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Ivan Della Mea - O cara moglie (1966)

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O cara moglie, stasera ti prego,
dì a mio figlio che vada a dormire,
perché le cose che io ho da dire
non sono cose che deve sentir.

Proprio stamane là sul lavoro,
con il sorriso del caposezione,
mi è arrivata la liquidazione,
m'han licenziato senza pietà. (1)

E la ragione è perché ho scioperato
per la difesa dei nostri diritti,
per la difesa del mio sindacato, (2)
del mio lavoro, della libertà.

Quando la lotta è di tutti per tutti
il tuo padrone, vedrai, cederà ;
se invece vince è perché i crumiri
gli dan la forza che lui non ha.

Questo si è visto davanti ai cancelli:
noi si chiamava i compagni alla lotta, (3)
ecco: il padrone fa un cenno, una mossa,
e un dopo l'altro cominciano a entrar.

O cara moglie, dovevi vederli
venir avanti curvati e piegati;
e noi gridare: crumiri, venduti!
e loro dritti senza guardar.

Quei poveretti facevano pena
ma dietro loro, là sul portone,
rideva allegro il porco padrone:
li ho maledetti senza pietà.

O cara moglie, io prima ho sbagliato,
dì a mio figlio che venga a sentire,
ché ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà.
O cara moglie, io prima ho sbagliato,
dì a mio figlio che venga a sentire,
ché ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà.

 

Note

 

Una canzone di lotta scritta da Ivan Della Mea nella prima metà degli anni '60. Anni di governi di centro-sinistra e di boom economico (il "miracolo economico") che porta in pochi anni l'Italia tra i primi 6 paesi industrializzati del mondo (e vi resterà) ma uno sviluppo basato (come quelli dei paesi emergenti degli anni 2000) anche sul basso costo del lavoro.

Il giusto contrappeso sono le lotte dei lavoratori per conquistare più diritti e più potere d'acquisto, iniziate nel 1962 e proseguite per tutto il decennio fino alla conquista dello Statuto dei diritti dei lavoratori, nel 1970. Prima di questa nuova legislazione il licenziamento era a discrezione del datore di lavoro (1) come nei paesi anglosassoni, non c'erano diritti sindacali di associazione in azienda (3), e la protezione dei diritti dei lavoratori era lasciata soprattutto ai sindacati, garantiti dalla Costituzione italiana. Anzi, come dice il protagonista, "il" sindacato (2), intendendo evidentemente la CGIL, il più grande e non legato ai partiti del governo, ovvero la UIL (PSI e PRI) e la CISL (DC). La CGIL era il sindacato di opposizione, legato al PCI, allora diretto, dopo la Liberazione e la lunga guida dell'amatissimo Giuseppe Di Vittorio, da Agostino Novella. Dopo la statuto arriverà però la seconda conquista per i lavoratori: il sindacato unitario.

A distanza di molti decenni la questione dei diritti del lavoro è ancora aperta, in parte perché ora nel mercato globale i diritti (che alzano in parte il costo del lavoro) sono un fattore competitivo per i paesi emergenti (che si spera abbiano anche loro prima o poi i loro sindacati combattivi e il loro statuto), ma soprattutto per la frammentazione dei lavori. In quegli anni pre-statuto i diritti erano minori ma per tutti uguali, ora sono differenziati tra le forme del lavoro, e per alcuni di essi (stagisti, prestatori d'opera) sono persino minori. Il problema non è il tanto citato articolo 18, ovvero il reintegro, ma il fatto che possa essere solo per pochi e che la frammentazione impedisca che a difenderli e a pretenderli ci sia, come negli anni '60 "il" sindacato.

Vedi anche: Le canzoni del '68 / Le canzoni di protesta

 

© Musica & Memoria Giugno 2018

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