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La grammatica della musica / 3 |
La musica, così come qualsiasi linguaggio
parlato, all’inizio dei tempi, quando l'uomo per motivi misteriosi ha
incominciato a crearla, veniva soltanto suonata o cantata, e tramandata
a memoria. Poi, come era
avvenuto qualche secolo o millennio prima per la lingua parlata, l’uomo
ha cercato di codificarla, per ricordarla, trasmetterla e riprodurla. |
Parte terza. |
Noi ci proviamo. Ogni commento, suggerimento o critica sarà sempre benvenuto. |
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1. Dal suono alla musica / 2. L'alfabeto della musica / 3. La lingua della musica | |
Il sistema tonale |
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La lingua che la maggior parte delle
persone del mondo comprende, in musica, si chiama sistema tonale. Come i
linguaggi naturali non è stata inventata da nessuno, si è sviluppata nei
secoli ed è stata teorizzata, appunto come “sistema tonale” nel XVIII
secolo, poi esteso e perfezionato negli anni successivi. Un grande
compositore, considerato da molti, per questo motivo, il più importante
di tutti, Johann Sebastian Bach, con la sua opera ha consolidato e
contribuito a codificare questo sistema. |
Gli elementi della lingua musicale |
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Se la musica che noi
ascoltiamo è un linguaggio (e non c’è dubbio su questo) e se per scriverla
usiamo un sistema di segni (e anche di questo siamo sicuri) possiamo continuare
con la analogia individuando anche in musica sillabe, parole, tipi di parole,
costruzioni sintattiche ammesse per le parole, frasi, composizioni e così via? E il concetto stesso
di significato è totalmente diverso. Una sequenza di suoni che. tradotta in
parole, significa per noi “Attenzione, il mammut sta correndo da questa parte”
ha un significato che non richiede interpretazione e che non cambia, anche se le
parole sono pronunciate velocemente, o lentamente, o variando la frase
togliendone alcune parti. |
Parole, frasi, periodi della lingua musicale |
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Usando quindi l'analogia con prudenza, proviamo a cominciare proprio dall'elemento base, il mattone di qualsiasi costruzione musicale, che è proprio il motivo. Rispetto ad una lingua parlata e a un componimento letterario o poetico scritto tramite essa proprio qui, nell'elemento di base, c'è una grande differenza. Lo scrittore o il poeta non deve inventare le parole, le trova già pronte nella sua lingua. La sua arte consisterà nell'accostarle in modi sempre diversi. Il musicista invece deve iniziare proprio dalla invenzione di un motivo musicale e deve anche fare attenzione a che quel motivo non sia stato già inventato da altri. Sarebbe un plagio, perché è questo l'elemento fondante della sua opera. Per costruire una composizione musicale partendo da un motivo il compositore deve organizzarlo in forma di frasi musicali, e in questa opera di costruzione, di composizione, entra in gioco il sistema tonale e le sue regole, che possono essere ricondotte alle regole di stile nella scrittura. In questo processo di composizione le analogie con la lingua parlata diventano più forzate, perché la composizione non sarà costituita da un grande numero di parole solo raramente ripetute, ma piuttosto da una sola parola, il motivo principale, ripetuta e ripresa più volte con una serie di variazioni, e da una serie di parole secondarie, motivi musicali di raccordo, spesso variazioni di motivi musicali "standard", ad esempio danze popolari. Per chiudere un periodo e passare al successivo serve poi qualcosa di analogo alla punteggiatura usata nella scrittura. Nel caso della musica non basta un segno, ma serve proprio una particolare forma musicale, e ve ne sono a disposizione diverse, chiamate cadenze. Le può riconoscere ciascun ascoltatore, ad esempio, alla fine di un tempo o dell'intera composizione in un un componimento classico. Quella finale sarà come un "punto e basta" e darà proprio l'impressione di una fine definitiva. La altre saranno "punti a capo", daranno l'impressione di lasciare aperto il discorso, o ne preannunceranno il tema successivo, come un "punto interrogativo". Alcuni associano
invece gli accordi al concetto di parola. Gli accordi, tre note suonate assieme,
"consonanti" perché sommano le armoniche di tre suoni in modo "armonico"
(secondo la codifica del sistema tonale, quindi) sono effettivamente un insieme
finito nel sistema tonale. Ma non consentono di costruire, da sole, una frase
musicale, sono di solito suonati assieme ad una melodia (a una sequenza di note)
per arrivare ad un motivo musicale. |
L'architettura e la grammatica |
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Se il motivo, la frase, la cadenza, sono i componenti elementari, i mattoni, per arrivare a descrivere con un codice una musica manca soltanto una cosa: un metodo per metterli assieme, per "comporre", per creare una "composizione in musica". Come il filo a piombo, le regole strutturali, i metodi per chiudere le volte ad arco, sono gli strumenti usati nell'architettura basata sul mattone (per restare con lo stesso esempio). Questa serie di regole e di strumenti per applicarle, possiamo ricondurla alla "architettura", che è la tecnica per organizzare lo spazio in modo utile all'uomo, essendo in pratica la tecnica per organizzare i suoni in modo che siano gradevoli ed emozionanti per l'uomo. Questa serie di regole e di strumenti è quanto prescrive e caratterizza il sistema tonale che stiamo cercando di descrivere per analogia, mentre gli elementi base sono preesistenti, naturali, dati per scontati, sono gli elementi da organizzare, così come il mattone, magari di fango, esisteva anche prima della disciplina architetturale codificata dagli antichi romani e greci, ma i tetti erano di paglia. Oppure possiamo ricondurlo alla grammatica nello stesso senso etimologico (grammatica = tecnica della scrittura): le regole a cui attenersi per arrivare a un componimento comprensibile nella lingua prescelta. Quindi la struttura della frase, la classificazione delle parole tra verbi, nomi, aggettivi e così via. La struttura matematica della costruzione musicale, che vedremo subito dopo, rende forse più intuibile la prima analogia. Di regole ovviamente ce ne sono molte e per descriverle servono ponderosi trattati (già scritti) ma quelle essenziali non sono molte, ci sono anzitutto gli strumenti per;
e poi l'insieme di regole per scrivere una composizione musicale che rispetti i canoni da noi accettati per:
Nelle sezioni successive introduciamo gradualmente i principali di questi strumenti e le regole per usarle, utilizzando un approccio molto semplice. Come? Iniziamo con l'esplorare il nostro pianoforte, o un qualsiasi altro strumento a tastiera. |
Tasti bianchi e tasti neri |
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Osservando la tastiera del pianoforte, si può capire quale sia il sistema che è stato messo a punto nei secoli passati per individuare ogni altezza, ovvero per dare indicazioni a chi suona su quali note deve suonare. A gruppi di 2 e di 3 possiamo vedere dei tasti neri più piccoli tra un tasto bianco e l’altro. Allora: il tasto bianco all’inizio di ogni gruppo di 2 tasti neri è un DO, e quindi inizia una ottava. Che però non è composta da sette note ognuna di altezza uniformemente crescente, come si potrebbe pensare, ma di 12 altezze, spaziate uniformemente all’interno dell’ottava (che, lo ripetiamo, non è altro che un intervallo di frequenza all’interno dello spettro udibile). I tasti neri infatti non servono solo per indicare dove sta il DO, ma suonano anche loro, ed essendo 5, portano a 12 = 7 + 5 il numero di “note” nell’ottava. |
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Ogni nota ha una
distanza fissa dalla nota che la precede e la segue, e la misura di questa
distanza è chiamato tono. In realtà questo
vale per 5 delle distanze possibili tra le note di un’ottava, le altre 2 sono a
distanza dimezzata, cioè a un semitono. Un altro elemento che
dovremo descrivere è la distanza tra due note non adiacenti, che prende un nome
diverso, intervallo. Per definire l’ampiezza
di un intervallo basta quindi dire quante note copre (prima ed ultima incluse).
Un intervallo di 3° potrebbe essere quindi SOL-LA-SI. Le “note” in più che si possono suonare con i tasti neri non hanno il privilegio di avere un proprio nome, sono individuate invece come alterazioni delle note di base, alterazioni che possono essere chiamate diesis (#) o bemolle (b) e indicano rispettivamente le alterazioni in aumento o in diminuzione. Si possono applicare ad una singola nota o ad una intera riga. Un altro segno, il bequadro, può essere usato per annullare le alterazioni. Quando nei libri di musica si cerca di spiegare questa parte le cose sembrano aggrovigliarsi, ma invece il sistema è abbastanza semplice, e la complicazione è solo una questione di nomi. Elenchiamo i 12 semitoni, usando solo l’alterazione diesis. I tasti neri sono quelli indicati in grassetto:
Usando invece il bemolle i tasti si chiameranno:
Nella figura schematica che segue si può vedere una ottava suddivisa nei 12 semitoni che la compongono. Come se una tastiera non avesse tasti bianchi e neri ma solo tasti che suonano a distanza costante. Come si vede l’apparente complicazione nasce solo dal modo tradizionale (ma anche funzionale, per suonare con le 5 dita) di disporre le note, ovvero le altezze dei suoni, sulla tastiera di uno strumento reale. |
Complicazioni a piacere |
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Con le alterazioni si può
complicare a piacere la notazione di ogni frase musicale, dato che si può ricorrere all’uso di
più alterazioni, e che le alterazioni possono essere applicate anche alle note
naturali, quelle dei tasti bianchi. Nulla impedisce inoltre di applicare due alterazioni ad una
nota, che quindi potrebbe diventare la nota precedente (con 2 bemolle) o la
successiva. Volendo approfondire ancora possiamo osservare anche che le due note che compongono un tono possono essere accoppiate in 5 combinazioni, e nel sistema tonale ognuna di essa ha un nome diverso per esigenze legate alle regole di composizione:
Quindi abbiamo nei
primi due casi un intervallo cromatico (note dello stesso nome) e nel secondo
caso un intervallo
diatonico (note di nome diverso). |
Le scale |
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Descrivere una scala musicale non è difficile, perché la scala modello maggiore la conosce chiunque abbia frequentato le scuole medie dal 1963 in poi, cioè da quando è stata introdotta in Italia la scuola media unificata, con l’insegnamento obbligatorio della musica (almeno per un anno). Una novità per il sistema scolastico italiano, di impostazione umanistica, che fino ad allora aveva considerato la musica un insegnamento specialistico, non universale. Un anno di musica alle medie italiane non ha mai consentito di imparare la musica a nessuno, ma più o meno tutti sono arrivati almeno a DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI-DO, che è appunto la scala modello per le scale maggiori. Le scale maggiori si
ricavano da questa scala modello per mezzo di una serie di regole matematiche,
ma queste regole non sono altro che gli accorgimenti necessari per rendere la
sequenza di suoni “giusta” all’ascolto, almeno per noi che siamo abituati a
questo sistema. |
Le scale in forma grafica |
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La sequenza delle scale maggiori è molto semplice e si può visualizzare graficamente con lo schema che proponiamo qui. Nello schema sono visualizzate le 8 scale maggiori ordinate per il numero di alterazioni (diesis in questo caso) che vi sono contenute. Si parte quindi dalla scala di DO, che non ha nessuna alterazione, per proseguire con la scala di SOL con una alterazione, per arrivare alla scala di DO# Maggiore, con 7 diesis. Le alterazioni sono evidenziate in grassetto sottolineato e la I, III e IV nota di ogni scala sono evidenziate con un contorno più spesso (vediamo dopo il perché). |
Osservando la musica descritta con questo schema si possono notare diverse cose interessanti. La prima è che la prima nota della scala, la tonica, che poi è l’elemento che da’ il nome al sistema tonale, è sempre alla distanza di una quinta dalla scala precedente. Osserviamo poi che in ogni scala viene aggiunta una alterazione su una nota (un diesis) e che ogni alterazione viene portata alla scala successiva. La sequenza delle note alterate, che saranno indicate in chiave, nell'"armatura" (vedi dopo) è FA-DO-SOL-RE-LA-MI-SI. Resta da capire perché
bisogna introdurre queste alterazioni per ritrovare l’equilibrio sonoro che
abbiamo sperimentato prima. |
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Su questo schema
abbiamo indicato le prime tre scale maggiori, per ciascuna di esse è indicato
con 1 il semitono da suonare, e con 0 quello da saltare. I semitoni da suonare
sono, ovviamente, sempre 7+1 (con la ripetizione della tonica) e quindi quelli
da saltare sono sempre 5. Si nota quindi subito che la sequenza di semitoni da
suonare è sempre la medesima per tutte le scale, e cioè 1 0 1 0 1 1 0 1 0 1 0 1
1. A questo punto si sarà
capito che tutte le scale in maggiore devono rispettare questo stesso
ordinamento per suonare “armoniche” al nostro udito, e che quindi, quando non è
presente nel posto giusto della sequenza una nota naturale, sarà necessario
suonare una nota alterata. Nella scala di DO non succede mai, in quella di SOL
una volta (sul FA), in quella di RE due volte (sul FA e sul DO) e così via sino
alla scala in DO# dove tutte le note devono essere alterate, ovvero dove si
suonano solo i diesis. Un’altra cosa che si può ricavare dal primo schema sono gli accordi fondamentali. Per ogni scala il sistema tonale consente di definire anche un accordo fondamentale basato sulla prima nota della scala (la tonica già citata). L’accordo fondamentale (che come si accennava in precedenza, non è altro che la somma di tre note suonate assieme) è composto sempre dalla I, III e V nota della scala, e gli accordi fondamentali per ogni scala sono quelli indicati con il bordo più spesso nel primo schema. Le
scale minori si differenziano per il
posizionamento delle note separate da un semitono anziché da un tono. In questo
caso si trovano tra la II e la III e tra la V e VI nota (scale minori naturali).
Esistono però anche due varianti: le scale minori armoniche e le scale minori
melodiche. Per tutte però rimane fermo il primo intervallo a distanza di un
semitono tra la II e III nota della scala. |
Le tonalità |
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Dalle scale si arriva
all'elemento fondante del sistema tonale, che è (ovviamente) la
tonalità. Ognuna delle sette note nella
scala ha un suo ruolo e compito diverso, e in ogni scala questo ruolo è
interpretato da una nota diversa, anche se in questo caso invece che di note, si
parla di grado della scala musicale (ma è la
stessa cosa). |
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Una caratterizzazione
che, come si vede, punta a codificare la sensazione prevalente che la scelta di
una scala o di un'altra e la posizione dei gradi all'interno di essa trasmette
alla nostra sensibilità, anche in base ad elementi di fisica acustica, legati
alla sommatoria delle armoniche. |
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Le successione delle scale |
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Le scale maggiori che abbiamo visto (in grande sintesi) derivano, quindi, da un modello matematico, per ripetizioni. E’ possibile applicare lo stesso sistema per creare altri modelli e altri varianti di scale, come le minori cui abbiamo accennato, per un numero totale di 30, più altre scale cosiddette di eccezione. Ancora una volta non si tratta di tutte le possibili combinazioni, ma di quelle che appartengono al “dizionario” del sistema tonale. Il sistema delle scale è la base del linguaggio della musica e il suo studio è
fondamentale per chiunque voglia imparare questo linguaggio. Per avere una idea
di come si compongono matematicamente le varianti di scale ammesse nel sistema e
quali relazioni hanno tra di loro si usano diverse schematizzazioni, la più nota
e diffusa è il “giro delle quinte”. Il concetto fondamentale è comunque che la sequenza di alterazioni riconduce progressivamente alla scala iniziale, e ciò è importante perché, capendo il meccanismo mediante il quale le scale si susseguono e si trasformano l'una nell'altra si può individuare la tonalità della frase musicale e le possibilità di alterazione ammesse. |
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Riconoscere la tonalità |
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Lo schema mostrato consente anche di capire come si può riconoscere la tonalità, una operazione che, come si sarà capito, è fondamentale nel sistema tonale. Se esistessero solo le scale maggiori questa operazione sarebbe banale. Infatti, come si vede nella figura precedente, una scala in una tonalità si caratterizza per le note alterate, quelle sottolineate in figura:
E così di seguito. Quindi se in una composizione vediamo che devono essere alterate, o diesizzate, le note FA, DO e SOL ciò significa che quella composizione è in LA Maggiore. Questo è indicato all'inizio del rigo musicale con la armatura di chiave, che si presenta nel pentagramma come si vede nella figura seguente. |
Le cose però non sono
così semplici, per via della ciclicità delle scale cui abbiamo accennato prima.
La stessa armatura di chiave si applica infatti anche alla scala che si ottiene
alterando le note in senso inverso (quindi passando di quinta in quinta in
"discesa", ovvero per quinte discendenti). La scala corrispondente in questo
caso è quella di FA# Minore naturale. Per individuare quale delle due è quella
corretta esistono diverse tecniche, e quella di base fa ricorso agli
accordi tonali (o principali, o perfetti) formati dalle
note al grado I (tonica), III (caratteristica) e V (dominante) di una scala,
citati in precedenza, accordi che sono indicati graficamente nelle figure
precedente con un contorno più spesso. |
Modo maggiore e modo minore |
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Parlando in precedenza degli intervalli e poi delle scale sono stati usati più volte i termini “maggiore” e “minore”. Questi sono gli unici due “modi” previsti nel sistema tonale. Un modo è all’incirca quello che suggerisce il nome: un modo di suonare per dare una determinata sensazione. Sarà per motivi di psicoacustica o culturali, ma i modi in maggiore evocano sensazioni positive, di forza e risolutezza, sono positivi e solari, mentre i modi in minore suggeriscono sensazioni di sospensione, di attesa, con diverse modulazioni, fino al dramma. Ovviamente, con moltissime sfumature e varianti. Nella lingua musicale che precede il sistema tonale, la musica “modale” (codificata dagli antichi greci, che hanno fatto anche questo) i modi erano molti di più, ma le combinazioni di note molte di meno. E al nostro orecchio questa musica (almeno quello che i musicologi hanno ricostruito) suona infatti piuttosto aliena. |
Accordi |
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Un
accordo, chiamato anche triade, è un insieme di
tre o (più raramente) quattro o cinque note suonate assieme (in questo caso
chiamate ovviamente con un nome diverso: quadriade o
quintiade). La classificazione degli accordi ammessi e della loro variazione e composizione è il secondo pilastro del sistema tonale e dello studio della composizione, e prende proprio il nome di studio dell'armonia, ovvero dell'insieme delle regole che, secondo il sistema tonale, consentono di creare musica e suoni armonici, gradevoli e accettabili nel nostro sistema musicale estetico - psicoacustico. Ovviamente lo studio dell'armonia è un mondo a parte, ma in massima parte riguarda chi vuole comporre musica. Chi si limita a suonarla o addirittura a leggerla può limitarsi a conoscere le regole di base, un compito che esula comunque dai nostri obiettivi. |
Gli accordi nella musica di oggi |
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Gli accordi (chord in inglese), le tecniche per passare dall'uno all'altro e le sensazioni emotive che trasmettono, le tecniche per variarli e modificarli, sono la peculiarità principale della musica occidentale e anche la base con la quale sono composte la canzoni che ascoltiamo e cantiamo, almeno per la maggior parte. Gli accordi costituiscono un sistema che prevede un gran numero di variazioni e passaggi da uno all'altro e di derivazione di altri accordi composti, e una serie di regole per utilizzarmi in modo espressivo, per esempio creare una sospensione, un senso di attesa nel discorso musicale, e poi risolverlo, ad esempio con la classica struttura del refrain. L'insieme completo di queste regole è, come anticipato, codificato e approfondito nello studio dell'armonia, che è la conoscenza di base che deve avere un compositore di musica classica, un direttore d'orchestra, ma anche un esecutore professionista. Per comporre una canzone non è indispensabile tutta questa scienza musicale, come sappiamo (difatti i cantautori e i compositori di canzoni non hanno come prerequisito un diploma al conservatorio e a volte non hanno una conoscenza completa della grammatica della musica) come peraltro non è mai stato necessario per comporre canzoni popolari, che pure hanno raggiunto i vertici della purezza musicale (come The House Of The Rising Sun o Scarborough Fair). Per questi scopi è necessaria una conoscenza più limitata, ma comunque gli elementi da dominare non sono pochi. Solo come impulso ad ulteriori approfondimenti diamo alcune informazioni sugli elementi di base e un esempio pratico:
Come si capisce già da queste modalità di lavoro sugli accordi, che sono le più comuni nella composizione delle canzoni e delle musiche di accompagnamento, le combinazioni possibili sono molte. Ma come vengono usate in pratica lo vediamo nella sezione successiva. |
Gli accordi nelle canzoni |
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La maggioranza delle canzoni che ascoltiamo oggi sono composte da 2 elementi: una sequenza di accordi di accompagnamento ed una linea melodica. La linea melodica è la parte cantata e quindi può anche essere non suonata ma, appunto, cantata, se l'esecutore è intonato e ricorda le parole e, ovviamente, la melodia. Nella classica esecuzione per voce e chitarra lo strumento serve appunto per fornire la base musicale con una serie di accordi che si ottengono premendo le corde nelle posizioni opportune del manico. La voce esegue invece la melodia che è una sequenza di note di varia altezza e varia durata. Se la canzone si esegue al pianoforte, usando le due mani, con la sinistra si possono suonare gli accordi e con la destra la melodia, che quindi accompagna e sostiene la voce. Si comprende quindi quanto sia importante la padronanza del sistema degli accordi. Conoscendolo, anche in parte, si può "suonare", non professionalmente, ovviamente, ma quanto basta per intrattenere gli amici sulla spiaggia la sera cantando La canzone del sole. |
Un esempio molto semplice si può fare usando una canzone notissima e anche molto bella, un autentico classico della canzone italiana, Il cielo in una stanza di Gino Paoli. Osserviamo le prime due righe dello spartito (che spieghiamo subito dopo). |
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Nella chiave di basso si vede che si
susseguono gli accordi, uno per battuta, sempre con il ciclo DO
(accordo di tonica della scala di DO maggiore), LA, FA, SOL (tutti
in modo maggiore). Sul pentagramma superiore, in chiave di violino,
c'è la linea melodica, che inizia dopo le 4 battute introduttive.
Ogni nota corrisponde ad una sillaba in questa canzone di struttura
molto semplice (sillabica, appunto) e dalla quinta battuta in poi
inizia il canto: 5a battuta: quan-do-sei / 6a: qui-con-me / 7a:
que-sta-stan-za / 8a: non-ha-piu-pa / 9a: reti-ma-al ... |
Le regole del sistema tonale |
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Abbiamo scritto più
volte che il sistema tonale è una lingua, e quindi ordina mediante una serie di
regole le infinite composizioni dei suoni in modo da rendere il risultato
gradevole al nostro sistema uditivo, in altre parole, musica. A questo punto
si può anche avere una idea di quali siano queste regole, almeno le prime che si
imparano in un corso di teoria musicale. E delle conseguenze di queste regole
che, tutte assieme, costituiscono il sistema tonale, o il temperamento equabile,
usando la prima definizione teorica che venne data. |
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Che descrive in modo schematico le 15 armature di chiave ammesse, che sul pentagramma si scrivono in questo modo (e sono applicabili a tutte le 30 scale, le 15 maggiori schematizzate sopra, e le 15 minori naturali):
Anche senza calcolare
le combinazioni con ripetizione di 7 elementi si vede ad occhio che le
combinazioni delle armature di chiave non sono tutte quelle possibili. Così come
non possiamo scrivere "Se Mario avrebbe mangiato una mela" così non possiamo
impostare una composizione con 3 diesis diversi da quelli ammessi se vogliamo
rimanere all'interno del sistema tonale. Anche se naturalmente nel corso della
composizione si possono diesizzare per una o più battute altre note. Abbiamo quindi introdotto in queste ultime sezioni, in sintesi ma facendo riferimento alle regole reali della grammatica musicale, i principali elementi che compongono il sistema tonale. Possiamo quindi riprendere nelle sezioni successive con più cognizione di causa le considerazioni e le analogie tra il linguaggio naturale e quello musicale, per proseguire nel nostro obiettivo |
Il ruolo della tonalità |
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Per cercare di
approfondire, dopo questi ulteriori elementi, il ruolo che in musica ha la tonalità,
riprendendo quanto si era accennato all’inizio riguardo alle analogie e alle
somiglianze e differenze tra una composizione in musica e una composizione
letteraria,
immaginiamo a confronto il musicista e il letterato. Uno scrittore ha a
disposizione una lingua, la sua, quella che ha imparato quando è nato, composta da decine di migliaia di parole, molte
delle quali sono sinonimi o raccordi, ognuna composta da sillabe elementari,
conosce le regole per mettere assieme le parole facendosi capire da chi legge,
le regole grammaticali e sintattiche e anche le regole di stile che deve seguire
perché quello che scrive sia gradevole alla lettura. Per esempio, non ripetere
la stessa parola nella frase, ma usare un sinonimo. Quello che deve fare,
a questo punto, scelta la tonalità e quindi la scala, a differenza dello
scrittore, è creare, inventare uno o più motivi musicali, possibilmente mai
inventati da nessun altro prima. Come la celebre sequenza di note
SOL-SOL-SOL-MIb / FA-FA-FA-RE che caratterizza l’inizio della V Sinfonia di
Beethoven e che abbiamo già citato. Che è nella tonalità di Do Minore, quindi
drammatica, tesa, irrisolta, come appunto è il sentimento che suggerisce e
induce nell'ascoltatore questa celebre
composizione. |
Il sistema tonale è un sistema naturale? |
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Possiamo provare a
sederci ad una tastiera di pianoforte e suonare la stessa nota in due ottave
diverse, ad esempio a distanza di due ottave. Un esercizio semplicissimo che può
fare chiunque sia in grado di individuare un DO su una tastiera. Un sistema che esclude a priori i suoni non ammessi perché non "armonici". Sempre mettendosi alla tastiera di un pianoforte possiamo facilmente notare che chiunque può emettere suoni, che solo per motivi culturali non consideriamo “musica”. Proprio come un quadro. Un paesaggio ad olio, bello o brutto, è sicuramente un “dipinto”. Segni e scarabocchi a caso, o ampie zone di colore uguale, teoricamente potrebbe farli chiunque, eppure soltanto Pollock o Rochtko o Mondrian sono riusciti a fare quadri con questi elementi di base che tutto il mondo, per motivi misteriosi, trova affascinanti e fa la fila per vedere (e che raggiungono le più alte quotazioni). Evidentemente, hanno elaborato una nuova lingua, che molti comprendono. Nella musica il sistema tonale è come l’arte figurativa in pittura, il linguaggio universale di base che tutti comprendono naturalmente. Non racchiude e non può racchiudere in sé tutte le musiche possibili, ma è necessario conoscerlo, anche per negarlo o andare oltre. Come la pittura figurativa nel caso dei grandi pittori astratti. La musica però è un linguaggio astratto, il messaggio che ci manda è solo parzialmente codificabile, e tocca elementi della nostra sensibilità che sono rimasti comuni ai popoli anche dopo che ci siamo dispersi sui cinque continenti. E’ probabile quindi, come sostengono alcuni, che tutta una serie di suoni “armonici” lo siano per tutto il genere umano. Interiorizzati da ciascuno di noi già con le filastrocche e le ninne nanne per addormentarci che, inconsapevoli, ascoltavamo da bambini dalla mamma e dal papà. E quindi è possibile che il sistema tonale si è imposto progressivamente nel mondo anche perché in qualche modo è “naturale”. Ma, come si sarà capito, ciò non significa che sia “unico” e "definitivo". Resta da completare il parallelo con le lingue. Valido solo parzialmente per la musica. Usando il nostro alfabeto latino possiamo scrivere testi in qualsiasi lingua. Testi per noi italiani incomprensibili, ma per un finlandese perfettamente chiari, per esempio, grazie alle infinite combinazioni (virtualmente) dei 27 o più segni. La esemplificazione perfetta di questa potenzialità dell’alfabeto dei segni esiste ed è contenuta nel capolavoro di Jorge Luis Borges, La biblioteca di Babele. |
Leggere la musica |
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Il compositore, come
lo scrittore, scrive quindi una sua opera originale e la registra su un foglio
di carta, carta da musica in questo caso (o su computer con un editor per la
musica, ne esistono molti e sono l’equivalente dei word processor per la
scrittura, uno ottimo e gratuito e MuseScore, il più noto professionale è
Sibelius). In qualche modo poi, a partire da questi fogli di carta, dallo
spartito, si dovrà ricreare la musica per le nostre orecchie, e per spiegarne le
particolarità ricorriamo ancora una volta ad analogie con la scrittura. Nella musica la importanza della interpretazione, e quindi della piena comprensione del contenuto musicale, è enormemente enfatizzata. |
La interpretazione |
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Come prima cosa, per
ricreare la musica occorre necessariamente suonarla. Un libro si può leggere
mentalmente (anzi quasi sempre si fa così, non si legge ad alta voce), nel caso della musica solo
compositori o musicisti esperti sono in grado di ricreare mentalmente il
discorso musicale leggendo lo spartito. E spesso anche loro preferiscono sedersi
al piano per sperimentare l’effetto di una composizione. E, soprattutto, bisogna, oltre che saper leggere le note scritte sullo spartito con l’alfabeto musicale più o meno universale (l’equivalente dell’alfabeto a caratteri latini per la musica) anche comprendere la lingua con la quale è composta la frase musicale. Comprendere questa
lingua vuol dire comprendere la tonalità, ovvero saper individuare frase per
frase musicale in quale tonalità è scritto quel brano, e quali variazioni o
modulazioni ha subito. “Ma non è una cosa ovvia?”, dirà qualcuno. C’è scritto
sul CD: Sinfonia n. 5 in Do Minore di Ludwig Van Beethoven (o in C-Minor o in
C-Moll, se è una edizione inglese o tedesca). |
In sintesi |
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Abbiamo provato a fornire alcuni elementi per illustrare le basi della teoria musicale, e quindi per dare una idea di cosa dovrà fare l’analfabeta musicale per uscire dal suo stato. Conoscere la notazione musicale, apprendere almeno le basi del sistema tonale (scale, accordi e basi dell’armonia) il ritmo e le principali forme della musica. E dovrà farlo in parallelo all’apprendimento della tecnica per suonare uno strumento. Che potrebbe essere anche la voce (se ne è dotato a sufficienza) ma più spesso sarà il pianoforte (che richiede tecnica ed educazione del corpo, ma molto meno degli strumenti a fiato o ad arco). Dovrà mettere in conto almeno tre anni di studio per raggiungere qualche risultato, un tempo sicuramente lungo, ma per uscire dall’analfabetismo letterale ed essere in grado di comprendere e leggere speditamente libri anche di narrativa, ne servono probabilmente anche di più. |
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Indice |
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Il sistema tonale / Gli elementi della lingua musicale / Parole, frasi, periodi della lingua musicale / L'architettura e la grammatica / Tasti bianchi e tasti neri / Complicazioni a piacere / Le scale / Le scale in forma grafica / La tonalità / La successione delle scale / Riconoscere la tonalità / Modo maggiore e modo minore / Accordi / Gli accordi nella musica di oggi / Gli accordi nelle canzoni / Le regole del sistema tonale / Il ruolo della tonalità / Il sistema tonale è un sistema naturale? / Leggere la musica / La interpretazione |
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Parte prima: Dal suono alla musica / Parte seconda: L'alfabeto della musica |
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Pagine Correlate |
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© Musica & Memoria - Alberto Maurizio Truffi / Ottobre 2011 / Giugno 2012 / Fonti: Zoltán Kodály - La grammatica della musica (Einaudi), Nerina Poltronieri - Lezioni di teoria della musica (ESR - Sedam), Cosimo Carocci e Benedetto Passannanti - L'alfabeto dell'ascolto (Carocci) |
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