rokes, Che colpa abbiamo noi, versione italiana, con parole inventate, di un successo straniero di Bob Lind (Cheryl’s Going Home). I brani che seguirono questo filone erano affidati di solito a complessi e cantanti dell’area dei "capelloni", come per esempio al cantante dei Camaleonti, poi protagonista di una carriera in proprio, Riky Maiocchi, i suoi successi dell'epoca si chiamavano "Uno in più" o "C’è chi spera", quest'ultima presentata alla edizione n.17 del festival di Sanremo, insieme nientemeno che a Marianne Faithfull, ma senza riuscire a raggiungere la finale. Su impulso
di Mogol i discografici più attenti pensarono quindi di raggruppare i cantanti
di quest’area, e di presentarli alla radio (allora canale principale, e quasi
unico, di promozione) come la cosiddetta linea verde,
canzoni vagamente di protesta che volevano proporsi come il prodotto giusto
per i giovani che sentivano il bisogno di essere "contro", su
tematiche che però tutti quanti più o meno condividevano. Le canzoni della
linea verde, verde come l'età ma anche come il colore della natura, il simbolo dell'ecologia
e più tardi dei partiti verdi, avevano tematiche di tipo ecologico, o parlavano
di libertà, e quindi non soltanto d'amore. |
Il problema
era trovare qualcuno che facesse il controcanto, quindi partecipasse alla linea
contrapposta, la linea gialla e disimpegnata (gialla probabilmente in assonanza
alla trasmissione "Bandiera gialla");
nessuno voleva farlo, ovviamente, anche se interpretavano canzoni sentimentali e
tradizionali come Al Bano o Mino Reitano, non volevano farsi etichettare come
"superati" o "superficiali". Tutti, tranne un cantante
particolarmente coraggioso e convinto delle sue idee, si trattava ovviamente di
Adriano
Celentano, solito bastian contrario non si fece problemi a
lanciare canzoni contro i capelloni e il movimento Beat, come quella che diceva "visti di
spalle chi è la donna non si sa" (Tre passi
avanti), o a tentare il recupero del rock tradizionale contrapposto al
beat (Torno sui miei passi), oppure a spargere qualunquismo a piene mani, come
nella famosa "Mondo in Mi settima". |
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Ma nel momento del maggiore successo della linea verde, prima che venisse messa in crisi dalla realtà, ci fu un tentativo di risposta, diciamo, più a sinistra. Era l’ormai dimenticato movimento della linea rossa, rossa ovviamente come il colore del partito politico che sosteneva questa idea, l'allora importante Partito Comunista Italiano. Erano cantanti che si riconoscevano nella sinistra istituzionale e costituzionale ma non governativa (al governo di centro-sinistra dell’epoca erano infatti presenti i socialisti), che tentarono quindi di arrivare al grande pubblico con canzoni accattivanti nella forma, ma con tematiche ovviamente più decise di quelle della linea verde, in una confezione analoga a quella "della canzone di qualità", come veniva chiamata ironicamente in queste canzoni: formato 45 giri e copertine colorate. |
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Qui troviamo i protagonisti della canzone politica di protesta degli anni a venire, come per esempio Ivan Della Mea, e soprattutto Giovanna Marini, che aveva vissuto in America vari anni, aveva studiato musica seria e sperimentale, e come inno e apripista della iniziativa scelse, non a caso, una canzone americana, una canzone tradizionale che faceva parte del repertorio dei Weavers e di Pete Seeger, inserita anche dai Beach Boys nel loro disco capolavoro Pet Sounds, vale a dire Sloop John B. Ci inventò sopra delle parole che non c'entravano niente con le originali e la chiamò "La linea rossa" , il manifesto di questo nuovo ipotetico movimento musicale, opposto alla linea verde, e ovviamente alla linea gialla (se fosse esistita). |
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Contributi alla linea rossa, che era dal punto di vista discografico una etichetta che faceva capo ai "Dischi del sole", già attivi da inizio anni '60 nella riproposizione di brani popolari italiani, vennero da molti altri importanti musicisti di quell'area, come Michele L. Straniero, Paolo Ciarchi, Rudy Assuntino. Inutile aggiungere che, causa la totale assenza di una copertura mediatica e promozionale (allora esisteva solo la RAI, monopolista e totalmente controllata) la iniziativa finì sostanzialmente nel nulla, in quanto a penetrazione nel mondo giovanile pre-sessantottesco, al di fuori di quello già orientato. L'anno dopo però la linea rossa, intesa come edizioni discografiche, si saldò al movimento del '68, non più marginale e minoritario, e su questa etichetta uscirono le prime canzoni che facevano da colonna sonora a quel momento storico in Italia, come Contessa e Valle Giulia di Paolo Pietrangeli. (Vedi anche: Le canzoni del '68) |
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La Linea Verde venne anche fortemente criticata, con articoli e interviste sui giornali dell'epoca, da alcuni cantautori già noti e attivamente impegnati nel rinnovamento della canzone italiana, con in prima fila Sergio Endrigo e Luigi Tenco, che rimarcavano la superficialità dei temi e la necessità inevitabile di sostenere le aspirazioni ad "un mondo migliore" con forme adeguate di protesta e di lotta. Inviarono in proposito una lettera alla rivista giovanile Big, che aveva iniziato in quell'anno 1966 il dibattito con il giornalista Sergio Modugno, scrivendo: "I motivi della
protesta dei giovani non si sono affatto esauriti. Anzi, basta guardarsi
intorno, sia in Italia, sia nel mondo, per rendersi conto che tutti quei
presupposti che sono alla base della rivolta dei giovani sono oggi più validi
che mai. Perché oggi più che mai, la libertà dei giovani in ogni parte del
mondo corre un serio pericolo da parte di tutte quelle forze reazionarie che,
ben lungi dall'essere state debellate, hanno invece nuove e temibili armi per
cercare di far tenere i cervelli nell'ovatta e le bocche chiuse" Come si vede il contributo, firmato anche da Lucio Dalla, Sergio Bardotti, Gianpiero Reverberi, Piero Vivarelli (Bardotti, Reverberi e Vivarelli erano noti autori e produttori dell'epoca) prendeva la iniziativa che va sotto il nome de La Linea Verde molto sul serio. Non mancò la replica di Mogol, sempre su Big: "La linea verde è ottimismo: è speranza. Speranza non significa resa, né tanto meno vittoria. Si vive troppo poco per volersi bene. La solitudine è la più grande preoccupazione. L'uomo nasce solo e muore solo, questa è una realtà che sentiamo. Sentiamo anche che quando ci amiamo ci sentiamo meno soli. Vieni qui tu che passi per la strada. Fa' il girotondo assieme a me. Voglio ridere con te, non solo con te, con lui, con tutti. Allora non mi interessa batterti, vincerti, superarti, voglio solo sentirmi uguale a te, voglio solo volerti bene." E qui Mogol dimostra di possedere quel fiuto e quell'istinto innegabile che l'hanno accompagnato in decenni di carriera musicale, infatti le sue parole sembrano ben allineate a quello che si stava muovendo nel mondo giovanile, con la summer of love che proprio quell'anno sarebbe esplosa a San Francisco, gli hippies, il flower power (i "figli dei fiori", come li chiamarono da noi), peace & love e tutto il resto. |
Epilogo |
Il movimento della linea verde e della sua contrapposta linea gialla durò forse neanche un anno, poi arrivò velocemente il 1968, i successi non erano controllati più dal sistema discografico: le nuove canzoni passavano di bocca in bocca, come la famosa Contessa di Paolo Pietrangeli ricordata prima, o venivano riprese canzoni di anni prima come per esempio Morti di Reggio Emilia di Fausto Amodei e del Nuovo Canzoniere Italiano; quindi canzoni esplicitamente politiche. Dall'altra parte, sul versante non coinvolto dalla politica, la musica anglosassone, nel nuovo clima di liberazione totale, invadeva ora l'Italia senza mediazioni, traduzioni e covers, e infine si verificava il definitivo affermarsi dei cantautori, a partire da Lucio Battisti e Fabrizio De Andrè. |
La linea rossa (Giovanna Marini, sulla musica di Sloop John B.) |
"La
pace, l’amore, la giustizia, la libertà |
Uno in più (Battisti, Mogol) |
"Una
voce sta cantando / ma son pochi ad ascoltare. |
Tre passi avanti (A. Celentano) |
(parlato ) E se ridono gli altri io no, (scritta con Luciano
Beretta) |
Occhiali da sole (Jonathan & Michelle) |
Michelle: Hey ragazzo tu di poche
parole, Ma che cosa vedi amica
mia. Jonathan & Michelle: Ma perché cercar la
luce del giorno Jonathan: Mettiamoci insieme Jonathan & Michelle: e insieme cantiamo. Jonathan: Col tuo mondo rosa Michelle: e il tuo mondo scuro Jonathan & Michelle: Perché la vita siamo
noi |
© Alberto Maurizio Truffi Maggio 2002 / Aprile 2003 / Novembre 2003 / Febbraio 2006 (I cantautori) |
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