La
Gerusalemme Celeste in terra
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I vescovi-architetti medievali hanno cercato di ricreare i principi della
"Gerusalemme Celeste" nel progetto nella misteriosa
Chiesa di Santo
Stefano Rotondo, che si trova sulla collina del Celio,
a Roma.
La pianta della chiesa riprende quella dell'archetipo
di luogo di culto, il tabernacolo, la casa di Dio tra gli uomini, costruita sul
modello del santuario celeste dato in visione a Mosè sul monte Sinai ("Guarda
ed esegui secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte", Es. 25,
40). Di forma semplicissima e trasportabile, adatta alle antiche popolazioni
nomadi, non era che una tenda racchiusa in un recinto.
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Il tabernacolo
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Il complesso originario di Santo Stefano Rotondo
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La chiesa vera e propria è progettata (nel progetto
originale risalente all'alto Medio Evo) in modo da includere la maggior parte
delle misure simboliche legate al nome di Cristo e del Supremo. Dal numero otto
e quindi dalla forma dell'ottagono (che è anche il doppio quadrato) al numero
dodici al numero tre. Le distruzioni e ricostruzioni successive hanno in parte
modificato la pianta originaria, che però rimane visibile e riscontrabile nella
chiesa attuale.
Il cerchio medio nel tempio è delimitato da 36 colonne e da 8 pilastri portanti,
posizionati a 36-36 cubiti di distanza (cubito: unità di misura usata
nell'antica Roma, pari a 44,4 cm., la lunghezza tipica del gomito [cubito =
gomito]), modellando in questo modo otto pietre
angolari, che creano una sfera ottagonale. La circonferenza del cerchio centrale
è di 164 cubiti, sommando l'asse principale di 144 cubiti si hanno 308 cubiti
(il cubito è un'antica misura romana - cubitum = gomito - corrispondente a
0,44 mt. nell'antica Roma).
Da questo numero 308 si ricavano 300, che è il numero della croce, e 8 che è il
segno della risurrezione. La morte e la resurrezione di Cristo sono quindi
simboleggiate assieme.
Il numero 8 corrisponde alla lettera H, essendo nell'alfabeto greco all'ottavo
posto, e inoltre la parola Cristo ha 8 lettere in greco e corrisponde (secondo
Ireneo) alla prima Ogdoade (la Ogdoade è un insieme di otto divinità
primordiali, venerate nell'alto Egitto, quattro maschi e quattro femmine, che si
riconducono quindi al numero quattro e all'unità). In sintesi Cristos Ogdoade o
I-I = Ogdoade Cristo = Jesus.
Il numero otto è anche il successivo al sette, e quindi è
l'ottavo giorno, il
giorno della resurrezione, ovvero della realtà eterna che supera la realtà
terrena (i sette giorni della creazione).
La Ogdoade:
Nun e Nunet, il caos delle acque primordiali / Kuk e Keket, l'oscurità /
Huh ed Huhet, l'illimitatezza / Amon ed Amonet, l'invisibilità.
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I
dodici portoni dell'Apocalisse
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Anche il numero dodici si ritrova, ovviamente, nel tempio, assieme al numero 4 e
alla croce e al numero 3. La croce è creata naturalmente dalla unione degli 8
pilastri portanti (vedi la figura a destra sotto), mentre il 3 è simboleggiato in modo ancora più evidente dai
tre circoli concentrici che formano la struttura. Quindi il 12 (numero degli
Apostoli, numero degli Angeli a guardia dei 12 portoni dell'Apocalisse, e così
via) deriva senz'altro da 4x3.
Ma nella pianta della chiesa sono anche inclusi 12 portoni reali, rimandando ad
un'altra profezia dell'Apocalisse (dodici portoni con a guardia dodici
angeli). Otto sono rappresentati, a
due a due, dalle porte di accesso nel tempio vero e proprio. Gli altri quattro sono
ottenuti triplicando ciascun portone nella cinta esterna.
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L'ottagono
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Lo schema dei 12 portoni
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L'aspetto che richiama maggiormente l'ideale della
Gerusalemme celeste è rappresentato però dalle proporzioni del tempio, che
rispettano attentamente le stesse regole numerologiche. La chiesa ha infatti
due sezioni, ciascuna di esse racchiusa nel diametro del cerchio esterno, che
è di 144 cubiti. Il numero 144 corrisponde al quadrato del numero 12, che a
sua volta racchiude il 2, il 4, il 3 e il 9, e quindi è un numero perfetto per
definizione. A sua volta il cerchio interno è a una distanza perfetta di 3 x
48 cubiti, e racchiude ancora una volta sia il numero 3 sia il 12, con la
struttura centrale che racchiude una sfera di 48 cubiti, di raggio pari quindi
a 24 cubiti, e i corridoi esterni da 24 cubiti ciascuno.
Sulla sezione dell'asse principale il tempio realizza quindi quando dettato
nell'Apocalisse (21,16): "La lunghezza e la larghezza e l'altezza di essi
sono uguali".
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La sezione
dell'asse principale (3 x 48 cubiti)
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La sezione degli
ingressi.
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La struttura
originaria del tempio, attentamente impostata dagli architetti-vescovi
dell'antichità secondo le regole sommariamente spiegate sopra (che sono solo una parte di quelle
ravvisabili nella sua struttura) è stata poi modificata nei secoli, e non
tutte queste proporzioni perfette sono rimaste.
Nonostante ciò. una visita a
questa misteriosa, e poco nota, chiesa a pianta circolare (che peraltro per anni
veniva aperta, causa interminabili lavori, soltanto un giorno all'anno, ovviamente quello dedicato al
proto-martire Stefano, il 26 dicembre), che è anche decorata nel suo cerchio
esterno con un impressionante martirologio, non può che lasciare ammirati per
la cura dei particolari e dei simboli di quel tempo. Una cura ereditata dai
grandi progetti di oggi, quali quelli di Alvar Aalto che curava anche le
maniglie delle porte o quelli di Renzo Piano, che all'Auditorium di Roma si è
preoccupato anche del tipo di terriccio per i vialetti circostanti, però in
stridente contrasto con la architettura replicante, "usa e getta",
applicata alla costruzione delle nuove case per gli uomini.
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Vista dall'esterno
della struttura originaria
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