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Macchine fotografiche digitali |
I fotografi fin dall'inizio della storia della "settima arte" hanno in mente la macchina fotografica ideale. Dovrebbe avere un mirino che consenta di vedere l'immagine come sarà alla fine, una volta stampata la foto, essere versatile, avere quindi obiettivi intercambiabili per fotografare da vicino e da lontano, gestire automaticamente l'esposizione e la messa a fuoco per fare foto con la massima velocità e immediatezza. Il tutto con la massima qualità, la massima compattezza per portarsi sempre dietro l'apparecchio, la massima silenziosità per non disturbare i soggetti. E possibilmente, avere anche un prezzo accessibile. Ai tempi della fotografia analogica questi requisiti, in parte tra loro contrastanti, sono stati soltanto approssimati con alcuni storici apparecchi, come la Leica e Contax a telemetro e soprattutto le SLR, le reflex 35mm. La fotografia digitale consente invece di conseguire tutti i requisiti della macchina ideale, anche se in realtà di apparecchi reali con tutte assieme queste caratteristiche curiosamente ce ne sono pochissimi.
La
migliore approssimazione e' rappresentata ancora dalle SLR, ora
digitali, e quindi con automatismi di esposizione ancora superiori alle
analogiche, maggiore autonomia di immagini grazie alle moderne memorie
super-capienti, pre-visione delle immagini sullo schermo LCD,
silenziosità totale bloccando lo specchio. E una qualità che ha
prima aggiunto e poi superato quella del 35mm (nella foto la
Canon EOS-1D X Mark III). L'industria però ha pensato anche a questa esigenza proponendo apparecchi con caratteristiche semi-professionali ma senza specchio ma sempre "Through-The-Lens" (cioè con visione attraverso l'obiettivo). Sono le fotocamere "mirrorless" a obbiettivi intercambiabili, un settore comunque abbastanza di nicchia e nel quale non sono presenti le macchine a prestazioni super-professionali, che rimangono territorio esclusivo delle SLR. Con queste premesse abbiamo
introdotto le macchine fotografiche digitali partendo dagli elementi
fondamentali per la qualità e la utlizzabilità, ed e' possibile
classificare per categorie i vari tipi di apparecchi. Non prima di fare
una ulteriore considerazione su un'altra importante differenza tra la
tecnologia analogica e quella digitale. |
A parte la compattezza che tecnicamente è raggiungibile (e qualche soluzione esiste) la tecnologia digitale in sè stessa ha un solo vero limiterispetto all'analogico, ma importante: la obsolecenza. Come abbiamo visto l'architettura degli apparecchi è sostanzialmente la stessa, nulla di nuovo per la parte ottica e elettro-meccanica. L'unica differenza è che per catturare l'immagine, invece che un processo foto-chimico che impressiona una porzione di pellicola, ora c'è una sorta di decoder analogico-digitale, un sensore a componenti fotosensibili ed elettronici (CMOS o CCD sono le due tecnologie utilizzate) che, assistito da un computer specializzato e dal suo software (il processore) scompone l'immagine in unità elementari (i pixel) applicando tutte le correzioni del caso. Il processore poi si occupa di registrare l'immagine così acquisita in una memoria per computer, interna o intercambiabile (le schede di memoria). Si capisce subito da questa descrizione estremamente sintetica del processo qual è la differenza fondamentale tra il mondo digitale e quello analogico, in fotografia: la pellicola era intercambiabile, non era legata in alcun modo all'apparecchio fotografico. Mentre il sensore digitale e il processore sono la parte fondamentale e peculiare di una macchina digitale. Questo comporta che, nel mondo attuale nel quale i produttori di hardware puntano alla crescita continua delle prestazioni (in tutti i settori, tranne che nella musica) per via della forte competizione, e probabilmente anche per favorire il ricambio continuo, le macchine digitali sono condannate inevitabilmente alla obsolescenza. Una macchina analogica di buona qualità di 50 anni fa, se ben tenuta, una Leica M3, una Nikon F, per esempio, consente di realizzare immagini con la stessa qualità di un apparecchio analogico di oggi, se usa la stessa pellicola. Magari con minore comodità, senza zoom e autofocus, ma con una qualità di immagine dello stesso livello. Non così per le macchine digitali, i modelli di punta anche di solo 5-10 anni fa hanno prestazioni nominalmente inferiori a quelli di apparecchi medi di oggi. E' una differenza in realtà solo teorica, perché riguarda la qualità massima ottenibile, ovvero il massimo ingrandimento ottenibile senza degrado visibile dell'immagine. Se non ci interessa stampare le nostre foto in formato poster (50 x 60) non saremo obbligati a sostituire la reflex di 5 o 10 anni fa. Nelle immagini che comunemente faremo, ingrandimenti inclusi, gli altri elementi (per esempio le ottiche) continueranno a fare la differenza. E soprattutto questo limite si sta spostando progressivamente fuori dall'area di interesse degli amatori. Nel senso che la differenza, con i livelli ormai raggiunti dalle SLR, si è ormai trasferita a requisiti fotografici sempre più estremi. Ciò non toglie che la non intercambiabilità del sistema per la cattura delle immagini rimane e, per beneficiare di futuri progressi al momento non prevedibili della tecnica di acquisizione, dovremo cambiare macchina, anche se potremo riutilizzare il parco obbiettivi.
Da aggiungere che la
fotografia digitale porta con sé un inedito problema, sconosciuto alle
analogiche: il rischio polvere per le macchine ad ottiche
intercambiabili. Nella analogiche si poteva posare solo su parti che poi
sarebbero sparite al momento dello scatto (lo specchio, l'otturatore a
tendina, il volet). Se anche polvere fosse rimasta dentro l'apparecchio
e si fosse posta sulla pellicola avrebbe
interessato una foto o due, perché la pellicola scorre. A meno di
cambiare obiettivo nel mezzo di una tempesta di sabbia nel Sahara. |
Escludendo la parte ottica, che come si è visto non
presenta differenze rispetto al mondo analogico, gli elementi
progettuali che influenzano maggiormente il posizionamento di un
apparecchio in una scala di qualità sono tre: la tecnologia del sensore, la
dimensione del sensore e le
prestazione del processore digitale che
trasforma i valori rilevati dal sensore in immagine. |
La tecnologia del sensore |
Non è un elemento che si può utilizzare per selezionare il proprio apparecchio ideale, perché delle due tecnologie possibili solo una, la CMOS (Complementary Symmetry Metal Oxide Semiconductor) è utilizzata per le macchine più diffuse, incluse quelle di fascia alta. L'altra tecnologia alternativa, la prima sviluppata, CCD (Charge Coupled Device), pur tuttora valida ma meno versatile, è usata solo per alcune macchine super professionali di medio formato o occasionalmente per altre di fascia alta, come la Leica M9 nella immagine precedente o la Canon EOS 1D in alcune serie. |
La dimensione del sensore |
Nell'immagine seguente, tratta da Wikipedia, sono messe a confronto le dimensioni del sensore dei principali formati attualmente in uso.
Come si vede, prendendo a riferimento base il più diffuso formato analogico, il 24x36 su pellicola 35mm (o 135) indicato come full-frame (immagine piena) i formati più diffusi del sensore per le macchine digitali presentano una grande variabilità e arrivano a dimensioni inferiori di diverse volte rispetto a quelle adottate dagli apparecchi semi-professionali. In questa tabella più dettagliata (elaborazione di Musica & Memoria) sono confrontati su più elementi i vari formati. Le dimensioni (altezza, larghezza, area, diagonale) sono in millimetri. |
Formato |
Altezza |
Larghezza |
Area |
Rapporto |
Diagonale |
Crop Factor |
---|---|---|---|---|---|---|
KAF 39000 | 36,80 | 49,00 | 1.803,20 | 209% | 61,3 | 0,71 |
Fuji Large Format | 33,00 | 44,00 | 1.452,00 | 168% | 55,0 | 0,79 |
35 mm Full Frame | 24,00 | 36,00 | 864,00 | 100% | 43,3 | 1,00 |
Canon APS-H | 19,00 | 28,70 | 545,30 | 63% | 34,4 | 1,26 |
APS-C | 15,70 | 23,60 | 370,52 | 43% | 28,3 | 1,53 |
Canon APS-C | 14,80 | 22,20 | 328,56 | 38% | 26,7 | 1,62 |
Micro Four Third (MFT) | 13,00 | 17,30 | 224,90 | 26% | 21,6 | 2,00 |
Nikon 1 (CX) | 8,80 | 13,20 | 116,16 | 13% | 15,9 | 2,73 |
2/3" | 6,05 | 9,07 | 54,87 | 6% | 10,9 | 3,97 |
1/1.7" | 5,70 | 7,60 | 43,32 | 5% | 9,5 | 4,55 |
1/2.5" | 4,29 | 5,76 | 24,71 | 3% | 7,2 | 6,02 |
Il primo formato è relativo a un sensore CCD di alte prestazioni sviluppato dalla Kodak per gli apparecchi professionali da studio in medio formato. Esistono altri sensori ad alte prestazioni ma siamo ai massimi livelli attuali per la fotografia digitale. Costi altissimi per gli apparecchi che l'adottano e giustificati solo da un uso veramente professionale. Il "large format" è proposto dalla casa giapponese per alcuni modelli professionali anche mirrorless e di medio prezzo come la GFX 50R. Il full frame è adottato dai produttori principali (Canon, Nikon, Sony per alcuni modelli di punta e anche Leica) per consentire l'uso senza variazioni di angolo di campo degli obiettivi già prodotti per il formato 35 mm. Era diretto in origine quindi soprattutto ai professionisti o ai fotoamatori evoluti che avevano investito in un consistente parco obiettivi e che in questo modo possono continuare ad usarli, senza perdere nulla delle loro prestazioni anche passando al digitale, ma è diventato nel tempo lo standard per i fotografi professionisti operanti nel fotogiornalismo e simili usi. Per chi non ha queste esigenze, per chi parte da zero o non ha obiettivi particolarmente pregiati, la scelta di questo formato non porta vantaggi decisivi perché, grazie a processori digitali sempre più perfezionati, anche con dimensioni inferiori si possono ottenere prestazioni equivalenti, che presentano differenze lievi solo in casi molto particolari. Sono i vari formati APS, quelli usati normalmente in molte eccellenti macchine digitali sia reflex che mirrorless. Anche questo fa riferimento ad un formato analogico (o quasi) l'Advanced Photo System della Kodak, il formato che nelle intenzioni della casa americana doveva fare da ponte graduale verso il digitale (e non è andata così). I formati inferiori sono stati progressivamente abbandonati dalla seconda metà degli anni 10 per via del continuo incremento di qualità della sezione foto degli smartphone, che ha presto superato quella delle compatte digitali e nei modelli superiori veramente di tutto rispetto, rendendo inutile per la gran parte degli utenti portarsi dietro una fotocamera compatta di non grande qualità assieme allo smartphone, che ognuno ha sé. Dalla tabella si può osservare un altro elemento fondamentale per classificare i vari modelli: la diagonale, che corrisponde alla lunghezza focale dell'obiettivo "normale", cioè dell'obiettivo che ha all'incirca lo stesso angolo di visione soggettivo dell'occhio umano. La lunghezza focale è la distanza tra il centro focale dell'obiettivo (dove è posizionato il diaframma) e la pellicola (o il sensore). Per il classico 35 mm il "normale" è da sempre il 50 mm. Per una APS, dovrebbe essere circa la metà, per una compatta o per uno smartphone anche meno di un cm. La disponibilità di sensori di dimensioni ridotte ma di alte prestazione consente quindi di ottenere scatti di grande qualità anche con uno smartphone. Il "crop factor" (che è un rapporto tra la diagonale del formato con il formato full-frame) serve essenzialmente per riportare la lunghezza focale a quella nota e memorizzata dai fotografi per gli obiettivi grandangolari, tele del formato 35mm, un tempo lo standard. Ad esempio, sapendo che un classico grandangolare ha una focale di 28mm e un angolo di campo di 75°, l'equivalente per un macchina APS è un 17mm, mentre un 83mm corrisponde al classico tele 135mm. |
I formati "cancellati" dagli smartphone |
Il formato MFT, ancora più ridotto in dimensioni rispetto al APS, era stato proposto da Olympus e Panasonic per produrre apparecchi più compatti (soprattutto "mirrorless", ma anche reflex) mantenendo una buona qualità. La Nikon nel 2011 ne ha proposto uno ancora più ridotto per la sua mirrorless super compatta, la Nikon 1. Il formato Nikon 1 è stato abbandonato mentre continuano ad essere prodotti, soprattutto da Olympus, modelli MFT che forniscono come vantaggio rispetto allo smartphone obiettivi zoom con estensione maggiore od obbiettivi intercambiabili. Sono quindi diretti ormai a un mercato di nicchia, avendo prezzi simili alle più performanti APS. Infine gli ultimi 3 formati della tabella sono quelli che erano utilizzati dalle compatte più comuni e diffuse, le macchine che si mettono in tasca, con obiettivo zoom a scomparsa che tutti avevamo in casa. Come si vede la dimensione del sensore arriva a meno del 10% del full frame ma, grazie alla tecnologia sempre più raffinata dei sensori e del processore a corredo, le prestazioni ottenibili, se si rimane sino a formati comuni (A4, schermo PC), possono produrre immagini comunque buone, ma confrontabili a quelle degli smartphone e con meno funzionalità di correzione. Pur essendo ancora prodotti modelli di fotocamere di questa classe si tratta di un mercato iormai calante. |
Il processore digitale |
I processori sono il "capitale" delle case produttrici maggiori, che sono in competizione continua tra loro e inseriscono sempre nuove funzionalità, oltre ad incrementare continuamente le prestazioni, inserendo sempre nuovi accorgimenti per sfruttare al massimo l'output del sensore digitale. |
I super esperti possono
provare a valutare a confronto le caratteristiche dei processori di
Canon o Nikon e scegliere il migliore in produzione, ma il continuo progresso potrebbe
cambiare in fretta i valori. Quindi nella pratica si segue più la
reputazione della marca che l'analisi accurata di parametri e
funzionalità, il cui utilizzo non è detto che ci sarà. Marche che si sono
ormai consolidate come leader, sono le più volte citate Canon e Nikon,
seguite dalle altre
due principali provenienti dal mondo analogico, Olympus e Fuji, e le due
principali provenienti dal mondo dell'elettronica, Sony e Panasonic. |
Prima di scegliere la
macchina digitale per le foto più impegnative bisogna individuare
quale categoria è la più adatta alle nostre esigenze. Non abbiamo in
questo caso "l'imbarazzo della scelta" perché in sostanza queste
categorie sono soltanto due: le SLR e le mirrorless. |
Una
SLR reflex (con mirino ottico e
specchio) è la scelta ideale
per chi attribuisce alla fotografia una forte priorità. Professionisti a
parte, chi non ha problemi a portarsi dietro una attrezzatura
ingombrante e non ha bisogno di scendere a compromessi con altre
esigenze che possono sorgere durante un viaggio. |
Mirrorless a obbiettivi intercambiabili |
L'alternativa alle SLR reflex sono le mirrorless ("senza specchio") in formato APS. Stesse prestazioni delle SLR in formato APS, e stessa versatilità grazie all'ottica intercambiabile, ma compattezza tale, anche con un paio di obiettivi in più, da portarsi la macchina dietro anche durante il giro per negozi che dovete fare per forza con la vostra compagna (o compagno). Ed evitare così di perdere magari le foto migliori del viaggio (o di doverle fare con lo smartphone). Mantenendo comunque la possibilità di osservare l'immagine nel modo più preciso, attraverso l'obiettivo di ripresa, grazie al display LCD posteriore. Le mirrorless inoltre hanno un sistema autofocus che può essere più performante di quello delle SLR con mirino ottico, perché l'obiettivo vede direttamente il sensore, e anche per le riprese video possono essere più adatte perché non è necessario sollevare lo specchio e passare alla visione su LCD, rinunciando al mirino. Il problema arriva solo al momento della ripresa. Per chi è abituato al comodo e luminoso mirino di una reflex, nel quale si può vedere la foto come sarà con grande esattezza in ogni situazione di luce, cercare di intravedere l'immagine sullo schermo posteriore in piena luce può essere un grosso limite, anche se può aiutare un paraluce o la maggiore luminosità degli ultimi modelli. Per ovviare a questo limite le mirrorless di fascia alta hanno a bordo anche un mirino ad altezza dell'occhio, che può essere realizzato con tre tecnologie diverse: |
|
Il mirino ottico tradizionale consente la visibilità
ottimale in tutte le condizioni di luce, ma non guarda attraverso
l'obiettivo, e quindi non può seguire i cambi di obiettivo o
l'escursione dello zoom, a meno di non adottare un sistema di lenti
sincronizzato con gli obiettivi o di cornicette sempre sincronizzate
come quello adottato nella Leica M degli anni '60 (tutto meccanico). Nel seguito vediamo tre esempi di mirrorless con tre diverse soluzioni per il mirino. I modelli citati non sono gli ultimi in commercio (impossibile tenere dietro alla mercato) ma le caratteristiche commentate rimangono le stesse. |
La luminosità e naturalezza del mirino ottico rangefinder (accompagnato dal display LCD) è però tornata ad essere una alternativa nel settore delle mirrorless grazie alla Fuji, che ha proposto alcuni modelli che adottano questa modalità di visione. Bisogna però rinunciare a qualcosa. Nel caso del modello Finepix X100 ad un requisito che da sempre contraddistingue le macchine fotografiche professionali: l'obiettivo intercambiabile e la conseguente versatilità dell'apparecchio, che può adattarsi così alla maggior parte delle situazioni fotografiche. Nel caso del modello X-100 alle ottiche zoom e ai teleobbiettivi più spinti.Per avere una caratteristica positiva bisogna accettarne una negativa.
La
Fuji Finepix X100 è una APS-C di eccellente qualità. Sarebbe la macchina
ideale se non avesse un limite che non la rende una possibile
alternativa ad una SLR, se non sforzandosi molto: l'obiettivo non solo
non è intercambiabile, ma non è neanche zoom. Una macchina quindi con un
eccellente obiettivo semi-grandangolare (equivalente al 35mm) che può
essere paragonata, più che alle compatte di un tempo, alla Rolleiflex. La Fujifilm X-PRO1 (nella immagine precedente) è invece una macchina più completa e comparabile alle mirrorless e SLR migliori, essendo dotata di ottiche intercambiabili oltre che di caratteristiche generali di alta qualità, con sensore in formato APS e diverse innovazioni tecnologiche nella modalità di cattura delle immagini. Il mirino è ibrido ottico ed elettronico. I limiti sono rappresentati dalle dimensioni, ormai non più compatte, e dalla limitazione nell'utilizzo degli obbiettivi zoom. Il mirino ottico rangefinder infatti supporta in modo completo soltanto ottiche a focale fissa. Montando obbiettivi zoom (che al momento del lancio infatti non erano neanche disponibili) l'inquadratura al variare dello zoom viene indicata nel mirino con una cornicetta come nella classica Leica serie M. Va bene che qui c'è anche il display LCD posteriore che mostra esattamente l'immagine inquadrata dall'obbiettivo ma l'uso ideale per cui è pensato questo apparecchio è con le ottiche a focale fissa.Questo significa rinunciare a parecchi vantaggi della tecnologia digitale, avendo in compenso il problema del cambio di obiettivo descritto in precedenza. Il tutto ad un costo dello stesso ordine di grandezza di una buona e versatile reflex. Un'alternativa quindi "di nicchia", da considerare attentamente e da parte di fotografi che hanno l'esigenza o la preferenza per un apparecchio specializzato o una spiccata nostalgia per le tecnologie vintage. |
La Fuji Finepix X100 è ora (2020) sostituita dalla Fujifilm X100F (caratteristiche simili, diverso sensore) mentre la Fujifilm X-PRO1 è ora diventata Fujifilm X-PRO3. |
Le due case principali che dominano il mercato professionale ed amatoriale evoluto e, grazie a questa posizione acquisita ormai da decenni, preminenti anche nel mercato consumer, sono state a lungo a guardare senza entrare nel nuovo settore delle mirrorless. Nel 2012 hanno però presentato entrambe modelli di questo tipo. Il forte sviluppo che ha ormai questo segmento non consente di starne fuori. Completamente diverse le scelte dei due maggiori produttori mondiali, unite però nel trascurare lo standard micro 4/3. La Canon è arrivata per ultima, ha beneficiato della esperienza dei concorrenti ed ha puntato in alto. La serie Canon EOS M utilizza lo stesso sensore delle reflex Canon di fascia media, e anche le stesse ottiche (con adattatore), incluse quelle delle precedenti macchine analogiche. Prestazioni eccellenti in dimensioni veramente minime (a parte le ottiche) ma nessun mirino elettronico, neanche opzionale. E prezzo anche superiore alle reflex di pari qualità. Il target sembrano quindi essere i professionisti e i fotoamatori evoluti che già hanno una reflex Canon, e che possono avere così una seconda macchina compatta e da portare sempre con sé, con prestazioni equivalenti e all'occorrenza anche in grado di utilizzare gli stessi obiettivi. Assieme a tutti quelli che sono in cerca di compatte di fascia alta e disponibili a pagarne il prezzo (e il prestigioso nome Canon). Altra scelta di Canon è stata centralizzare i comandi sullo schermo touch screen, in stile smartphone. Una semplificazione per il secondo target ma anche per il primo, che ha comunque una reflex per l'uso manuale (che è possibile anche con la mirrorless, ma certo non semplice in piena luce e in reportage). Del tutto diversa la scelta della Nikon, che è arrivata prima (2011), e ha puntato su una sorta di compatta di fascia alta, con in più il vantaggio del celebre brand. Per il modello della Nikon, che si chiama proprio Nikon 1, la casa giapponese ha scelto un formato addirittura inferiore al micro 4/3, accompagnato però da un raffinato e potente sensore che consente comunque di realizzare immagini di qualità molto più elevata di una compatta consumer e soprattutto (plus molto spinto) foto a raffica con elevata frequenza. Non è stato un modello fortunato ed è cessata la produzione dopo pochi anni. Ora la Nikon propone solo delle mirrorless a "forma di reflex" delle quali non si capisce la necessità. |
La tecnologia fotografica digitale è in continua evoluzione, escono sempre nuovi modelli e questa pagina, la cui prima stesura è a gennaio 2012 e poi aggiornata nel 2020, ha fatalmente e inevitabilmente caratteristiche di elevata obsolescenza. Le considerazioni generali rimangono sempre valide, ma per la ricognizione di quello che offre il mercato della macchine fotografiche digitali di qualità consigliamo di controllare sempre la data dell'ultimo aggiornamento. All'ultimo aggiornamento la tecnologia digitale ha reso disponibili almeno due famiglie di modelli che superano ormai, in buona parte, le limitazioni descritte in precedenza, consentendo di arrivare ad un buon compromesso tra le esigenze di qualità, efficacia di visione e compattezza. Ci riescono attraverso la tecnologia OLED (organic light-emitting diode) evoluzione come noto dell'LCD, che consente di realizzare mirini elettronici con buona qualità di visione e ridotto effetto scia muovendo l'apparecchio. Il limite rispetto alla visione con mirino ottico rimane sempre che la visione avviene attraverso il sensore, e quindi è sensibile alle regolazioni della macchina. In concreto può avvenire che l'immagine sia troppo chiara o troppo scura e non si riescano a vedere bene nel mirino i particolari in ombra o in piena luce se non modificando le regolazioni di tempo, sensibilità ed eventualmente apertura diaframma. Le case che hanno adottato questa soluzione tecnologica sono (per ora) la Sony e la Fuji per le loro mirrorless di punta, ed in più è stato adottato per questi modelli anche il formato APS-C, garantendo così risultati del tutto in linea con le migliori SLR di Canon e Nikon. La Sony NEX-7 (nella immagine) o la successiva NEX-6 hanno le dimensioni compatte delle mirrorless di ultima generazione e prestazioni da top di gamma (sensore APS-C da ben 24MB nella 7 e da 16, più pratico e soprattutto veloce, nella 6) con mirino elettronico OLED inserito già nel corpo macchina. Sufficientemente luminoso anche se sempre meno pratico di un semplice mirino ottico, ma con visione attraverso l'obiettivo e pieno supporto di zoom e teleobbiettivi, consente di usare l'apparecchio in modo intuitivo e soprattutto di vedere cosa si sta fotografando anche quando i soggetti (animati o meno che siano) sono rivolti al sole in una bella giornata luminosa. Che poi è la situazione più tipica che cerca un fotografo. In più entrambi gli apparecchi hanno lo schermo LCD orientabile (in modo più completo nella NEX-6) per cambiare il punto di visione che può essere dal basso (stile Rolleiflex o dall'alto). La NEX-6 con l'obbiettivo standard 16-50 ha dimensioni veramente compatte, al livello di alcune compatte amatoriali ed è veramente la sintesi ideale tra praticità e prestazioni che i fotografi cercano sin dai tempi della Leica a vite. Le Fujifilm X-E1 e X-E2 costituiscono la evoluzione della X-Pro citata prima e condividono gli stessi eccellenti obbiettivi, ma montano un mirino OLED con caratteristiche analoghe a quello delle Sony, oltre ad avere anch'esse un sensore di formato APS-C. Le prestazioni del processore sono anche superiori a quelle delle Sony in condizioni di luce molto scarse e gli obbiettivi standard sono di qualità elevata. Dove invece perdono qualcosa è nella compattezza, che si allontana dalla situazione ideale della macchina tascabile, pur rimanendo sempre una notevole differenza con le SLR, inclusi gli ultimi modelli tendenzialmente più compatti dei precedenti. |
I modelli Sony sono ancora in produzione con sensori a maggiori prestazioni, il modello di punta si chiama ora Sony Alpha 6600 ed ha funzionalità adatte anche all'uso per riprese video. |
Note |
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