Renzo
Arbore - Speciale
per
voi |
HOME |
MENU |
|
Alla fine degli anni '60 (con inizio nel 1969) la RAI ha proposto un programma
televisivo con una impostazione e un nome derivati dal popolare programma
radiofonico ideato da Renzo Arbore nel '66,
Per voi giovani. Il programma TV alternava performance in studio dei
cantanti ospiti, con un approccio molto informale (mischiati tra il pubblico,
con accompagnamento solo di chitarra e simili) che venivano poi intervistati "senza riguardi"
dai ragazzi presenti, a
dibattiti moderati dallo stesso Arbore su temi del giorno; lo stile era meno
paludato e rispettoso degli ospiti di quanto era comune in RAI. Può essere
considerato, anzi, un antesignano dei talk-show.
Pubblichiamo, grazie al prezioso contributo di
un gentile visitatore del sito, un articolo del Radiocorriere TV
su questo
programma, che è anche una miniera di informazioni sul costume, sulla moda e
sulle fissazioni degli anni '60. L'articolo si intitolava, in modo molto
aperto ai mondo dei giovani: "Cinquanta ragazzi in cerca di dialogo".
|
Vedi anche:
Per voi giovani,
Bandiera gialla,
Alto gradimento, Popoff,
Radio 2: 21 e 29,
Supersonic,
Hit-parade,
Le radio libere |
|
|
«Il
giovanissimo, questo mito moderno. Mai tanto discusso, ammirato, deprecato e
portato alle stelle come oggi. A lui si dedicano saggi, inchieste, tavole
rotonde, trasmissioni. Per lui si son cambiati la moda e il costume. Per lui
vengono messi con le spalle al muro gli adulti e viene fatto il processo a tutto
un modo di vivere.
Eccolo che può dire la sua anche sul piccolo schermo, informandoci dei propri
gusti e disgusti. Gli piacciono i fumetti, comunica, purché siano di genere
intellettuale, tipo Linus; ma non sa affatto
chi sia Crepax (1). Quanto ai canzonettari
ne fa un allegro mazzo, da gettare nella pattumiera: é arrivato, signori, il
momento di demistificare questi idoli delle folle. Folle di adulti, è logico,
sono i matusa sentimentali e svenevoli che condizionano con le loro preferenze
deteriori la società dei consumi. Perché i giovani apprezzano al massimo qualche
cantante da cabaret (2), purché sia impegnato ed abbia, naturalmente, qualcosa da
dire. Inoltre, amano il teatro soltanto se si tratta di teatro d'avanguardia,
come il "Living" (3) o gli happening.
Questi, alcuni dei concetti emersi della rubrica settimanale
Speciale per voi, allestita da Renzo Arbore:
anche lui giovane e pervaso da un sano spirito goliardico
(4), concentrato in un sorriso che lo segue,
inalterabile, da una puntata all’altra (si preoccupa, invece, di cambiare la
giacca, scrupolosamente diversa ogni volta). In Speciale per voi, dunque, un
gruppo di cinquanta giovani - accovacciati su cilindri di plastica bianca in una
specie di agorà moderna, ricostruita dallo scenografo Duccio Paganini, pure lui
ventenne - sottopone ad un fuoco di domande, più o meno irriverenti, più o meno
impegnate, i personaggi del momento: registi, poeti, attori, scrittori, ma
soprattutto cantanti. Perché i cantanti di musica leggera rappresentano un
grosso fenomeno di costume. E il costume e uno dei problemi che Arbore vuol
mettere in discussione attraverso le domande di questi ragazzi cui viene
lasciata una completa libertà di dialogo: non esiste copione, tutto viene
improvvisato al momento di andare in onda, e l’autore dei testi, che nelle
trasmissioni non manca mai e nel caso specifico è Leone Mancini, si limita a
seguire l'andamento del dibattito, il quale, ripreso in diretta come un
documentario, aveva tutte le carte in regola per risultare acceso o addirittura
violento, pigmentato dalla divergenza delle vedute, della cultura e,
soprattutto, delle classi sociali, e invece ha seguito i binari correnti di
altri dibattiti fra giovani forse perché, gira e rigira, i giovani che
partecipano a questo genere di discussioni sono sempre dello stesso tipo, tra i
diciotto e i ventiquattro anni, più o meno intellettuali. All’inizio gli
intendimenti erano diversi: si pensava di attingere i protagonisti nei vari ceti
sociali, affinché venissero rappresentate tutte le categorie, operai, impiegati,
studenti, più qualche giovane lavoratrice domestica che apportasse il suo non
trascurabile contributo di esperta nell’italica canzonetta.
Si
comincia quindi con una selezione basata sull'abitudine polemica di ciascuno: e
su cinquecento ragazzi ne vennero scelti cinquanta. Poi, sorse il primo problema
i giovani che lavorano sono di solito occupati nei pomeriggi feriali e quanto
alle domestiche e ormai impossibile trovarne anche a scopi televisivi, Cosi, a
forza di selezioni, magari obbligate, è rimasto fatalmente il solito gruppetto
intellettualoide, salvo un unico esponente della classe lavoratrice: un muratorino diciottenne, Luigi Cappai, che tra cotanto senno appare come un pesce
fuor d'acqua: «Parlano in modo troppo
difficile per me », dice infatti. «Io credo che lo facciano apposta, per capirsi
soltanto tra loro. Ci sono rimasto male: credevo che esistesse veramente, tra
giovani, quella parità che decantano tanto, invece vedo che mi trattano
dall’alto, mi snobbano, soltanto perché non sono dei loro. Poi dicono di volersi
battere per l'integrazione razziale e mi fanno ridere perché già le differenze
di classe costituiscono una barriera che non hanno la forza di saltare».
Forse per facilitare il salto Luigi fuma ostentatamente
«Marlboro», veste con una certa ricercatezza
e, quando gli domandano cosa fa, risponde: "Lavoro nell'edilizia». E riesce,
proprio con questi atteggiamenti, a sottolineare la diversità: gli «altri»
fumano le «Nazionali» e sono tutti in uniforme da impegnato: blue-jeans,
maglioni neri, scarpa da pallacanestro, qualche collana hippy, qualche cappotto
maxi, ma soprattutto capigliature alla nazzarena (5)
e quella trascuratezza che fa intellettuale.
Come tutte le assemblee tradizionali, anche questa
si é immediata monte scissa in due fazioni avverse: da un lato i benpensanti
blasés, con ragazze sospettate di provenire da collegi di suore, tutte coi
capelli lunghi e lisci, le minigonne sopra lunghi gilet, la erre moscia, una
padronanza assoluta del jerk. D'altra i montagnardi,
(6) che hanno accolto il muratore nelle loro file, accusati di
prepararsi le domande a casa, di fare ali intellettuali ad oltranza, di voler
politicizzare ogni dibattito, di mettersi in mostra e cosi via. Il loro capo
ideale si chiama Gian Luca Caldana, ha ventitré anni e una barbetta rossa da
fauno che gl'incornicia il volto adolescente. Parla sottovoce, con il tono cauto
e misurato dei veri rivoluzionari, afferma di essere timido davanti alle
telecamere, però, questa timidezza gli scompare perché é come se discutesse con
se stesso. All’inizio, dice, sperava di poter aprire un dialogo, poi si é
accorto che era impossibile, non tanto per colpa della trasmissione, quanto per
colpa dei partecipanti: «Tra di noi noi non è nato alcun legame, il discorso si
chiude alla fine di ogni puntata e, fuori di qui, andiamo ciascuno per conto
nostro, rimanendo degli estranei ». Marcella Cavagnera, che fa parte dello
stesso gruppo di oppositori, e d'accordo con lui; «Anch'io speravo di poter dire
qualcosa di nuovo e poterlo dire alla televisione é importante. Ma appena hanno
cominciato a metterci delle etichette, sia pure scherzose, quali contestatori o
addirittura maoisti (7), ho capito che
affrontare argomenti seri significava metterli in ridicolo, e bisognava
mantenersi nei limiti del gioco domande non proprio superficiali, ma quasi, e
soprattutto fini a se stesse. Anche qui, purtroppo, si é ricreata l'atmosfera
che regna dovunque, Università compresa, una minoranza sensibile a certi
problemi e una maggioranza che questi problemi li ignora o non li sente».
La
maggioranza, ad esempio, afferma di essere qui solo perché e un modo divertente,
e insolito, per guadagnare un po' di soldi: ottomila lire a puntata
(8). A parte questo, non sembra avere grandi
interessi per la trasmissione: o posa a non averne, il che é lo stesso. Milo
Migliavacca, ventiduenne, primo anno di scienze politiche, ma una vocazione
frustrata per l'architettura, baffi, macromantello, camicina a ramages con
colletto alla coreana, trova che é abbastanza piacevole venir a contatto con i
miti della nostra era: e constatarne dappresso il vuoto cosmico. L'incontro con
Patty Pravo, dice, lo ricorderà sin che
vive: non si è mai divertito tanto. La bianchissima Patty, estremamente
suscettibile, rispose alle critiche con insulti da Trastevere e di rimando fu
sommersa dal turpiloquio ad alto livello, tanto di moda nella « bene » milanese:
sembrava di assistere ad una zuffa da mercante dei quartieri alti.
Chiusa nella cabina di regia, Carla Ragionieri
tagliava febbrilmente i primi piani perché la cantante, esperta nel play-back
(8), riusciva a rendere l’effetto di ogni
parolaccia, mimandola abilmente con la bocca a cuore, per quante fosse stato
abolito il sonoro. Non questa fu l'unica puntata tumultuosa della trasmissione,
in altre, la Ragionieri ha dovuto ricorrere alla sua consumata abilità di
regista per introdurre, al momento cruciale, un bello "stacco su ragazzini
tranquilli". Come accadde per Catherine Spaak,
la quale fece sapere all’ultimo momento di voler cantare col play-back e di
rifiutare qualsiasi domanda. Era troppo tardi per sostituirla e si dovette
lasciare che i ragazzi trasformassero il loro intervento in un "sit-in
protestatario" con grevi silenzi e facce strafottenti. I responsabili della
trasmissione si scambiavano occhiate perplesse, aspettando il peggio. Che
sfortunatamente non venne. « E dire che la Spaak e stata un po’ l’ideale della
nostra generazione», sospira Roberto Angeletti, vent’anni, studente di lingue,
ma aspirante indossatore. Ha i capelli lisci che gli ricadono graziosamente
sulle sopracciglia, la camicia azzurra a disegnini blu che guardati da vicino si
rivelano per tanti « ti amo » stampati.
Dopo l’episodio della Spaak ci fu quello,
altrettante divertente, di Peggy March.
Questa cantante, pressoché sconosciuta in Italia, e una sorta di Rita Pavone
statunitense. Intervenne a Speciale per voi con estrema condiscendenza,
pretendendo un interprete e un accompagnamento particolare, e con il sue visino
stereotipato da bambola americana, l’abitino d'argento, le mossette aggraziate
si gettò nelle fauci dei leoni. Questi emisero un solo ruggito per bocca di Gian
Luca Caldana che le domandò, con tono soave "Perché, visto che non è bella, che
non sa cantare, che non ha un briciolo di personalità, si trova qui tra noi?».
Attimo di suspense, durante il quale Arbore, con il suo sorriso a decalcomania
sulle labbra, chiese ispirazione ai numi tutelari dei poveri presentatori. Un
attimo solo, poi l’interprete tradusse brevemente e fedelmente la domanda
all'interessata. La March, con i lineamenti tesi, puntò verso il colpevole un
ditino piegato a mo' di pistola e disse: «Thank
you». «A queste punto, tagliai tutte il
resto », interviene la Ragionieri, « perché non serviva più».
«Sono queste le battute che rendono viva la
trasmissione e che io aspetto con ansia ad ogni puntata. Sono il delizioso
imprevisto, il non-sappiamo-come-andrà-a-finire. Ma non capitano sempre;
purtroppo, da questo gruppo di giovani non è uscito nessun vero personaggio, con
un tipo e un modo di esprimersi particolare. Il guaio è che sono tutti sulle
stesso piano, appartengono tutti alla stessa categoria e sono tutti
maledettamente seri ».
Speciale per voi va in onda martedì 22 aprile, alle
ore 22,10 sul Secondo Programma televisivo
(Articolo di Donata Gianeri dalla rivista
Radiocorriere TV del '69)
|
|
|
|
|
|
|
|
(1) |
Linus era una celebre rivista
fondata da Oreste Del Buono a metà degli
anni '60, che proponeva per la prima volta i fumetti come nuova forma di
comunicazione, facendoli uscire dal ghetto delle produzione minore, per
bambini, o per chi a malapena sa leggere ed ha bisogno delle figure (almeno
questo era quello che pensava la cultura ufficiale).
Arrivarono così in Italia (ma sotto forma di libro avevano già fatto una
timida comparsa) le formidabili strisce di Charles Schulz con personaggi
principali Charlie Brown,
Snoopy, Lucy
e, appunto, Linus Van Pelt (che dava il
nome alla rivista), la fantascienza di Jeff Hawke
di Sidney Jordan, la satira di Li'l Abner
di Al Capp, i fumetti francesi satirici di Wolinsky e
Copi, le tavole di mirabile sintesi di
Feiffer, il geniale Pogo di Walt Kelly, le raffinate e allusive storie
con protagonista Valentina, dalla
grafica eccezionale, dell'italiano Guido Crepax, e molti,
molti altri. Uscita nelle edicole ad aprile del 1965, in pochi mesi era
già la rivista di moda, di distinzione, e la giornalista infatti lancia una
frecciatina ai ragazzi che dicono di leggere Linus (mentre invece magari
leggono solo Tex o Tiramolla) solo per andare dietro alla corrente, e
ignorano chi sia questo Crepax. |
(2) |
Si tratta probabilmente di una allusione a
Fabrizio De Andrè, che non frequentava
affatto i cabaret (anzi all'epoca non cantava proprio in pubblico) ma che
sicuramente non frequentava neanche i programmi Rai, perché la maggioranza
delle sue canzoni erano censurate
dalla emittente statale. Ma ciononostante era diventato celebre tra gli
studenti liceali e universitari che acquistavano in grande numero i suoi
primi album. |
(3) |
Il riferimento è al "Living
Theatre", la compagnia di Judith Malina
e Julian Beck che portava in giro per il
mondo, negli anni '60, una proposta completamente innovativa nel teatro di
avanguardia. Certo occorreva un buon grado di coinvolgimento per riuscire ad
apprezzarli. |
(4) |
Arbore non aveva ancora iniziato l'avventura
di
Alto gradimento ma, a quanto pare in RAI
(il Radiocorriere era la rivista di casa) l'avevano già inquadrato. |
(5) |
"Alla nazzarena"? Cioè come il nazzareno,
ovvero Gesù Cristo. Insomma, capelloni. L'ossessione italiana per i capelli
lunghi dei maschi continuava. |
(6) |
E chi sono mai questi "montagnardi"? Anche
all'epoca la parola diceva qualcosa solo a liceali freschi di studi (sono la
fazione "a sinistra" negli stati generali della Rivoluzione francese, ma non
la più radicale, che erano come noto la fazione dei montagnardi chiamata
"giacobini"). La giornalista probabilmente vuole alludere ad un'altra
parola, che evita prudentemente in una rivista per famiglie come il Radiocorriere, la parola "comunisti". |
(7) |
Ma ormai c'erano anche i comunisti più a
sinistra dei comunisti, i maoisti, seguaci del "grande timoniere" il
presidente Mao Zedong, la cui tomba si
trova ancora al centro del centro della Cina (nella piazza Tien An Men di
Pechino), Cina diventata però nel frattempo il paese più capitalista e
contemporaneamente meno liberale del mondo. Come si diceva all'epoca e come
ricordava Bruno Lauzi:
arrivano i cinesi!. |
(8) |
Nell'Italia pre-inflazione del '69 un'auto
media costava un milione di lire, l'affitto di una casa poteva essere 20 o
30 mila lire, un discreto stipendio era 100 mila lire, la rivista mensile
Quattroruote costava 300 lire. Ottomila lire non erano affatto
disprezzabili. |
(9) |
Altra piccola ossessione italiana dell'epoca,
a partire dall'episodio a Sanremo nel 1962 che aveva coinvolto Bobby Solo,
erano i cantanti che non cantavano dal vero, come i campioni del canto
all'italiana (tipo Claudio Villa). Da qui il lieve accenno di disprezzo che
emerge nell'articolo. |
|
Per dare una idea di cosa passava in RAI
grazie a Speciale per voi e al grande Renzo Arbore, suggeriamo di cercare un video
presente su YouTube (ogni tanto sparisce, ma poi ricompare) dove al pubblico di ragazzi un
po' perplessi (chissà perché?) vengono presentate
Le Orme impegnati in una
loro ottima versione di Blue Rondo' a la Turk (sulla scia degli Emerson Like
& Palmer) con il virtuoso tastierista Toni Pagliuca in grande evidenza (ma
poche parole).
La trasmissione è del 1970. |
|
|
|
|
Ma che fine hanno fatto
gli studenti e i personaggi citati nell'articolo? Quaranta
e più anni dopo cosa rimane della loro voglia di cambiamento? Cercando in Internet
si trova un Gian Luca Caldana, psicologo e specialista di psicanalisi
applicata al cinema. Sarà lui? Si trova anche un Milo Migliavacca, designer
di moda da anni trapiantato a Bali, sarà lui l'ex ragazzo così interessato
al look (è probabile). Sempre a Milano (dove erano gli studi di
registrazione) vive e lavora Marcella Cavagnera, docente di Lingue e
Letterature straniere (probabile che sia lei anche in questo caso). Più
difficile individuare un nome più comune come Roberto Angeletti, che molto
probabilmente non ha fatto poi l'indossatore, e nessuna notizia
individuabile dell'unico lavoratore tra cinquanta studenti, Luigi Cappai.
La giornalista Donata Gianeri, autrice dell'articolo, ha continuato la
carriera al Radiocorriere, per poi passare ad altre testate, tra cui La
Stampa e Bell'Italia, e si trovano riferimenti a suoi articoli fino al 2002
(probabilmente era quasi coetanea dei ragazzi che intervistava). |
|
Se qualcuno dei partecipanti alla trasmissione
incappasse in questa pagina e
ci scrivesse per
confrontare i suoi ricordi sarebbe veramente una cosa interessante e
apprezzata. |
|
|
©
Note
Musica
& Memoria / Gennaio
2009 / L'articolo è stato messo a disposizione di
M&M
da Paolo Mulas / L'articolo è pubblicato per il suo evidente interesse
storico, per soli scopi di ricerca e critica musicale e di costume (vedi
anche il Disclaimer
per ogni altra esigenza) |
CONTATTO |
MENU |
HOME |
Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons.
|