Indice:
"La storia non è come ce
l'hanno raccontata"
/ Gli alieni nell'antichità /
Le catastrofi bibliche /
Atlantide
e Mu / Un sistema storico
alternativo / Analisi
delle fonti e spiegazioni / La
mappa dell'ammiraglio turco Piri Re'Is / Le
incisioni di Nazca / I
nobili antenati precolombiani / Gli
extraterrestri tra noi / Il
mistero delle piramidi / Per saperne di
più: alcuni link
Sull'esoterismo
e le leggende in Musica & Memoria
vedi anche: La
simbologia della croce e del cerchio /
La Gerusalemme Celeste a Roma
/ Il
Re del Mondo / Il mondo perduto di
Agarthi / L'uccisione rituale
della divinità (John Barleycorn) / L'uomo
sulla Luna
Libri che interpretano
in modo alternativo la storia del mondo sono stati pubblicati sin dall'800 e si
alimentano gli uni con gli altri, nel senso che spesso approfondiscono temi
lanciati da un altro autore.
A differenza di testi iniziatici come quelli di Madame
Blavatski, Renè Guenon o Gurdjeff, che non pretendono di dimostrare una verità scientifica, ma una
verità rivelata, da accettare come atto di fede e di ingresso nel circolo degli
iniziati, si tratta di libri (e sistemi teorici, spesso all'origine di vere e
proprie scuole di pensiero) di ispirazione scientifica.
Gli autori più notevoli, tra quelli recenti, sono lo svizzero Van
Daniken, il
polacco-americano Velikovsky, l'inglese Ignatius
Donnely, l'italiano Peter Kolosimo.
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Gli
alieni nell'antichità |
Van Daniken è il
principale teorico dell'intervento extraterrestre sullo sviluppo della civiltà
e soprattutto della tecnologia dell'uomo. Analizza molti misteri ed enigmi
archeologi, nonché miti e leggende, riconducendone la spiegazione all'arrivo
sulla terra in epoche remote (6000 o 7000 anni fa) di visitatori alieni.
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Le
catastrofi bibliche |
Velikovsky è il
fondatore di una vera e propria scuola di pensiero che vede la spiegazione degli
stessi miti e leggende (più o meno, con particolare attenzione a quelli
riportati nel Vecchio Testamento) a fenomeni cosmici avvenuti sempre 5 o 6 mila
anni fa, in particolare lo spostamento di pianeti nel sistema solare con
relativi comprensibili sconvolgimenti sul nostro. |
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Atlantide
e Mu |
Ignatius Donnelly è invece il più popolare tra i teorici del
continente perduto di Atlantide, o
Mu, culla della civiltà, e spiegazione
dell'elevato livello di conoscenze teoriche raggiunto in epoche antiche da greci
o egiziani, pur in un contesto complessivo assai arretrato, che sarebbero in
realtà semplice retaggio di una società precedente con un livello di conoscenze
simile alla nostra, ma tragicamente cancellata da un cataclisma, l'intero
continente sprofondato nell'oceano Atlantico (o forse Pacifico) nel giro di
pochi giorni.
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Peter Kolosimo
infine è un po' un enciclopedico di tutti questi misteri, in parallelo a Van
Daniken ha studiato anche lui la possibile presenza di avanzate tecnologie
in epoche remote, nonché una grande mole di enigmi archeologici. |
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Un
sistema storico alternativo |
Tranne Kolosimo tutti
questi autori (ma ne esistono molti altri) hanno la aspirazione a creare un
sistema di pensiero e di spiegazione storica alternativo a quello ufficiale,
andando per accumulazione di prove ed esempi. A differenza della scienza
ufficiale, che propone un noioso modello evolutivo a tempi lunghissimi, dove gli
eventuali residui misteri sono solo dovuti a scarsità di informazioni, il loro
sistema teorico è "a strappi" e prevede un "deus ex
machina" esterno come nelle tragedie di Euripide, e quindi da una parte è
molto più affascinante (una sola chiave apre tutte le porte e tutti gli enigmi)
e dall'altra è rassicurante (o inquietante, a seconda dei punti di vista) che
tutta la nostra evoluzione non sia stata o sia nelle nostre mani, ma sia
derivata da qualche aiuto esterno (questo vale ovviamente per le teorie di
Atlantide o degli UFO arrivati sulla terra in epoche remote). |
Tutta una scuola
scettica sulla scienza ufficiale, dal pensiero New Age a
Indiana Jones (o al suo
modello, il fumetto degli anni '60 Jeff Hawke) alla serie televisiva X-Files tende a dare credito a queste storie del mondo
alternative, spesso intrecciate e compresenti, anche se ovviamente i vari sistemi
non possono convivere, cioè si elidono a vicenda, nel senso di sistemi che
forniscono una visione ed una spiegazione unica. Evidentemente infatti se la
tecnologia esisteva sulla terra grazie agli atlantidei e poi solo a frammenti si
è tramandata non bisogna scomodare gli alieni per spiegare gli stessi misteri
(tipo come hanno fatto gli egiziani a costruire le immense piramidi oltre 6000
anni fa).
Inoltre questi libri puntano in genere all'accumulo di prove o meglio di indizi,
ed è facile gioco per la scienza ufficiale smontare i più superficiali e
traballanti per inficiare anche tutti gli altri.
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Analisi
delle fonti e spiegazioni |
C'è da dire peraltro
che la gran parte degli indizi portati dagli autori citati non ha retto alle
analisi accurate di altri studiosi, e che scoperte successive hanno tagliato le
gambe a molti presupposti delle teorie. |
Per esempio, nel caso di
Atlantide, l'analisi dei fondali
marini dell'atlantico ha escluso che vi possa riposare un intero continente
collassato, residuo di terre emerse, c'è invece una enorme catena montuosa
sottomarina, formatasi dall'allontanamento dei continenti africano e
sudamericano, dove nel corso, evidentemente, di migliaia e migliaia di anni si
sono sviluppate forme di vita assolutamente uniche, come gli enormi vermi di
diversi metri che, uniche creature viventi sulla terra, hanno un ciclo vitale
non basato sull'ossigeno ma sullo zolfo, emesso da aperture presenti in quelle
profondità marine. |
Verosimile
invece che la leggenda di Atlantide (che ha peraltro come unica fonte
un'opera incompiuta di Platone,
il dialogo Crizia) sia originata dalla drammatica eruzione e
semidistruzione della antica isola di Tera, ora arcipelago di Santorini
nel mare della Grecia, che è sicuramente avvenuta nel XVIII secolo prima
di Cristo, con effetti certamente devastanti (3-4 volte superiori
all'analoga eruzione del vulcano di Krakatoa, in Indonesia, avvenuta in
epoche storiche, nel 1883, e della quale si hanno ampie testimonianze).
Ovviamente con la eruzione del vulcano e lo sprofondamento nel mare di
gran parte dell'isola possono essere state seppellite in mare antiche e
potenti città e, forse, ma è controverso, la stessa eruzione potrebbe
avere provocato la rapida fine della civiltà micenea, di Creta.
Insomma o Creta o, più probabilmente, Tera, sarebbero la antica civiltà
di Atlantide, poi mitizzata come regno superiore, per civiltà e potenza,
nel Crizia. (Vedi anche:
Atlantis di Donovan) |
Altrettanto smentiti
dalla analisi delle fonti sono i principali enigmi portati da Van Daniken a
sostegno della necessità di un intervento extra-terrestre per spiegare molti
fatti storici o la redazione di documenti antichi, ad esempio la impossibilità
per popoli antichi e privi di tecnologia di costruire opere ciclopiche come le
piramidi d'Egitto, le enormi teste dell'isola di Pasqua, la porta del sole a
Tiahuanaco o (aggiungo io) le ampie strade sulle montagne boliviane costruite
dagli Inca, che non conoscevano la ruota.
In realtà è stato possibile ricostruire da testimonianze archeologiche e
appositi studi i metodi di fabbricazione, compatibili con la tecnologia del
tempo. In particolare il grande esploratore norvegese Thor Eyerdhal (quello
della impresa del Kon-Tiki, degli anni '50) è riuscito a dimostrare con un
esempio pratico e con l'aiuto dei nativi dell'isola di Pasqua, che era possibile
con semplice uso di legni, rocce, alberi, forza di braccia e tanta pazienza,
scolpire e innalzare quelle enormi teste. Insomma la ricostruzione poi
drammatizzata nel film Rapa-Nui di qualche anno fa. |
Opinabili
sono anche le prove di avvistamenti di astronauti preistorici in incisioni
o statuette votive un po' di tutti i continenti. In genere si trova una
spiegazione nei riti e usanze del luogo, ma soprattutto la tesi viene
fatta cadere dalla mancanza di un modello uniforme, se gli antichi
avessero voluto rappresentare gli alieni nella loro tuta da astronauta (o
magari gli uomini progrediti di una civiltà poi perduta) avrebbero avuto
un modello da copiare, riconoscibile anche attraverso i vari stili e
filtri culturali, mentre così non è, e le testimonianze iconografiche
mostrano molti e diversi modelli di tute di presunti astronauti.
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Un'altra evidenza
scientifica intervenuta successivamente ha invece minato alla base la
costruzione teorica "catastrofista" di Velinovsky. Infatti il suo
assunto è che la origine dei fenomeni narrati in modo poetico nella Bibbia e in
altri poemi cosmogonici dell'epoca, come il Gilgamesh, sia il distacco da Giove
di una grande massa che dopo sconvolgimenti enormi, che avrebbero interessato
Marte e la Terra, sarebbe diventata il pianeta Venere. Le teorie di Velinovsky
risalgono agli anni '40 e '50, nel frattempo le esplorazioni e le osservazioni
spaziali hanno dimostrato che Giove e Venere sono due pianeti molto diversi. In
particolare Giove è un enorme pianeta a bassa densità, essenzialmente gassoso,
mentre Venere, a parte i vapori di ammoniaca che l'avvolgono completamente, è
un pianeta ad alta densità, con un nucleo caldo come la terra. Insomma non sono
neanche lontani parenti, forse sommovimenti cosmici ci sono stati, meteoriti che
hanno sfiorato la terra o simili, ma non questa clamorosa partenogenesi
planetaria. |
Ma naturalmente di misteri ne rimangono ancora parecchi, ed è un peccato che
vengano associati ad evidenti estremizzazioni finalizzate a presentare un
sistema. La spiegazione magari è da cercare su questa terra, ma per il momento
non c'è, o non è completa.
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La mappa firmata
dall'ammiraglio ottomano Piri Re'Is (anche riportato come Piri Obn Haji o Piri Ibn Haci Mehmet, Reis
significa appunto "ammiraglio"), e datata da lui stesso al 1513 (anno
islamico 919), conservata nel palazzo imperiale di Istanbul (e ritrovata nel
1929), mostra con buona
precisione, oltre alle coste dell'Africa, le americhe settentrionale e
meridionale e addirittura l'Antartide.
La mappa è stata portata da Van Daniken a sostegno della sua ipotesi di
presenze extraterrestri nell'antichità, in particolare con l'argomento che il
suo grado di precisione è incompatibile con gli strumenti del tempo, e
spiegabile solo con rilevamenti aerei.
In realtà ad una analisi appena attenta la mappa contiene vari errori e
l'argomento della precisione scientifica si smonta facilmente.
Eppure rimangono molti interrogativi.
Colombo e
Vespucci nel
1513 avevano già scoperto l'America, mentre la spedizione di Magellano che
avrebbe circumnavigato il sud America doveva ancora partire (l'avventuroso
viaggio ebbe inizio nel 1519, tre anni dopo, l'8 settembre del 1522, fece
ritorno da questa impresa temeraria, ai limiti dell'incredibile, la sola nave
Victoria, con i superstiti 18 uomini al comando di Juan Sebastian Elcano -
Magellano era stato ucciso dai nativi delle Filippine durante il viaggio - e con
a bordo tra essi il segretario e cronista della spedizione, l'italiano Antonio
Pigafetta).
L'unica fonte documentale della mappa di Piri Re'Is poteva essere quindi quanto
rilevato durante il terzo e quarto viaggio di Vespucci, dai quali il navigatore
italiano tornò rispettivamente nel 1502 e nel 1504, dopo aver costeggiato buona
parte del Sud America (in precedenza nel secondo viaggio, 1499-1500, costeggiò
i Caraibi e la parte settentrionale del Sudamerica, l'attuale Guyana e la
regione di Bahia, e nel primo viaggio, 1497-1498, toccò sia l'America
settentrionale sia quella meridionale, avendo la intuizione e la prova che stava
esplorando un nuovo continente, a differenza di Colombo che continuava a credere
di essere giunto in alcune isole prospicienti l'estremo oriente dell'Asia).
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Dobbiamo
quindi pensare che il mondo del XVI secolo era già piuttosto globalizzato,
e le comunicazioni rapide, se nel giro di pochi anni le scoperte dei regni
iberici diventavano di pubblico dominio (a rigor di logica dovevano essere
informazioni riservate e segreti militari) e venivano recepite con grande
precisione e ricchezza di dettagli in una carta dell'impero rivale
musulmano. Ignoro inoltre quanto ci volesse all'epoca per disegnare una
carta, ma suppongo ben più di qualche settimana. E anche supponendo che
il tempo fosse stato sufficiente per riportare gli appunti di Vespucci (il
primo e l'unico navigatore storico che, come abbiamo visto, ha potuto
riportare in Occidente informazioni precise sulla presenza dell'America
del Sud) in forma di mappa, e di far arrivare questa mappa all'impero
musulmano, rimane la grande quantità di particolari sull'interno del
continente e soprattutto rimane il mistero dell'Antartide, che sarà
scoperto solo da Cook, con la nave
Endeveour, due secoli dopo, e per il
quale la mappa riporta addirittura le catene montuose, che sono state
scoperte molti anni dopo sotto lo strato di ghiacci perenni.
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Dobbiamo quindi anche
credere che gli antichi cartografi di Piri Re'Is abbiano messo laggiù una terra
inventandola di sana pianta, per ragioni di simmetria (mancava qualcosa sotto)
in una mappa per il resto di grande precisione rispetto agli standard
dell'epoca? Mettendoci anche le montagne, che non guastano mai?
è vero che la mappa indica anche animali fantastici nell'Antartide, ma questo
era tipico, i navigatori che tracciavano le mappe conoscevano solo le coste,
l'interno era un terreno sconosciuto e minaccioso.
La mappa segna però anche fiumi come il Rio delle
Amazzoni, anche se riportato
erroneamente due volte (oppure è il Rio della Plata, più a Sud, segnato in modo
impreciso). E' improbabile che queste informazioni venissero dalle spedizioni di
Vespucci, che non aveva l'obiettivo di esplorare i fiumi in profondità.
(nell'immagine a lato, ripresa dal sito Internet citato nel seguito, la mappa è
riprodotta in bianco e nero e risulta più facilmente leggibile).
Quindi esistono due
spiegazioni, più una, per la mappa dell'ammiraglio turco Piri:
(1) è basata su informazioni ricavate dalle esplorazioni delle Americhe dello
stesso periodo, ed è un collage di mappe come era tipico delle carte
dell'epoca, la sua peculiarità è di essere particolarmente precisa e accurata
rispetto agli altri esempi confrontabili, in sintesi nessun mistero;
(2) è basata su mappe precedenti, frutto di esplorazioni di cui si è persa la
memoria storica
(3) la datazione del sultanato di Istanbul è imprecisa e la mappa è posteriore
al 1513.
Escludendo la ipotesi
(3), perché è la prima verifica che è stata ovviamente fatta dagli scettici,
lo scenario (2) si colloca tra il possibile e il probabile.
E' noto infatti, anche
se non esistono fonti storiche scritte, che già gli antichi Fenici, i potenti
navigatori della grande Cartagine, avevano navi e conoscenze nautiche
sufficienti a spingersi nell'Atlantico. Sicuramente costeggiavano l'Africa per
alimentare i loro commerci, ed è pressoché sicuro che abbiano anche doppiato
il capo di Buona Speranza, nell'attuale Sud Africa, arrivando nell'Oceano
Indiano (ne esiste un resoconto storico tra i papiri dell'antico Egitto, che
finanziava la spedizione, databile al 916 a.C.).
Le mappe fenice esistevano sicuramente, ma erano un segreto militare e
commerciale. Anzi i fenici per ingannare i concorrenti e mantenere il monopolio
della navigazione nell'Atlantico erano probabilmente i propalatori delle
leggende sulla non navigabilità di questo oceano, che i greci antichi infatti
ritenevano un mare basso, impaludato da alghe e fango (come è descritto da
Platone, Erodoto e altri).
Nelle
loro navigazioni è possibile che i Fenici abbiano anche infilato, per
scelta o per errore e per caso, gli stessi venti costanti, gli
alisei,
che hanno consentito a Colombo di raggiungere il Centro America in poche
settimane. D'altra parte le navi fenice non erano molto più arretrate
delle Caravelle di Colombo che infatti, viste adesso (le ricostruzioni)
stupiscono ancora per la esiguità dell'armamento rispetto alla impresa.
I Fenici sono anche tornati dall'America centrale o meridionale, approdo
automatico degli alisei, doppiando le Azzorre, e hanno segnato nelle loro
mappe segrete il nuovo continente? Gli arabi, depositari nei secoli bui
del medioevo della sapienza antica hanno recuperato, elaborato e
tramandato queste mappe? Siamo evidentemente nel regno del possibile,
anche se non dimostrabile. Di più, queste mappe potevano essere in
possesso, magari in copie imprecise, di Colombo, Magellano o Vespucci, che
avrebbero quindi navigato verso qualcosa di poco noto, e non verso
l'ignoto.
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Si è parlato spesso
infatti delle mappe segrete di Colombo, all'origine anche dei finanziamenti
ottenuti dalla regina Isabella, che un qualche fondamento dovevano pur avere.
Qui però è difficile capire l'errore di Colombo, che voleva arrivare in
Estremo Oriente, e pensava, almeno nel primo viaggio, se non fino alla sua morte,
di esserci arrivato.
L'Estremo Oriente, il Cipango (il Giappone) e il
Cataio (la Cina) erano
sommariamente noti, sia nella cartografia sia nella tipologia del paese e degli
abitanti, perché già in epoca romana viaggiatori e mercanti avevano stabilito
una via di comunicazione tra il grande impero d'Occidente e il grande impero
d'Oriente, ai tempi della dinastia Han nel I secolo d.C. Quindi è difficile
spiegare l'errore di Colombo, prima e dopo. Forse il grande navigatore sapeva o
intuiva di un continente o una grande isola prima del Cipango, e cercava tra le
Bahamas e Cuba, dove arrivò nei primi due viaggi, un passaggio verso le Indie
(che poi Magellano trovò molto più a Sud, nello stretto poi chiamato di
Magellano, in Patagonia).
Forse le Indie erano il falso obiettivo messo sul piatto dei finanziatori
spagnoli, sperando che il nuovo mondo, suo vero obiettivo, fosse altrettanto
attraente dal punto di vista economico (e certo che questa ipotesi si sarebbe
rilevata vera oltre ogni aspettativa).
O forse Colombo andava veramente verso l'ignoto con i suoi coraggiosi marinai,
con poche ed erronee informazioni.
In ogni caso, qualsiasi di queste tre ipotesi sia vera, suscita sempre sorpresa
ed ammirazione la determinazione e la capacità di osare di questi antichi
navigatori.
Dopo
i Fenici però altri navigatori hanno solcato a lungo l'Atlantico,
nell'alto medioevo e fino a poco prima delle imprese storiche. Erano i
portoghesi,
che abitavano le terre di fronte all'Oceano e con esso convivevano. I
pescatori portoghesi si inoltravano nell'Oceano (e dove altro potevano
pescare?) superando a forza di remi con grosse barche, in uso fino a pochi
decenni fa, da 10-12 marinai, le grandi onde oceaniche, anche nella
stagione invernale. I navigatori e commercianti arrivavano alle isole
Azzorre, colonizzate da popolazioni di origine lusitane, alle isole di
Capo Verde al largo del golfo di Guinea, e circumnavigavano l'Africa.
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L'Africa presentava un
interesse economico scarso, ma poteva essere una via alternativa per le Indie.
Nel Medio Evo infatti le Indie erano commercialmente importanti per le spezie,
reperibili solo in quei climi, indispensabili sia per esigenze culturali sia
mediche, nonché per la seta e per pietre preziose non presenti o rare in
Europa. La via di terra usata sin dai tempi degli antichi romani, che passava
per l'Afghanistan, era però bloccata dall'avvento dei regni islamici, diventati
nemici irriducibili dopo il periodo delle crociate per la riconquista della
Terra Santa, la Palestina.
I portoghesi quindi aprirono una seconda via, doppiando il capo di Buona
Speranza risalivano verso l'India e lì incontravano commercianti che venivano
dalla Cina, dal Giappone o da altri regni dell'estremo oriente.
I portoghesi usavano forse mappe di origine fenicia, forse hanno scoperto di
nuovo le coste, gli approdi sicuri e i punti dove approvvigionarsi di acqua o
acquistare cibo dalle popolazioni locali, già usati in precedenza dai
navigatori di Cartagine.
Nelle loro esplorazioni
è possibile anche che i portoghesi (o prima di loro gli stessi fenici) abbiano
volto la prua verso sud, dopo il capo di Buona Speranza. Per cercare un'altra
via più agevole o magari per cercare l'Isola
non trovata del mito (celebrata dalla omonima canzone di Francesco
Guccini,
peraltro ispirata ad una poesia di Guido Gozzano, La
più bella), e che magari era proprio l'Antartide.
L'Antartide potevano averlo avvistato e inserito nelle mappe, doveva essere
coperto di ghiacci nella parte a sud dell'Africa, ma continuando la
circumnavigazione potrebbero avere avvistato le terre emerse nella penisola di
Ross e intuire che si trattava di una grande isola.
Inoltre non sappiamo quali fossero le condizioni climatiche duecento o trecento
anni prima delle esplorazioni di Cook, e quindi è possibile che parte delle
terre antartiche non fossero coperte dai ghiacci, o non lo fossero per l'intero
anno.
In sintesi, anche se
queste ipotesi di scoperte riportate in molti libri possono essere semplici
possibilità, non provabili, è abbastanza probabile che, prima delle
esplorazioni storiche e documentate, iniziate con i viaggi di Colombo nel 1492,
ci siano stati decenni o secoli di esplorazioni non documentate (1), verso le
americhe e l'oceano indiano, appannaggio di "privati" e non di
governi, che tenevano quindi la relativa documentazione ben riservata, perché
fonte della loro ricchezza. Ed è possibile se non addirittura probabile che la
mappa di Piri Re'is provenga da questa cartografia parallela, conquistata o
acquistata dagli arabi.
(Per un
approfondimento non troppo di parte, con il corredo di elaborazioni delle mappe,
si può consultare questo sito.)
(1)
Almeno una di queste esplorazioni pre-storiche è provata, quella dei vichinghi che
popolavano l'Islanda, verso l'attuale Canada. Intorno al 1000 d.C. in successivi viaggi le tribù di Erik
il Rosso e del
figlio costituirono colonie nell'attuale Labrador e nell'isola di
Terranova, delle quali si sono trovate i resti.
I Vichinghi poi tornarono in America e infine abbandonarono due anni dopo la colonia
principale, perché non difendibile contro i nativi (preponderanti
numericamente) e di interesse commerciale non sufficiente, e riportarono la
memoria di questi viaggi in forma di saghe, considerate leggende fino a
qualche decennio fa, quando si sono trovati invece riscontri oggettivi e le saghe
sono state promosse a resoconti storici, anche abbastanza precisi. Non
sono diventate però patrimonio della storia del loro tempo e quindi 500
anni dopo l'America era ancora da scoprire.
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Un notissimo mistero
archeologico è rappresentato dalle incisioni di Nazca in Perù. Si estendono
infatti per centinaia di metri o anche chilometri, in una zona pianeggiante e
desertica del
paese sudamericano, e formano disegni visibili solo da grande altezza, poiché
sono in una zona priva di rilievi, ciò significa che sono visibili nel loro disegno
compiuto solo da un aereo o altro aggeggio volante.
Ovviamente Van Daniken e altri ne hanno fatto una delle prove principali della
presenza di società avanzate nei tempi antichi. In particolare una delle incisioni
sembra una pista di atterraggio, mentre le altre formano figure di animali o
altri simboli rivolte dagli uomini che abitavano Nazca ai visitatori provenienti
dal cielo.
La storia della pista di atterraggio regge poco, sia perché il suolo non è
adatto all'atterraggio di un aereo (è terreno cedevole) sia perché
presumibilmente antichi astronauti avrebbero utilizzato mezzi ad atterraggio e
decollo verticale, come il LEM usato dagli americani per lo sbarco sulla
luna, e non mezzi volanti basati sulla presenza dell'atmosfera.
Naturalmente resta la ipotesi che antichi abitanti della terra, magari gli atlantidei, conoscessero già gli aerei, con qualche forma di propulsione, ma le
caratteristiche e la unicità della "pista" rendono questa una prova
di ben poco peso.
Le
immagini di Nazca, secondo gli scienziati, possono invece essere spiegate
perché rivolte agli dei che, come in molte altre popolazioni, erano
identificati dagli abitanti di Nazca in corpi celesti, e abitavano quindi
il cielo.
Anche questa spiegazione però convince poco, tutte le popolazioni del
mondo collocano gli dei nel cielo, ma ben poche hanno intuito che una
immagine di grande dimensioni può raggiungere un senso se vista da grande
altezza, per avere questa intuizione occorre avere sperimentato una
visione dall'alto. Naturalmente questo è possibile guardando a fondo
valle dall'alto di una montagna, oltre che volando (e alcuni studiosi
seri, pur di spiegare il mistero, sono arrivati a dimostrare che gli
antichi abitanti precolombiani di Nazca potevano avere una tecnologia
sufficiente per costruire palloni aerostatici ad aria riscaldata, come
quello dei fratelli Montgolfier).
Quindi gli abitanti di
Nazca, per comunicare messaggi votivi ai loro dei, dopo aver notato in qualche
viaggio sulle Ande che enormi disegni si vedono a grande altezza, si sarebbero
ingegnati a realizzarli nel loro paese. Realizzazione peraltro non
particolarmente complessa, usavano una specie di pantografo a proiezione per
riprodurre in scala espansa i disegni.
Si tratta comunque di una spiegazione poco meno improbabile di quella che vede
in qualche modo in contatto gli abitanti di Nazca con qualche tecnica di volo,
poiché nessun'altra popolazione al mondo ha avuto mai l'idea di mettersi nei
panni degli dei, immaginando e mutuando la loro visione della terra dall'alto,
limitandosi unicamente ad alzare, con la comprensibile umiltà di un credente,
lo sguardo verso il cielo.
Rimane naturalmente
anche un'altra spiegazione, riportata in un numero di Topolino di qualche anno
fa. Gli abitanti di Nazca erano grandi appassionati del gioco delle biglie e
hanno fatto a gara a costruire piste sempre più grandi per le gare di biglie,
fino a comporre quegli enormi disegni, che avrebbero quindi una origine del
tutto casuale.
(Nelle immagini, prese da Internet dove esiste una grande abbondanza di siti
dedicati alle immagini di Nazca, si possono vedere l'uomo uccello, il ragno, le linee rette comunemente
chiamate "piste di atterraggio". Le figure si estendono per molti chilometri,
anche decine)
Un'altro enigma molto
noto riguarda alcune popolazioni precolombiane del Centro America (ma anche,
secondo alcuni, gli antichi egizi, osservando il copricapo dei faraoni). I membri della classe nobile sottoponevano infatti se stessi e i loro
figli a modifiche esteriori molto marcate. Quando i bambini erano piccoli e le
ossa del cranio ancora non consolidate, le comprimevano con fasce e assi di
legno per fare assumere alla testa una forma marcatamente allungata
all'indietro, poi più avanti tagliavano e modificano la forma delle orecchie,
quando i denti erano formati li segavano uno ad uno dandogli una forma
triangolare ed appuntita, infine li dipingevano di nero.
Inutile dire che alla fine i nobili precolombiani avevano un aspetto piuttosto alieno
che umano, e la cosa non è sfuggita ai seguaci di Van Daniken.
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La
teoria quindi è che i nobili si sottoponessero a queste torture per
assomigliare agli extraterrestri che li avevano messi a parte dei segreti
che davano loro vantaggio sulle classi inferiori, garantendogli il potere,
e che assomigliando a loro assumevano la loro stessa autorità, anche dopo
una loro successiva ripartenza per gli spazi siderali.
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E' una ipotesi, non
certo una prova, infatti non mancano e non sono mai mancati esempi di pratiche
volte a modificare, anche in modo quasi mostruoso, l'aspetto esteriore, in vari
popoli del mondo, e con altri obiettivi (anche se il cranio allungato si è
trovato in tombe reperite in altre parti del mondo). Esistono le tribù africane che, interponendo anelli nel lobo
dell'orecchio o nel labbro, fanno raggiungere ad essi dimensioni abnormi,
superiori ai 10 cm. Più impressionante ancora la pratica di alcune minoranze
etniche birmane, con la interposizione di anelli di metallo nel collo delle
donne, volti ad allungarlo progressivamente, fino a raggiungere una situazione
nella quale la testa non si può reggere senza l'ausilio degli anelli. Oppure
ancora la pratica in uso fino a 100 anni fa in Cina di legare strettamente i
piedi delle donne destinate ad essere cortigiane, per renderli più piccoli. I
piedi venivano deformati a tal punto che era impossibile, per le donne destinate
a questo ruolo, camminare normalmente, senza reggersi a qualcosa, e dovevano
quindi, coerentemente, essere trasportate in portantina.
Ma
esistono anche pratiche analoghe nel nostro mondo occidentale, delle quali
quindi possiamo comprendere meglio le motivazioni culturali,
essenzialmente di tipo estetico. Per tutta la seconda metà dell'800 fino
alla I guerra mondiale era in uso la pratica del busto per le donne.
L'obiettivo era ottenere una vita particolarmente sottile, una vita di
vespa, e per farlo la vita veniva stretta fortemente da busti irrigiditi
con stecche flessibili di balena, fino a spostare progressivamente le
costole inferiori e gli organi interni e modificare la conformazione
fisica. Esiste l'esempio fotografato di una donna tedesca che raggiunse
nei primi anni del secolo 900, quando era giovane, una vita di molto
inferiore ai 50 cm., racchiudibile tra le due mani di un uomo (riportata
nel "Libro dei tatoo e dei piercing").
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In questo caso sappiamo
che questa pratica dolorosa e piena di inconvenienti rispondeva ad un criterio
estetico valido per la nostra civiltà, e incomprensibile per altre.
Analoghe considerazioni si possono fare per la pratica di tatuaggi e piercing
ritornata in uso in questi anni nelle società occidentali, così come per una
usanza di modificazione del corpo non irreversibile molto frequente nella nostra
civiltà, l'abbronzatura artificiale, per mezzo di lettini o docce solari.
Troviamo quasi ovvio il beneficio estetico, che consiste poi nell'avere per
lunghi periodi di tempo, pur essendo giapeti di pelle bianca, la pelle colorata
come le popolazioni semitiche.
Eppure in altri paesi o in altre epoche il criterio estetico è o è stato
esattamente l'opposto; per esempio in Brasile chi è di pelle bianca o
relativamente chiara evita il più possibile di esporre la pelle e di scurirsi,
a meno che la esposizione non sia giustificata da un soggiorno al mare.
Evidentemente la pelle chiara è giudicata, all'opposto che da noi, un carattere
estetico e sociale preferenziale. Lo stesso avveniva fino agli anni '50 nelle
campagne italiane, dove le contadine giovani d'estate facevano i lavori
all'aperto, come la mietitura o la raccolta della frutta, il più possibile
coperte, per evitare di assumere quella carnagione scura che avrebbe denunciato
il loro status di lavoratrici della terra.
Probabilmente brasiliane di oggi o contadine degli anni '40 trasportati in una
città italiana o europea sarebbero molto sorprese a vedere tutti i sun center
che ci sono, al limite quasi scandalizzati, mentre noi lo troviamo del tutto
naturale.
In sintesi tratti
estetici, con significati sottintesi di tipo sociale che vogliono trasmettere
una immagine di superiorità di casta, o di identificazione in una casta,
esistono in tutte le popolazioni del mondo, e sono spesso incomprensibili tra
una razza e l'altra.
Così le modificazioni cui si sottoponevano i nobili precolombiani potevano essere
ispirate al desiderio di apparire molto diversi, anche in modo repulsivo, come i
tatuaggi e i piercing in uso ora, quindi segni distintivi ed esclusivi di casta,
così come essere influenzate da animali,
piuttosto che dai soliti extraterrestri in viaggio per il nostro pianeta in
epoche storiche.
Ma perché poi dovrebbe
essere così assolutamente da escludere la visita di esseri da altri pianeti?
Tra migliaia di avvistamenti contemporanei e avvistamenti in miti, leggende e
iconografie storiche, neppure uno sarà attendibile?
Per la vita su altri pianeti vale sempre il ragionamento della grande
astrofisica italiana Margherita Hack:
l'universo è talmente vasto e le stelle e i pianeti sono talmente tanti che è
improbabile che le condizioni che hanno prodotto la vita intelligente sulla
terra si siano combinate una sola volta, sulla terra appunto, ma d'altre parte
la vastità dell'universo rende altrettanto improbabile che le razze
intelligenti si incontrino.
Come si è sviluppata ed evoluta la vita sulla terra, come un primate ha
raggiunto in modo progressivo la consapevolezza di sé, la intelligenza ed il
linguaggio è ormai spiegato dalla teoria evoluzionistica di Charles
Darwin, poi portata
ad una sistematizzazione meno positivistica, parte di un disegno, e più
statistica e casuale dall'opera del grande biologo premio Nobel Jacques
Monod (Il caso e la necessità)
Quindi sappiamo che condizioni chimiche che consentano la combinazione del ciclo
del carbonio possono dare vita ad organismi in grado di riprodursi, e condizioni
climatiche e ambientali opportune possono dare vita a specie in grado di
evolversi fino alla intelligenza.
Quindi sappiamo che condizioni simili possono dare risultati simili. Sappiamo
anche che gli snodi fondamentali, la vita riproduttiva, la vita intelligente,
richiedono condizioni e combinazioni molto particolari, statisticamente legate
al caso. Sappiamo, avendo esplorato i pianeti vicino al nostro, che la vita è
una condizione molto rara nell'universo. Sappiamo anche che l'universo è vasto,
ai limiti della comprensione della mente umana, e che la velocità più grande
che possiamo utilizzare, la velocità della luce, non è sufficiente ad
esplorare l'universo in tempi compatibili con la vita umana. Basti pensare che
la stella più vicina dove possono essere presenti pianeti è Proxima Centauri,
a 4 anni luce (ca. 10.000 miliardi di chilometri), e che quindi richiederebbe,
con le attuali astronavi terrestri, capaci di 30.000 Km/h all'incirca, più di
100.000 anni. E sarebbe un caso straordinario se proprio lì, tra miliardi di
stelle, si fosse sviluppata la vita.
Ma possiamo comunque scandagliare lo spazio usando come messaggeri le onde radio
e estendendo il nostro tempo con le generazioni successive di uomini. E non
abbiamo rinunciato ad inviare già da molti anni nostri avamposti e messaggeri
nello spazio profondo, come le due sonde Voyager
con il loro carico di informazioni sul
nostro pianeta.
www.csicop.org
(scettico)
www.xfacts.com
(rassegna di misteri)
www.cicap.org
(Comitato Italiano per Il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale)
William Stiebing Jr. - Ancient Astronauts, Cosmic Collisions (ed. italiana
Avverbi Ed.)
Peter Kolosimo - Terra senza tempo
Margaret Mead - Popoli e paesi
Jacques Monod - Il caso e la necessità
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