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La musica contemporanea

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La musica classica ha esaurito il suo corso glorioso all'alba del Novecento. Poi è arrivato qualcosa che per convenzione si continua a chiamare musica contemporanea, anche se nel frattempo sono passati cento anni. La musica è finita?

 

 

L'impero della musica

 

 

Come è possibile che dopo mille anni di continua evoluzione la musica si sia improvvisamente bloccata allo stesso stadio evolutivo e non sia progredita più? Chi è stato, nei primi anni del 900, a uccidere la musica classica? E come mai nessun nuovo linguaggio musicale è riuscito a prendere il posto di quello abbattuto, e la musica dei decenni successivi non ha fatto altro che riprendere in forma semplificata il vecchio linguaggio?

Milan Kundera, il grande scrittore, propone una spiegazione a questa imprevista discontinuità nella quale ci troviamo per la più enigmatica e affascinante delle arti, nel suo romanzo "Il libro del riso e dell'oblio".

"Ecco che cosa mi raccontava mio padre quando avevo cinque anni: ogni tonalità è una piccola corte reale. Il potere vi è esercitato dal re (il primo grado) affiancato da due luogotenenti (il quinto e il quarto grado). Questi hanno però ai propri ordini altri quattro dignitari, ciascuno dei quali intrattiene uno speciale rapporto con il re e con i suoi luogotenenti. Inoltre, la corte ospita altre cinque note, chiamate cromatiche. Esse occupano certamente una posizione di primo piano in altre tonalità, ma qui sono presenti solo come invitate. (1)

Poiché ciascuna delle dodici note ha una sua posizione, un suo titolo, una sua funzione, la composizione che noi ascoltiamo è qualcosa di più di una massa sonora: essa sviluppa davanti a noi un'azione. Talvoilta gli avvenimenti sono terribilmente ingarbugliati (per esempio in Mahler, ma ancor più in Bartók o in Stravinksy), intervengono principi di diverse corti e tutt'a un tratto non si sa più quale nota sia al servizio di quale corte o se non sia al servizio di più re. Ma anche in quei casi il più ingenuo degli ascoltatori può ancora individuare a grandi linee di cosa si tratti. Anche la musica più complicata continua ad essere un linguaggio."

 

La rivoluzione e la caduta dell'impero

 

 

"Questo mi raccontava mio padre e il seguito è mio. Un giorno, un grand'uomo constatò che in mille anni il linguaggio della musica si era esaurito ed essa non poteva fare altro ormai che ripetere continuamente gli stessi messaggi. Con un decreto rivoluzionario abolì la gerarchia delle note e le rese tutte uguali. Impose loro una disciplina severa, per evitare che una figurasse nello spartito più spesso delle altre e si arrogasse così gli antichi privilegi feudali. Le corti reali erano abolite una volta per tutte e al loro posto nasceva un unico impero fondato sull'eguaglianza e chiamato dodecafonia."
(Quel grande uomo era, ovviamente, Arnold Schönberg)

 

Una nuova era

 

 

"La sonorità della musica era forse ancora più interessante di prima ma l'uomo, abituato da mille anni a seguire le tonalità nei loro intrighi di corte, udiva un suono e non lo comprendeva. Tuttavia, l'impero (o la nuova era) della dodecafonia è scomparso in fretta. Dopo Schönberg è arrivato Varèse, il quale ha abolito non solo la tonalità ma la nota stessa (la nota della voce umana e degli strumenti musicali) sostituendola con una raffinata organizzazione dei rumori, che è magnifica, ma che inaugura la storia di qualcos'altro, fondati su altri principi e su un'altra lingua."

 

Un'altra rivoluzione mancata del Novecento

 

 

La rivoluzione nella musica, nata nella mente di grandi uomini e animata dalle migliori intenzioni di rinnovamento, non ha avuto sorti migliori dell'altra grande rivoluzione che ha percorso tutta la storia del XX secolo. Con minori ricadute sui popoli, perché nessuno è morto in suo nome, ma con una vicenda parallela. L'ideologia diceva che quella era la via giusta da seguire, e che il vecchio mondo era finito per sempre. ma l'istinto e il desiderio degli uomini andavano da un'altra parte e il nuovo mondo è stato rifiutato (spesso neanche conosciuto).

La differenza fondamentale è che la ideologia comunista ha avuto milioni e milioni di seguaci, all'inizio anche nei paesi che avevano scelto o ricevuto in dono il nuovo ordine sociale (poi, col tempo, un po' meno). Mentre la dodecafonia e poi, in generale, la musica atonale, non è mai, in tutta la sua storia quasi centenaria, arrivata ad un seguito definibile neanche lontanamente tale.

 

Com'è potuto succedere?

 

 

Come è potuto succedere che ben pochi siano riusciti a comprendere le opere di musicisti geniali come Schönberg, Alban Berg, Webern? Secondo alcune affascinanti teorie la mancata affermazione del nuovo linguaggio deriva dal fatto che è stata soffocata sul nascere dalla contro-rivoluzione operata dai regimi totalitari, soprattutto dal nazismo. In Germania, la patria della musica, negli anni venti, il decennio più creativo dell'intero secolo, il nuovo linguaggio si stava affermando e stava arrivando ad una intera classe di persone alla ricerca di nuovi linguaggi in tutti i campi, dalla politica, alle relazioni sociali e personali e sessuali. Qualcuno avrebbe trovato sicuramente la sintesi, le contaminazioni che potevano far diventare quella lingua la nuova lingua della musica, che avrebbe seppellito definitivamente quella dell'era precedente, come il sistema tonale aveva seppellito la polifonia del Medio Evo.

Ma il nazismo ha annullato quella lingua definendola "arte degenerata" e ha disperso con forza brutale le menti geniali che avrebbero potuto svilupparla verso l'arte popolare. Ammesso che siano esistite e che fosse possibile.

Perché atri sostengono che la musica non può che essere tonale. Come è tonale il canto naturale di un cardellino o il suono del vento che attraversa una foresta di giovani alberi. O le ninne nanne istintive che ascoltiamo nei primi giorni di vita. Fuori dal sistema tonale la musica è invenzione della mente dell'uomo. Affascinante perché dimostra che l'uomo può inventare anche qualcosa che supera il sistema naturale. Ma destinata ad essere, inevitabilmente ed invincibilmente, un esercizio intellettuale, astratto. istintivamente rifiutato da chiunque non sia interessato a questo puro esercizio della mente.

 

Luigi Nono e il muro invalicabile della lingua sconosciuta

 

 

Un esempio del muro invalicabile tra la musica atonale e la gente comune viene da una mia esperienza personale. Erano gli anni '70 ed in un luogo deputato a  questi eventi (il Palasport di Roma) una grande massa di musicisti popolari davano vita ad una manifestazione contro il colpo di stato in Cile e la efferata repressione della libertà e della democrazia in atto da parte dei militari agli ordini del famigerato dittatore Pinochet.

Erano presenti praticamente tutti i più noti musicisti attivi in quegli anni molto creativi, da Venditti a De Gregori, da Rino Gaetano a Lucio Dalla. Più ovviamente, i mitici Inti Illimani, direttamente dal Cile. Gli organizzatori, nell'area della sinistra parlamentare e del sindacato, per dare un taglio il più possibile universale e alto alla manifestazione, avevano invitato anche il più importante compositore di musica colta nato nel nostro paese, Luigi Nono, anche lui notoriamente schierato da sempre a sinistra. Che aveva scelto, ben conscio di aver davanti a sé un pubblico di militanti, in gran parte, come me, studenti liceali e universitari, del tutto ignari di musica e linguaggi musicali, nuovi o vecchi che fossero, uno dei suoi pezzi più noti, già dal titolo da accettare senza riserve da quel pubblico, le "Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana" da lui musicate con effetto drammatico e straniante. Una delle sue opere più note e celebrate nel mondo accademico.

Non tutte ovviamente, solo una, 3-4', forse di sofferenza per qualcuno, ma che avrebbero consentito a quelli più ricettivi di affacciarsi ad un nuovo mondo musicale. E gli altri non potevano certo contestare il grande compositore comunista, il più grande di tutti peraltro, per unanime consenso.

Ma non è andata così. I ventimila ragazzi presenti hanno resistito per un minuto, forse due, poi, pur sapendo che stavano facendo una cosa letteralmente "politically uncorrect", sono esplosi in un fischio corale, che esprimeva il loro totale e invincibile rifiuto di quel coro atonale, sommergendolo.

E' dovuto uscire sul palco Luigi Nono in persona, citando con tono appassionato Antonio Gramsci e la celebre frase "Abbiamo bisogno di tutta l'intelligenza, di tutta la volontà ..." per recuperare il consenso in un applauso liberatorio che permetteva di sentirsi a posto politicamente. Basta che non si dovesse più ascoltare quella musica.

 

Eppure a qualcuno piace

 

 

Basta che non si sappia che è musica pura e che accompagni qualcos'altro. La possiamo ascoltare nei momenti più drammatici dei film gialli più classici, come accompagnamento dei frenetici e surreali cartoon di Tom & Jerry o del Gatto Silvestro. O in momenti altissimi del cinema mondiale come l'incontro degli astronauti col monolite in "2001 Odissea nello spazio". Dove l'emozione di un momento irripetibile è moltiplicata dalla musica ossessiva ma ipnotica di György Ligeti. Del tutto diversa da qualsiasi musica tonale, basata com'è su cluster (grappoli) di note con un procedimento che deriva dalla polifonia, ma proprio per questo associabile a un mondo sconosciuto e al di là della nostra esperienza sensoriale.

 

Il panino

 

 

Farla ascoltare dal pubblico, fosse pure quello colto e raffinato degli auditorium, è un altro paio di maniche. Anche i brani di Ligeti citati prima, nel film di Kubrick sono utilizzati solo per brevi estratti, e anche pesantemente arrangiati, come aveva denunciato il famoso compositore ungherese.

Per questo motivo da tempo immemorabile nelle sale da musica di tutto il mondo si usa la tecnica del "panino". Poiché la musica contemporanea (o comunque la vogliamo chiamare) è la musica di oggi, quella che studiano e applicano i compositori di oggi, altra non ce n'è, e la musica tonale composta oggi è considerata superata e buona solo per le colonne sonore dei film, qualche volta, bisogna inserirla nei programmi.

Per evitare quindi che questi concerti siano disertati anche dagli abbonati, o che costoro abbandonino la sala prima che abbia inizio la esecuzione della composizione di musica contemporanea, si usa questa semplice tecnica, che consiste nell'inserire nel programma, prima e dopo la composizione di musica atonale, due noti brani di musica classica, scelti possibilmente tra quelli più graditi al pubblico della musica classica.

Così un certo numero di ascoltatori farà lo sforzo, sentendosi magari così ancora più colto, di passare anche quei 20' in compagnia della musica del nostro tempo. Che magari del nostro tempo non è, essendo stata composta agli inizi del 900 o poco dopo.

 

Nella pittura e nella scultura non funziona così

 

 

Anche altre arti hanno subito ad inizio 900 (anche prima) un cambio completo di linguaggio. Generato in questo caso da un evento esterno, una tecnologia inaspettata (la fotografia) che ha spiazzato velocemente l'arte figurativa. L'uscita è stata graduale e ha incontrato sempre l'ostilità del grande pubblico, sin dagli inizi con l'impressionismo e il divisionismo, ancor più con il cubismo e infine soprattutto con l'astrattismo e gli esperimenti più radicali.

Ma è diventata nei decenni l'arte del nostro tempo, accettata da tutti anche se non a tutti piace, con musei e mostre affollate ad essa dedicati e con i più noti pittori del mondo che seguono le varie branche dell'arte astratta e comunque non figurativa.

E, dimostrazione ancor più lampante, le quotazioni dei pittori che praticano l'arte astratta sono salite ai livelli dei pittori dell'arte classica, con opere quotate a cifre enormi come alcuni grandi quadri di Jackson Pollock, senza parlare di Picasso. E le quotazioni alte hanno un motivo ben preciso: questi pittori e queste opere famose attirano pubblico nelle mostre e nei musei. Si ripagano. La musica contemporanea invece esiste e resiste solo perché è sovvenzionata.

Ma, soprattutto, qui è tutto diverso. Chi vuole visitare un museo sa all'origine a quale forma d'arte e a quale periodo è dedicato. Se è a Parigi troverà l'arte figurativa classica e i suoi capolavori al Louvre, la fase di passaggio dell'impressionismo alla Gare d'Orsay e l'arte contemporanea al Beaubourg. Se è a Roma potrà vedere le opere immortali di Antonello da Messina o di Canova al Museo Borghese, l'impressionismo e il divisionismo al Museo d'Arte Moderna e l'arte contemporanea al MAXXI o al MACRO.

Nessuna sorpresa. Nessuna arte imposta perché "giusta". E' questa diversa organizzazione che penalizza la musica contemporanea, ipotesi che faceva tempo fa Baricco in un articolo? O deriva dal fattore tempo? Un'opera grigio chiaro + grigio scuro di Mark Rothko forse piace a pochi, ma richiede solo una manciata di minuti del nostro tempo per essere fruita (vista). Le opere musicali richiedono un impegno ben maggiore. E devono arrivare ad un livello emozionale interiore la cui origine, in realtà ci è ignota.

 

La musica sconosciuta

 

 

Il motivo può essere anche banalmente che la musica per orchestra classica composta nel nostro tempo non è conosciuta, è ignorata dal sistema dei media. Jackson Pollock, Lucio Fontana o Mark Rothko non sono forse conosciuti da tutti ma da molti sì, se non altro per l'eco mediatica della valutazione delle loro opere, e si potrebbe continuare con molti altri nomi di pittori o scultori del nostro tempo, mentre se si va a vedere la voce "compositori di musica contemporanea" su Wikipedia solo ben pochi specialisti e appassionati conoscono alcuni dei molti musicisti elencati, e anche dei pochissimi di cui si sentono ogni tanto notizie ben pochi hanno ascoltato qualcosa. L'attenzione dei media su quella che per convenzione si continua a chiamare "musica contemporanea" è quasi nulla, e quindi anche l'interesse a scoprire quello che di nuovo o magari interessante vi si trova, è limitato ad una nicchia molto ristretta di ascoltatori potenziali.

E' quello che avveniva per la cosiddetta world music fino agli anni '80, poi l'opera divulgativa di alcuni "scopritori" provenienti dal pop/rock come David Byrne o Peter Gabriel e la curiosità e ricerca di nuovi suoni ha aperto le porte di questo mondo musicale, e così in molti hanno iniziato ad ascoltare musiche forse altrettanto ostiche come i gamelan di Bali, musica popolare dei lapponi o di minoranze etniche della Mongolia. Solo un problema di comunicazione, oppure di ostracismo? Oppure è il mondo della musica "contemporanea" che non si pone il problema di uscire dalla nicchia ristretta degli ascoltatori "educati" ai nuovi suoni e andare verso il grande pubblico? La situazione è comunque quella descritta: musica composta ed eseguita, per una nicchia ristretta di musicisti e ascoltatori esperti che accettano di superare l'elevato gradino di ingresso necessario per accedervi.

 

La musica non è finita

 

 

La previsione di Schonberg, come sappiamo, non si è avverata. La musica non è affatto finita pur non avendo abbandonato la tonalità. Migliaia di nuove musiche sono state composte, spesso innovative e diverse da quanto ascoltato prima, ricorrendo magari a contaminazioni e accostamenti originali, come nelle musiche per i western all'italiana di Ennio Morricone. Con pochi mezzi musicali, una sola frase, pochi accordi, ma che colgono qualcosa di profondo dentro di noi, grandi musicisti "popolari" come Paul McCartney, Bob Dylan, John Lennon, Paul Simon o Bob Marley hanno scritto canzoni che hanno accomunato più generazioni. (2)

E soprattutto a metà del secolo un gruppo di musicisti neri, che vivevano in quello che nel frattempo era diventato il centro del mondo, recuperando nella loro tradizione qualcosa che Schönberg e la musica atonale non aveva messo al centro della loro ricerca (il ritmo), hanno dato vita alla principale forma d'arte musicale originale del XX secolo: il jazz, partendo da un genere nato da solo, il blues, e che si differenziava solo per semplici variazioni di mezzi toni dal sistema tonale codificato.
Il jazz che è arrivato poi anch'esso ad un punto morto creativo, diventando stile. E quindi forse basta attendere il prossimo linguaggio, che da qualche parte arriverà.

 

Indice

 

 

L'impero della musica / La rivoluzione e la caduta dell'impero / Una nuova era / Un'altra rfivoluzione mancata del Novecento / Com'è potuto succedere? / Luigi Nono e il muro invalicabile della lingua sconosciuta / Eppure a qualcuno piace / Il panino / Nella pittura e nella scultura non funziona così / La musica sconosciuta / La musica non è finita

 

Note e commenti

 

 

(1)

Per una sintetica spiegazione del sistema tonale così efficacemente descritto in forma narrativa da Kundera vedi la sezione sulla grammatica della musica: 1. Dal suono alla musica / 2. L'alfabeto della musica / 3. La lingua della musica

(2)

Ci riferiamo ovviamente, ma l'avranno capito tutti, alle canzoni universali della musica del 900, rispettivamente Yesterday, Blowin' In The Wind, Imagine, The Sound Of Silence, Redemption Song.

   
 

Nelle immagini tre templi della musica, all'esterno e all'interno: l'Auditorium Parco della Musica di Roma, l'Opera House di Sydney, l'Opera House di Copenaghen.

   
Nota:

troppo netti e negativi sulla musica contemporanea? Voi invece la ascoltate piacevolmente? Avete scoperto tesori nascosti e sconosciuti ai più? Scriveteci.

 

© Musica & Memoria Luglio 2012

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