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La grammatica della musica / 2 |
La musica, così come qualsiasi linguaggio
parlato, all’inizio dei tempi, quando l'uomo per motivi misteriosi ha
incominciato a crearla, veniva soltanto suonata o cantata, e tramandata
a memoria. Poi, come era
avvenuto qualche secolo o millennio prima per la lingua parlata, l’uomo
ha cercato di codificarla, per ricordarla, trasmetterla e riprodurla. |
Parte seconda. |
Noi ci proviamo. Ogni commento, suggerimento o critica sarà sempre benvenuto. |
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1. Dal suono alla musica / 2. L'alfabeto della musica / 3. La lingua della musica | |
La notazione musicale |
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Come funziona la notazione della lingua parlata? Nel nostro sistema occidentale funziona mediante un sistema di segni, l’alfabeto, dei fonemi usati nella lingua parlata. I fonemi possibili sono molti, ma tra di essi ne sono stati scelti un numero limitato, e non tutti quelli che possiamo produrre, e diversi per varie lingue. Ma con sole 21-26 lettere, 6-7 segni di interpunzione e qualche accento si può esprimere qualsiasi concetto. Non qualsiasi sfumatura della lingua parlata: pensiamo alle vocali aperte o chiuse, se volessimo descrivere una persona che parla in dialetto barese ed una che parla in dialetto piemontese ci mancherebbe qualche vocale, o pensiamo all’inglese e ai molti modi con i quali si pronunciano la lettera A o la E. Inoltre, non si possono esprimere stati d’animo associati al testo, per i quali sono stati sviluppati gli emoticon in anni recenti. Nella
musica la situazione è simile, la notazione musicale può descrivere
un sottoinsieme discreto (composto da un numero di valori finito)
degli elementi base del suono. |
La notazione musicale occidentale |
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Anche con queste
semplificazioni descrivere la musica con una serie di segni rimane un compito
non facile e richiede l’uso di molte notazioni e di una quantità di variazioni
ad esse. La prima scelta che è stata fatta è quella di usare 7 note (con nomi identificativi) per descrivere le frequenze o altezze (il termine usato in musica) dei suoni. Come si è visto dovrebbero essere 88 o più. Non sarebbe molto agevole ricordarle tutte, ma non impossibile. Con quest’altro sistema invece bisogna ricordare solo DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI (ma anche SI-LA-SOL-FA-MI-RE-DO, discendente). Ma bisogna anche individuare quale DO nella tastiera dobbiamo suonare, perché ce ne sono 8 nella tastiera di un pianoforte. Corrispondente ciascuno all’inizio di un intervallo di note (o di frequenze) chiamato ottava, completato il quale le note si ripresentano con gli stessi nomi e le stesse relazioni tra loro. Quindi un sistema relativo, non assoluto. Complicato? Non troppo, ci torniamo dopo. Poi, come al solito, non tutti sono d’accordo nel mondo sugli standard, e come per le prese della luce, nei paesi anglosassoni hanno un sistema diverso anche per la musica, ed usano le lettere A-B-C-D-E-F-G per le sette note. Che forse sono più semplici da ricordare, almeno all’inizio, perché almeno l’alfabeto lo ricordano tutti. Per complicare ancora
più le cose per scrivere le note si usa il pentagramma.
Che, come dice il nome, è composto da cinque righe. Perché, se le note sono
sette? O magari 88? E’ così, vale quello che si diceva per il C e la K. E non
chiediamoci neanche perché le note sono sette se noi abbiamo cinque dita. |
Le chiavi e i DO |
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Ma come si fa con due
chiavi sole a individuare l’ottava su cui suonare tra le 8 presenti nella
tastiera del pianoforte? Se qualcuno inventasse ora la notazione musicale non
avrebbe grandi problemi: aggiungerebbe sotto al bellissimo simbolo che indica la
chiave un numero corrispondente ad uno dei 7 DO dai quali inizia sulla
tastiera un’ottava completa e il gioco sarebbe fatto. Le note sarebbero sempre
nelle stesse posizioni e tutto sarebbe semplice da spiegare e da ricordare.
Anche per gli strumenti a minore estensione, che semplicemente inizierebbero dal
DO che possono riprodurre (sono già numerati da 0 a 6, un tempo avevano anche
dei nomi, per esempio DO “contra”, DO1 “grande”, DO2 “piccola” e così via). Ad
esempio il violino partirebbe da DO3 ovvero “una linea”.
Come si vede nella figura, con le due chiavi di basso e di violino di cui abbiamo parlato e con i tagli addizionali si coprono le ottave da DO (la prima ottava, che inizia dal terzo tasto a sinistra di una tastiera di pianoforte completa, a 88 tasti) a DO6. Per il DO7 occorre usare un altro sistema, e indicare manualmente sopra alla nota “8 va”. Ma si tratta dell'ultima nota della tastiera, non dell'inizio di una ottava. |
Il LA e il diapason |
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Dammi il LA, dicono ogni tanto i musicisti al pianista. E LA è la prima nota nella notazione anglosassone (A). Ha una qualche ragione questa preferenza per quella che da noi latini è semplicemente la VI nota? Nessuna, è solo che si usa per prassi il LA successivo al DO3, la quarta ottava o DO centrale, presente quindi nella maggioranza degli strumenti, una nota che ha una frequenza di 440Hz, come elemento di riferimento per accordare tra loro gli strumenti. Un pianoforte mantiene molto bene l’accordatura (ancor di più un piano elettrico, ovviamente) e quindi può emettere la nota a frequenza precisa e costante. Gli strumenti a corda invece devono essere frequentemente accordati per ripristinare la corretta tensione delle corde, e la operazione è più semplice potendo ascoltare la nota pura di riferimento. Per essere ancora più precisi esiste un apposito strumento che può emettere una sola nota, appunto il LA centrale, ed è il famoso diapason, simbolo anche della Yamaha (casa anzitutto di strumenti musicali, poi di moto e altro), che può essere usato per allineare il suono (accordare è il termine, anche per gli strumenti non a corda). |
Leggere le note |
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Così come per imparare
a leggere bisogna ricordare le 21 (o 26) lettere dell’alfabeto senza difficoltà
e incertezze, così bisogna fare per le note, che però non hanno segni diversi,
ma prendono nomi diversi a seconda della posizione sul pentagramma. Le possibili
posizioni sul pentagramma sono 16, possono diventare 22 o 24 con i tagli
addizionali, diventano il doppio usando le due chiavi di violino e di basso
(nelle quali la sequenza di note è spostata di una linea). Teoricamente si
potrebbero memorizzare “a vista” tutte, e così effettivamente avviene quando si
prende familiarità con la scrittura musicale, ma per iniziare sarebbe un po’
impegnativo, e si usano di solito sistemi diversi.
Le note chiave possono essere:
Per ciascuna di esse
si memorizzano le due posizioni sul pentagramma nelle due chiavi, e poi da
queste si partirà per la progressiva memorizzazione attraverso la pratica. |
Le note numerate |
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Per una notazione
completa della musica ci serve ancora un qualche tipo di notazione per
descrivere un’altra caratteristica di fondamentale importanza:
il ritmo. Se ci si pensa un momento,
l’alternanza di suoni, anche delle stessa altezza e durata, è già musica, basta
che i suoni si susseguano ad intervalli che si ripetono in un modo a noi
percepibile come tale. Pensiamo ad esempio al battere delle mani intervallato da
pause di diversa durata, o allo schioccare o tamburellare delle dita. Cosa serve quindi per descrivere il ritmo? Un sistema per definire la durata di ogni suono (di ogni nota), un sistema per descrivere le pause tra le note, che come si è visto nella musica sono altrettanto importanti dei suoni, un sistema per raggruppare gli insiemi (i grappoli, i cluster) di note e suoni. Perché un altro elemento fondamentale della musica è la ripetizione. Il primo sistema si chiama valore della nota (sarebbe quindi la durata del suono). Ovviamente anche in questo caso i valori potrebbero essere infiniti ma, come per l’altezza delle note, si usa un sistema relativo ed una scala discreta di valori, basata nel caso più semplice sul numero due. Dal valore base (ad esempio una nota che vogliamo duri un secondo, ma che potremmo anche far durare un qualsiasi altro lasso di tempo) si ricavano con una divisione per due le altre durate, che saranno quindi sottomultipli della principale. Così il secondo valore sarà la metà del primo, il terzo un quarto e così via. E lo stesso per le pause. Combinandoli assieme si potranno avere non infinite, ma moltissime combinazioni, sufficienti sicuramente per comporre tutta la musica occidentale “tonale” che conosciamo. |
Nelle partiture usate nei libri di base di teoria musicale sopra le note compaiono a volte dei numeri. Non è una diversa e più semplice notazione. E' semplicemente il suggerimento sulle dita che devono essere usate per suonare quelle note. Perché ovviamente potremmo scegliere qualsiasi delle nostre 10 dita per suonare un tasto sulla tastiera del pianoforte. Ma, tenendo conto che vorremmo evitare di intrecciare le mani o che dobbiamo tenere conto che una delle dita (il pollice) ha caratteristiche diverse dagli altri, esiste una tecnica razionale anche per la scelta della migliore combinazione di dita da usare, che si chiama, ovviamente, diteggiatura. Per questo sono numerate a partire dal pollice (1) sino al mignolo (5), con gli stessi numeri per la mano destra e per la mano sinistra. La sequenza delle note partendo dalle stesse dita è quindi opposta per le due mani. |
Il tempo nella musica |
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Come al solito lo
sviluppo storico della notazione musicale ha dato a questi diversi valori nomi
abbastanza particolari e notazioni solo in parte razionali. Ma anche chi ha
fatto musica alla scuola media ricorda, forse:
In totale sono 7 possibili valori (come le note, ma un tempo se ne
usavano altri 2, uno sopra la semibreve (la breve accennata prima) e uno sotto la semibiscroma, e quindi
erano 9, come le note che si possono scrivere nel pentagramma). Nella figura che
segue sono indicati i diversi simboli usati per indicare le note dalla semibreve alla
semibiscroma, per una nota singola; nelle composizioni più
semplici e comuni sono usate comunque quasi solo la minima, la semiminima e
la croma, più raramente la semibreve e la semicroma.
Per ampliare la
possibilità di descrizione delle durate esiste poi una ulteriore
rappresentazione, un semplice punto che si aggiunge ad un valore per estenderlo
della sua metà. In altre parole una minima più un punto dura come una minima +
una semiminima, ovvero ¾ di una semibreve, e così via per avere molte altre
combinazioni. Come si riconoscono i
diversi valori quando vogliamo scriverli sul pentagramma? In modo molto
semplice come abbiamo visto, con una forma diversa per ciascuno di essi (sia per le note sia per le
pause), per un totale di 14 diverse forme da imparare a memoria (non troppe,
tutto sommato) come si vede nella figura precedente. Le ultime 4 peraltro, da ⅛ in giù, molto facili da ricordare
perché caratterizzate da un numero da 1 a 4 di “stanghette” sia per le note sia
per le relative pause. E la stanghetta che, a
partire dalla semiminima in poi, è rivolta verso il basso o verso l’alto, ha un
diverso significato? No, è solo un fatto estetico. Se la nota è nella parte
bassa dei cinque righi la stanghetta si disegna verso l’altro, altrimenti verso il
basso. |
La musica circolare |
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Torniamo alla musica
come ripetizione (ritornello, refrain, una struttura presente in ogni canzone e
composizione). L’elemento che raggruppa una serie di suoni e pause (note e pause) di
diversa altezza e diversa durata (valore) è la battuta
(o misura, altra caratteristica della notazione musicale è che la stessa cosa si
chiama spesso in modi diversi) ed è l'elemento base che costituisce la frase
musicale. Di conseguenza una
battuta in 4/4 sarà composta da 4 tempi di durata ¼ (un quarto della semibreve,
ovvero una semiminima). La durata assoluta sarà determinata dalla frequenza del
metronomo (p.es. 50 per un andamento lento, 80 per uno più allegro).
Naturalmente in ogni tempo potrà esserci una nota o una pausa, ed ogni tempo
potrà essere scomposto in valori più brevi, ad esempio la semiminima di cui
sopra in due crome, o in una croma e due semicrome e così via, per il solito
numero molto elevato, ma non infinito, di combinazioni. La notazione della
battuta è semplicissima: due numeri sovrapposti tipo frazione accanto alla
chiave per il numero e il valore dei tempi, una barra verticale per separare le
battute, una doppia barra per ripetere l'intera frase dall'inizio. |
L'importanza del tempo |
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Il numero di tempi nella battuta è molto importante, perché caratterizza fortemente la musica. Le possibili combinazioni sono diverse ma quelle di base sono tre: binario (UN-PA | UN-PA), ternario (UN-PA-PA | UN-PA-PA) e quaternario (UN-PA-un-PA | UN-PA-un-PA). Basta
leggere ad alta voce la indicazione mnemonica molto intuitiva che
abbiamo inserito tra parentesi per riconoscere i tre tipi di battito
di base, che troviamo in tutte le musiche che conosciamo. Dove c'è
UN la voce deve essere più marcata, è il punto in cui va l'accento.
Nel battito quaternario sulla terza nota c'è un accento, ma meno
marcato. |
La suddivisione in terzine |
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E se volessimo
dividere per tre? |
La legatura |
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Un altro elemento essenziale dell’alfabeto per la lingua parlata è la punteggiatura. Può servire per rendere più espressiva e/o agevole la lettura, ma una virgola o un punto posizionati in modo diverso possono anche modificarne il significato di un periodo. Qualcosa di analogo in musica può essere la legatura, il modo di collegare tra loro le singole note in una sequenza o le battute musicali successive. Due note successive sono legate quando si inizia a suonare la seconda mentre si stacca la prima, oppure staccate, se facciamo una pausa brevissima tra esse. Basta provare a farlo sul pianoforte per 2 o 3 note successive, per rendersi conto che l’effetto è molto diverso sulla melodia che stiamo suonando. |
Gli accenti |
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Nelle lingue parlate oltre alle lettere dell'alfabeto e alla punteggiatura l'altro elemento che concorre a dare significato alle parole è rappresentato dagli accenti. Possono essere usati per dare un ritmo alle frasi, come nel caso del greco antico, e della metrica usata in poesia, o possono dare un diverso significato alle parole, come in italiano "áncora" e "ancóra". Anche nella musica si usano e, avendo la notazione musicale una origine comune con la poesia in metrica dell'antica Grecia, almeno in questo caso il meccanismo è simile. Una delle 4 note di una battuta in 4/4 sarà eseguita in modo più marcato, se sarà la prima la battuta sarà in "battere", se sarà l'ultima sarà in "levare". Un punto sovrapposto alla nota indicherà che la nota deve essere suonata staccata, e quindi con una particolare caratterizzazione. |
Il volume |
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Abbiamo visto molte
notazioni musicali (non tutte), ma non manca forse qualcosa
di familiare ai possessori di impianti hi-fi? Come si regola il volume del suono? Quando
riproduciamo la musica su un impianto stereo il volume è il comando principale,
e quando invece siamo noi a suonare leggendo una partitura come si fa regolare
il volume? Non funziona così, il volume del suono e soprattutto la sua
variazioni (crescendo, diminuendo, sincope: un volume forte che si abbassa
repentinamente, e così via) nella notazione musicale fanno parte della
espressione, cioè del modo di interpretare la
musica scritta. L’autore della musica si limita a dare una indicazione generica,
scritta, con termini come f (forte), ff (fortissimo), p (piano), pp (pianissimo)
e così via, prima di una frase musicale. L’interprete o il direttore d’orchestra
sceglierà poi in base alla sua sensibilità, quanto suonare forte o quanto
suonare piano. Sarà lui a regolare il volume, non è prevista né utilizzata una
notazione oggettiva (ad esempio il numero di decibel) per questa caratteristica
del suono. |
Riepilogando |
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Cosa possiamo
descrivere con questi semplici elementi di base? Essendo comunque un insieme
discreto, non potremo descrivere tutti i suoni possibili. Ma un insieme molto
vasto, molto ma molto superiore a quello che chiamiamo musica, sì. |
Appendice: I numeri della musica |
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Ripercorrendo gli elementi base della notazione musicale, abbiamo 7 note, 12 semitoni, 5 alterazioni e 9 commi (non ne abbiamo parlato, ma sono una suddivisione precedente al sistema temperato). Potevano essere usati altri numeri, magari quelli del sistema decimale, ma tutto il sistema musicale è precedente alla rivoluzione francese, che il mondo della musica non l’ha proprio preso in considerazione, non ha cercato di imporre nuove suddivisioni come per i mesi e le settimane. Quindi ritroviamo i numeri tipici del sistema preesistente, i numeri simbolici nella nostra cultura (ma anche in altre): 7 come i giorni della creazione, i giorni della settimana, i peccati capitali, 12, il numero degli apostoli, dei cavalieri della tavola rotonda e degli adepti del re del mondo, degli Angeli a guardia dei 12 portoni dell'Apocalisse, del dodecaedro che è la base della architettura della Gerusalemme celeste. Dodici, ovvero il numero perfetto per organizzare un qualsiasi sistema (incluso il sistema monetario inglese tradizionale, e quello di molte altre nazioni), perché contiene perfettamente gli altri, il 2, la coppia, il 3, l’insieme indivisibile, il 4, numero simbolico per eccellenza, 5 la quintessenza, ovvero la quadratura del cerchio, il 9, quadrato di 3, e anche il 7 (che sommato al 5 della quintessenza riconduce proprio al 12). Senza dimenticare l'8, che è sempre contenuto nel 12, che racchiude e completa le 7 note (l'ottava) proprio come l'ottavo, il giorno dopo il compimento della creazione, è il giorno della nascita del mondo. Gli appassionati di numerologia possono trovare quindi spunti interessanti anche nel sistema di notazione musicale. |
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Appendice: I tempi della musica |
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Una nota, un tasto del pianoforte, può essere quindi identificato non solo per l'altezza, ovvero per la frequenza a cui suona (bassa o alta) ma anche per la durata, Due elementi che, combinati tra loro, già consentono di descrivere la maggioranza dei motivi musicali. Rimane da definire un sistema per indicare le variazioni in senso temporale, quello che in modo un poco approssimato possiamo chiamare ritmo. E' un sistema molto semplice e si basa su un numero ridotto di elementi:
La battuta
è composta da un numero di tempi tra 2 e 7 e questo numero rimane lo
stesso per tutta la composizione musicale ed è uno degli elementi
principali che lo caratterizza. La battuta a sua volta è l'elemento
base per costruire la frase musicale, il "mattone", come la
definisce qualcuno. Una battuta in due tempi, ad esempio, potrebbe essere composta da due minime. In questo caso è chiamata battuta in 2/2 perché appunto i tempi sono 2 e la minima è 1/2 della lunghezza base (la semibreve). Sul pentagramma questa scelta (chiamata anche "metro" della composizione) è indicata semplicemente con le due cifre sovrapposte accanto alla chiave (vedi l'esempio più avanti). Ogni unità di tempo può essere poi suddivisa in unità di tempo di minore durata, pari alla metà, a un quarto e così via. Per esempio la battuta in 2/2 che abbiamo visto prima e che è composta da due note (per eseguirla si suonano in sequenza due tasti sul pianoforte) potrebbe anche essere composta da tre note, una minima più due semiminime (che hanno lunghezza 1/4) oppure da una minima e da quattro crome, a a seguire con tutte le altre combinazioni possibili. In questi casi le dita sul piano dovranno suonare tre o cinque note, ma di durata diversa tra loro, in modo che la lunghezza temporale complessiva della battuta rimanga la medesima.
Nella notazione musicale su pentagramma la suddivisione è meno graficamente intuitiva, usando i simboli diversi delle note che abbiamo visto prima. Ma una volta capito il meccanismo, che è più difficile da spiegare che da capire, è altrettanto efficace.
Esiste anche un altro sistema per indicare diverse lunghezze delle note all'interno della battuta: il punto. Un punto accanto alla nota indica che la nota deve essere allungata di una durata pari alla metà della nota stessa. |
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Indice |
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La notazione musicale / La notazione musicale occidentale / Le chiavi e i DO / Il LA e il diapason / Leggere le note / Le note numerate / Il tempo nella musica / La musica circolare / L'importanza del tempo / La suddivisione in terzine / La legatura / Gli accenti / Il volume / Riepilogando / I numeri della musica / I tempi della musica |
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Parte terza: La lingua della musica / Parte prima: Dal suono alla musica |
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Pagine Correlate |
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© Musica & Memoria - Alberto Maurizio Truffi / Ottobre 2011 / Fonti: Zoltán Kodály - La grammatica della musica (Einaudi), Nerina Poltronieri - Lezioni di teoria della musica (ESR - Sedam), Cosimo Carocci e Benedetto Passannanti - L'alfabeto dell'ascolto (Carocci) |
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