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Il progetto The Blues, coordinato da Martin Scorsese per l'anno del blues (il 2003, una iniziativa del Congresso americano) prevede una serie di sette film, il primo arrivato in Italia è quello affidato al famoso regista tedesco, notoriamente appassionato di blues e di musica in genere. La musica ha avuto sempre un ruolo importante nel cinema del regista de Il cielo sopra Berlino, in Paris, Texas la intera colonna sonora era curata dal grande Ry Cooder, in Million Dollar Hotel la fruttuosa collaborazione con gli U2, in Lisbon Story la intera base musicale affidata ai Madredeus, per non parlare dell'eclatante successo internazionale di Buena Vista Social Club, che seguiva direttamente il geniale disco curato sempre da Ry Cooder. Il titolo, tradotto chissà perché in italiano "L'anima di un uomo" (ormai è una abitudine quasi caduta in disuso, quindi perché tentare la traduzione di titoli intraducibili?), allude anche al soul, uno dei tanti generi germinati dal fecondo blues, del quale viene preso in esame con grande poesia in questo film il periodo degli inizi, concentrandosi su due sole figure, Skip James e Blind Willie Johnson, e su una figura di mezzo, degli anni '60, J.B.Lenoir, un famoso irregolare del blues che, come gli altri due, ha raccolto ben poco del molto che ha dato alla musica.
Anche Skip James è protagonista di una storia ben particolare: cantante e compositore blues per diletto nei suoi anni giovanili, nei quali pare si occupasse soprattutto di contrabbando di alcolici, invitato a una audizione e poi a registrare le sue composizioni da una piccola casa discografica, i suoi brani sono diventati classici del blues ("Devil Got My Woman", "Illinois Blues") quando lui era già rientrato nell'anonimato, a occuparsi della redenzione delle anime assieme al padre, in un ritorno di interesse per la fede religiosa. Per decenni i suoi blues sono stati suonati come se fossero di un autore ormai scomparso, fino all'epoca d'oro della riscoperta della tradizione, dei concerti folk di Newport, della popolarità in tutta l'America di Pete Seeger, Joan Baez e Bob Dylan. Un grande spazio veniva dato per la prima volta anche al blues acustico delle origini, e qualche specialista riuscì in questa fase a ritrovare fortunosamente, vivo e vegeto, l'ormai settantenne Skip James, che riprese a suonare nei concerti come se gli anni non fossero passati, riacciuffando un seguito nazionale nell'ultima parte della sua vita, ed avendo la soddisfazione (anche economica) di vedere suoi pezzi ripresi da gruppi rock contemporanei, come I'm So Glad che divenne un cavallo di battaglia dei Cream. J.B.Lenoir è da un lato, come apprendiamo, una piccola ossessione del regista, dall'altra un personaggio veramente sottovalutato dal mondo musicale USA, ma di grande influenza nel resto del mondo, e in particolare in Gran Bretagna. Lo spunto per parlarne nasce infatti dal classico "The Death of JB Lenoir" del bluesman bianco (e inglese) John Mayall che, con i suoi Bluesbreakers, è stato uno dei "colpevoli" (assieme ad Alexis Korner) della riscoperta del blues in UK, e quindi della nascita musicale di artisti come i Rolling Stones, Eric Clapton (che iniziò con lui), Eric Burdon, Jeff Beck e compagnia. "Perché - si chiedeva Wenders - questo JB Lenoir è così importante da dedicargli una canzone?". Musicista professionista e autore, caratterizzato da una voce molto acuta, singolare per un bluesman, aveva il "vizio" di piegare il suo blues elettrico, parente del blues di Chicago di Muddy Waters, a temi di attualità e scomodi, così suoi brani erano "Vietnam Blues", "Korea Blues", "Alabama Blues" (sulla integrazione razziale), "Don't Dog Your Woman" (sul rispetto della donna). La morte prematura per le conseguenze mal curate di un incidente stradale ha appunto colpito John Mayall che vedeva in lui un maestro e lo ha spinto a scrivere uno dei suoi brani più noti. Il film si snoda attraverso le storie dei tre protagonisti, ricostruite quelle dei primi due con attori e quella di Lenoir con lui stesso, grazie ad alcuni rulli cinematografici amatoriali girati da una coppia di studenti di musica svedesi, fortunosamente recuperati da Wenders, e riproposti nel film insieme alla testimonianza sul personaggio Lenoir della coppia di ormai anziani ex-studenti d'arte. Le vicende sono contrappuntate (per fortuna) dall'ascolto dei brani, affidati con grande lusso ad una selezione dei migliori interpreti blues, e non solo, in circolazione, un po' come se questo film fosse una versione alternativa di Blues Brother 2000 di John Landis, diretta però al blues delle origini. |
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1. Vietnam Blues - Cassandra Wilson |
Feel Like
Going Home di Martin Scorsese |
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Bach, Brandenburg Concerto No. 2 in F.
First Movement, Munich Bach Orchestra, Karl Richter, conductor. 4:40 |
© Alberto Maurizio Truffi Settembre 2003 - Osservazioni? Scrivi a: Musica & Memoria |
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