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Margareth Menezes - Uma História de Ifã (Elegibo)

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Ele, Elegibo, Elegibo, Elegibo
Cidade reluzente é Ejgibo, cidade florescente é Ejgibo
Cidade reluzente é Ejgibo, cidade florescente é Ejgibo
Ele, Elegibo, Elegibo, Elegibo
Ejgibo, cidade encantada, Elegibo, sua majestade real
Araketu ritual do candomblé das altas cidades de gueto e sapé

Lui, Elegibo, Elegibo, Elegibo (1)
Città rilucente è Ejgibo, città fiorente è Ejgibo
Città rilucente è Ejgibo, città fiorente è Ejgibo
Lui, Elegibo, Elegibo, Elegibo
Ejgibo, città incantata, Elegibo, la sua maestà reale
Araketu rituale del candomblé delle grandi città di ghetto e sapè

Ele, Elegibo, Elegibo, Elegibo
Ferido ficou-se o homem utilizando seus poderes
Passaram-se anos difíceis, sofreram muitos seres
Os vassalos ficaram sem pasto,
A fauna e a flora não brotavam mais
As mulheres ficaram estéreis, jamais
A flor do seu sexo não se abrirá

Lui, Elegibo, Elegibo, Elegibo
Si ferì l’uomo utilizzando i loro poteri
Vennero anni difficili, soffrirono molti esseri
I vassalli restarono senza il loro pasto,
La fauna e la flora non crescevano più
Le donne diventarono sterili, per sempre
Il fiore del suo sesso non si aprirà mai) (2)

Ele, Elegibo, Elegibo, Elegibo
Guerreiros lutaram entre si com golpes de vara, era o ritual
Durante várias horas travou, se batalhas entre o bem e o mal
Depois retornaram com o rei para a floresta sagrada
Onde comeram a massa de inhame bem passada
Onde será comida por todos os seus
negros homens em comunhão com Deus

Lui, Elegibo, Elegibo, Elegibo
I guerrieri lottarono tra essi con colpi di verga, era il rituale
Per molte ore ci furono battaglie tra il bene ed il male
Poi ritornarono col re alla foresta sacra
Dove mangiarono la pasta di inhame (3) ben cotta
Che sarà mangiata da tutti gli uomini negri (4), in comunione con Dio

Ele, Elegibo, Elegibo, Elegibo
Cidade reluzente , cidade florescente
Cidade reluzente , cidade florescente

Lui, Elegibo, Elegibo, Elegibo
Città rilucente, città fiorente
Città rilucente, città fiorente

 

 

  

Lo stile musicale axè

 

La canzone è stata composta da Ythamar Tropicalia e Rey Zulu. Nelle altre versioni il testo si mantiene molto simile, cambia solo il ritmo, il più utilizzato è l'axè. È stata incisa anche da Daniela Mercury, Virginia Rodrigues e dal Gruppo Ara Ketu, e registrata con altri nomi.

Ythamar Tropicalia e Rey Zulu sono compositori baianos (dello stato di Bahia) di axé music, che è il ritmo originario di Uma História de Ifã, e hanno creato canzoni per gruppi come Olodum, Banda Mel e altri. La maggioranza dei brani axé parlano di cose molto banali come, ad esempio, i sederi delle donne e altre cose che evocano erotismo, ma in maniera piuttosto volgare, in un portoghese molto povero e pieno di espressioni gergali. Virginia Rodrigues, autentica bahiana, secondo la critica, ha il dono di rendere belle quelle canzoni, perché la sua interpretazione non è mai eroticamente esplicita, ma ricca di intensità e talento. Una buona continuatrice del suo stile è Margareth Menezes, che ha reso la canzone cosnosciuta in tutto il mondo.

 

La leggenda che ispira la canzone

 

La canzone è ispirata ad una delle tante leggende del candomblé di Bahia. Racconta la storia di tre noti "Orixás", che sono per il candomblé come i santi per la chiesa cattolica. La canzone dà la spiegazione per il significato dei numeri 7 e 9 che corrispondono, rispettivamente, agli orixás Ogun e Oyá. Per farla breve ed evitare i tanti nomi in yorubá, la racconto con queste poche parole: "Ogun, il bravo guerriero da' alla sua ragazza, Oyà, una verga magica come la sua, che ha il potere di tagliare in sette pezzi uguali gli uomini e in nove le donne, che fossero toccati da essa durante una battaglia. Oyá si innamora di Xangô e fugge con lui. Ogun esce alla ricerca dei fuggitivi e quando li trova, lui e Oyá si toccano contemporaneamente con le loro verghe magiche e si tagliano rispettivamente in 7 e 9 parti uguali."

In un'altra versione della leggenda invece Oyá era sterile e dopo aver realizzato un rituale del candomblé è diventata madre di nove figli. Quindi le nove parti uguali della donna alludono probabilmente al numero di figli che può fare una donna fertile nella vita e ai mesi per farli.
Ejgibo (o Elegibo) e Ifã sono nomi di mitiche città africane, che non corrispondono a nessuna città attuale, e che sono stati tramandati nella memoria degli schiavi africani deportati in Brasile.

 

Cos'è o dov'è Ifã?

 

Sembrerebbe dal contesto che si tratti di una località, una città o una regione della lontana e mitizzata Africa. Si tratta invece di un oracolo, posto sotto il dominio dell'orixá Orunmilá o Orumila (quello che governa il destino delle essere umani), interpellato, come tutti gli oracoli, per conoscere il futuro delle persone. È un mito originario della Nigeria ed è stato portato in molte parti del mondo dalle popolazioni yorubá; è usato nei riti candomblé, umbanda, quinbanda in Brasile, così come in culti religiosi in altri paesi come, ad esempio, a Cuba. Esistono quindi molte "storie" di Ifá, cioè, leggende sulle sue profezie.
La magia umbanda opera, oltre che attraverso gli orixás, anche con gli spiriti degli schiavi neri e degli indigeni. La magia quimbanda è invece paragonabile a quella che in Europa si chiama "magia nera", nella quale gli iniziati usano i loro "poteri" per fare del male alle persone, chiamando quegli spiriti cattivi che "vivono nel buio".

 

Gli Orixás 

 

Nel seguito la corrispondenza tra alcuni Orixás e i corrispondenti santi cattolici:
Ogun - San Giorgio (bravo guerriero, figlio di Yemanjá, con Oxalá)
Oyá o Iansã - Santa Barbara (patrona delle tempeste) (nella immagine a lato)
Xangô - San Geronimo (patrono della giustizia)

Il candomblé

 

Il candomblé è un culto religioso sviluppatosi a Bahia tra gli schiavi africani provenienti da varie zone del continente di origine, la più numerosa è la yoruba. In lingua yoruba "candomblé" significa “festa”, “preghiera” o “danza”. I riti si svolgono in appositi luoghi chiamati terreiros, sotto la direzione del babalorixá (o “pai de santo”) o della iyalorixá (o “mae de santo”), che sono le più alte autorità del terriero, e sono incentrati attorno alle figure degli orixás, intermediari tra l'uomo e dio (o gli dei) e quindi investiti del ruolo che nella religione cattolica hanno i santi. Gli orixás sono evocati per mezzo di musiche, ritmi e in alcuni casi sacrifici rituali (di animali) specifici per ciascuno di essi, prendono possesso di alcuni intermediari umani e sono quindi chiamati a rispondere a domande, guarire malattie e simili incombenze. In generale il rito ha lo scopo di rinnovare l’axé, l’energia vitale presente in tutte le cose, una chiara derivazione animista, quindi. Gli orixás sono stati creati da Olorum (Olófi o Olodumaré) che ha trasmesso loro l’axé per uno specifico elemento (come i santi protettori o patroni). Gli orixás influenzano anche gli esseri umani, un po' come nella credenza dei segni zodiacali, ogni persona ha due orixás che ne determinano le attitudini, il principale è l’orixá “de cabeça".

 

Note sulla traduzione

 

(1)

Elegibo è il re della città di Ejgibo (come dice il verso successivo)

(2)

La seconda strofa sembra pronunciata da una voce differente, per il cambio di persona. Probabilmente evoca l'autore della maledizione. A volte questa strofa è saltata.

(3)

La radice della pianta di inhame è commestibile ed è molto usata nella cucina brasiliana.

(4)

Tutti gli uomini negri della città.

 

Traduzione e note di  Janaìna Truffi / Riproduzione per usi commerciali non consentita
©
Musica & Memoria Luglio 2004 / Revisione 2016

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