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 La fine di Storyville (The House of the Rising Sun)

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La celebre canzone The House of the Rising Sun (leggi tutta la storia e la traduzione) è strettamente legata alla storica vicenda del quartiere di Storyville a New Orleans,  il quartiere del peccato, della schiavitù (per le prostitute) della licenza e della libertà totale. Una storia che è stata magistralmente raccontata con il più franco realismo nel libro autobiografico Memorie di una maitresse americana, scritto, sembra con il supporto di uno scrittore o di un letterato rimasto anonimo, da una non meglio identificata Neil Kimball, probabilmente uno pseudonimo di una persona che realmente ha vissuto negli Stati Uniti in crescita caotica e inarrestabile dopo la guerra di Secessione.

Pubblichiamo un estratto di questo racconto, convinti che sarà sicuramente uno stimolo per cercare e leggere questo libro, pubblicato da Adelphi diversi anni fa e probabilmente tuttora in catalogo.

«Il primo segno che la pacchia stava per finire lo si ebbe nell'agosto 1917, ma noi non pensammo si trattasse di una cosa seria. Washington cominciò a regolamentare la prostituzione entro cinque miglia dai campi militari e i centri navali. Alle regolamentazioni seguirono altre regolamentazioni. Storyville aveva i giorni contati. I ragazzi, fu deciso, potevano morire per la loro patria ma non andare a letto per essa.
Nell'ottobre 1917 il Consiglio Comunale votò l'abolizione di Storyville. Ecco come suona l'ordinanza. Ne ho ancora una copia:
« Considerando il riconoscimento legale della prostituzione come un male necessario, in una città portuale delle dimensioni di New Orleans, questo Consiglio Comunale aveva ritenuto che la situazione potesse essere controllata più facilmente, e in maniera più soddisfacente, confinandola entro un'area determinata. La nostra esperienza ci ha insegnato che le ragioni di questo sono inderogabili, ma il Dipartimento della Marina del Governo federale ha deciso altrimenti ».
Il documento concludeva che alla mezzanotte del 12 novembre 1917, sarebbe stato illegale gestire un bordello nella città di New Orleans. Io pensai che i bordelli avrebbero potuto ottenere protezione e rimanere aperti. Ma non fu così.

Alcune compagnie di assicurazione contro gli incendi stornarono le polizze riguardanti Storyville. Il capo dei pompieri disse che si stava complottando di dar fuoco al quartiere. Ci preparammo alla chiusura. Andate a lottare contro il Municipio, o addirittura contro Washington, con una testa di ca**o come Woodrow Wilson a capo del paese. Non erano certo i guerrafondai americani a fornire ai soldati e ai marinai un facile accesso alle donne. Da noi, i giovanotti gonfi della linfa della gioventù avrebbero dovuto soddisfarsi con le riviste, le canzonette, le torte dell'YMCA, e un po' di manfrine da soli, nella loro branda. Spesso mi domando perché non siano i soldati a gestire la loro guerra. Forse perché i vecchi gli raccontano tante di quelle balle da annebbiargli il cervello. Non ho mai creduto nelle stragi di giovanotti.
Io non son tipo da mettermi a urlare di rabbia, e da sbattere la testa contro i muri. Mi volto e me ne vado. La maggior parte delle case chiusero i battenti. Storyville era diventata un cimitero dove perfino i fantasmi sembravano affamati. Io decisi di rimanere fino alla fine.

E così si arrivò alla mezzanotte del 12 novembre. Una certa signora Dix aveva cercato di ottenere una proroga. Niente da fare. Io avrei chiuso la casa con tutte le bandiere spiegate, e non avrei continuato. Era la mia serata d'addio, per così dire, e non piangevo, ma nemmeno gettavo baci. Per due settimane il quartiere era stato percorso in lungo e in largo da carri e carretti. Io avevo venduto l'intera azienda, mobilio e tutto, a un greco che aveva aperto un piccolo casino tranquillo vicino alla base militare, e che sarebbe venuto a prendere la roba il mattino dopo. Era un uomo d'iniziativa, e aveva dieci grasse parenti che avrebbe impiegato come puttane.
Le ragazze indossavano i loro più begli abiti da sera, e i negligés più eleganti, e per la chiusura della mia casa avevo invitato i vecchi clienti, gli ufficiali che erano diventati assidui, e i gianni [i clienti, ndr] della migliore società di cui ero stata tanto orgogliosa. Avevo invitato cinquanta persone, se ne presentarono settantacinque, facendo finta di niente. Aprimmo alle nove; dovevamo chiudere a mezzanotte, e spegnere le vecchie lanterne al dodicesimo rintocco, come Cenerentola.
 

Le ragazze erano tutte ben truccate, coi capelli pettinati all'insù, e talmente su di giri che allungavano la mano ai bottoni della patta degli uomini. Qualcuno aveva passato in giro una bottiglia – sembravano come in un incendio. Anni di disciplina andavano a farsi fottere. Lascia che si sfoghino, pensai. Erano tutte eccitate e arrabbiate, ma anche felici. Metà erano già ubriache, poiché, con mance, si erano fatte portare dalle domestiche negre delle bottiglie su in camera, prima di scendere. Io avevo venduto la maggior parte della mia cantina al club B..., per diecimila dollari. Per anni avevo continuato a immagazzinare roba di prim'ordine, e avevo tenuto da parte dello champagne, dell'acquavite, del bourbon e del rye ben invecchiati. A quell'epoca, erano pochi quelli che bevevano scotch.
Avevo fatto aprire un barilotto di birra nel salotto grande e in quello riservato. Harry [il factotum della casa, ndr] serviva al banco del bar. Anche lui era piuttosto cotto, e si teneva accanto, dietro il banco, il grosso cane Prince, ogni tanto piluccava qualcosa dal buffet, dove avevo fatto affettare l'ultimo dei grossi prosciutti affumicati, del tacchino, del pesce, un intero assortimento di gamberi, di aragoste, e di granchi dal guscio molle. Nessuno doveva spendere un centesimo, per tutto questo – le ragazze, il mangiare, e il bere, era tutto a carico della casa. Se qualche puttana chiedeva un regaluccio d'addio, per le ultime chiavate a Storyville, questo riguardava soltanto il gianni. Io non c'entravo più.

Verso le dieci, una banda di teppisti cercò di entrare, ma il sindaco aveva riempito Storyville di poliziotti, quella sera, poiché era corsa voce che le puttane e i loro amici avrebbero dato fuoco al quartiere, al momento d'abbandonarlo. I poliziotti non lasciavano entrare nessuno nella casa, a meno che io gli dicessi che erano miei amici o invitati. Non volevo far entrare nessuno che potesse rovinare la festa, nessuno di quegli schifosi pescicani, con le loro camicie di seta da venti dollari e i loro modi volgari.
Un vecchio signore, un giudice, si mise a piangere, seduto sulle scale, con due puttane nude sulle ginocchia, che cercavano di farglielo venir duro, e il professore, quello vero, fece un lungo discorso sulla caduta di Roma, che, secondo me, c'entrava come i cavoli a merenda.

A mezzanotte stavo sotto il grande candelabro dell'ingresso, che aveva perso alcuni dei suoi cristalli, e bevemmo tutti insieme l'ultima coppa di champagne, le puttane piangevano, sia le nude che le vestite, e i gianni nudi, vestiti, o semi-vestiti, scendevano dal piano di sopra. Fu una cosa commovente. Guardando le rovine del bar e del buffet, i cuscini sbudellati, tutto ciò che riuscii a pensare fu quanto sarebbe stato l'incasso di quella notte se non avessi preso tutto a mio carico.

Le abitudini, in me, difficilmente vengono meno.


E così, addio, Storyville, mia ultima casa. Quella notte dormii bene e profondamente per la prima volta dopo settimane e, alle dieci del mattino dopo, feci i miei addii a Harry e al cane, lasciai le chiavi per il greco, e andai alla stazione a prendere il treno per la Florida. Le strade erano piene di cartacce e di bottiglie rotte, e qualcuno aveva dato fuoco a un vecchio furgone di lavandaio, a Storyville... ammesso che potesse ancora chiamarsi Storyville. Gli ero affezionata, a quel dannato posto.
»
...

(Le immagini sono del quartiere di Storyville a New Orleans a inizio '900 e ritratti di prostitute di fine '800)

 

Musica & Memoria Dicembre 2007 / Tratto da "Memorie di una maitresse americana", editrice Adelphi / Riproduzione parziale per soli scopi di analisi critica ai sensi delle leggi vigenti / Le immagini sono tratte da cartoline di New Orleans dell'epoca (1910 e 1900) / Copia per usi commerciali non consentita

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