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 Macchine fotografiche analogiche

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La Contax II, la risposta alla Leica da parte della Zeiss. Chi direbbe che è un apparecchio degli anni '30 del 900? Caricamento pellicola facilitato, innesto a baionetta e soprattutto mirino molto comodo e luminoso con ampia base per il telemetro.

Contaflex. Virtuosismi tecnologici per la Zeiss negli anni '30. Una reflex biottica (TLR) ma nel formato rettangolare 35 mm, con obiettivi intercambiabili (la prima con questa funzionalità) ma solo per quello da ripresa. Splendido oggetto ma decisamente scomodo per fotografare.

La Reflex-Korelle del 1935, una delle prime reflex mono-obiettivo in formato 6x6. Otturatore a tendina, si può considerare la progenitrice delle popolari Praktisix e Pentaconsix del dopoguerra. Tutto manuale nel primo modello, anche lo scorrimento pellicola senza blocco. Celebre anche, anni dopo, per essere stata una delle prime macchine della celebre fotografa Gerda Taro, assieme al compagno Bob Capa pioniera della fotografia di guerra con le sue forti immagini della guerra di Spagna, dove la coraggiosa fotografa ha trovato la morte ancora giovanissima.

La Contax S, prima reflex mono-obbiettivo (SLR) moderna, è stata prodotta a partire dal 1949 dalla Zeiss Ikon nell'allora Germania Est, dove erano rimasti gli stabilimenti superstiti (dopo i bombardamenti) della storica Carl Zeiss e anche il progetto di questa innovativa macchina fotografica risalente al 1940 ma ancora non avviato in produzione.

La Leica M2, la risposta Leitz alla Contax II e III arriva nel dopoguerra, nel 1953. In più ora c'è anche la leva di carica rapida per l'avanzamento della pellicola. Rimarrà in produzione con grande successo e altre versioni sino al 1975.

Kiev 4. Nel dopoguerra per diversi anni i modelli di riferimento per le nuove industrie fotografiche che si aggiungevano al tradizionale predominio tedesco rimangono la Contax II e la Leica. Per esempio per l'industria russa, forzatamente autarchica nel periodo della guerra fredda, ma che poteva beneficiare delle linee di produzione sequestrate nella Germania Est.
La Kiev 4 era una copia fedele della Contax II della Zeiss. A Kiev in Ucraina dopo la guerra erano stati spostati gli impianti di produzione della Contax dalla Germania Est passata sotto controllo sovietico.

La Zorky 4 invece era una copia con piccole variazioni della Leica a vite. Tutta la parte del mirino è meno compatta, ma un po' più comoda, e il caricamento pellicola non è dal fondo. Obiettivi con innesto a vite 39x1, non compatibili con quelli a baionetta della Kiev 4.

Fed 4. Sulla base della Zorky 4 gli ingegneri russi sviluppano anche un altro diffuso modello, tecnologicamente avanzato o quasi perché include un esposimetro al selenio (non accoppiato, e quindi del tutto equivalente a un esposimetro esterno) e la leva di carica rapida anziché la rotella della prime Leica. Rotella che però rimane, ancora più scomoda, per il riavvolgimento della pellicola. In produzione sino agli anni '80

Nikon SP. Anche l'industria giapponese, che diventerà presto e rimarrà leader nel mondo della fotografia, ha iniziato dalle telemetro, prendendo a modello Contax, Leica e anche, visto che eravamo ormai negli anni '50, la nuova Leica M3.
Le marche sono le stesse che dominano ancora il mercato nella fotografia digitale, rivali tra loro e con fan fedeli dell'una e dell'altra, la Nikon e la Canon (ma anche le altre hanno iniziato dalle telemetro).
La Nikon aveva iniziato con modelli ispirati alla Contax, ma a metà degli anni '50 con la S2 e poi nel 1957 con la SP produce i suoi primi apparecchi professionali, ed inizia a consolidare la sua fama.
Soluzioni prese dalla M3, come l'avanzamento con leva rapida e l'innesto a baionetta, soluzioni migliori, come il riavvolgimento a manovella, una estetica moderna e squadrata, costruzione eccellente, e anche un particolare che aiuterà il suo successo: il corpo opzionalmente rifinito in nero, per la SP. Serviva per rendere la macchina meno visibile, meno intrusiva nel reportage, rispetto alla usuale finitura cromata. Era meno resistente e tendeva a perdere la brunitura sui bordi, ma era "professionale" e quindi ancor più desiderata da chi professionista non era. Il successo comincia anche dai particolari.
(Immagine tratta, ridimensionata, da kenrockwell.com)

Canon 7s. Più o meno negli stessi anni e con lo stesso percorso si pongono le basi per il duraturo successo della rivale della Nikon. Il modello di punta degli anni '50 è la Canon 7s mostrata in figura. Caratteristiche simili con ancora qualche innovazione ergonomica, anticipatrice degli sviluppi futuri, in più. L'obiettivo monster che monta nell'immagine questa macchina è una esercitazione tecnologica della Canon, affermazione di aver raggiunto e superato i marchi modello tedeschi. Un obiettivo con luminosità superiore a quella dell'occhio umano (il riferimento, 1, quindi con apertura 0,95). Non era eccelso come qualità a tutta apertura ma era un record. Alla stessa gara partecipa la Nikon con un Nikkor ad apertura 1.1.

Derivata dalle telemetro giapponesi del tempo con una importante semplificazione (l'ottica fissa) ed evoluzioni nella esposizione automatica, ecco un esempio della classica macchina per famiglia di fine anni '60, la Minolta Hi-Matic 7s. Prestazioni eccellenti, anche se non molto creative (per via dell'ottica fissa). La struttura è già quella delle future compatte che domineranno il mercato dagli anni '80 al 2000. Da notare la cellula dell'esposimetro dentro l'anello per i filtri. Un quasi TTL.

Minolta CLE. La migliore Leica fino alla M7 era una Minolta. Migliore delle serie precedenti come comodità d'uso, grazie alle innovazioni tecnologiche adottate per la prima volta per questa classe di apparecchi (esposizione manuale ed automatica con lettura TTL attraverso l'obiettivo). Il migliore risultato del periodo di collaborazione tra la casa giapponese e la Leitz, la Minolta CLE forniva prestazioni professionali con obbiettivi intercambiabili e la possibilità di montare quelli prodotti per le Leica M, e la comodità d'uso offerta dalla migliore tecnologia dell'epoca, in dimensioni minime. Non ebbe molto successo all'epoca, ma ora ha quotazioni più alte di quando era nuova.

Una delle migliori SLR meccaniche degli anni '70, tra le prime con esposizione semi-automatica a tutta apertura, la classica Minolta SRT101, che aveva anche come punto di forza l'estetica moderna e piacevole. Da questo apparecchio nasce l'affermazione internazionale della casa giapponese.

La prima ed unica SLR meccanica completamente automatica (ma anche manuale all'occorrenza) è stata, per diversi anni, la Konica Autoreflex T.

La migliore reflex prodotta prima dell'arrivo delle autofocus, la Olympus OM-2, sintesi di tutte le innovazioni precedenti più due originali: la compattezza riconquistata e il sistema di esposizione con la cellula interna che lavora sulla luce riflessa dalla tendina e dalla pellicola. Per un periodo riesce ad affiancare Nikon e Canon anche nel settore professionale.

Qui la Olympus OM-2 in versione standard cromata.

Pentax 645. La interpretazione Pentax del formato ideale 4,5x5. Molto comoda e versatile. Se avesse avuto un prezzo appena un poco più abbordabile poteva forse essere un successo.

Inizia l'era delle compatte 35 mm. La storica Minox ripropone con la EL la struttura delle folding, con successo, ma qualcuno storce il naso.

La Rollei invece trova la formula giusta con la Rollei 35, iniziatrice vera e propria di questa tipologia di modelli. Ancora un po' troppo complessa nell'uso e piuttosto costosa, però, per diventare un fenomeno di massa.
Quello in figura è un modello speciale. Normalmente la pelle era nera e il corpo cromato, ma era molto diffuso anche il modello all black.

Minolta Hi-Matic F. Il vero successo lo coglieranno i giapponesi con modelli come questo, una tipica compatta 35mm degli anni '70-'80. Tutta automatica, anche nella gestione del flash.

Olympus XA. O con questo storico compattissimo modello vagamente a forma d'uovo della Olympus, la XA degli anni '80. Che a differenza dalla Rollei montava a bordo pure il telemetro.

 

E per finire la galleria alcuni modelli professionali. Cominciando dalla Koni-Omegaflex M. citata nella sezione sulle TLR. Un apparecchio professionale e molto versatile degli anni '60, prodotto in Giappone dalla Konica, senza badare troppo alle possibili semplificazioni. Aveva gli obiettivi intercambiabili, tra i pochissimi modelli di biottica con questa funzionalità, e anche i dorsi e i mirini erano intercambiabili. Il rotellone che si vede in primo piano serve per la messa a fuoco e muove tutta la piastra frontale. L'avanzamento della pellicola si ottiene tirando quel pomello in basso a sinistra. Con il mirino montato in questa immagine si vede attraverso l'obiettivo, ma senza specchio (non è reflex) quindi l'immagine è capovolta completamente (alto - basso / sinistra - destra), non molto comodo.

Koni-Omegaflex M. Con il mirino montato in quest'altra immagine invece lo specchio c'è e l'immagine non è più capovolta, anche se per la visione occorre portare la pesante macchina fotografica all'altezza dell'occhio. Ma era disponibile anche un mirino a pozzetto con la immagine che si formava sul vetro smerigliato, come nella macchina modello per tutte le TLR, la celebre Rolleiflex. Sul lato destro si nota anche il pulsante di scatto collegato al dorso (dove deve aprire il volet proteggi pellicola). Al pulsante di scatto può essere collegata la impugnatura ergonomica per uso a mano libera (solo da parte di fotografi robusti) che si intravede nella immagine precedente.

Sembra un apparecchio storico, dei primi anni del XX secolo, è invece è degli anni '70 ed è anche tecnologicamente sofisticato. La Horseman 980, una macchina giapponese, utilizza l'architettura delle folding a grande formato, ma con una serie di accorgimenti per l'uso a mano libera, una derivazione dalla celebre Speed Graphic della americana Graflex, l'apparecchio standard per i reporter di cronaca negli anni '40. Oltre che a mano libera con la impugnatura inclusa poteva essere usata per tutti i generi fotografici. Aveva dorsi intercambiabili e vari formati, per pellicole piane o per rollfilm (formato 120), obiettivi intercambiabili di vari costruttori (le macchine professionali di questo tipo avevano ed hanno un attacco per obiettivi universale, veramente standard), mirino a telemetro per le foto d'azione. Il dorso era rimovibile e consentiva di mettere a fuoco direttamente sul piano pellicola, e in questo modo l'apparecchio poteva essere usato anche per macro fotografia e per correzione delle deformazioni ottiche mediante il decentramento e il basculaggio dell'ottica. In pratica si potrebbero scrivere pagine e pagine su questo tipo di macchine.

Ed ecco la originale Speed Graphic "Pacemaker" degli anni '40 (questa è del 1947) in una delle tante configurazioni possibili. Pesava circa 2,5 Kg, che diventavano circa 3 con l'inseparabile lampo al magnesio, quindi effettivamente era usabile a mano libera con un po' di buona volontà.

Con l'inseparabile flash era lo strumento ideale per il reporter che batteva di notte stazioni di polizia e locali malfamati alla ricerca di immagini di nera da rivendere ai giornali scandalistici, come il famoso Weegee che lavorava a New York, e i giornali potevano utilizzare immediatamente e senza problemi le immagini in grande formato, anche a 4"x5" (9 x 12 cm) che queste macchine facevano.

(L'immagine, opportunamente ridimensionata, proviene dal "museo Internet" dell'appassionato Mr. Martini che consigliamo di visitare)

Ed ecco infine Weegee (Arthur Fellig) con la sua Speed Graphic.

   

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© Alberto Maurizio Truffi - Musica & Memoria Dicembre 2011 / Riproduzione del testo e delle immagini non consentita

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