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Mini guida alla fotografia digitale- 2. Fotografare in manuale |
Se in automatismo si
raggiungono già buoni risultati (vedi la
prima parte della
guida), perché abbandonarlo a rischio di non ottenere risultati
ottimali? Perché si possono controllare direttamente i
tre parametri fondamentali della
fotografia, che determinano la riuscita della foto e il cui effetto non
è possibile correggere in post produzione. Adattandoli alle condizioni
di ripresa più difficili e meno comuni, che in automatismo possono
essere non gestibili o non ben interpretate. Per ognuno di essi, passando
in funzionamento semi automatico o manuale, il fotografo può scegliere
autonomamente il valore che vuole utilizzare nella foto. Come fanno i
professionisti dell'immagine (quando non scelgono anche loro il
funzionamento in totale automatismo). |
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Nella fotografia analogica la
ripresa in manuale, senza ausilio di esposimetro e automatismi vari, era
la modalità più difficile ed era riservata a fotografi esperti, in grado
di valutare ad occhio le condizioni di luce, grazie alla conoscenza
della tecnica fotografica ed a semplici regole mnemoniche. Fotografavano
così, almeno in luce naturale, Cartier-Bresson, Robert Capa, William
Eugene Smith e tutti i grandi fotoreporter del periodo classico, La
conferma della corretta regolazione della foto arrivava però dopo che la
foto era sviluppata, troppo tardi, in caso di errore. Ma in manuale, in
mancanza di automatismi efficaci che le macchine fotografiche dell'epoca
non mettevano a disposizione, si otteneva la massima rapidità di
ripresa, esigenza numero uno per il foto reporter. |
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Per prima cosa bisogna
impostare la macchina in manuale (M) e, nel caso della reflex, abilitare
la visione dal display (con il mirino reflex non è possibile ottenere
l'anteprima dell'immagine). Poi si inquadra una scena qualsiasi con lo
zoom in posizione intermedia, in condizioni di luce non ottimali, ad
esempio un angolo della stanza, una zona in ombra all'aperto, si imposta
il diaframma sulla massima apertura e si confronta come appare la scena
sul display e come la vediamo con i nostri occhi. Di solito sarà più
scura, perché il nostro occhio ha una "apertura" pari ad 1, mentre
l'obbiettivo della macchina fotografica, attraverso il quale il display
compone l'immagine, ha una frazione di quella luminosità. Di solito sarà
f:3.5 o anche meno, e quindi tre volte e mezzo di meno. Agiamo allora
sul tempo di esposizione, aumentandolo (anche qui è una frazione, quindi
più è piccolo e più è lungo) e vedremo la scena schiarirsi. Per esempio
se all'inizio era 1/200 e saliamo a 1/30 ed oltre (sul display si
possono leggere tutti questi valori man mano che li cambiamo).
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Cosa abbiamo imparato |
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Abbiamo potuto verificare con i nostri occhi, senza ricorso a manuali e guide, l'effetto dei parametri principali e quindi possiamo renderci conto che in condizioni di luce non ideali una foto riuscita richiede di trovare il miglior compromesso tra esigenze contrapposte. Ed è questo il motivo per cui l'automatismo non sempre riesce a garantire il risultato ottimale, perché il compromesso ideale possiamo giudicarlo solo noi, in base al risultato che vogliamo ottenere, che può essere diverso da quelli predefiniti (pur se sempre più variegati) che prevede il computer della macchina fotografica. Quindi, come agire? |
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Se il soggetto lo consente, quindi se è statico, possiamo anche utilizzare la modalità manuale che abbiamo già visto, aggiungendo anche magari il controllo della profondità di campo che si ottiene aprendo o chiudendo il diaframma, e utilizzando alternativamente la messa a fuoco automatica o manuale. Potremmo addirittura montare la macchina su un cavalletto, anche se non è indispensabile, e con pazienza e controllando i risultati ogni volta con attenzione potremo raggiungere il risultato desiderato con una discreta approssimazione alla perfezione. Grazie alla connessione wi-fi (con la Sony) si possono anche inviare le immagini appena scattate a un computer o a un iPad ed osservarle su schermo grande. Possibilità ignote ai tempi dell'analogico o disponibili solo, in parte, per le macchine super professionali a grande formato su banco ottico. |
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Non sarà una situazione molto frequentemente applicabile, quella descritta in precedenza, anche se potremo usarla in diversi casi, anche per i ritratti, ma di sicuro non è adatta per le foto d'azione o con soggetti in movimento più o meno rapido. Per le esigenze più comuni sono disponibili i semi automatismi che esistono sin dai tempi delle macchine analogiche, ma elettroniche, dagli anni '80: il funzionamento a priorità dei tempi o a priorità dei diaframmi; due modalità che sono disponibili anche sulle digitali attuali. |
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Il funzionamento a priorità dei tempi (Tv o S) si comprende subito partendo dall'esempio precedente. Si fissa un tempo di esposizione massimo che dà la sicurezza di non avere l'effetto mosso e poi si lascia alla macchina fotografica la scelta del diaframma. Ma fissando il valore degli ISO (vedi dopo). Il tempo massimo ammesso dipende dalla lunghezza focale, è meno critico per i grandangolari e più critico per i teleobiettivi, e si può consultare nella tabella seguente.
(Nell'ultima colonna è indicata la lunghezza focale selezionata sullo zoom, che possiamo leggere sull'obiettivo (Canon) o sul display (Sony) e, accanto, il tempo di esposizione che garantisce con sicurezza di non avere foto mosse. In condizioni ottimali (mano ferma, possibilità di appoggiarsi, ecc.) il tempo può essere prolungato del doppio, cioè 1/60 diventa 1/30 e così via) Al'opposto, la priorità dei tempi si può anche usare per ottenere l'effetto contrario, cioè il mosso intenzionale. Utile e quasi indispensabile soprattutto per le riprese dell'acqua in movimento, fontane, cascate e simili, consente di ottenere un risultato vicino a quello che vediamo noi umani. Si imporrà in questo caso un tempo relativamente lungo, 1/30 o anche più. Stando però attenti a tenere la macchina ben ferma. |
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Il funzionamento a priorità dei diaframmi (Av o A) garantisce invece contro il rischio di foto sfocata, infatti, con i diaframmi più chiusi, specie con i grandangolari, una zona ampia dell'immagine è a fuoco in modo più o meno ottimale e la foto sarà utilizzabile anche in caso di messa a fuoco affrettata o imprecisa. Fissando questo diaframma minimo sotto il quale non scendere si avrà questa garanzia, e la macchina in questo caso varierà automaticamente i tempi (con rischio di mosso). La priorità dei diaframmi può essere usata anche al contrario per garantire che lo sfondo sia sfocato, un effetto ricercato soprattutto nei ritratti all'aperto. |
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Infine esiste il funzionamento programmato (P) che regola entrambi i parametri per trovare il miglior compromesso in base alla focale dell'obiettivo. Stretto parente del funzionamento in automatico, si differenzia perché l'unico algoritmo utilizzato è in pratica la tabellina dei tempi anti-mosso visualizzati prima. Mentre nel funzionamento automatico delle digitali il computer valuta anche la composizione dell'immagine per confrontarla con una serie di modelli di foto memorizzate e quindi agire di conseguenza. Trovando spesso la combinazione migliore, ma non sempre, e non sotto il nostro controllo. |
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Gestione automatica della sensibilità, ovvero: attenzione agli ISO |
Le macchine digitali hanno però anche la possibilità di variare la sensibilità (cosa impossibile nelle analogiche, dove la sensibilità era quella della pellicola, al massimo nei modelli professionali tipo Hasselblad si poteva sostituire al volo il dorso porta-pellicola). Per sfruttare questa potente possibilità le macchine sono impostate di solito come default in "ISO Auto". Per usare le modalità semi automatiche descritte in precedenza allo scopo di ottenere i migliori risultati questa possibilità deve essere bloccata. Altrimenti la macchina utilizzerà quasi sempre sensibilità molto elevate per superare i vincoli imposti, con il rischio di una elevata "sgranatura" (in digitale si parla di degrado dell'immagine). Dovremo essere invece noi a scegliere e imporre la sensibilità in base alle condizioni di luce. Per esterni normali di giorno si può scegliere il valore 400 ISO, di sera o in poca luce meglio stare sicuri sui 1600 ISO. In tutti i casi sarà opportuno controllare prima l'effetto della regolazione scelta con una serie di foto test preventive. |
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Automatico o manuale? |
Quando si ha una idea precisa del risultato che si vuole ottenere e delle condizioni in cui si lavorerà, dopo aver ottenuto con le prime esperienze un sufficiente controllo della macchina fotografica, si può abbandonare il rassicurante automatismo e avventurarsi nei territori impervi del manuale o del semi-automatismo, avendo il vantaggio di poter comunque controllare in tempo reale i risultati. Tra tutte le modalità disponibili è particolarmente utile la priorità dei tempi, che mette al sicuro rispetto all'errore di ripresa più pesante e irrimediabile: il mosso. Anche in automatismo totale si dovrebbe avere la stessa garanzia, ma la maggior complessità degli algoritmi utilizzati potrebbe comportare qualche sorpresa. Se dobbiamo fare una serie di foto importanti in movimento e in condizioni poco controllate meglio affidarsi alla vecchia e sicura priorità dei tempi. Questo per iniziare. Il resto verrà con un metodo di miglioramento che rimane il migliore e insuperabile: l'esperienza. |
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© Alberto Maurizio Truffi - Musica & Memoria Marzo 2014 |
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