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Mini-guida SLR analogiche |
A chi è
rivolta questa pagina: A chi è interessato a sperimentare
o riscoprire la fotografia analogica |
La fotografia digitale ha raggiunto e superato da anni i livelli di qualità della fotografia analogica, anche nel medio formato. Di conseguenza comprare nel mercato dell'usato o tirare fuori dal cassetto una vecchia macchina analogica per fare foto sembra un'operazione senza senso (solo usate perché la produzione delle reflex è cessata nel 2020 con l'ultimo modello che ha resistito, la Nikon F6). Ma questo vale anche per il vinile, che come parametri è inferiore alla musica digitale, ma questo non impedisce a sempre nuovi costruttori di creare (e vendere) giradischi sempre più raffinati e costosi e al vinile di superare come vendite il CD nel 2020 (in USA). Le due situazioni sono solo in parte comparabili, ma anche in fotografia numerosi appassionati riscoprono la fotografia analogica, non tanto per una superiorità tecnica, ma per il piacere (in comune con il vinile) di recuperare una dimensione più "umana" e riflessiva nella ripresa delle foto. Non più decine e ormai centinaia di foto a raffica tra le quali scegliere poi faticosamente le migliori, ma una ricerca pensata della migliore angolatura e della migliore espressione e impressione per ognuna delle 36 preziose "pose" a disposizione nella pellicola. Un numero che ora, con schede che memorizzano senza problemi migliaia di foto, sembra incredibile. E anche una dimostrazione delle capacità "artigianali" del fotografo, analoghe a quelle che deve mettere in campo il proprietario di giradischi per tenere sempre perfettamente tarato il suo lettore di vinili. Esistono anche questi appassionati, non sono abbastanza da sollecitare la produzione di nuove macchine, ma sono abbastanza per giustificare la produzione delle pellicole, che continua tuttora sia nel formato 35 mm (135) che nel 6x6 (120). |
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Le due macchine fotografiche simbolo dell'era
analogica prima dell'avvento dell'elettronica, |
Ovviamente parliamo solo di macchine semi-professionali, per le foto ricordo ormai non serve neanche più una macchina digitale, gli ultimi smartphone hanno prestazioni superiori. Per iniziare bisogna scegliere il formato di pellicola e la tecnologia della macchina sui cui puntare. Per il formato è quasi d'obbligo il 35mm, se l'obiettivo è fotografare con una discreta facilità, che non faccia venire subito la voglia di tornare al digitale. Fatta questa scelta l'alternativa è tra le macchine a telemetro (Leica e derivate) e le reflex monobiettivo, ovvero le SLR. Anche qui la scelta è quasi obbligata se si vuole mantenere un poco della facilità di scatto delle digitali: le SLR. |
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Prendiamo in esame solo le SLR dagli anni '60 in poi, ovvero quei modelli che hanno fatto diventare questa tecnologia la tecnologia standard per fare le foto, le prime reflex moderne e semplici da usare sviluppate in Giappone da produttori in molti casi non più attivi, ma anche e soprattutto dalle due case che tuttora dominano il settore professionale (Canon e Nikon). Sono le SLR con diaframma automatico, esposimetro TTL e misurazione semi-automatica o automatica, che si suddividono in tre grandi famiglie: |
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Quelle indicate tra parentesi sono i tre modelli semi-professionali più significativi per le tre tipologie, che possiamo prendere come esempio (nel seguito altri modelli esemplificativi). |
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SLR versus Rangefinder (telemetro) |
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Facciamo un passo indietro ricordando quali erano i problemi del fotografo prima che arrivassero queste macchine: 1) vedere bene come sarebbe venuta la foto 2) mettere a fuoco il soggetto con precisione 3) regolare al meglio in base alle condizioni di luce l'esposizione, ovvero la coppia tempi-diaframma 4) il tutto velocemente per non perdere l'attimo fuggente in cui scattare la foto perfetta. Il primo punto era risolto dalla visione reflex attraverso specchio e pentaprisma che portava a livello dell'occhio un'immagine nitida e otticamente ampia, incomparabile con il piccolo mirino delle telemetro (incluse le ultime) e sempre allineato ovviamente con l'obiettivo. Rispetto alle reflex di 10 o 20 anni prima ora gli obiettivi erano molto luminosi e consentivano di vedere la scena come il fotografo l'avrebbe vista senza guardare nel mirino, rimanevano sempre a tutta apertura (diaframma automatico) e lo specchio tornava istantaneamente a posto dopo lo scatto. Per il punto 2 il sistema adottato (ad immagine spezzata o a microprismi) consentiva di individuare ll giusta distanza di messa a fuoco con la stessa facilità del telemetro e per il terzo punto invece si superavano ampiamente le macchine a telemetro grazie alla intoduzione (tra le prime la Spotmatic) dell'esposimetro TTL (through the lens: dall'obiettivo) e CdS (più preciso ed esteso del tradizionale telemetro). Solo sul punto 3 e sui suoi effetti sul punto 4 (rendendolo più veloce) si differenziano le tre famiglie. |
Per misurare la luce l'esposimetro
deve essere illuminato, e per prevedere se la luce sarà sufficiente
a un diaframma più chiuso, se "guarda" attraverso l'obiettivo
bisogna che il diaframma sia chiuso, mentre nelle reflex è ora
sempre aperto al massimo. Inoltre, la misurazione può essere
semi-automatica (o "assistita") nella quale è il fotografo a
individuare con l'aiuto dell'esposimetro la coppia tempo-diaframma
migliore, oppure automatica, nella quale è la macchina a deciderlo,
dopo però che il fotografo ha fissato uno dei due sistemi che
controllano l'entrata della luce (il tempo di posa e il diaframma
dell'obbiettivo) e che nei sistemi automatici può essere l'uno o
l'altro, e si chiamano di conseguenza "a priorità del tempi" o a
"priorità del diaframma". |
I primi apparecchi proposti con
esposimetro TTL, adottavano la soluzione più semplice: per
visualizzare il tempo che sarebbe stato necessario per avere una
foto ben esposta con un tasto opportunamente posizionato il
fotografo faceva chiudere per un breve tempo il diaframma al valore
impostato e l'esposimetro, direttamente nel mirino, indicava il
tempo di posa che era necessario. Il fotografo a questo punto, se
non era quello già impostato lo cambiava (in alcune macchine senza
staccare gli occhi dal mirino perché era visibile mirino stesso)
oppure, se era troppo lungo e poteva generare foto mosse, apriva di
più il diaframma. |
La svolta importante è arrivata con la generazione successiva (ma a distanza molto breve) nella quale era inserito un sistema molto semplice che eliminava il problema: un simulatore del diaframma. L'esposimetro misurava sempre a tutta apertura ma applicava un correttivo in base al numero di diaframmi, ovvero di spot, che sarebbero stati chiusi al momento dello scatto. Il tutto era possibile perché negli apparecchi fotografici sin dai primordi i diaframmi e i tempi non si regolano in modo continuo ma a "scatti" (spot) che corrispondono a variazioni standard della luce che fanno entrare e questi spot erano da tempo standardizzati e allineati tra tempi e diaframmi. Così, ad esempio, uno scatto con la coppia tempo diaframma F2,8 e 1/125" corrisponde ad una coppia F4 e 1/60", nel senso che fa entrare la stessa luce e crea una foto con la stessa esposizione. Il risultato operativo era eccellente e consentiva alle reflex di diventare la macchina standard sia per amatori che per professionisti, surclassando in velocità e precisione le macchine a telemetro, tranne che per professionisti particolarmente esperti e in grado di valutare la luce in modo preciso anche senza esposimetro, solo con i loro occhi e con l'esperienza. Ma rimanevano altri vantaggi tipici del sistema (in particolare nell'uso dei tele-obbiettivi) e le reflex professionali, in particolare la Nikon F Photomic, diventava la macchina standard per i professionisti o gli amatori evoluti (e la Canon rispondeva con ritardo con la F-1 nel 1970). Con una reflex a tutta apertura, senza staccare gli occhi dal grande e luminoso mirino e tenendo sotto controllo l'inquadratura e la messa a fuoco, poteva misurare l'esposizione agendo a sua scelta su tempi o diaframmi e scattando subito dopo la foto. |
Le stop-dwon e le full-aperture avevano dominato gli anni '60 e la prima metà dei '70 ma il progresso della tecnologia elettronica e la disponibilità di soluzioni di micro-elettronica, con circuiti su "chip" consentiva un nuovo salto tecnologico: l'otturatore elettronico, nel quale i tempi (ovvero la partenza della seconda tendina, nelle reflex) era controllato da un circuito e non da un congegno tipo orologeria. Questo consentiva di introdurre un parziale automatismo dell'esposizione, sinora riservato solo alle macchine "per dilettanti", anche per fotografi amatoriali e (nel tempo) per i professionisti. Perché, ovviamente, la impostazione del tempo di posa poteva essere collegata alla misurazione dell'esposimetro ed essere quindi gestita automaticamente dalla macchina fotografica al momento dello scatto. Tecnicamente queste mattine possono definirsi semi-automatiche perché al fotografo sono lasciate alcune scelte e verifiche importanti. Da sottolineare soprattutto che la misurazione era a "priorità del diaframma" quindi rimaneva al fotografo l'onere di controllare che il tempo non fosse troppo lungo e potesse generare una foto mossa. Una situazione comunque segnalata in molti modelli con luci intermittenti o bip. Nelle condizioni normali di luce e con pellicole abbastanza sensibili macchine di questo tipo garantivano foto quasi tutte buone, dove il fotografo doveva stare attento solo alla messa a fuoco e fare attenzione alle segnalazioni dell'apparecchio, e quindi il successo è stato totale e questo tipo di reflex hanno sostituito le precedenti, fino alla quarta famiglia. Hanno però una sostanziale differenze con le tutta apertura della generazione precedente: senza batteria cessano di funzionare (l'otturatore è comandato da un circuito elettronico). Questo sarebbe diventato uno standard per le generazioni successive, anche professionali, ma è stato un gradino consistente all'epoca. La casa che ha lanciato questa innovazione è stata proprio la Canon che ha così recuperato lo spazio perso rispetto alla Nikon negli anni precedenti, inziando a recuperare (ma avrebbe impiegato ancora qualche anno) quella co-leadership che mantiene tuttora. |
La scelta migliore |
Per sperimentare la fotografia analogica nel modo più genuino, ma senza dover affrontare una operatività piuttosto complessa e anacronistica ora, la scelta sarebbe una reflex a tutta apertura. Sono però non molte le macchine disponibili e in condizioni buone, e quindi abbastanza care. L'alternative sono le automatiche a priorità del diaframma, che sono state vendute molto di più e hanno molti più modelli validi tra cui scegliere, e sono anche più recenti. Un eventuale malfunzionamento della parte elettronica è difficilmente riparabile ma, rispetto agli automatismi meccanici delle macchine della seconda famiglia, sono più rari |
Guida all'uso di una semi-automatica tipica: la Yashica FX-D Quartz |
Un apparecchio che ha avuto un grande successo, facilmente reperibile, robusto e con tutte le funzionalità standard. Facendo parte della produzione più recente tra le automatiche a priorità del diaframma, è anche di dimensioni compatte e quindi molto più leggero e maneggevole delle migliori FA come la Minolta SRT-101 o la Nikkormat FTn. Vediamo le differenze principali nella operatività rispetto alle reflex autofocus successive e alle SLR digitali. |
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Appendice: Una reflex fuori schema e la quarta famiglia |
I più attenti ed esperti avranno notato che manca qualcosa a questa pagina. Per prima cosa una reflex abbastanza popolare e rimasta in produzione per 20 anni e più che non è classificabile in nessuna delle tre famiglie. E la quarta famiglia, ovvero le ultime reflex analogiche con pellicola, che avevano messa a fuoco automatica, automatismo completo dell'esposizione, motore per l'avanzamento e riavvolgimento della pellicola, quindi in sostanza, tutto. |
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La Konica Autoreflex T è la macchina "dispari". Semi-automatica ma a priorità dei tempi (che è meglio) ma non elettronica, contemporanea alla prima e seconda famiglia, l'automatismo era realizzato solo con la meccanica, e funzionava. Per non si sa bene per quali motivi non ha avuto seguaci né imitatori, pur avendo raccolto un discreto successo. Probabilmente è arrivata quando anche i fotoamatori non apprezzavano l'automatismo che diminuiva teoricamente il controllo del fotografo, mentre quando l'automatismo ha iniziato ad essere apprezzato dai professionisti era già arrivata l'elettronica con le sue molte funzioni aggiuntive. Le automatiche di ultima generazione invece non sono da prendere in considerazione per un ritorno all'analogico perché in realtà per funzionalità e tecnica di ripresa sono sostanzialmente uguali alle SLR digitali: la pellicola è sostituita da una un sensore CMOS ma tutto il resto dell'apparecchio rimane in pratica identico, l'unica effettiva novità funzionale è la presenza di uno schermo LCD come secondo sistema di visione. Nelle immagini la Konica Autoreflex e un'altra reflex a tutta apertura che non si può non citare: la Nikkormat FTn della Nikon |
Testi © Alberto Maurizio Truffi / Gennaio 2022 / Riproduzione del testo non consentita |
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