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Gianfranco Manfredi - Ma chi ha detto che non c'è (1976) |
1. Sta nel fondo dei tuoi occhi |
2.Sta nel sogno realizzato |
3.Sta nell'immaginazione |
4.Sta nel nero della pelle |
5.Sta nei sogni dei teppisti |
6. Ma chi ha detto che non c'è |
Sta nel fondo dei tuoi occhi |
C'è, c'è |
Note |
Per molti ragazzi che hanno vissuto le proteste e gli scontri di piazza del 1977 questa canzone scritta da Gianfranco Manfredi e musicata da Ricky Gianco è il tramite ideale per ricordare e rivivere quell'anno di violenza e ribellione ma anche di speranza. Manfredi era un cantautore abbastanza noto, con una vena ironica e satirica molto originale, ma che va anche in profondità. Nell'album del 1976 Ma non è una malattia, realizzato con il supporto di Ricky Gianco sembra veder arrivare con occhio profetico la grande ribellione del '77 e per accoglierla scrive con questa bella canzone un riassunto delle conquiste, delle illusioni, delle speranze e degli errori di quegli anni, dal 1968 in poi, ma senza giudicare. In ogni strofa sono ricordati i cambiamenti raggiunti o tentati raggruppati per associazione di idee. Vediamoli strofa per strofa (1). |
1) La prima strofa è dedicata al "libero amore", un grande cambiamento, forse la più visibile eredità del'68, l'abbattimento delle convenzioni, delle barriere, dei divieti, della sottomissione delle donne. Poeticamente evocato descrivendo per accenni un incontro d'amore. Un inizio folgorante che illumina tutta la canzone. |
2) La seconda strofa si occupa invece dell'azione politica intrapresa per cambiare la società, ricordando però che si diceva allora che "il personale è politico. Così c'è il "sogno realizzato" di una nuova forza di cambiamento che vuole sostituirsi al PCI e poi le azioni tentate - le lotte nel mondo della scuola, superiori e università, "la scuola borghese si abbatte non si cambia", il movimento femminista e la liberazione della donna, quelle solo teorizzate - la rivoluzione "l'unica soluzione la rivoluzione" che però non può limitarsi agli scontri con la polizia ma deve fare il salto di qualità, ci vogliono le armi, un mitra pronto, evocate da canzoni dell'epoca come "l'ora del fucile" di Pino Masi o l'inno di Lotta Continua "lotta di lunga durata, lotta di popolo armata", ma che qualcuno incomincia a mettere in pratica, con le conseguenze che sappiamo.
Manfredi tra le azioni teorizzate poi evoca anche il luddismo, la
distruzione degli strumenti di produzione e quindi della fabbrica
come uscita dalla rivoluzione industriale e dalle nuove tecnologie,
qualcosa che c'è stato, ma molto laterale più rivolto alla
tecnologia "capitalista" che alla sparizione degli operai che
restavano centrali, in coerenza col pensiero di Lenin, per tutti i
gruppi volevano essere puri marxisti-leninisti e facevano appello
alla classe operaia (Potere operaio, Avanguardia operaia, Autonomia
operaia). |
3) La terza strofa prosegue ricordando le molte forme di impegno nate cercando con la forza della immaginazione nuove vie per cambiare il mondo, che possono essere la provocazione, il lavoro militante dal basso per creare una nuova consapevolezza (la talpa), nell'imaginare come creare la "città futura" gramsciana, nel combattere il "presente senza storia" avversato da Pierpaolo Pasolini, ovvero la scomparsa delle radici culturali popolari travolte dalla modernizzazione e nell'ubriacarsi in vari modi e come portare la "musica sull'erba" nei festival rock spontanei come quello di Milano del Parco Lambro, oggetto di altre canzoni di Manfredi. |
4) Nella quarta strofa sono evocati gli scontri di piazza che, a partire dal primo storico scontro a Valle Giulia a Roma il 1 marzo 1968, saranno l'effetto e forse il risultato più visibile della protesta, e ancor di più lo saranno nel '77, ma anche le "appropriazioni" (ovvero furti, anche espliciti) che diventano attacchi al capitale. Una strofa profetica di quello che succederà l'anno dopo. |
5) L'ultima strofa prima di tirare le fila evoca prima il teppismo senza motivazioni (rebel whitout a cause) che in qualche modo può essere anch'esso funzionale alla rivolta e poi accenna alla prima infanzia dove si vuole estirpare un'educazione che ripropone modelli di famiglia e di vita dell'Ital conservatrice e reazionaria, spinta anche dal movimento femminista. Ma poi si torna ancora dove si è cominciato, alla rivendicazione del sesso senza vincoli e modello come espressione di sé. |
6) Siamo quindi all'ultima strofa (prima di alcune ripetizioni) e veniamo a sapere qual è il titolo di questa intensa canzone (Ma chi ha detto che non c'è) che rimane quasi un "finale aperto". Ma è molto facile comprenderlo, quello che invece potrebbe o dovrebbe esserci, è la possibilità di cambiare la società. Un espediente che ricorda un'altra canzone di quegli anni, Sans la nommer di Georges Moustaki. |
In sintesi questa canzone è un richiamo nostalgico molto efficace per chi ha vissuto quegli anni e le controverse vicende del '77. Uno di loro ha scritto su YouTube a commento di quegli anni: "forse avevamo scambiato il tramonto con l'alba...ma almeno ci abbiamo provato" ed è il commento più efficace. Sull'occasione perduta la più intensa riflessione in musica è invece di Antonello Venditti, in quella che è forse la sua più bella canzone, Modena. |
Note |
(1) A differenza di altre canzoni commentate le ipotesi di spiegazione del significato non sono poste a fianco delle strofe perché sono tante le suggestioni proposte da Gianfranco Manfredi che la struttura della pagine diventerebbe difficilmente leggibile. |
Immagini |
Le foto sono
originali di di Alberto Maurizio Truffi, sono state scattate tutte a Roma
nel
1977 tranne la seconda dall'alto che è del 1979. Una documentazione fotografica più ampia
sulle manifestazioni degli anni '70 si può vedere sul blog
Viaggineltempo associato a
Musica & Memoria. Le foto sono state scattate in queste
manifestazioni: |
© Musica & Memoria Gennaio 2025 / Note e fotografie Alberto Maurizio Truffi / Testo originale di Gianfranco Manfredi riprodotto per soli scopi di ricerca e critica musicale (vedi Disclaimer) / Copia per usi commerciali non consentita |